5
La metodologia e gli strumenti: uno studio delle iscrizioni post-antiche
deve, secondo Favreau (Favreau 1997, p. 58), partire da tanti studi di dettaglio
limitati a un insieme omogeneo di iscrizioni (una città, una regione, un complesso
ecclesiastico, come nel nostro caso) per poter poi ricostruire uno studio d’insieme.
In secondo luogo, bisogna studiare le iscrizioni in base al supporto non
limitandosi esclusivamente al materiale lapideo ma allargando il campo anche ai
mosaici, alle pitture murali e al materiale metallico (prezioso e non) e ligneo.
Per raggiungere tali finalità è stato necessario analizzare il materiale da
vari punti di vista: linguistico, grafico, archeologico, topografico.
A differenza del mondo antico, inoltre, dove le epigrafi sono, nella
maggioranza dei casi, l’unica testimonianza scritta che ci rimane, per il mondo
post-antico quello che non è testimoniato dalle iscrizioni può essere completato
dai documenti cartacei d’archivio
1
.
Per il presente lavoro si è rivelato di fondamentale importanza il confronto
delle fonti epigrafiche con il materiale documentario e d’archivio della basilica,
reperito presso il Tabularium di San Giovanni in Laterano e l’archivio del
Capitolo lateranense; ciò ha permesso di avere un quadro storico e prosopografico
più chiaro, anche se il tutto potrebbe essere ulteriormente arricchito da una ricerca
approfondita del materiale presente nell’archivio storico diocesano.
Determinare le datazione delle iscrizioni post-antiche, ha posto meno
problemi rispetto a quelle del mondo classico, per motivi di carattere testuale e
documentario:
1. la datazione ad annum è molto più attestata, anche per le epigrafi
sepolcrali.
2. è possibile il confronto con le fonti letterarie, che possono fornirci
informazioni che la pietra scritta non ci dà.
1
Cfr. Carosi 1986.
6
Un altro vantaggio rispetto al mondo antico lo dà l’araldica, scienza
documentaria che studia gli stemmi delle famiglie nobili, stemmi che furono
prima dei cavalieri d’armi e che, successivamente, dal XII secolo in poi, furono
adottati anche in ambito ecclesiastico.
Lo stemma é un contrassegno che deve esaltare una particolare impresa, un
fatto importante o un’azione da perpetuare, e frequente è il caso di ristrutturazioni
ricordate proprio con l’affissione dello stemma del pontefice o del signore che ne
avevano sostenuto l’onere, per trasmettere ai posteri il loro operato
2
.
Nel nostro caso, lo studio degli stemmi papali ha permesso di stabilire una
Forcella cronologica delimitata dagli anni di inizio e di fine del pontificato,
all’interno della quale inserire l’iscrizione per datarla con soddisfacente
approssimazione
3
; nel caso in cui né il testo, né la paleografia, né la decorazione
hanno permesso di avere una Forcella cronologica approssimata l’iscrizione è
stata posto alla fine delle trascrizioni, in attesa che ulteriore materiale possa
aiutare a definirla.
Gli esiti: l’analisi così condotta ha evidenziato come, dai tempi della
pubblicazione dell’opera forcelliana (l’ultima iscrizione porta la data 1875; n.
300), molte epigrafi siano andate perdute, altre abbiano cambiato collocazione,
altre ancora siano state riutilizzate; in qualche caso alcune epigrafi, che il Forcella
aveva riportato dalle sue fonti e di cui non aveva potuto effettuare un esame
autoptico, sono tuttora presenti in basilica, chiaro esempio di come al tempo di
Forcella dovevano trovarsi in un luogo non visibile (n. 90, v. nota), o altrove.
Interessante, in merito, il caso di una lastra opistografa presente
attualmente nell’anticamera del chiostro e sistemata su un supporto che permette
di vedere ambedue le iscrizioni; il Forcella ha riportato solo la più recente (Fo.
vol. VIII, n. 231) il che fa pensare che ai suoi tempi fosse murata.
D’altronde, il testo più antico, che si data al 1725 (NT, n. 135) è
interessante in quanto ricorda il concilio lateranense del 1725, tenutosi in Laterano
2
Cfr. M .Pastoreu in DEM 1999, s. v. araldica, vol. I, pp. 127-128.
3
Nel caso degli armadi posti nella Sagrestia del Canonici e che riportavano lo stemma di Clemente
VIII.
7
nell’ aedes messe a disposizione dal proprietario, (Giuseppe Vitelleschi) e durante
il quale si dichiarò beato san Filippo Neri
4
.
L’autopsia ha evidenziato, inoltre, come un numero maggiore o minore di
iscrizioni commemorative indichi una maggiore o minore volontà di auto-
rappresentazione da parte dei personaggi illustri e soprattutto dei pontefici che
hanno finanziato e diretto opere di rifacimento o di abbellimento del complesso
lateranense.
Lo studio autoptico ha poi dimostrato l’attendibilità del lavoro di Forcella,
che solo in pochi casi non è fedele nella trascrizione e che, a differenza delle sue
fonti (ad esempio il Crescimbeni), riporta anche gli errori commessi dai lapicidi
non correggendoli in base alle regole del latino classico.
La tesi si sviluppa partendo da una breve recensione all’opera e al
personaggio del Forcella, continuando con una breve storia delle strutture della
basilica e degli edifici ad essa annessi, per tracciare una topografia epigrafica del
complesso e per avere un quadro più chiaro degli eventuali spostamenti delle
epigrafi; si passa poi alla trattazione delle iscrizioni, evidenziando la loro
distribuzione nel tempo, il rapporto tra testo scritto e monumento di pertinenza, le
tecniche di scrittura e la paleografia, gli aspetti linguistici, il formulario e gli
schemi testuali per un continuo confronto tra antico e nuovo, sottolineandone
continuità, riprese e innovazioni.
Il capitolo V contiene le trascrizioni dei testi (prima le iscrizioni riportate
da Forcella poi i nuovi testi) organizzati in ordine cronologico; i nuovi testi, per
distinguersi, presentano la data in grassetto, preceduta da asterisco.
Le iscrizioni trattate nel volume XIV del corpus inoltre, sono aggiunte
seguendo la progressione numerica delle iscrizioni del volume VIII (301-308).
I riferimenti alle iscrizioni trattate dal Forcella nel volume VIII infine,
sono indicati entro parentesi tonde e si limitano al numero progressivo utilizzato
dall’autore, [es. (n. 1)], mentre per le iscrizioni trattate nel volume XIV, si
4
Il concilio Lateranense del 1725 è raffigurato in un quadro di Pierleone Ghezzi che si trova
attualmente a Releigh, in North Carolina, presso il Museum of Art; Cfr. Pietrangeli 1990 p. 161.
8
mantiene il numero del volume seguito dal numero dell’iscrizione [es. (XIV, n.
1096)].
Per le trascrizioni sono stati adottati i segni diacritici ed i caratteri da
codifica usati da Epiglossa, programma di indicizzazione epigrafica Key Word in
Context (“KWIC”), riportati da Ivan Di Stefano in “Software per le antichità
romane: Epiglossa, programma di indicizzazione epigrafica (Di Stefano 2000).
Seguono gli indici per forma di tutte le parole ricavati dal programma
Epiglossa:
1. principale: ha tutte le parole presenti, compresi i numerali
2. parole acefale compresi i numerali.
3. numerali romani ordinati secondo la progressione numerica (1, 2, 3...)
4. numerali romani acefali in progressione numerica.
5. numerali verbali ("duo", "tres") in ordine alfabetico.
L’index vocabulorum è corredato inoltre, da una label o “etichetta” che
permette di avere in uno spazio tipografico ristretto (25 caratteri ca.) molte
informazioni codificate per ogni iscrizione, informazioni che sono di tipo
bibliografico, topografico, paleografico e che riguardano supporto e materiale. (v.
tabella).
In appendice sono trattati i testi multilingui che vedono la compresenza, di
più lingue (es. latino e francese) e i testi che sono in lingua diversa dal latino.
Fenomeno interessante per comprendere come il latino, lingua ufficiale
soprattutto in ambito ecclesiastico, da un certo momento in poi, abbia dovuto dare
spazio alle lingue che gradualmente si emancipavano e acquisivano una propria
dignità ufficiale, segnando sempre più l’allontanamento dai modelli classici.
Chiude il lavoro un glossario che riporta le cariche ecclesiastiche più
importanti riscontrate nei testi della basilica e che rimanda per alcune voci, al
lavoro parallelo, svolto dalla collega Samantha Sorrentino per quanto riguarda la
basilica di Santa Maria Maggiore.
9
II. Forcella epigrafista
2.1. La vita e le opere
Vincenzo Forcella nacque a Tarquinia nel 1837 da una famiglia nobile e a
dieci anni entrò in seminario a Montefiascone fruendo di una borsa di studio; i
suoi studi furono interrotti nel 1854 a causa di una malattia, e ripresi e conclusi in
data non precisabile a Roma.
Dell’epoca successiva alla morte del padre non si conosce molto della
vita del nostro Autore, ma rimangono le sue opere.
I suoi lavori furono soprattutto di tipo bibliografico e si incentrarono
sullo studio dei manoscritti riguardanti la storia delle città e, in particolare, di
Roma.
Tra le sue opere ricordiamo Catalogo dei manoscritti riguardanti la
storia di Roma che si conservano nelle biblioteche romane pubbliche e private
(voll. I-V, Roma 1879-1885) in cui parla dei manoscritti contenuti nella
Biblioteca apostolica Vaticana distinti per codici e fondi, corredato da due
indici, uno per autori e titoli anonimi, l’altro per materie.
La sua opera più importante, da cui il presente lavoro ha tratto origine,
resta Iscrizioni delle chiese e d’altri edifici di Roma dal secolo XI ai giorni
nostri… (Roma 1869-1884), opera in 14 volumi in folio pubblicata sotto gli
auspici di Baldassarre Boncompagni Ludovisi, bibliotecario dell’accademia dei
Lincei, di cui il Forcella tesse le lodi nell’introduzione al primo volume.
L’Autore non nasconde le notevoli difficoltà incontrate nel comporre
un’opera così imponente e il disappunto per non aver ottenuto l’appoggio e
l’entusiasmo da parte di molti in cui sperava
5
; concetto ribadito nell’introduzione
all’ultimo volume
6
e in alcune lettere autografe, conservate presso l’istituto
5
Forcella 1869, intr. al vol. I, “…e neppure tacerò d’altra parte la penosa meraviglia da me provata
in vedere tornata a vuoto le più ragionevoli speranze, là dove le avea riposte con miglior
fondamento”
6
Forcella 1884, intr. al vol. XIV, “Compiuta dopo lunghi anni di laborioso lavoro una impresa da
tutti giudicata audace colle sole mie deboli forze, assistito solo dal convincimento di fare cosa
utile…” e più oltre “Molto più accurata e ricca di annotazioni storiche e biografiche sarebbe stata
la mia opera (…) se non mi fosse mancato quel concorso indispensabile in simili lavori”
10
archeologico Germanico di Roma, nelle quali chiede spesso anticipi in denaro sui
fascicoli di prossima pubblicazione.
Non è dato sapere a chi precisamente si riferisse il Forcella, ma il lungo
periodo impiegato per la pubblicazione, è indicativo delle ristrettezze
economiche nelle quali dovette vivere e di cui si lamenta una volta portato a
termine il suo lavoro.
2.2 Il metodo: i pregi e i limiti
Il metodo da lui seguito per ordinare le iscrizioni si basava su due criteri:
l’uno di tipo topografico, in base agli edifici o alle chiese in cui si trovavano le
epigrafi, l’altro di tipo cronologico; inoltre, ispirandosi al CIL (Corpus
Inscriptionum Latinarum) che in quegli anni si pubblicava, per le iscrizioni
classiche, pose molta cura nel trascrivere i testi seguendo l’impaginazione
originaria e, in alcuni casi, riportando anche le decorazioni degli originali;
l’autopsia sui testi studiati da Forcella ha dimostrato la complessiva attendibilità
della sua opera, anche se sono da evidenziare alcuni errori interpretativi
7
e di
stampa (nn. 188, 192, 210) o casi nei quali riesce ad integrare solo in parte le
iscrizioni mutile e che l’autopsia eseguita per il presente lavoro ha ulteriormente
completato (n. 19).
Dal punto di vista tipografico, in alcuni casi, riporta la punteggiatura (nn.
8, 193, 224), e i segni non alfabetici, come la cosiddetta nota tironiana
(n. 21)e la
& utilizzata per sostituire la congiunzione et (n. 193), o la C retroversa (nn. 146,
193, 277), quale componente grafica della cifra 1000 corrispondente al Φ greco
maiuscolo e utilizzata per la datazione.
Interessante per comprendere la metodologia adottata dal Forcella anche lo
studio delle note alle singole iscrizioni che forniscono informazioni di carattere
topografico, storico, prosopografico e bibliografico e che, in alcuni casi
contengono altre iscrizioni, pertinenti a quelle trattate ma senza numerazione e,
per questo motivo, inserite, nel presente lavoro fra i nuovi testi(n. 131; NT, n.
123).
7
V. infra
11
Dal punto di vista topografico, in alcuni casi il Forcella dà gli estremi del
luogo in cui si trova l’iscrizione con una precisione certosina, in altri è piuttosto
vago, il che si potrebbe spiegare con una mancata autopsia o, più semplicemente,
perché considerava superflue informazioni topografiche più precise per testi
facilmente visibili.
Il primo caso è rappresentato, per esempio dalle note alle epigrafi che si
trovano nella cappella sotterrane della famiglia Corsini per cui nella nota
all’iscrizione n. 244 del volume VIII, troviamo l’espressione: “Nella terza tomba
a sinistra nel sotterraneo della cappella Corsini”.
Non essendo l’iscrizione visibile a tutti, era necessaria una spiegazione che
facesse almeno immaginare l’ubicazione.
Un altro esempio potrebbe essere la nota all’iscrizione n. 178, “Nella
parete sinistra della seconda nave destra tra il terzo e il quarto arco sotto il
monumento di Alessandro III”.
In altri casi si limita a espressioni come: “Nel portico Leonino” (ad es. la
nota all’iscrizione n. 181), oppure “nel Battisterio” (nota all’iscrizione n. 98).
Dal punto di vista storico, le notizie sono molto scarne e relative solo a
personaggi particolarmente importanti.
Dal punto di vista onomastico, interessanti gli indici che riporta alla fine di
ogni volume, strumento utilissimo per trovare tutte le iscrizioni in cui i personaggi
sono ricordati.
Gli indici, seguendo lo schema di Galletti sono organizzati divisi in
maniera gerarchica secondo l’ordine: pontefici; monarchi; cardinali; arcivescovi-
vescovi; magistrati, (classe a sua volta divisa in: senatori, conservatori e
caporioni) e militari; segue poi un indice generale organizzato secondo un ordine
alfabetico e che include anche i personaggi non collocabili nelle classi precedenti.
Bisogna però obiettare il fatto che in alcuni casi, soprattutto quando si
tratta di stranieri, i nomi dei personaggi sono “italianizzati” o traslitterati,
rendendone difficile l’individuazione della forma originale.
12
Un esempio è rappresentato dall’iscrizione (n. 35) già perduta ai tempi di
Forcella
8
, che ricordava una Ocilepne, un nome di origine greca che lo studioso ha
“italianizzato” in Ocilena.
In un caso, inoltre, è ignorato il nome di un notaio che nell’iscrizione
è
abbreviato e, di conseguenza non è riportato nell’indice, perdendo in questo modo
una preziosa informazione che si è potuta recuperare grazie a un documento
presente nell’archivio del Capitolo lateranense (Mazziotti 1597).
Tra gli errori metodologici del Forcella possiamo ricordare sicuramente il
fatto di datare l’iscrizione in base al testo e non allo studio del supporto o della
paleografia, riportando solo in qualche caso, in nota, notizie relative alla data di
produzione dell’epigrafe, chiaramente rinnovata (nn. 1, 9, 10, 277).
Un esempio è dato dall’iscrizione funebre di Riccardo Annibaldi di
Molaria (n. 10) che è datata al 1276, data della morte del defunto, ma, come tra
l’altro specifica in nota lo stesso Forcella, aggiunta al monumento funebre
“posteriormente nella ristorazione Innocenziana” della meta del XVII secolo.
Un articolo di Anna Maria D’Achille, nella raccolta di testi a cura di
Angiola Maria Romanini pubblicata dall’Enea nel 1991(D’achille 1991, note n..
96-98) aiuta a comprendere meglio la storia di questo monumento funebre.
Nel corso del Seicento, quando la basilica di San Giovanni in Laterano fu
oggetto di numerosi interventi alle strutture e agli arredi, ad opera di Innocenzo X,
il sepolcro subì numerosi spostamenti e la figura del giacente, rappresentante il
defunto e la lastra ad alto rilievo su fondo mosaicato che rappresenta una
celebrazione di funzione sacra, furono smembrati.
La produzione dell’epigrafe a cui accennavo sopra, risale proprio a questo
periodo.
Tra l’altro l’iscrizione, che ricorda Riccardo Annibaldi, cardinale, morto
nel 1276 si fonda su un errore storico che è stato risolto solo negli ultimi anni ad
opera degli studiosi Herklotz e Romanini
9
.
8
V. indice al vol. VIII p. 554.
9
Per la bibliografia in merito v. l’articolo D’Achille A. M. 1991, nota n. 97; v. anche Battistelli-
Tomei 1983.
13
Secondo una tradizione, risalente al Panvino, il defunto rappresentato,
sarebbe il cardinale Riccardo Annibaldi, morto nel 1276 e, in base a questa fonte,
era stata prodotta l’epigrafe che riporta il Forcella.
In realtà, lo studio iconografico e stilistico del monumento ha portato gli
studiosi ad identificare il defunto con l’omonimo Riccardo Annibaldi, notaio
pontificio, nipote del cardinale, morto trentenne nel 1289.
Ingo Herklotz vede il motivo dell’identificazione, nel fatto che il defunto
non porta l’abito cardinalizio, Angiola Maria Romanini e, con lei Anna Maria
D’achille, nel fatto che il defunto ritratto è un uomo giovane e che i tratti stilistici
del monumento si adattano agli anni ’90 di Arnolfo di Cambio, suo autore.
A questo personaggio è pertinente un’altra epigrafe presente nel chiostro
lateranense e riportata da Forcella (XVI, n. 1194
10
) che contiene alla fine del testo,
la richiesta di una messa quotidiana in suffragio del defunto (pro cuius anima
Prior et Capitolum tenentur missam quotidie celebrare) che potrebbe fornire
l’interpretazione del fregio di accompagnamento alla statua giacente del defunto
(D’Achille 1991, nota n. 98).
Un altro errore è presente nella datazione dell’iscrizione (n. 272) che
ricorda Andrea Tommaso Corsini, nato nel 1804, morto nel marzo 1868 e il cui
corpo fu traslato nella cappella sotterranea della famiglia, nota come cappella
“della Pietà”, nell’aprile successivo.
Il Forcella, infatti data l’epigrafe in base all’anno di nascita del defunto
piuttosto che a quello di morte.
10
Qui n. 304.
14
2.3.Le sue fonti
A merito del Forcella va ascritto il fatto che riporta alcune iscrizioni, che
non ha potuto vedere direttamente ma che ha tratto da fonti a lui precedenti; ciò ha
impedito che una notevole quantità d’informazioni andasse perduta.
Le sue principali fonti come dichiara peraltro nell’introduzione al volume,
per il complesso lateranense sono Giovanni Maria Crescimbeni, (Crescimbeni
1716) Giovanni Mario Baldeschi (Baldeschi 1723) e Pietro Aloisio Galletti, suoi
degni predecessori.
Lo studio dell’opera del Crescimbeni ha dimostrato che questo autore non
riporta le iscrizioni seguendo l’impaginazione reale, ma adattandola alle esigenze
tipografiche e correggendo spesso i testi che non seguivano le forme del latino
classico.
L’opera del Crescimbeni, inoltre, può considerarsi di tipo storico e solo in
secondo luogo epigrafico, l’opera del Forcella è soprattutto epigrafica, poiché per
le notizie storiche si limita a note, alla fine delle iscrizioni più importanti, mentre
le iscrizioni sono riportate con precisione.
Altra fonte importantissima è Pietro Luigi Galletti (1722 – 1788), erudito e
soprattutto amante dell’epigrafia che vive un secolo prima del Forcella e la cui
opera relativa all’archivio di San Giovanni in Laterano, è stata fondamentale per
lo studio del Forcella.
Dello studioso sappiamo che nacque a Roma nel 1722 e che fin da
bambino si interessò alle collezioni numismatiche del padre e, di conseguenza,
alle iscrizioni, in esse impresse.
Per tutta la vita si interessò dello studio di archivi tra i quali proprio quello
di San Giovanni in Laterano, dove Forcella vede l’epigrafe commemorativa a lui
dedicata (n. 245).
Tuttavia solo una parte delle sue opere fu date alla stampa per cui Forcella
lavorò spesso sui manoscritti del suo insigne predecessore, che, come afferma il
Renazzi fu sempre molto liberale nel mettere a disposizione degli studiosi a lui
contemporanei l’enorme massa di materiale raccolto (Renazzi 1806, pp. 370-372).
15
La sua opera è divisa in tre tomi, corredati da indici; le iscrizioni sono
studiate in base al testo e seguono un ordine di tipo gerarchico e uno di tipo
cronologico.
I personaggi menzionati, sono infatti suddivisi in classes (la prima è
dedicata ai papi, la seconda ai cardinali, la terza ai vescovi, la quarta ai frati, i
presules e agli advocati del sacro concistoro, la quinta ai sacerdoti e ai chierici, la
sesta ai religiosi utriusque sexus; il tomo II dedica la classe settima ai magistrati,
l’ottava a coloro che lavorano nella domus pontificia, la nona ai giudici giure-
consulti, la decima ai militari, l’undicesima ai familiares principum, la dodicesima
ai medici, la tredicesima a pittori, scultori e architetti; la quattordicesima ai
largitores; nel tomo terzo, la quindicesima comprende le iscrizioni adfectus
parentum erga liberos, la sedicesima, viceversa, le iscrizioni adfectus liberorum
erga parentes, la diciassettesima alle iscrizioni il cui dedicatario è il coniuge del
defunto, la diciottesima per le iscrizioni fatte porre da fratelli, o parenti, la
diciannovesima per le iscrizioni poste in vita dai defunti ivi ricordati, la
ventesima, infine, per i sepolcri singoli posti da ignoti.
L’opera è corredata da un appendice che comprende le iscrizioni
praetermissae e quelle domi forisque dedicate a Clemente XIII (1758-1769), papa
a lui contemporaneo, e al quale il lavoro è dedicato.
Interessante, per comprendere il rapporto tra questa sua fonte e il Forcella
è lo studio degli indici che il Nostro prende a modello pur, apportando qualche
piccola modifica.
L’indice generale segue l’ordine alfabetico e include tutti i nomi propri di
personaggi ricordati nelle iscrizioni raccolte, in lingua latina.
Un altro indice raccoglie tutti i nomi delle famiglie nobiliari non romane,
ordina secondo un criterio geografico.
Di fondamentale importanza, infine, anche gli indici che raccolgono i nomi
delle chiese dei luoghi santi, dei luoghi profani, secondo un ordine alfabetico.
Le differenze che ho potuto notare tra le due opere risiedono innanzi tutto
nella trascrizione, che nel Forcella segue perfettamente l’impaginazione mentre
nel Galletti si adatta alle esigenze tipografiche.
16
Il lavoro del Galletti, inoltre manca di ogni tipo di notizia storica, mentre il
Forcella, seppure esclusivamente per i personaggi più importanti, le riporta.
Nella descrizione della collocazione delle epigrafi, inoltre, il Galletti è
molto vago e si limita ad espressioni come humi, per indicare lastre pavimentali, o
in pariete, per indicare le iscrizioni pertinenti a monumenti funebri a parete.
Infine, dal confronto tra le varie collocazioni riportate dal Galletti e quelle
riportate dal Forcella risulta evidente che le iscrizioni mancanti sono in genere
lastre terragne, che devono essere scomparse nel corso di lavori di rifacimento del
pavimento della basilica.
Da queste fonti, tuttavia, in più occasioni prende le distanze, dimostrando
che il suo lavoro non fu una semplice ricopiatura da autori vissuti in epoche molto
anteriori alla sua, ma una vera e propria scelta critica che non risparmia commenti
come “Negligentemente edita dal Galletti e pessimamente dal Crescimbeni” (n.
35, in nota)
11
; utilizza quelle più attendibili secondo i casi e le collaziona nel caso
in cui non ha visto personalmente l’iscrizione (nn. 88, 148, in nota), portando, in
qualche caso, le lezioni di più fonti, in nota (n. 140, in nota).
2.4. Il volume VIII del Corpus
Il volume ottavo fascicolo XXII, dedica la parte prima alle iscrizioni che
riguardano la basilica di San Giovanni in Laterano e gli edifici ad essa annessa.
L’introduzione si apre con una breve “rassegna della storia materiale della
basilica”
dalla sua fondazione nel 313 ad opera di Costantino, passando attraverso
i terremoti e gli incendi che in più di un’occasione devastarono la basilica e le
successive ricostruzioni e modifiche ad opera dei pontefici fino a Pio IX,
contemporaneo del Forcella.
Si passa a parlare poi dei gruppi religiosi succedutisi all’interno della
basilica e, in particolare, degli scontri tra i canonici secolari e i canonici regolari.
Forcella passa poi a parlare del battistero Costantiniano, edificio staccato
dalla basilica di cui riporta le iscrizioni più significative, relative al fonte
Battesimale e agli affreschi che raccontano le imprese dello stesso Costantino.
11
Cfr. Galletti 1760, vol. II, p. 13, n. 27.
17
La sua introduzione si conclude con un commento alle fonti che lo hanno
preceduto: da Millini storico del XVI secolo a Rasponi, che pubblicò la sua opera
nel 1656, a Crescimbeni e Baldeschi con la loro opera “Stato della SS. Chiesa
papale Lateranense nell’anno MDCCXXIII”.
Il volume preso in considerazione, inoltre è stato aggiornato per otto
iscrizioni
in un volume di appendice, il XIV
pubblicato nel 1884 che riporta le
iscrizioni rinvenute o studiate dall’epigrafista nel corso della pubblicazione della
sua opera.
In conclusione, possiamo affermare che Vincenzo Forcella può
considerarsi una fonte attendibile sia perché utilizza le sue fonti in maniera critica,
sia perché le aggiorna verificando le notizie di cui dispone, nella maggioranza dei
casi, con un esame autoptico delle iscrizioni.
Uno studio sul vasto patrimonio di manoscritti conservati nell’archivio
basilicale, inoltre, permetterebbe di avere un’idea ancora più chiara di come
utilizza le sue fonti.
2.5. Dopo Forcella
Successivamente all’opera del Forcella gli studi sull’epigrafia della
basilica e degli edifici ad essa annessi rimangono scarni; si tratta di monografie
limitate sia cronologicamente, sia topograficamente.
Tra le recensioni alla sua opera ricordiamo quella di Von Reumont) del
1869 (Remount 1869 pp. 90-92) e di Cantù del 1886 (Cantù 1886 pp.687-692),
oltre ai riferimenti fatti al Nostro da Corio (Corio 1885) e Beltrami (Beltrami
1896), che esaltano il lavoro del Forcella sottolineando la mole di materiale
utilizzato e la precisione delle trascrizioni; un critico del Forcella può
considerarsi, invece, De Nicola (De Nicola 1908) il quale rileva la negligenza
del nostro Autore che avrebbe citato solo alcuni codici, tralasciandone altri
Per il XIX secolo possiamo ricordare l’opera dello studioso Marucchi
(Marucchi 1888).
18
Per il XX secolo la monografia di Phlippe Lauer (Lauer 1911) proprio
sul Laterano e la raccolta di iscrizioni di Luigi Hütter (Hütter 1959).
Negli ultimi anni tra i lavori che si sono interessati di epigrafia al
Laterano, dobbiamo ricordare le schede fatte da Gian Domenico Spinola
12
,
all’interno del volume a cura di Paolo Liverani (Liverani 1998) e l’intervento
fatto dallo studioso Giorgio De Spirito sull’importanza del patriarchio
lateranense e sulla figura dei papi Silvestro II e Sergio IV partendo dalle epigrafi
sepolcrali (nn. 1-2) che li riguardano, durante la giornata di studio dedicata al
patriarchio lateranense tenutasi a Roma presso l’École Française il giorno 11
Maggio 2001, del quale si auspica al più presto la pubblicazione degli atti (De
Spirito 2001).
Una raccolta di carattere generale per le epigrafi di epoca post-antica
sarebbe, inoltre auspicabile sotto più punti di vista: epigrafico (per un confronto
tra antico e moderno, sottolineando cosa i moderni hanno preso e riutilizzato,
spesso con fini diversi dagli antichi); letterario filologico (per lo studio del latino
medievale e moderno evidenziando le varianti linguistiche e l’apporto delle altre
lingue); paleografico (le varianti grafiche di epoca medievale e moderna sono
molto più numerose di quelle di epoca classica)
13
12
V. schede nn. 433, (figg.300-02), 459 (fig.336), 460 (fig.337), 461 (fig338), 466 (fig.343).
13
Cfr. A. Campana 1967, pp. 539-547; idem, 1968, pp.5-19.