Capitolo 1 - Introduzione
La definizione di qualità data dalla norma UNI EN ISO 8402 afferma: “La qualità è
l’insieme delle caratteristiche di un’entità che ne determinano la capacità di
soddisfare esigenze espresse o implicite.” Questa definizione di carattere generale
lascia ampi spazi di applicazione: l’entità a cui si fa riferimento può essere sinonimo
di prodotto, processo, attività, organizzazione e sistema.
Il rafforzamento delle prescrizioni legislative ha consentito nel corso degli anni uno
sviluppo considerevole della qualità dei prodotti sia in campo agricolo che in campo
alimentare. Parallelamente al rispetto di severe prescrizioni concernenti la qualità
igienico-sanitaria, al di fuori delle quali non risulta possibile commercializzare il
prodotto, è fiorito l’utilizzo da parte delle imprese agro-alimentari di regolamenti
basati su norme volontarie al fine di soddisfare le esigenze di qualità dei
consumatori. L’adozione di tale ‘regolamentazione volontaria della qualità’ ha
segnato il passaggio da una politica basata semplicemente sul rispetto di norme
stabilite per legge a una politica propositiva dove il consumatore e la sua
soddisfazione sono posti al centro dell’attenzione delle imprese del settore.
1.1.2 La qualità alimentare
La funzione essenziale di un alimento è quella di apportare a chi lo consuma il
nutrimento e l’energia necessari al suo metabolismo vitale in condizioni di totale
sicurezza
[12]
. Il concetto di qualità alimentare è quindi legato alla capacità
nutrizionale del prodotto. La qualità alimentare è tuttavia una proprietà complessa,
all’interno della quale si possono distinguere più aspetti: la qualità igienica, la qualità
nutrizionale e la qualità edonistica.
La qualità igienica è un requisito di sicurezza assoluto. L’alimento non deve
contenere nessun elemento tossico in dosi pericolose per il consumatore. Queste dosi
massime consentite vengono stimate considerando fattori importanti quali la
frequenza di consumo, l’esistenza o meno di un effetto cumulo e il grado di nocività
della sostanza in esame. La qualità igienica è normalizzabile: la legge fissa delle
soglie limite da non superarsi per le più note sostanze contaminanti. Queste norme
hanno una validità e un’utilizzazione universali.
2
Capitolo 1 - Introduzione
La qualità nutrizionale corrisponde alla capacità dell’alimento di nutrire bene. Può
essere valutata sotto un aspetto quantitativo, considerando l’energia apportata
dall’alimento all’organismo; oppure sotto un aspetto qualitativo, valutando
l’equilibrio nutrizionale dell’alimento rispetto ai bisogni del consumatore. Anche il
livello di qualità nutrizionale è quantificabile, tuttavia le soglie sono variabili e
dipendono dal regime alimentare di ogni individuo.
La componente edonistica della qualità è molto importante in quanto è in grado di
influenzare in modo determinante le scelte del consumatore. Può essere analizzata a
un livello puramente sensoriale, al quale possono essere ricondotte le sensazioni
gustative, olfattive, tattili, visive e uditive che derivano dal consumo dell’alimento.
In realtà il grado di accettabilità di un prodotto viene influenzato anche a livello
psicologico da altri fattori come ad esempio una confezione accattivante o uno stato
d’animo più o meno allegro al momento del consumo. La qualità edonistica è quindi
assolutamente soggettiva e variabile da individuo a individuo sia nel tempo che nello
spazio.
1.2 Il settore ortofrutticolo italiano: situazione e prospettive
L’ortofrutticoltura italiana, con le sue 950.000 aziende, è prima in Europa per
produzione di frutta e verdura con una quota rispettivamente del 20% e del 30% sul
totale europeo davanti a Spagna e Francia. Tuttavia, come accade ormai da metà
degli anni ’90, anche il 2003 si è chiuso con una diminuzione dei consumi (- 4,8 %
rispetto al 2002), con un mercato che si è attestato su 8,6 milioni di tonnellate
[9]
. Gli
eventi negativi accaduti nel corso del 2003, come la grande siccità estiva e le gelate
primaverili, hanno sicuramente determinato una riduzione delle quantità prodotte, ma
possono solo in parte giustificare il risultato negativo.
L’andamento deludente, infatti, che si registra da quasi un decennio ha cause più
profonde, rintracciabili in una scarsa capacità di innovazione da parte del settore, una
bassa competitività nei confronti dei prodotti sostitutivi e un basso gradimento di
3
Capitolo 1 - Introduzione
frutta e verdura al di fuori delle occasioni classiche di consumo tra le mura
domestiche
[4]
.
Quantità di frutta prodotta negli anni 2002 e 2003
93
118
225
251
225
278
439
523
689
990
96
110
203
220
225
254
415
494
684
938
0
200
400
600
800
1,000
1,200
M
e
l
e
A
r
a
n
c
e
B
a
n
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n
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P
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Principali varietà di frutta
Q
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p
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[
m
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g
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a
d
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t
o
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n
e
l
l
a
t
e
]
2002
2003
Fig. 1.1 – Confronto tra le quantità di frutta prodotta in Italia nel 2002 e 2003.
Fonte: dati Gfk-Iha Italia.
Questi dati preoccupanti impongono delle riflessioni da parte degli operatori del
settore al fine di rivedere le loro prospettive di sviluppo. Nell’area romagnola, ad
esempio, stanno fiorendo una serie di iniziative innovative, tra le quali vi è la nascita
di Mediterranean Fruit Company, un consorzio che raggruppa 27 imprese delle fasi
della filiera ortofrutticola. Lo scopo di consorzi di questo tipo è quello di raggiungere
i mercati più lontani con maggiore forza attraverso la creazione di marchi sotto i
quali commercializzare un vasto ventaglio di prodotti di qualità.
Elementi fondamentali dei nuovi assetti del settore ortofrutticolo saranno la
disponibilità di prodotti brevettati e la continuità delle forniture sia in termini
temporali sia quantitativi e qualitativi. Il comparto delle mele, leader come quantità
prodotte, si sta già muovendo verso una decisa segmentazione del mercato con la
creazione di nuove varietà brevettate come Pink Lady, Kiku e Tentation. Per quanto
riguarda la continuità degli approvvigionamenti è necessario fronteggiare gli eventi
atmosferici e climatici avversi, sempre più frequenti, integrando le produzioni di
4
Capitolo 1 - Introduzione
un’area con quelle di altra provenienza, con lo scopo di prevenire cali temporanei
nell’offerta dei prodotti che possono produrre perdite anche definitive di clientela
[5]
.
Sul fronte della distribuzione dei prodotti ortofrutticoli, il 2003 ha evidenziato un
aumento delle quote di mercato dei canali a libero servizio come ipermercati,
supermercati, self-service e discount, cresciuti dal 39,7% del 2002 al 41% del 2003 a
scapito di dettaglianti e ambulanti. In particolare il reparto ortofrutta si è rivelato
determinante nella scelta del punto vendita: secondo un’indagine condotta da Fresh
Trends nel 2003 il 33% degli intervistati pone questo reparto al primo posto tra gli
elementi che influenzano la decisione del luogo ove fare la spesa. Inoltre il 30%
afferma che le passate esperienze d’acquisto di un determinato prodotto influenzano
pesantemente la scelta del punto vendita. Alla luce di questi dati emerge l’assoluta
importanza di poter garantire la qualità di tutte le derrate messe in vendita attraverso
controlli estesi ad ogni singolo frutto per poter soddisfare a pieno un consumatore
attento ed esigente
[6]
.
Importanza del reparto ortofrutta nella scelta del
punto vendita
(6 = molto importante, 1 = poco importante)
4%
2%
9%
23%
29%
33%
1 2 3 4 5 6
Fig. 1.2 – Risultati di un’indagine condotta da Fresh Trends 2003 sull’importanza del reparto
ortofrutta nella scelta del punto vendita.
La stasi del mercato ha ripercussioni anche sui produttori di macchinari specializzati
nel post-raccolta del settore ortofrutticolo. Pierluigi Mattè, dirigente di Fruit Control,
azienda milanese di tecnologia controllata, afferma che “il mercato tende a pagare il
meno possibile ogni cosa, pertanto risulta difficile realizzare delle novità che
realmente ben si adattino alle esigenze di un settore che ha sempre investito in alta
5
Capitolo 1 - Introduzione
tecnologia nel post-raccolta. [...] Oggi i clienti non guardano più in faccia a nessuno
e sono soltanto alla ricerca del prezzo più basso”.
I produttori di strumenti tecnologicamente avanzati hanno raggiunto ormai traguardi
importanti in termini di completezza di analisi e velocità di esecuzione dei controlli
sui prodotti. Tutto questo a fronte di ingenti investimenti che hanno inevitabilmente
fatto lievitare i costi di acquisto e gestione di questi impianti, sostenibili oggi solo
dalla grande distribuzione organizzata e da grossi centri di conferimento. L’utilizzo
di queste tecnologie permette di selezionare partite di frutti dalla qualità elevata e
garantita, ma questo con un sovrapprezzo finale del prodotto che il consumatore,
dopo i rincari degli ultimi tempi, non sembra più essere disposto a pagare. E’ in
questo contesto che si colloca la necessità di sviluppare strumenti che incontrino le
reali esigenze dei produttori e dei distributori, ma con costi più contenuti in modo
tale da poter essere utilizzati anche da aziende di dimensioni più ridotte e non
incidere in modo pesante sul prezzo finale d’acquisto per il consumatore fermo
restando il dovere, per restare competitivi, di garantire standard qualitativi elevati.
“Il punto d’arrivo finale del nostro comparto – sostiene il direttore commerciale di
Sacmi Enzo Pagliarani – è l’analisi totale dei frutti. Raggiungere questo traguardo
richiederà però tempi lunghi e investimenti onerosi, [...] bisogna lavorare in
prospettiva: il prezzo ha un suo peso però alla fine la differenza la fa la qualità”
[2]
.
1.3 Valutazione della qualità dei prodotti ortofrutticoli: analisi
strumentale e analisi sensoriale
I termini ‘tecnologie di post-raccolta’ si riferiscono a tutta una serie di operazioni che
vengono svolte sui prodotti ortofrutticoli dal momento della raccolta fino a quello del
consumo finale. Queste operazioni riguardano, ad esempio, la movimentazione, lo
stoccaggio , il trasporto, la selezione e la vendita del prodotto e hanno come finalità
quella di preservare la qualità di un prodotto deperibile costituito da materiale
biologico per un periodo più o meno lungo, a seconda delle esigenze. Lo sviluppo
6
Capitolo 1 - Introduzione
straordinario di questo settore negli ultimi decenni ha portato alla reale possibilità di
consumare qualsiasi prodotto ortofrutticolo in qualsivoglia periodo dell’anno.
Recentemente l’attenzione delle tecnologie di post-raccolta si è concentrata sui
sistemi di valutazione e controllo della qualità dei prodotti, in risposta a una
crescente richiesta di alimenti di qualità da parte di un consumatore sempre più
attento
[14]
.
In particolare le tecniche non distruttive per l’analisi della qualità intrinseche della
frutta fresca hanno incontrato l’interesse dell’industria, soprattutto per quanto
riguarda quei dispositivi che possono essere applicati in linea. Ma la qualità è
associata alla percezione da parte dei consumatori e l’unico modo per poterla
classificare è sostanzialmente attraverso test sensoriali. Tali metodi di analisi però
non sono adatti allo sviluppo della strumentazione che spesso si deve basare su
parametri strumentali. L’analisi strumentale, infatti, prevede l’individuazione di:
- una proprietà da misurare (il descrittore qualitativo);
- una grandezza (la variabile fisica misurabile);
- un protocollo di analisi (il procedimento e l’attrezzatura);
- una scala (la relazione tra unità di misura / unità di grandezza)
[13]
.
In letteratura sono rintracciabili numerosi studi che analizzano le relazioni esistenti
tra analisi strumentali e sensoriali di diversi alimenti, al fine di individuare le
proprietà e le grandezze che maggiormente condizionano il grado di accettabilità del
prodotto da parte dei consumatori
[1] [3] [7]
.
Nel 2001 Harker et al.
[8]
hanno confrontato misure strumentali e sensoriali di mele
concentrandosi sul gusto e il flavour (insieme delle percezioni degli stimoli gusto-
olfattivi). Lo scopo di questo lavoro era quello di determinare quali fossero i
parametri oggettivi meglio correlabili con la valutazione sensoriale e di individuare
quale fosse la minima differenza oggettiva percepibile nel gusto di una mela da parte
di un panel di assaggiatori addestrati. I 20 giudici sono stati selezionati e addestrati
alla valutazione in particolare di alcuni descrittori tra i quali dolcezza e acidità. I
risultati ottenuti hanno evidenziato un’elevata correlazione tra misura strumentale
dell’acidità (acidità titolabile) e misura sensoriale del gusto acido (correlazione di
0,86). Mentre il gusto dolce è risultato più difficilmente stimabile con misure
strumentali: comunque la grandezza che ha evidenziato la correlazione maggiore con
l’analisi sensoriale (r = 0,41) è stato il contenuto in solidi solubili (°Brix). Questo
7
Capitolo 1 - Introduzione
dimostra come il contenuto in solidi solubili sia la grandezza più adatta a misurare il
grado di dolcezza dei frutti.
Attributi sensoriali
Grandezze
Gusto acido Gusto dolce Flavour di mela
Acidità titolabile (%) 2.16 0.10 1.02
ph sospensione 1.91 0.05 1.09
°Brix 0.34 0.69 0.44
°Brix / acidità titolabile 1.89 0.16 1.16
Ac. Malico 1.35 0.19 0.66
Acidi totali 1.30 0.14 0.63
Fruttosio 0.59 0.28 0.29
Glucosio 0.64 0.47 0.24
Saccarosio 0.70 0.19 0.25
Zuccheri totali 0.11 0.05 0.03
Tab. 1.1 – Differenze misurate in gradi di associazione tra grandezze oggettive e attributi sensoriali
nello studio condotto da Harker et al.. Valori elevati evidenziano un’associazione forte.
Per quanto riguarda le differenze minime percepibili dal panel di assaggiatori sono
state considerate le grandezze acidità titolabile per il gusto acido e contenuto in solidi
solubili (°Brix) per il gusto dolce. I risultati hanno mostrato per l’acidità una
differenza minima percepibile da parte della media dei giudici di 800 mg / kg di
acidità titolabile; mentre due mele devono differire tra loro almeno di 1 °Brix per
poter essere distinte in base alla loro dolcezza dalla media degli assaggiatori.
Studi di questo tipo sono utili per progettare e sviluppare nel migliore dei modi uno
strumento per analisi non distruttiva della qualità dei prodotti ortofrutticoli.
Permettono infatti di determinare le grandezze da misurare e di individuare i livelli di
accuratezza minimi che lo strumento deve avere per soddisfare le esigenze del
mercato e del consumatore finale.
8
Capitolo 2 – Spettroscopia nella regione infrarossa
Capitolo 2
Spettroscopia nella regione infrarossa
2.1 Principi
2.1.1 La radiazione elettromagnetica
L’analisi spettroscopica è un insieme di tecniche che permettono di ottenere
informazioni sulla struttura della materia mediante la sua interazione con una
radiazione elettromagnetica
[6]
.
La radiazione elettromagnetica può essere analizzata considerando sia la sua natura
ondulatoria, sia quella corpuscolare.
Secondo la teoria ondulatoria una radiazione è costituita da un’onda magnetica e una
elettrica che si propagano nello spazio vibrando su piani ortogonali tra loro e
ortogonali rispetto alla direzione di propagazione.
Fig. 2.1 - La radiazione elettromagnetica: onda magnetica (B) e onda elettrica (E).
9
Capitolo 2 – Spettroscopia nella regione infrarossa
La radiazione è caratterizzata da
[2]
:
- una lunghezza d’onda (λ), che rappresenta la distanza tra due massimi adiacenti
e viene misurata in nm;
- una frequenza (ν), che rappresenta il numero di oscillazioni descritte dall’onda
nell’unità di tempo ed è misurata in Hertz (cicli/s);
- un numero d’onda (n), che rappresenta il numero di cicli per centimetro ed è
misurato in cm
-1
;
- una velocità di propagazione (c), che nel vuoto, per tutte le frequenze, assume il
valore di 2,998·10
10
cm/s.
La frequenza è inversamente proporzionale alla lunghezza d’onda:
c (m/s) = λ (m) · ν (s
-1
)
Fig 2.2 – Lunghezza d’onda della radiazione elettromagnetica.
Secondo la teoria corpuscolare la radiazione elettromagnetica è costituita da un
fascio di particelle chiamate fotoni che si propagano lungo una direzione rettilinea
con moto sinusoidale di frequenza ν. Ciascun fotone è dotato di un’energia:
E = h · ν
dove h = 6,624 · 10
-34
J·s (costante di Planck).
10
Capitolo 2 – Spettroscopia nella regione infrarossa
Ciascun fotone è dotato di un’energia direttamente proporzionale alla sua frequenza
di propagazione (ν), mentre l’intensità di una radiazione (I) è proporzionale al
numero di fotoni, indipendentemente dalla loro energia.
L’intero spettro elettromagnetico è stato suddiviso in diverse regioni, ognuna delle
quali caratterizzata da un intervallo di lunghezze d’onda (tab. 2.1).
Tab. 2.1– Regioni dello spettro elettromagnetico.
Regione dello spettro Lunghezza d’onda, λ Frequenza, ν (MHz)
Raggi X
10
-3
-10
nm ≈ 3
.
10
14
- 3
.
10
10
Lontano Ultravioletto
10-200 nm ≈ 3
.
10
10
- 2
.
10
9
Vicino Ultravioletto
200-400 nm ≈ 2
.
10
9
- 1
.
10
9
Visibile
400-750 nm ≈ 1
.
10
9
- 4
.
10
8
Infrarosso vicino
0.75-2.5 µ ≈ 4
.
10
8
- 1
.
10
8
Infrarosso medio
2.5-50 µ ≈ 1
.
10
8
- 5
.
10
6
Infrarosso lontano
50-1.000 µ ≈ 5
.
10
6
- 10
5
Microonde 0.1-100 cm ≈ 1
.
10
5
- 1
.
10
2
Onde radio 1-1.000 m ≈ 1
.
10
2
- 1
.
10
-1
2.1.2 Energia molecolare
Ogni molecola possiede una certa quantità di energia interna. L’energia totale di una
molecola può essere scomposta e considerata come la somma di vari contributi:
E
totale
= E
n
+ E
e
+ E
v
+ E
r
+ E
t
dove
E
n
= energia nucleare;
E
e
= energia elettronica;
E
v
= energia vibrazionale;
E
r
= energia rotazionale;
E
t
= energia traslazionale.
11
Capitolo 2 – Spettroscopia nella regione infrarossa
In una qualsiasi trasformazione chimica o fisica, che non interessi la fissione del
nucleo, l’energia nucleare non varia. Tutte le altre componenti, invece, possono
variare in modo indipendente l’una dall’altra. Ognuno dei termini di questa relazione
non può variare in modo continuo ma deve assumere valori quantizzati che
corrispondono ai vari livelli energetici permessi. Ne consegue che una molecola può
esistere in infiniti stati elettronici, vibrazionali, rotazionali e traslazionali, ciascuno
dei quali è caratterizzato da una determinata configurazione energetica. La
configurazione a più basso contenuto di energia prende il nome di stato
fondamentale, mentre qualsiasi altra configurazione è considerata uno stato eccitato.
Le molecole tendono a occupare il livello energetico più basso possibile (stato
fondamentale). Ricevendo energia possono raggiungere uno stato eccitato, ma
tendono comunque a ritornare allo stato fondamentale liberando l’energia assorbita
sotto forma di energia radiante o calore.
Fig. 2.3 – Rappresentazione dei livelli energetici di una molecola.
L’energia associata ad ogni livello energetico è uguale a:
E = (v + 0,5) · h · ν
12
Capitolo 2 – Spettroscopia nella regione infrarossa
dove v = n° quantico (è una quantità discreta che può assumere valore 0 per lo stato
fondamentale, 1 per il 1° stato eccitato, 2 per il 2° stato eccitato, ...ecc.).
Un fotone può trasferire la propria energia a una molecola. Il trasferimento può
avvenire solo se l’energia del fotone è uguale alla differenza di energia tra due livelli
possibili della molecola, solitamente lo stato fondamentale e il primo stato eccitato:
E
fotone
= h·ν = E
stato eccitato
– E
stato fondamentale
= [(1 + 0,5) · h·ν] – [(0 + 0,5)] · h·ν = ∆E
Una molecola può compiere transizioni elettroniche, vibrazionali e rotazionali
(quest’ultime solo se si trova allo stato gassoso). Per compiere transizioni
elettroniche la molecola deve interagire con radiazioni ad alta energia nel campo del
visibile-ultravioletto (spettroscopia UV-visibile), mentre le transizioni vibrazionali
avvengono in seguito ad interazione con la radiazione proveniente dalla regione
dell’infrarosso.
2.2 Spettroscopia nell’infrarosso (IR)
2.2.1 L’oscillatore armonico
L’energia trasportata dalla radiazione infrarossa non è sufficiente per promuovere
transizioni elettroniche ma è in grado di promuovere transizioni vibrazionali. La
spettroscopia nell’infrarosso viene impiegata per acquisire informazioni sulla natura
dei gruppi funzionali presenti in una molecola. Questo è possibile in quanto lo studio
degli spettri di assorbimento IR consente di valutare in che misura le lunghezze e gli
angoli dei legami variano rispetto ai valori che essi posseggono all’equilibrio, a
seguito dell’interazione con la radiazione infrarossa.
Il comportamento di una molecola biatomica può essere paragonato a quello di un
oscillatore armonico, cioè un sistema costituito da due masse unite fra loro da una
molla elastica.
13
Capitolo 2 – Spettroscopia nella regione infrarossa
m
1 m2
equilibrio
estensione
compressione
F
F
00
x
1
x
2
++
--
Fig. 2.4 – Moti di estensione e compressione di un oscillatore armonico.
Il grafico dell’energia potenziale dell’oscillatore armonico ha un andamento
parabolico: il punto di minimo dell’energia potenziale corrisponde alla posizione di
equilibrio. Allontanandosi dalla posizione di equilibrio l’energia potenziale aumenta
all’aumentare della forza di richiamo della molla dovuta ai movimenti di estensione
o compressione.
Il modello dell’oscillatore armonico è stato corretto per consentire di descrivere con
una curva più realistica l’andamento dell’energia associata ai moti di vibrazione di
un legame molecolare (curva di Morse).
Fig. 2.5 – Grafico dell’energia potenziale per l’oscillatore armonico (curva rossa) e grafico
dell’energia potenziale di un legame molecolare (curva nera – curva di Morse). ). [In ascissa è
riportata la distanza interatomica (Ǻ), in ordinata l’energia potenziale (eV)].
14
Capitolo 2 – Spettroscopia nella regione infrarossa
Il punto di minimo della curva corrisponde alla lunghezza del legame molecolare
nella posizione di equilibrio (x
0
in fig. 2.5). Durante il moto di estensione (parte
destra del grafico) l’andamento della curva di Morse si discosta da quello parabolico
dell’oscillatore: la pendenza della curva diminuisce fino a tendere asintoticamente a
un valore coincidente con l’energia di dissociazione del legame. La zona del grafico
riguardante i moti di compressione (parte sinistra) vede, invece, una sostanziale
sovrapposizione tra i due modelli. Il modello dell’oscillatore armonico risulta quindi
soddisfacente nella simulazione di piccole deformazioni del legame, mentre è
inappropriato per spiegare le deformazioni più grandi.
2.2.2 Probabilità di transizione
La radiazione infrarossa è in grado, a determinate frequenze, di alterare i movimenti
molecolari causando transizioni energetiche a livello vibrazionale. Esistono delle
regole di selezione attraverso le quali vengono espressi, in termini probabilistici, i
casi in cui è consentita una transizione in seguito all’assorbimento di una radiazione
di una determinata lunghezza d’onda da parte della materia.
Prima regola di selezione: la transizione può avvenire solo se comporta una
variazione del numero quantico (v) pari a ∆v = ± 1.
Seconda regola di selezione: un oscillatore assorbe tanto di più quanto più elevata è
la variazione di momento dipolare durante la vibrazione
[4]
.
Il momento dipolare è una grandezza fisica associata alla polarità di un legame:
µ = q · d
dove:
µ = momento dipolare;
q = carica parziale della molecola (C);
15
Capitolo 2 – Spettroscopia nella regione infrarossa
d = distanza interatomica (Å).
In un legame polare gli elettroni non sono uniformemente distribuiti in quanto
vengono attratti maggiormente dall’atomo più elettronegativo, determinando cariche
parziali all’interno della molecola. Al contrario, in un legame apolare la nube
elettronica è simmetricamente distribuita e le cariche parziali risultano assenti: in
questi casi il momento dipolare non varia anche a fronte di variazioni della distanza
interatomica dovuta a moti di vibrazione.
2.2.3 Transizioni nella regione del vicino infrarosso (NIR)
Come visto in tabella 2.1, la regione dell’infrarosso viene convenzionalmente divisa
in tre sottoregioni: vicino (750-2500 nm), medio (2500-50000 nm) e lontano
infrarosso (50-1000 µm).
Le regole di selezione (vedi par. 2.2.2) spiegano le modalità con cui avvengono
transizioni vibrazionali fondamentali, cioè con variazione del numero quantico pari a
∆v = ± 1. Il numero d’onda massimo al quale si hanno questo tipo di
transizioni è 4000 cm
-1
, mentre nella zona con numeri d’onda superiori (zona del
vicino infrarosso) sono presenti bande di assorbimento dovute a transizioni con ∆v
= ± 2 e ± 3. Questo tipo di transizioni sono chiamate “overtones” e le bande di
assorbimento ad esse associate vengono definite anche “bande proibite”, in quanto
sono in contrasto con la prima regola di selezione. Questo è spiegato dal fatto che le
regole di selezione hanno un valore probabilistico e non assoluto, quindi le
transizioni con ∆v = ± 2, ± 3, ± 4 …± n sono da considerarsi poco probabili ma non
impossibili. Le bande di assorbimento dovute agli overtones sono in genere molto
deboli e solo le transizioni con ∆v = ± 2 e ± 3 sono strumentalmente osservabili. Le
bande di assorbimento associabili agli overtones possono essere riconosciute e
correlate alle corrispondenti bande di assorbimento derivanti da transizioni
vibrazionali fondamentali in quanto cadono in corrispondenza di numeri d’onda
multipli di quest’ultime.
16