VI
Questo lavoro si concentra sul processo di transizione della Repubblica Slovacca, i cui
progressi raggiunti in vista dell’integrazione europea nell’ultimo anno, hanno
sensibilmente migliorato l’immagine del Paese a livello internazionale mobilitando gli
interessi economici dell’Europa Occidentale e, in particolare, dell’Italia.
Snodo del cosiddetto corridoio balcanico, che incrocia gli assi di comunicazione in
direzione est – ovest, dalla Russia alla Francia, e nord – sud dal Nord Europa ai Balcani,
la Slovacchia ha rappresentato un esempio di straordinaria rapidità nell’adeguamento ai
parametri EU e di migliore performance tra i PECO, pur partendo con due anni di
ritardo nelle negoziazioni d’adesione rispetto alla maggior parte dei paesi candidati.
Contemporaneamente, il processo di transizione ha messo, nel corso degli anni,
chiaramente in luce alcune peculiarità dell’economia slovacca, quali ad esempio
l’insostenibile deficit della bilancia dei pagamenti, che non trova repliche di uguale
entità negli altri paesi in transizione, e la mancanza di coordinamento fiscale e
monetario che ha influito sui ritardi accusati nell’implementazione delle necessarie
riforme strutturali.
Il presente studio si sviluppa attorno a queste interessanti tipicità macroeconomiche.
Una prima parte introduttiva esamina le tappe salienti del cammino comunitario
d’allargamento europeo soffermandosi, in particolare, sui criteri definiti dal Consiglio
europeo di Copenhagen nel giugno del 1993; essi, infatti, hanno costituito le guide –
lines per l’uniformazione europea da parte dei candidati e per il monitoraggio delle
istituzioni comunitarie circa i risultati da questi raggiunti in tale percorso decennale.
Vengono, quindi, presentati i progressi riportati dalla Slovacchia a livello politico e i
risultati raggiunti con riferimento ai parametri economici.
La prima sezione approfondisce, inoltre, l’esperienza comune vissuta dai PECO dopo il
crollo dei regimi comunisti e dell’economia centralizzata, con i risvolti conosciuti
soprattutto in termini di produzione e occupazione; si conclude con la descrizione del
contesto macroeconomico della Slovacchia venutosi a creare durante la transizione.
Si apre così la seconda parte del lavoro che comprende i capitoli 2 e 3, riguardanti
problematiche specifiche.
Il secondo capitolo si focalizza sulle dinamiche d’espansione del deficit di conto
corrente che hanno accompagnato in modo curioso la crescita economica slovacca
durante il processo di transizione, ponendo l’interrogativo se il livello attuale di
VII
disavanzo sia sostenibile o meno nel medio e lungo termine. Vengono quindi analizzati
alcuni tra i fattori che, secondo le stime condotte dal Fondo Monetario Internazionale e
dall’Ufficio Statistico Slovacco, hanno contribuito alla ricomparsa di un ampio
disavanzo di conto corrente a partire dal 2001.
Nella seconda parte del capitolo si considera, invece, l’effetto sulla competitività
dell’economia slovacca del graduale trend di apprezzamento del tasso di cambio,
presentando un’interpretazione del fenomeno attraverso una rivisitazione della tesi di
Balassa – Samuelson. Infine, vengono presentati i livelli di deficit di conto corrente che,
secondo il FMI, costituirebbero target sostenibili nel medio – lungo termine per la
Slovacchia.
L’ultimo capitolo affronta, nei primi paragrafi, i trend inflazionistici conosciuti dal
Paese negli ultimi dieci anni e le recenti dinamiche, in particolare dei primi mesi del
2003.
Si ripercorrono, in seguito, i possibili orientamenti strategici adottabili nella conduzione
della politica monetaria con il supporto di una versione semplificata del modello di
Svensson del 1997, relativo alla funzione di reazione della banca centrale nell’obiettivo
di conseguimento di una politica inflation targeting. Sottolineate, così, le importanti
relazioni tra politica monetaria e inflazione, si procede ad analizzare, per un’economia
avanzata, i tradizionali canali di trasmissione di un intervento monetario e i relativi
meccanismi di propagazione all’economia reale e ai prezzi, supportati da evidenze
empiriche.
Da numerosi studi condotti, presentati nel prosieguo del terzo capitolo, si evince che,
per le economie in transizione, i canali di trasmissione risultano in generale meno
efficaci, sia per condotte monetarie non del tutto indipendenti e incentrate spesso sul
monitoraggio del tasso di cambio ( exchange rate targeting ), sia per la presenza di
debolezze strutturali nei settori finanziari. Per quanto riguarda la Slovacchia, viene
presentato uno studio di Louis Kujis del 2002 sui meccanismi di trasmissione della
politica monetaria in Slovacchia, con i relativi impatti sull’inflazione.
Dopo aver richiamato le interconnessioni esistenti tra mercati finanziari e politica
monetaria negli effetti di propagazione degli impulsi all’economia reale e ai prezzi,
viene data evidenza, presentando una ricerca condotta da Stéphanie Guichard, al
VIII
fenomeno del razionamento del credito in Slovacchia, un’altra peculiarità strutturale
conosciuta dal Paese durante il processo di transizione.
La sezione conclusiva del presente studio considera, infine, le prospettive riguardanti la
futura conduzione dell’economia slovacca in vista dell’assolvimento dei parametri di
convergenza per l’integrazione nell’EMU e del rispetto del Patto di Crescita e di
Stabilità.
Per la stesura di questo lavoro mi sono avvalsa fondamentalmente dei significativi, ma
in realtà ancora non molti, studi pubblicati dal Fondo Monetario Internazionale e dei
documenti principali della Commissione Europea. Questo, a conferma del fatto che solo
di recente la Repubblica Slovacca avrebbe destato l’interesse di economisti e investitori.
Un ringraziamento va al Prof. Tullio Gregori per avermi offerto l’opportunità di
approfondire problematiche macroeconomiche di mio interesse su questo Paese in
transizione dell’Europa Centro – Orientale e per la disponibilità dimostratami durante il
lavoro.
1
CAPITOLO 1
L’AMBIZIOSO PROGETTO COMUNITARIO E LA
TRANSIZIONE SLOVACCA
1.1 PRINCIPALI TAPPE COMUNITARIE
La decisione di principio riguardante la prospettiva dell’allargamento dell’Unione
ai paesi associati dell’Europa Centrale e Orientale risale al giugno del 1993
quando il Consiglio europeo di Copenhagen definì anche i tre criteri che tali paesi
avrebbero dovuto rispettare in vista dell’adesione:
- stabilità delle istituzioni democratiche, rispetto dello Stato di Diritto e dei
diritti dell’uomo, tutela delle minoranze (criteri politici)
- l’esistenza di un’economia di mercato efficiente e la capacità di sostenere la
pressione della concorrenza e delle forze di mercato all’interno dell’Unione
( criteri economici)
- l’adesione agli obiettivi di un’unione politica, economica e monetaria e
l’adozione nel proprio ordinamento interno dell’ “acquis communautaire”,
vale a dire del corpo normativo che disciplina le attività della stessa Unione.
Ci si riferisce, in tal senso, anche alla necessità di garantire l’effettiva
applicazione dell’acquis attraverso adeguate strutture amministrative e
giudiziarie; quest’ultimo aspetto venne ribadito e precisato nel 1995 dal
Consiglio europeo di Madrid.
Nell’ottobre dello stesso anno vennero firmati gli Accordi Europei con l’obiettivo
di creare un’area di libero scambio per i prodotti industriali con i PECO
1
in 10
anni e di avviare una cooperazione economica in numerosi settori.
Un anno dopo il Consiglio di Copenhagen, nel dicembre 1994 a Essen, si mise a
punto una strategia di pre-adesione volta a ravvicinare ulteriormente i paesi che
avevano firmato l’accordo di associazione. Questa strategia si basava anche sul
Libro Bianco (pubblicato nel maggio 1995) che fissava le misure chiave in
ciascun settore del mercato interno e definiva alcune priorità per il ravvicinamento
1
Paesi dell’Europa Centro - Orientale
2
delle legislazioni. Inoltre, si prevedeva un dialogo strutturato a livello istituzionale
e il programma PHARE, che ha rappresentato sino ad oggi il principale
strumento finanziario di sostegno alle strategie di pre-adesione.
Nel giugno 1997, la conferenza intergovernativa di Amsterdam adottò l’omonimo
trattato e il 16 luglio dello stesso anno venne pubblicata dalla Commissione
l’Agenda 2000, importante documento suddiviso in tre parti che presenta, oltre al
futuro delle principali politiche comunitarie, anche le prospettive finanziarie
dell’Unione per gli anni dal 2000 al 2006. Si destinava così uno stanziamento di
impegno di 40,16 miliardi di Euro per il periodo 2000-2004 e di 10,794 miliardi
nel 2004, 13,400 nel 2005 e 15,966 nel 2006, con pagamenti effettivi nel triennio
di 28 miliardi di €, in media il 4% del PIL di paesi come Polonia e Ungheria ( per
raggiungere nel 2006 il 2,5% del PIL in media).
In merito, inoltre, alle prospettive d’allargamento, Agenda 2000 contiene i pareri
della Commissione sulle richieste d’adesione di Bulgaria, Repubblica Ceca,
Estonia, Lituania, Lettonia, Ungheria, Polonia, Romania, Slovacchia e Slovenia.
Tali pareri, elaborati sulla base dei criteri d’adesione di Copenhagen, suggerivano
di avviare i negoziati in un primo tempo con Estonia, Ungheria, Polonia,
Repubblica Ceca e Slovenia. La Slovacchia fu scartata dalla prima tornata per la
non osservanza dei criteri politici e, in particolare, per l’inesistenza di uno Stato di
diritto e di democrazia sufficientemente radicato e per un’inadeguata protezione
delle minoranze. Per quanto riguarda i criteri economici, già allora si affermava
che la Slovacchia si avvicinava molto alla condizione di mercato economico
efficiente ma ciò che impediva l’avvio dei negoziati al primo round era proprio
l’inadeguatezza a livello democratico.
Sulla base dei criteri sanciti a Copenhagen e avvallata l’analisi fatta dalla
Commissione nel documento Agenda 2000, il Consiglio di Lussemburgo del
dicembre 1997 decise di intraprendere i negoziati bilaterali tra EU e ciascun paese
aspirante. Si iniziò nel marzo 1998 per il “gruppo di Lussemburgo”(Estonia,
Polonia, Rep. Ceca, Slovenia, Ungheria) e nel febbraio 2000 per il “gruppo di
Helsinki”(Bulgaria, Lettonia, Lituania, Romania e Rep. Slovacca).
Dobbiamo ricordare che il potenziamento della strategia di pre-adesione, chiesto
dal Consiglio europeo di Dublino nel dicembre 1996, si è basato non solo sugli
3
strumenti esistenti ( gli accordi europei, il Libro bianco e il programma Phare ),
ma anche su un nuovo strumento che ha costituito l’asse essenziale della strategia
potenziata: i partenariati per l’adesione.
Questi, si prefiggevano di individuare i settori prioritari per recepire l’acquis e la
programmazione dell’assistenza finanziaria dell’Unione e di stabilire le condizioni
degli aiuti, fondamentalmente basati sul rispetto degli obblighi derivanti dagli
accordi europei e sui progressi nel rispetto dei tre criteri di Copenaghen. Inoltre, i
partenariati hanno avuto l’importante e preciso compito di modulare tutti gli
strumenti destinati ad aiutare i candidati in vista dell’adesione. In particolare, la
stesura di programmi nazionali di adozione dell’acquis comunitario obbligava
ciascun stato a precisare le misure normative e regolamentari, le riforme
istituzionali e amministrative e le risorse umane e finanziarie che intendeva
utilizzare in ciascun settore prioritario individuato dal partenariato. Venivano
inoltre presentate valutazioni congiunte sulle priorità in materia di politica
economica e sul patto contro il crimine organizzato.
In ultimo, la Commissione si impegnava a presentare annualmente al Consiglio
una relazione sui progressi ottenuti da ciascun candidato.
Dopo l’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam del 1999, i criteri di
Copenaghen sono stati elevati a rango di principi costituzionali nel nuovo Trattato
dell’Unione Europea
2
, costituendo, inoltre, corpo fondamentale della Carta dei
Diritti Fondamentali dell’Unione Europea proclamata a Nizza nel dicembre 2000.
Nel rispetto dei criteri e con lo scopo di intensificare le negoziazioni da poco
avviate, veniva proposta durante il Consiglio di Nizza del 2000 la cosiddetta
“Road Map”, identificando così gli obiettivi prioritari da raggiungere nei tre
semestri di negoziazione.
Il processo di allineamento al diritto dell’UE ha previsto da allora 31 capitoli di
negoziazione. Nel primo semestre 2001 si è avviata la negoziazione dei capitoli
riguardanti la libera circolazione di merci, persone, servizi e capitali, il diritto
societario, la cultura e il sistema audiovisivo, la politica sociale ed occupazionale,
2
“L’Unione si fonda sui principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti dell’uomo ,delle libertà
fondamentali e del rispetto dello Stato di Diritto […]”. Inoltre “Qualsiasi stato europeo che
soddisfi i principi sanciti dall’art.6 può chiedere di diventare membro dell’Unione […]” (artt.6 e
49 del Trattato sull’Unione Europea, versione consolidata, 2002 ).
4
l’ambiente e le relazioni esterne. Nel secondo semestre dello stesso anno si
aggiunsero i settori della concorrenza, dei trasporti, dell’energia, della tassazione,
dell’unione doganale, dell’agricoltura (con particolare riguardo alle problematiche
veterinarie e fitosanitarie), della pesca, della giustizia ed affari interni e, infine, del
controllo finanziario. I capitoli previsti invece nel primo semestre 2002 si sono
rivelati i più complessi da concludere in quanto hanno toccato direttamente
delicate questioni di budgeting, in particolare per quanto riguarda le disposizioni
finanziarie e di bilancio e quelle relative alle politiche regionali e agricole.
L’intento comunitario è stato, dunque, quello di assicurare, attraverso numerose
tappe intermedie, l’avvio delle negoziazioni su tutti i capitoli dell’ “acquis
communautaire” entro giugno 2002, spingendo da un lato gli stati membri a
formulare posizioni comuni e dall’altro i paesi candidati a fornire risposte e ad
assumersi gli impegni scadenzati. Le istituzioni comunitarie, in tale processo,
sono state coadiuvate dagli altri organi comunitari e da numerose istituzioni
finanziarie ed enti non governativi. Citiamo, tra i tanti, il Consiglio d’Europa,
l’OCSE, la BERS, il Fondo Monetario Internazionale e la World Bank.
A partire dal 1998, inoltre, è stato affidato alla Commissione il preciso compito di
presentare con scadenza annuale reports riguardanti i progressi
3
raggiunti da
ciascun paese candidato dell’Europa Centrale e Orientale. Su queste basi
l’istituzione comunitaria ha presentato la prima serie di valutazioni nell’ottobre
1998 mentre l’ultima analisi disponibile risale all’autunno 2002.
Quest’ultima costituisce il documento più importante in quanto rappresenta, sia il
punto d’arrivo delle negoziazioni nell’ambito della strategia di pre – accesso, sia
la piattaforma di partenza per le formulazioni successive e raccomandazioni che
riguarderanno l’effettiva entrata nell’EU.
Nel 1999 l’assistenza comunitaria incominciò ad estendersi anche al
finanziamento di tre strumenti strutturali di pre-adesione:
3
I progressi sostenuti da ciascun stato sono stati sinora misurati dalla Commissione sulla base
delle legislazioni al momento vigenti, delle convenzioni internazionali ratificate con particolare
attenzione all’effettiva implementazione all’interno del paese e delle decisioni attualmente prese.
Si è optato per questo orientamento per poter fornire un uguale trattamento di base a tutti i paesi
candidati e per poter operare un confronto omogeneo del concreto progresso raggiunto.
5
- programma PHARE: “Pologne et Hongrie. Aide à la restructuration des
économies”, avviato nel 1999 per finanziare progetti in tutti i settori, compresi
progetti di sviluppo regionale;
- ISPA: “Instrument for Structural policies for Pre – accession”, avviato nel
2000 e ha promosso progetti per l’ambiente e per le infrastrutture di trasporto;
- SAPARD: “Special Accession Programme for Agriculture and Rural
Development” per il finanziamento, a partire dal 2001 di politiche agricole e
per lo sviluppo rurale.
Il punto dolente del processo di allineamento al diritto dell’EU da parte dei paesi
candidati ( realtà dunque condivisa anche dalla Slovacchia ) riguarda
l’implementazione di una struttura amministrativa e giudiziaria efficiente che
permetta di accogliere concretamente l’acquis e di rinforzarlo. Proprio per
fronteggiare tale problema la Comunità ha avviato con tali paesi dal 1998 al 2002
più di 500 Twinning Projects: ci si riferisce all’ingente mobilitazione da parte
dell’EU di risorse umane e finanziarie degli Stati Membri a favore dei paesi
candidati, volta realizzare al loro interno un gemellaggio amministrativo durante il
periodo di transizione. Fino al 2000 tali progetti hanno avuto per oggetto il
sostenimento dei settori, ritenuti più importanti dai partnerariati di accesso,
dell’agricoltura, della finanza pubblica e della giustizia. Negli ultimi due anni
sono stati sostenuti in tal senso altri importanti settori di implementazione
dell’acquis tra cui ricordiamo quello dei trasporti e delle telecomunicazioni, della
politica sociale e della dura lotta contro la corruzione e lo smercio di droga. Allo
stato attuale il gemellaggio copre oramai tutti i settori rilevanti.
Per quanto riguarda la Slovacchia, i progetti di twinning sono stati previsti dal
“2001 National Program” e hanno finanziato le riforme in materia di salute e di
tutela del consumatore, il settore dell’energia e dei trasporti, nonché interventi
strutturali nelle politiche regionali e nell’importante controllo interno finanziario.
Per quanto riguarda l’allineamento dei paesi ai criteri economici, in assenza di una
specifica quantificazione del termine convergenza strutturale da parte della
Commissione Europea, il primo tentativo diretto a valutare la convergenza dei
PECO è stato approntato dalla Deutsche Bank.
6
L’obiettivo è quello di fornire un quadro di riferimento e una valutazione
esemplificativa che evidenzi le differenze tra i paesi candidati e tra questi ultimi
ed i Paesi dell’Europa Occidentale. I termini di riferimento presi in considerazione
sono gli standards EU in materia economica, legale ed istituzionale. L’indicatore
della D.B. valuta infatti la convergenza sulla base di 16 variabili così raggruppate:
- Economia reale: PIL pro-capite, crescita del PIL, aumento di produttività,
tasso di disoccupazione, agricoltura in % del PIL, industria in % del PIL,
investimenti in % del PIL
- Inflazione e posizione fiscale: crescita media dei prezzi al consumo,
retribuzione lorda mensile, deficit fiscale in % del PIL, debito pubblico in %
del PIL
- Settore estero: bilancia dei pagamenti, investimenti diretti esteri (IDE) in %
del PIL
- Politica Economica: incidenza del settore privato sul PIL, settore bancario,
liberalizzazione del mercato e scambi con l’estero
L’analisi della convergenza ha contribuito al monitoraggio dell’osservanza da
parte dei paesi candidati delle disposizioni comunitarie in materia di adesione:
non solo ha permesso di osservare i progressi perseguiti in vista del
raggiungimento di un determinato livello economico, così come sancito dai criteri
tracciati a Copenhagen, ma ha anche offerto un quadro di riferimento delle forze e
delle debolezze delle economie in transizione.
Per quanto riguarda l’adesione all’EMU ( European Monetary Union ), i
parametri di convergenza di riferimento sono quelli contenuti nel Trattato di
Maastricht del 1992 che nella primavera del 1998 sono stati verificati dal
Consiglio europeo in merito alla decisione di quali paesi potessero costituire
l’Unione Monetaria.
Anche per i paesi dell’Europa Centrale e Orientale che il primo maggio 2004
entreranno nell’Unione Europea si prospetta la futura adesione all’EMU.
In base all’art. 4 del Trattato EC
4
, le attività degli stati membri dovrebbero essere
finalizzate all’introduzione della moneta comune e, quindi, all’integrazione
4
Trattato che istituisce la Comunità Europea, versione consolidata, 2002
7
all’Unione Monetaria Europea. Il Consiglio europeo di Amsterdam del 16 giugno
1997, che dispose riguardo alla terza fase dell’Unione Economica e Monetaria,
dichiarò, inter alia, che l’adesione, sebbene auspicabile e naturale conseguenza
dell’adesione economica, è tuttavia volontaria o derogabile. Di conseguenza, lo
stato membro avrebbe l’opzione di entrare nell’EMU ad una data successiva
rispetto all’entrata nell’EU.
Per quanto riguarda l’adesione all’EMU da parte della Slovacchia, risulta più
credibile prevedere che solo a partire dal 2006 lo stato di salute macroeconomica
del paese permetterà di procedere alla verifica dei parametri di convergenza. Di
conseguenza, l’entrata effettiva dovrebbe verificarsi nel 2008. Per ulteriori
approfondimenti si rimanda al paragrafo 3.6.2 del terzo capitolo.
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1.2 LA REPUBBLICA SLOVACCA E I CRITERI DI
COPENHAGEN
Entrando nello specifico della Slovacchia, dobbiamo ricordare che tale paese ha
intrapreso le negoziazioni con l’EU con due anni di ritardo rispetto alla
maggioranza dei paesi candidati; tuttavia, nell’ottobre 2002, è stato annoverato nel
gruppo dei candidati più efficienti nella conclusione del maggior numero di
capitoli dell’acquis communautaire.
Fino al 1999-2000 l’atteggiamento dell’Unione Europea è stato caratterizzato da
un certo disappunto circa la possibilità di adesione all’EU da parte di questo
paese, ufficialmente reso noto nei reports della Commissione: in particolare, per
la non osservanza e implementazione dei criteri politici di Copenhagen.
1.2.1 CRITERI POLITICI
Il periodo tra il 1999 e il 2002 è stato dunque il pezzo di storia più importante nel
processo di transizione e adeguamento della Slovacchia a livello politico e
democratico.
Nell’ottobre 2002 si è avuta la svolta decisiva sfociata poi in novembre nel “2002
Regular Report on Slovakia’s Progress Towards Accession”, documento di
fondamentale importanza che sancisce la definitiva aderenza di tale paese ai
criteri.
Vediamo però ora in particolare il progresso riportato nel corso degli anni da
questo paese facendo riferimento proprio a quanto dichiarato dalla Commissione
europea.
La stabilità delle istituzioni democratiche, il rispetto dello Stato di Diritto e dei
diritti umani e la tutela delle minoranze costituiscono i cosiddetti criteri politici
cui i paesi candidati si sono dovuti uniformare in vista dell’adesione, sanciti per la
prima volta nel 1993 come guide - lines in vista proprio dell’allargamento. Nel
1997 la Commissione si è espressa ufficialmente
5
per la non aderenza della Rep.
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“The position of Slovakia raises a number of problems from the point of view of the conditions
set by the Copenhagen European Council. Two of the main features of the way institutions in
Slovakia operate are that the government pays insufficient respect to the powers devolved by the