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loro natura schiva li ricopre di una sorta di aura misteriosa. Il loro essere introversi assume talvolta
delle forme inusuali per il turista: quest’ultimo rimane sbigottito quando la sua presenza provoca la
fuga dei nativi, che corrono a nascondersi nelle loro abitazioni. Ma qualcuno serba anche un ricordo
quasi positivo. Nel loro superbo orgoglio, i Toubou possono assumere anche tratti gentili: infatti in
Ciad, dei viaggiatori italiani provenienti dalla Libia hanno trovato provvidenziale il loro aiuto,
quando il loro mezzo di trasporto era in panne per un guasto meccanico. Ma non bastano queste
piccole avventure quotidiane a smentire dei pregiudizi radicatisi nei secoli.
Occorre evidenziare anche la brevità degli incontri tra turisti e Toubou: molto spesso sono limitati a
una giornata o due, poiché gli itinerari nel deserto prevedono continui spostamenti da una zona
all’altra. Solamente gli studiosi e gli appassionati fanno eccezione, in quanto prolungano di mesi -
se non di anni - le loro permanenze. Ad essi si possono aggiungere anche guide turistiche
provenienti dall’estero, in prevalenza italiane e francesi: senz’ombra di dubbio, queste hanno una
conoscenza approfondita del territorio e dei locali, ma sovente la loro opinione è più assimilabile a
quella dei turisti che a quella di antropologi ed etnologi. Non capita raramente che siano le guide
stesse a consigliare al turista di stare lontani dagli individui appartenenti a quest’etnia! Phil
Hassrick, fondatore del tour operator americano “Lost Frontiers” (specializzato in viaggi etnici e
tribali), sostiene che, pur essendo avvicinabili, i Toubou sono noti per la loro aggressività e quindi
sono preferibili contatti minimi.
Questi luoghi comuni vengono invece confutati da altri esperti del settore, come possono essere
Rocco Ravà dell’agenzia milanese “Spazi d’Avventura” e Maurizio Levi di un’altra agenzia
milanese chiamata “I Viaggi di Maurizio Levi”. Più che ferrati in questo campo, evidenziano come
queste dicerie siano solo in parte vere: solo l’accurata conoscenza dei valori di quest’etnia, molto
diversi da quelli occidentali, consente di capire i loro comportamenti. Certi modi di fare, che a noi
sembrano a dir poco strani, sono invece la prassi per loro: un esempio lampante è costituito
dall’usanza per cui il promesso sposo deve rubare un cammello da donare alla futura moglie. Ai
nostri occhi ciò è inconcepibile, ma risulta invece conforme ai principi tradizionali dei Toubou.
Infine, bisogna considerare la fortissima influenza derivata dagli scritti più o meno scientifici che
sono stati pubblicati a partire dal XIX secolo. Le prime testimonianze di Mohammed El Tounsi e di
Gustav Nachtigal hanno un carattere molto soggettivo e di certo non rendono merito a questo
popolo. Le pubblicazioni successive, invece, sono il frutto di lunghi studi sul campo di etnologi e si
distinguono per l’imparzialità. Ciò porta inevitabilmente a un netto scontro tra le fonti scritte, anche
se ugualmente autorevoli: questo fatto non va di certo a favore del dibattito, anche se bisogna
riconoscere una maggiore affidabilità ai testi più recenti.
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Il problema di fondo, quindi, non è tanto quello di aver considerato casi particolari come fatti
generali, che è la questione che si deve affrontare quando ci si trova di fronte a delle idées reçues:
se si vuole cercare di capire la mentalità di questi nomadi sahariani, è fondamentale fare tabula rasa
del nostro complesso di opinioni e di rappresentazioni collettive derivato dall’esperienza
occidentale. Dobbiamo per un attimo dimenticarci del nostro modo di vedere le cose, di interpretare
la realtà, di ragionare. Eliminare dal nostro pensiero tutti quei luoghi comuni, che altrimenti
prenderemmo per dati di fatto. E’ necessario cercare di pensare come un Toubou per apprezzare la
singolarità dell’etnia in questione, ma anche per capire meglio il suo rapporto con un territorio
ostile, seppur ricco di fascino.
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JUMHŪRĪYAT TASHĀD
Immagine 1.1 La posizione del Ciad nel continente africano.
Fonte: http://www.africainmusica.org/images/mappe/africa/ciad.jpg .
IL TERRITORIO
Jumhūrīyat Tashād è il nome ufficiale della Repubblica del Ciad, stato interno (il mare dista più di
1.500 km dalle sue frontiere) dell’Africa centro-settentrionale, confinante a nord con la Libia, a est
con il Sudan, a sud con la Repubblica Centrafricana e con il Camerun, a ovest con la Nigeria e il
Niger. I suoi confini furono istituiti nel 1898 da una convenzione franco-olandese e non
corrispondono a nessuna limitazione naturale: non solo non è stata rispettata la geografia, ma ancor
meno i popoli, che si estendono indifferentemente sia all’interno del Ciad che fuori dalle sue
frontiere. Il suo territorio ha una forma trapezoidale e ricopre una superficie pari a 1.284.000 km²
(che è pressappoco quella che occupano Italia, Svizzera, Austria, Germania e Francia messe
insieme), compresi tra l’ottavo e il venticinquesimo grado di latitudine nord: si trova infatti
nell’emisfero boreale. E’ il quinto paese più esteso del continente africano e l’unico elemento che
gli conferisce una certa unità è la grande depressione del lago Ciad, che è situato nell’avvallamento
più profondo della vasta conca sedimentaria sopraelevata ai bordi (tranne che nella regione
occidentale). Questa conca è racchiusa da rilievi (massicci e altipiani) di origine vulcanica.
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Immagine 1.2 Cartina geo-politica del Ciad.
Fonte: http://www.tchad-info.net .
Dal punto di vista morfologico il Ciad comprende quattro zone bioclimatologiche.
La parte settentrionale del paese è desertica, pre-desertica e montuosa: il Sahara influenza
notevolmente le precipitazioni, che non raggiungono i 200 mm annui, anche se i due sistemi
montuosi esistenti hanno dei microclimi a sé stanti. Infatti il massiccio del Tibesti, situato a nord-
ovest, vicino al territorio libico, raggiunge altitudini decisamente elevate: l’Emi Koussi (“emi” è un
termine locale che indica la “montagna”) tocca i 3.415 metri, configurandosi come la cima più
elevata di tutto il Sahara. Il massiccio dell’Ennedi, invece, è spostato verso est e le sue sommità si
attestano sui 1.000 metri circa (anche se l’Altopiano di Basso tocca i 1.450): le sue peculiarità
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climatiche e territoriali ne fanno una zona praticamente tropicale. Della zona nordica fa parte anche
la depressione del bacino del Bodélé, situata a ovest.
La parte centrale è occupata dal Sahel, una zona steppica di transizione tra il deserto e i territori
tropicali umidi: qui le piogge aumentano gradatamente, man mano che si procede verso sud, e sono
comprese tra i 200 e i 600 mm annui. L’area è dominata dall’esteso bacino (250.000 km²), in parte
paludoso, del lago Ciad: quest’ultimo è collocato a 281 metri sul livello del mare, all’estremo ovest
dello stato, ed è ciò che resta del Paleociad, un antico mare interno (infatti ancora al giorno d’oggi è
in parte salato). Nonostante la superficie da esso ricoperta stia drasticamente diminuendo nel corso
degli ultimi quattro decenni (nel 1963 si aggirava normalmente sui 25.000 km², ora rasenta i 1.350),
il lago costituisce un’essenziale riserva idrica per la regione. Solo in determinati periodi dell’anno è
collegato alla depressione del Bodélé da un fiume: il Bahr-el-Ghazal (che tradotto in italiano
significa “fiume delle gazzelle”). Anche nella zona saheliana, però, si riscontrano dei microclimi
particolari: quello dell’altopiano di Ouaddaï (che sfiora i 1.000 metri d’altezza) e quello delle
estreme propaggini del Dārfūr, entrambi a est.
Immagine 1.3 La scomparsa del Lago Ciad.
Fonte: tradotta da http://www.grida.no/climate/vitalafrica/english/14.htm .
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La zona meridionale è prevalentemente pianeggiante - fatta eccezione per il massiccio del Guéra a
nord, con il suo picco di 1.613 metri, e i tavolati dell’Adamaoua e dell’Oubangui nel sud - ed è
caratterizzata dalla savana. Le precipitazioni oscillano tra i 600 e i 1.000 mm annui e facilitano
l’agricoltura, già agevolata dalla fertilità dei terreni e dai bacini idrografici del Chari e del Logone, i
due più lunghi fiumi del paese (il loro corso è lungo rispettivamente 1.050 km e 900 km).
All’interno di questa fascia geografica si segnala però una zona ben distinta, quella della cosiddetta
Guinea settentrionale, nell’estremo sud-est del Ciad: la sua particolarità consiste nelle precipitazioni
più consistenti dello stato, che fluttuano tra i 1.000 e i 1.200 mm.
LE DUECENTO FACCE DEL CIAD
Alla varietà morfologica corrisponde una fortissima varietà etnica: si annoverano infatti più di 200
etnie. Nella parte centro-settentrionale, che è scarsamente popolata, vivono popolazioni sahariane
nomadi e seminomadi: i Toubou nel Tibesti e nel Sahel, gli Zaghawa solo nella zona steppica. Nella
regione meridionale si sono stanziati i sedentari Sudanesi (tra cui i Massa, i Mundang e i Sara:
quest’ultimo è il gruppo preponderante del Ciad), popolazioni negridi (come i Sao e gli arcaici
Hadjerai, che abitano il massiccio del Guéra) e genti arabe (quali gli Ouled Sliman e i Salamat,
filtrati secoli fa dai confini meridionali).
Complessivamente il Ciad risulta abitato da 9.538.544 abitanti, secondo una stima effettuata nel
luglio del 2004. La zona più popolata risulta quella meridionale ed in particolare il territorio
compreso tra il Logone ed il Chari: questa regione rappresenta approssimativamente un quinto di
tutta la superficie dello stato, ma in essa si concentra più di metà della popolazione totale. L’unico
altro punto con una densità relativamente alta (bisogna considerare che la media nazionale è di 7,4
abitanti per km²) è costituito dalla capitale, la città di N’Djaména.
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Immagine 1.4 Le famiglie linguistiche del Ciad.
Fonte: tradotta da http://www.ethnologue.com .
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La crescita demografica dell’ultimo secolo è stata a dir poco impressionante. Qualche dato ci
permette di comprendere meglio il motivo di quest’affermazione: basti pensare che la popolazione
si è quasi triplicata negli ultimi 40 anni (nel 1967 si contavano 3.300.000 individui) oppure che si è
duplicata nell’arco di soli venti anni (nel 1984 il popolo del Ciad comprendeva 4.880.000 elementi):
cifre quasi sconvolgenti se rapportate alla scarsità di risorse del territorio!
Tabella 1.1 La crescita demografica in Ciad.
CRESCITA DEMOGRAFICA IN CIAD
DAL 1998 AL 2004
0
1.000.000
2.000.000
3.000.000
4.000.000
5.000.000
6.000.000
7.000.000
8.000.000
9.000.000
10.000.000
11.000.000
1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004
Fonte: nostre elaborazioni.
Alcuni valori mostrano inequivocabilmente l’arretratezza della nazione e lo stile di vita
estremamente basso: il tasso di fecondità è elevatissimo (6,4 figli per donna nel 2004), dato
ricorrente nei paesi in via di sviluppo; la mortalità infantile è però ugualmente considerevole (il
95‰ dei nati vivi nel 2004), fatto che testimonia la situazione sanitaria totalmente carente;
significativo è anche l’indice relativo alla speranza di vita, che individua in 48,2 anni l’età media di
un abitante del Ciad.
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QUADRO STORICO
Il Ciad ha una storia estremamente lunga: è il paese del pianeta in cui si è trovato lo scheletro
umanoide più antico in assoluto (datato quasi 7 milioni di anni). Qualche dato più concreto è
riferibile all’epoca della glaciazione di Würm (150.000-10.000 anni fa), che è stata anche l’ultima
vissuta dalla Terra: in questo periodo la regione considerata presentava delle condizioni
morfologiche e climatiche ben diverse dalle odierne, molto più favorevoli all’insediamento umano.
La vegetazione era rigogliosa e la fauna molto ricca: diverse incisioni rinvenute su pareti rocciose
mostrano come anticamente la zona fosse popolata da elefanti, rinoceronti, giraffe, cavalli e
cammelli; mentre al giorno d’oggi solo quest’ultima razza riesce ancora a sopravvivere al clima
desertico. I graffiti rivelano anche la somiglianza dei primi abitanti della zona con gli attuali
Boscimani. Successivamente ci furono diverse ondate di migrazioni da e per il Ciad e gli autoctoni
si mescolarono con le nuove etnie, dando origine alle stirpi paleonegridi.
Una prima forma di struttura politica unitaria si può ravvisare solo a partire dall’VIII secolo d.C.,
quando i Sao - che inizialmente si installarono nel bacino del fiume Chari - crearono uno Stato che
comprendeva i territori a nord/nord-est del lago Ciad. Ma nel XII secolo altre popolazioni ebbero la
meglio e una serie di regni islamizzati (Kanem-Bornou, Ouaddaï, Baghirmi e Dārfūr) iniziò a
susseguirsi. In particolare il Kanem-Bornou e l’Ouaddaï si scontrarono per secoli, cercando - invano
- di ottenere il dominio complessivo della regione.
Il diciannovesimo secolo vide svolgersi le prime esplorazioni europee, mentre un conquistatore
sudanese, Rabah Zubair, soggiogava l’area. Le sue mire espansionistiche subirono un brusco arresto
a causa dell’invasione francese: durante un attacco perpetrato dalle truppe dell’Esagono comandate
dal maggiore Lamy, l’arabo perse la vita. Le lotte non cessarono fino al 1910, quando il Ciad entrò
a far parte dell’AEF (Federazione dell’Africa Equatoriale Francese); ma solo nel 1920 il paese
divenne una colonia ufficiale. I francesi erano interessati solo al “Ciad utile”, cioè alle regioni
meridionali, più sfruttabili economicamente, di modo che il nord - sebbene occupato a partire dal
1924
1
- fu totalmente trascurato e non rientrò nei progetti attuati per sviluppare il paese (sia dal
punto di vista economico che culturale). Il 28 novembre 1958 il territorio divenne, con il nome di
Repubblica del Ciad, uno Stato Membro della Comunità Francese, acquistando finalmente
l’autonomia. Ma solo due anni dopo, l’11 agosto 1960, il Ciad fu proclamato indipendente dal
primo presidente François Tombalbaye, che instaurò un regime monopartitico.
I conflitti tra la classe dirigente - per la maggior parte sudanese - e i musulmani del nord si acuirono
brutalmente e nel 1966 venne fondato dai nordisti il Fronte di Liberazione Nazionale del Ciad
1
Il massiccio del Tibesti però rientrò sotto il dominio francese solo nel 1930.
11
(FROLINAT), che lottava per ottenere l’attuazione di un programma politico scandito in otto punti.
Essenzialmente si desiderava eliminare ogni tipo di influenza francese, instaurando un “governo di
coalizione nazionale, democratico e popolare”. Il movimento si spaccò in due fronti con l’arrivo di
Goukoni Weddeye, quarto figlio del capo spirituale dei Toubou e funzionario statale, che già nel
1974 decise di cedere il suo posto di comandante a Hissen Habré, sempre di origine Toubou. Questi
due uomini si fecero notare dal mondo intero per il sequestro dell’etnologa francese Françoise
Claustre, che tennero imprigionata nelle “zone libere” del Tibesti per più di due anni. Questo
avvenimento fece scaturire forti divergenze tra i due, determinanti per il futuro del paese.
Le cose si complicarono con l’assassinio del presidente Tombalbaye nel 1975 e il colpo di stato del
generale Félix Malloum, che, una volta al potere, non riuscì minimamente a placare la guerra civile.
Cercando l’appoggio delle regioni settentrionali, nominò Habré primo ministro, che nel giro di un
anno si rivoltò contro di lui. Nel novembre del 1979 si creò un Governo Nazionale Unito di
Transizione (GUNT) che vide come presidente Goukoni, come vice presidente il colonnello sudista
Kamaougue e come ministro della difesa Habré. Quest’ultimo tentò nuovamente un colpo di stato,
ma come risultato ottenne l’allontanamento, che durò fino al 1982.
In quell’anno Hissen Habré rinnovò l’offensiva e, in seguito a combattimenti sanguinosi, le sue
truppe conquistarono la capitale. Tutta la sua dittatura, che durò fino al 1990, fu caratterizzata da
una brutale violenza: in otto anni fece uccidere 40.000 persone. Il suo regno si basò sullo
spionaggio dei rivali e su una massacrante repressione: gli svariati enti creati per assicurare la sua
incolumità e la stabilità del suo governo erano composti da individui reclutati esclusivamente tra gli
Zaghawa e tra i Toubou. Se Habré era la mente, il suo braccio era costituito da Idriss Deby, uno dei
suoi comandanti.
Deby si rivoltò a sua volta e cercò di sovvertire illegittimamente l’organizzazione istituzionale del
paese: il colpo di stato, però, non ebbe successo e solo dopo una nuova ribellione organizzata in
Dārfūr riuscì a spodestare Habré, costringendolo a rinunciare alla sua carica. Il nuovo leader
politico fece perdurare la politica del terrore e, usurpando la funzione di giudici e poliziotti, fece
uccidere in maniera totalmente arbitraria giornalisti, rappresentanti delle associazioni dei diritti
dell’uomo e migliaia di normalissime persone. Le prime elezioni libere multipartitiche si svolsero
nel 1996, in un paese ancora in preda alla violenza: le procedure elettive però furono manipolate e
le svariate irregolarità permisero a Deby di restare al potere. Il 1996 fu un anno importante anche
per via dell’approvazione - per mezzo di un referendum popolare - della nuova costituzione del
Ciad.
Deby riuscì ad ottenere anche l’appoggio della Banca Mondiale, che elargì dei notevoli quantitativi
di denaro per promuovere delle riforme economiche, principalmente per un oleodotto necessario al
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sud del paese. Ma con questi progetti affiorarono numerosi casi di corruzione e spostamenti illegali
di valuta. Ciò non impedì al presidente di vincere ancora le elezioni nel 2001.
Sebbene il quadro politico militare sia stato normalizzato, la democrazia è ancora ostacolata dai
numerosi conflitti etnici e dai disordini sociali (nonostante gli accordi stipulati nel 1998, nel 2002 e
nel 2003 tra governo e ribelli), dai movimenti separatisti sudisti e dalla guerriglia presente nei
territori del massiccio del Tibesti, vicino al lago Ciad e nell’est del paese.
UN PAESE IN CERCA DI SOPRAVVIVENZA
Dopo essere stato proclamato negli anni Ottanta del XX secolo il paese più povero del mondo, il
Ciad ha lentamente intrapreso un processo di modernizzazione: non più fanalino di coda di tutte le
classifiche mondiali di ordine economico, oggi questo stato ha guadagnato qualche posizione,
rimanendo, però, sempre nel fondo delle varie graduatorie. E’ stato ipotizzato che il Ciad non sia un
paese in cerca di sviluppo, quanto un paese in cerca di sopravvivenza.
Il settore primario è nettamente quello prevalente. L’82% della popolazione attiva è dedita
all’agricoltura: un’agricoltura di sussistenza, estremamente povera, basata soprattutto sulla
coltivazione del miglio e del cotone (quest’ultimo costituisce da solo il 90% del totale esportazioni).
Nelle regioni settentrionali, oltre al miglio, l’altro principale prodotto rimane il sorgo, fondamentale
per l’alimentazione dei popoli del deserto. Nel sud, invece, grazie ad un regime pluviometrico più
favorevole e ad una maggiore facilità di irrigazione delle terre, il ventaglio di prodotti è più ampio:
vengono infatti coltivati riso (nelle aree inondabili), canna da zucchero, batate, mais, manioca,
alcune oleaginose (sesamo e arachidi), datteri e frutta. A nord però è preponderante l’allevamento
(sebbene ci siano state forti decimazioni nel 1972, nel 1982 e nel 1983): i principali animali allevati
sono i bovini, i caprini, gli ovini, ma soprattutto i cammelli. Nel sud si pratica anche la pesca,
specialmente nel lago Ciad e nei due fiumi principali.
L’unica risorsa del sottosuolo ampiamente sfruttata è il salgemma, che si trova abbondantemente a
nord del lago Ciad. L’attività estrattiva del petrolio è appena iniziata, mentre quella di bauxite, oro,
uranio (tutti e tre presenti nella fascia di Aozou
2
, nell’estremo nord del Ciad) stagno, tungsteno,
magnesite, cassiterite è ancora inesistente, per mancanza di infrastrutture adeguate.
Il settore secondario ha un peso minimo e - a parte le raffinerie costruite per lo sfruttamento dell’oro
nero da un consorzio formato da Esso, Shell ed Elf - si concentra sulla lavorazione dei prodotti
2
Reclamata in passato dalla Libia, ma ora appartenente di diritto al Ciad.
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agricoli. Anche il settore terziario non è in buone condizioni: l’inadeguatezza della rete di trasporti
(non esiste una rete ferroviaria e solo l’1% dei 40.000 chilometri di strade è asfaltato) non agevola
gli scambi e la bilancia commerciale registra un cronico passivo (infatti le importazioni - di
macchinari, mezzi di trasporto, generi alimentari, prodotti petroliferi e tessuti - sono decisamente
superiori alle esportazioni - di cotone, carne e pesce -).
Tabella 1.2 Le esportazioni del Ciad.
ESPORTAZIONI
Thailandia
7%
Portogallo
30%
Germania
14%
Altri
37%
Belgio -
Lussemburgo
6%
Costa Rica
6%
Fonte: AA .VV , Terra.Sat - Dizionario enciclopedico geografico, pag. 121.
Tabella 1.3 Le importazioni del Ciad.
IMPORTAZIONI
Francia
41%
Camerun
7%
Nigeria
10%
Altri
31%
Belgio -
Lussemburgo
5%
India
6%
Fonte: AA .VV , Terra.Sat - Dizionario enciclopedico geografico, pag. 121.