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da persone altamente formate, con un ottimo livello di professionalità,
esperienza e conoscenza. Svolgere attività nell’ambito di una riserva
naturale di ottomila ettari, stare a contatto e scoprire le qualità ed i
caratteri di una natura incontaminata, quasi immobile nel tempo, ed al
tempo stesso rendermi partecipe delle problematiche di un contesto di
servizi e comfort tipici di una struttura ricettiva turistica, sono state
esperienze molto gratificanti dal punto di vista professionale-formativo ed
educative dal punto di vista umano.
Queste ritengo siano le ragioni principali che mi hanno indotto a svolgere
un lavoro di analisi e descrizione dell’esperienza vissuta di persona,
inserita in un ben più ampio contesto territoriale, lo stato della Namibia .
Numerose sono le problematiche che la caratterizzano così come le risorse
di cui dispone, e solo integrando le informazioni e le esperienze del
periodo trascorso presso una struttura ricettiva con l’intera realtà sociale,
politica, storica, economica del Paese, si può fornire al lettore un quadro
nitido della complessità di questa terra desolata.
Swartfontein Guest Lodge si trova all’interno della Riserva Naturale
Privata “ Namib Spreetshoogte”, ad un’altezza di 1850 metri, situata a 180
chilometri dalla capitale Windhoek, ai limiti dell’altopiano che sovrasta il
deserto del Namib, con la peculiarità di riunire nel suo eco-sistema le
caratteristiche della montagna e del deserto. (Scarafia, 2002)
I proprietari Silvia e Roberto Scarafia gestiscono personalmente questa
struttura turistica, che si pone come obiettivi principali la conservazione e
lo sviluppo di un ecosistema assai fragile, molto sensibile ma al tempo
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stesso in grado di offrire allettanti proposte adatte alle esigenze del
viaggiatore, sempre nel più completo rispetto della natura e dell’ambiente.
I titolari accolgono gli ospiti nella casa costruita agli inizi del secolo da un
soldato tedesco che aveva ricevuto la farm come premio per il servizio
reso nelle guerre contro gli Herero, una delle undici etnie presenti sul
territorio namibiano. La struttura è stata da loro migliorata per garantire
un elevato livello di servizio ed un alto grado di qualità sia agli ospiti sia a
loro stessi ed ai loro due figli.
Già all’origine di questa struttura si può notare come l’importanza delle
vicissitudini storiche, dell’era coloniale tedesca e sud-africana, delle lotte
endemiche tra le diverse etnie, assecondate alle insidie di un ambiente
naturale ostile, difficile, precario, e unite ai difficili rapporti relazionali
con i locali e le istituzioni, siano stati fattori determinanti per lo sviluppo
di quest’area e di tutta la Namibia, e lo siano tuttora per le esigenze di
sopravvivenza e di incremento degli standard qualitativi di Swartfontein.
La scelta di Silvia e Roberto non è stata dettata da pura follia o da un
semplice capriccio di voler abbandonare la quotidianità cittadina, è stata
una decisione ben ponderata, difficile e ricca di problematiche che noi
comuni abitanti di una grande città non riusciamo a comprendere fino a
quando non la viviamo personalmente. E’ molto arduo ritrovarsi
improvvisamente in una nuova realtà, non avere la famiglia, gli amici e
tutti i rapporti sociali che caratterizzano la vita in città; non è confortevole
non poter usufruire di un ospedale o di un supermercato in tempi brevi,
oppure di non poter disporre di un cinema o di una gelateria.
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Invece la mia permanenza mi ha fatto comprendere che si può rinunciare a
tanti comfort, a numerose e spesso banali comodità, ad un eccesso di
comportamenti dettati dalla logica della massa e del consumismo. Il loro
era un sogno nel cassetto e lo è tutt’ora, perché vivere e
contemporaneamente dedicarsi allo sviluppo di una struttura a conduzione
familiare in un territorio socio-ambientale simile, richiede grande
dinamismo, flessibilità, voglia di conoscere e migliorarsi, volontà di
affrontare ogni problematica ed imprevisto con senso di responsabilità,
mentalità positiva e propositiva.
Al di là di ogni impiego e mansione svolta in pochi mesi di permanenza,
questi sono i caratteri fondamentali che un’esperienza del genere mi ha
lasciato, come un segno indelebile. I titolari sono rappresentanti di se
stessi, della loro famiglia e della loro attività: devono essere al tempo
stesso genitori, imprenditori, cuochi, meccanici, falegnami, esperti di
ambiente e territorio, gestire impianti elettrici e di pompaggio dell’ acqua,
formare il personale, curare gli animali e le piante domestiche oltre le
specie presenti nella riserva. In città è difficile assolvere a tutti questi
compiti: non si hanno le competenze, né il ritmo frenetico imposto dalla
nostra società lo consentirebbe.
Riparare un serbatoio contenente diesel per alimentare il generatore della
farm, perforatosi e riparato con del piombo fuso ed una fiamma ossidrica,
è stata un’ esperienza pratica e di quotidiana amministrazione
dell’imprevisto. La gestione di una situazione inaspettata è all’ordine del
giorno: dal come medicare un cane ferito o uno studente come me punto
da uno sciame di api, a compiti più gravosi quali riattivare una pompa per
l’ acqua o sistemare una perdita in un condotto delle stanze durante la
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permanenza degli ospiti, piuttosto che cambiare una gomma dell’auto
quando ti trovi solo su una strada sterrata a cento chilometri dalla tua
proprietà.
La permanenza come stagista ed attento osservatore di ogni dettaglio della
realtà in cui mi sono trovato a convivere, mi ha dato la risposta che tutto
ciò è possibile, che sopravvivere ed integrarsi in un simile ambiente si può
fare.
Il lodge è stato dotato di ottimi servizi di comunicazione via fax, telefono
cellulare e satellitare, internet, che permettono di potersi tenere sempre
aggiornati ed in contatto con il resto del mondo, da parenti ad amici, da
clienti ad istituzioni e partner commerciali. Naturalmente possono
presentarsi delle difficoltà legate all’ambiente naturale e sociale: non sono
state poche le controversie a livello territoriale con i locali e le istituzioni,
specialmente su questioni legate alla gestione del territorio, né
problematiche quotidiane riguardanti per esempio la gestione del
personale.
Come ho potuto verificare, i ritmi di lavoro e la giornata tipo sono molto
più lenti e poco stressanti, anche se intensi e ricchi di impegni e
responsabilità. La cultura dei workers locali è molto differente da quella
occidentale e dei paesi industrializzati: la disponibilità al lavoro è più
legata ad una necessità di sopravvivenza che al desiderio di conoscere ed
imparare nuovi mestieri ed ottenere informazioni; i lavoratori sono tuttora
ancorati ad una mentalità nomadica o agricolo stanziale, caratterizzata più
da necessità nel breve periodo che a progetti di sviluppo umano e
professionale. L’idea di futuro non è contemplata e come ho potuto notare
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neanche l’elasticità o l’attitudine al cambiamento, perché manca in loro la
fiducia nel datore di lavoro. Tutto ciò non è dovuto ad una loro
regressione mentale, ma a cause storiche di sfruttamento coloniale, che
come conseguenze principali ha lasciato un progressivo distacco dalle loro
origini e tradizioni, una mancanza di educazione civile e di formazione al
lavoro, un allineamento prematuro rispetto al loro sviluppo storico-sociale
ad alcuni aspetti della mentalità consumistica occidentale, dalla quale
sono attratti ma che non sanno realmente gestire.
Questa digressione è importante per capire l’approccio di Silvia e Roberto
alla realtà lavorativa e sociale locale, ed i loro continui sforzi
nell’impiegare risorse di tempo e finanziarie per formare il personale in
relazione alle esigenze di una moderna struttura ricettiva ed ai loro
caratteri culturali. Gestire accuratamente questa attività significa anche
educare queste persone all’ordine, alla pulizia ed alla reciproca fiducia
con l’imprenditore, perché questi caratteri si riflettono positivamente
sull’opinione che il viaggiatore si crea riguardo ad una struttura ricettiva e
sul servizio reso fruibile ad elevati standard qualitativi. Colui che dà per
primo l’esempio è l’imprenditore stesso, se vuole creare una cultura
d’impresa funzionale ai suoi piani organizzativi, e Silvia e Roberto si sono
rivelati in questo molto decisi, ma al tempo stesso non repressivi, anzi
assolutamente comprensivi nei confronti di problematiche sociali e
personali dei lavoratori. Il modello di lavoro europeo non viene così
imposto come superiore, ma integrando le esigenze dei lavoratori con
quelle dei gestori.
Tutto ciò si è reso ben visibile ai miei occhi, basti pensare all’idea di
costruire delle piccole residenze dove i lavoratori locali possano vivere al
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termine dell’orario lavorativo, piuttosto che garantire loro uno stipendio
fisso e delle razioni di cibo e medicine base per il loro sostentamento, così
come consentire l’uso di cavalli per lo spostamento verso i villaggi o le
città, oltre la fornitura di luce ed acqua da razionalizzare, educandoli alla
tutela del patrimonio loro concesso.
A tal proposito ho assistito alla stipulazione di un contratto di lavoro
secondo la legge namibiana, con tutti gli incentivi ed i benefici offerti dai
gestori; ho visionato il sistema di pagamenti degli stipendi, osservando
tutte le voci elencate, facendo calcoli delle ore lavorative e delle spese
telefoniche, e notando tre tipi diversi di bonus offerti a tutti i lavoratori,
alcuni strettamente di carattere meritorio. Sono forme di incentivazione
molto importanti, perché non originate da una mentalità ed una politica
assistenzialista verso persone povere e storicamente oppresse, ma da un
tentativo di far prendere loro coscienza dell’importanza del ruolo che
svolgono (in cucina, lavanderia, giardinaggio, meccanica, costruzione di
nuove stanze) e del rapporto reciproco tra dare e avere nei confronti dei
titolari e della vita stessa.
I proprietari nel loro intento di portare avanti con efficacia imprenditoriale
la loro attività, devono gestire accuratamente due diversi soggetti
giuridici: l’attività profit di accomodation del viaggiatore nel guest lodge
e l’ integrazione di progetti di sviluppo e conservazione della riserva
naturale che garantiscano un ottimo tornaconto per l’attività di business;
tutto ciò consente agli ospiti di fruire di escursioni tra i percorsi della
riserva e di osservare specie animali e vegetali endemiche ed esotiche,
mantenendo intatto un ambiente dalle mille qualità ma molto esposto agli
impatti. Per questi motivi il loro intento è di rivolgersi ad un target
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elevato, di coinvolgere associazioni di studiosi ed amanti della natura in
progetti di ricerca e sviluppo ambientale, educare al rispetto dell’ambiente
e dell’intera struttura gli ospiti, così definiti perché turista è un termine
che ha più un connotato di fruizione di una organizzazione turistica che di
totale integrazione e partecipazione ai suoi fini e progetti.
La permanenza presso Swartfontein è stata di grande partecipazione,
perché le attività svolte empiricamente sul territorio, quelle di ufficio e le
numerose chiacchierate su queste tematiche con i titolari e gli ospiti
interessati, mi hanno dato l’opportunità di partecipare alle finalità di
sviluppo e tutela dell’attività nel suo insieme. La comunicazione verbale,
il mouth to mouth, è insieme all’utilizzo del sito web la principale e meno
costosa forma di promozione per questa struttura turistica, sebbene spesso
rischiosa perché estremamente soggettiva e potenzialmente legata a
fenomeni imprevisti non controllabili, come l’improvvisa rottura di un
lavandino oppure una ruota a terra durante un’escursione.
Pertanto l’intrattenimento degli ospiti, specialmente durante i pasti e le
escursioni, è un’attività quotidiana fondamentale per assicurarsi una
buona promozione e per trascorrere ore piacevoli in compagnia, parlando
la lingua inglese ed apprendendo nuove informazioni su culture e stili di
vita diversi dal proprio. Questa esperienza è stata per me molto utile ed
educativa per comprendere i meccanismi di promozione e marketing di
Swartfontein attuati dai titolari.
E’ impossibile vivere qui e non accorgersi che ogni passo che muovi e
qualsiasi tuo pensiero possano e debbano essere funzionali ad un’idea di
sviluppo, ad un progetto originario o semplicemente al sostentamento
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dell’intera Swartfontein. Molto interessanti sono state due iniziative:
collettare piante succulente e ripiantarle in un’apposita area del lodge per
costruire un rock garden, contornato da pietre e quarzi, ricreando così un
piccolo habitat naturale di piante grasse osservabili dai viaggiatori;
raccogliere il maggior numero di fatte di animali selvatici presenti per la
riserva e porle in appositi barattoli etichettati a disposizione degli ospiti
per una loro diretta visione, utilizzate successivamente per riconoscere,
durante le escursioni, le tracce degli animali che hanno attraversato un
determinato luogo. Anche l’arredamento antico di grande valore presente
nel lodge è in sintonia con l’ambiente circostante: ogni stanza prende
nome da alcuni deserti africani ed è arredata secondo i caratteri di quel
luogo, essendo i proprietari amanti di arte africana e disponendo di
pregiati oggetti artistici ed artigianali.
Il semplice e quotidiano atto del fare la doccia nelle nostre città può essere
caratterizzato da un tempo di permanenza prolungato sotto l’acqua tra un
canto e un rilassamento, personalmente magari lasciando accese le luci
della mia stanza e lo stereo in funzione perché tanto fra poco ci tornerò.
A Swartfontein l’acqua acquista invece un valore diverso, è pompata con
pompe ad energia solare per diminuire l’impatto sull’ambiente ed è un
bene prezioso perché scarseggia; addirittura il 2003 è stato al pari del
1998 uno degli anni di maggior siccità dell’ultimo decennio.
Fondamentale ed interessante è l’attività di testaggio dei pozzi per
verificare il livello d’acqua disponibile nel territorio. L’acqua così come
l’energia non viene sprecata: due concetti per molti di noi banali perché
abituati a fruire illimitatamente dei comfort, ma che diventano uno stile di
vita semplice e naturale quando ci si cala in questa realtà.
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Le automobili sono assenti, e con il sistema fotovoltaico le emissioni
nell’aria vengono ridotte al minimo. I rifiuti vengono riciclati oppure
utilizzati come fondamenta per nuove costruzioni, e la loro raccolta è un
dovere, un gesto responsabile. Una delle mie attività quotidiane, svolta
insieme ad uno studente namibiano, è stata proprio quella di ripulire i
percorsi della riserva, oltre che segnare con massi e frecce gli stessi
percorsi per renderli ampiamente visibili ed identificabili dagli ospiti.
Naturalmente l’utilizzo di fonti energetiche alternative, di servizi di
maggior qualità e la creazione di progetti a lungo termine, necessitano di
maggiori capitali ed investimenti. Le prime rendite ad essere reinvestite
sono quelle derivanti dalle permanenze dei viaggiatori presso la struttura,
e per dare loro la possibilità di fruire di servizi altamente specializzati e di
ottima qualità, è necessario investire. E’ per questo motivo che il target
turistico ricercato dai titolari è principalmente alto, sia per necessità di
integrare standard elevati con i costi sostenuti, sia perché è culturalmente
più formato e maggiormente incentivato rispetto ad un turismo
massificato di solo sfruttamento delle risorse.
A riguardo ho potuto approfondire attraverso informazioni, la visione di
documenti e file, come i titolari giungano al turista: il sistema di
promozione e marketing, le relazioni con i tour operator locali ed esteri, il
sistema di statistiche presentate al ministero del turismo ed
all’Associazione Namibiana dell’Hospitality (le prime calcolate
quotidianamente, le seconde mensilmente, entrambe secondo parametri
diversi: quelle della HAN tengono conto della diversa provenienza dei
turisti secondo una suddivisione per macro-aree geografiche, le altre
considerano maggiormente i rapporti tra letti venduti e pernottamenti tra
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visitatori suddivisi in due gruppi, locali e foreigners). Sono tutte attività da
svolgere in modo efficiente ed altamente professionale, e soprattutto con
un buon livello manageriale, di disponibilità di risorse, progetti innovativi
e volontà di essere sempre propositivi verso l’ ambiente in cui si opera.
Queste sono state le linee guida fornitemi con cordialità e disponibilità da
Silvia e Roberto. L’ambiente così isolato ed a conduzione familiare è stato
molto caldo ed amichevole, non è mai mancato di professionalità né di
assistenza durante il mio periodo di stage. Ogni attività, anche la più
banale in apparenza, si è rivelata utile ed educativa. L’intera esperienza si
conclude positivamente e con un forte incentivo nel proseguimento della
mia carriera universitaria e lavorativa. Non ci sono stati problemi di
ambientamento né di integrazione con la struttura ed i titolari: è stata una
breve ma intensa esperienza prima di tutto di vita, poi professionale.
Sembrava impossibile questa “impresa”, ora invece sentirò la mancanza di
Swartfontein!!!
Il mio intento è di colmare questo vuoto con un dettagliato lavoro che
integri diversi aspetti della struttura presso la quale ho effettuato uno
stage, con un’approfondito studio inerente la Namibia ed i suoi caratteri
salienti. Mi adopererò pertanto ad analizzare l’aspetto fisico-ambientale
del paese, le caratteristiche storico-sociali, le attività produttive di
maggior rilievo, con interesse per l’emergente settore turistico, una delle
principali e fondamentali risorse del paese.
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CAPITOLO PRIMO
CARATTERI
DELLA NAMIBIA
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1.1 Ambiente e territorio: clima, flora, fauna.
La Namibia (fig.1) occupa la porzione occidentale dell’Africa
Meridionale: i suoi confini naturali sono, oltre all’Oceano Atlantico su cui
si affaccia per più di 1200 km, i fiumi Cunene e Okavango a nord, il fiume
Orange a sud, il deserto del Kalahari a est. A parte le pianure costiere, il
territorio namibiano si stende sugli altopiani che occupano una buona
parte dell’Africa australe, ad una quota comprese tra i 500 ed i 1200 m.
Generalmente piatte o leggermente ondulate, le alte terre namibiane sono
segnate dai rilievi più pronunciati al centro-nord, nel Kaokoland, nel
Damaraland e nella regione di Omaruru, dove si trova il principale
massiccio montuoso, il Brandberg (2580 m.), che domina la regione di
Uis. (Treccani, 2000)
Due sono gli ambienti naturali che caratterizzano il paese: il deserto e la
savana:
ξ la regione meridionale e tutte le regioni costiere sono prevalentemente
desertiche, molto aride e semi-popolate; a sud-est si trovano i lembi
occidentali del deserto del Kalahari, dove si incontra a tratti la
caratteristica vegetazione composta da cespugli e piccoli alberi chiamata
bush; il sud- ovest è completamente occupato dallo splendido deserto del
Namib, dove vaste regioni pietrose si alternano ad immense distese di
dune sabbiose dai colori caldi, che in molti tratti del litorale arrivano fino
al mare; anche la costa settentrionale, la Skeleton Coast, è una distesa
deserta di sabbia e di pietre che si estende per diverse decine di chilometri.
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Fig. 1 – Carta geografica della Namibia
Fonte: Cowley, 1997
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La savana occupa il nord e la sottile striscia di territorio namibiano che si
incunea tra il Botswana e lo Zimbawe, denominata Caprivi Strip: è una
savana secca, con alberi di dimensioni ridotte, che spesso si trasforma in
bush; la zona dell’estremo nord-est (Kavango Caprivi) è invece più ricca
di vegetazione e la scarsità di acqua è meno grave. (Treccani, 2000)
I fiumi perenni che attraversano il territorio namibiano sono in totale sette;
di questi, sei scorrono a nord: Okavango, Kwando, Linyanti, Chobe,
Zambesi e Cunene, che segna il confine con l’Angola, e lungo questi fiumi
si incontrano alcuni tratti della foresta pluviale, soprattutto della
caratteristica foresta a galleria; a sud, invece, troviamo l’Orange, che
separa la Namibia dal Sud Africa. Gli altri corsi d’acqua namibiani sono
quasi sempre asciutti: il più noto è il Kuiseb che scorre soltanto per una
settimana all’anno e che ha però formato il grande canyon (fig. 2) che
segna il confine settentrionale delle dune del Namib. Secondo la geografia
fisica, il deserto occupa il 16% del territorio nazionale namibiano, mentre
la savana ne occupa il 65%; in realtà gli ambienti prevalenti sono quelli di
transizione tra savana e deserto, come praterie, bush, aree semi desertiche.
Nel parco di Etosha, nella zona nord, sono stati catalogati in base alla
specie vegetale prevalente una ventina circa di biomi, quasi tutti
appartenenti alle diverse categorie di transizione; specifico della regione di
Etosha è invece il deserto di sale, il cosiddetto pan, che si estende per
quasi 5000 kmq all’interno del parco. (Treccani, 2000)
La Namibia è attraversata dal Tropico del Capricorno, ma il suo clima è
fortemente influenzato dalla corrente fredda del Benguela sulle coste, dalla
quota e dalla continentalità all’interno. E’ un clima caratterizzato da estati
calde ed inverni miti e da forti escursioni termiche tra il giorno e la notte.