4
I cambiamenti degli ultimi anni nel settore aeronautico
1
hanno
comportato grandi mutamenti per le compagnie aeree: l’aumento del prezzo
del carburante, l’incremento del costo del lavoro, la riduzione al minimo (in
Europa) delle sovvenzioni statali e il rallentamento della crescita economica
(soprattutto in Giappone e USA) hanno portato al fallimento di alcune grandi
compagnie aeree storiche (basti pensare al caso Swissair). Questi eventi
hanno ridefinito il settore aeroportuale: le Alleanze Globali già rappresentano
una grande fetta del mercato
2
, lo sviluppo del traffico Low Cost ha cambiato
lo scenario
3
, la nascita di numerosi altri vettori e l’enorme sviluppo del settore
Cargo hanno inoltre contribuito ad accelerare il processo di mutamento nel
settore in questione.
Di conseguenza gli aeroporti si sono dovuti adeguare a queste
metamorfosi e hanno sentito la necessità di gestire l’efficienza e la qualità del
servizio in aeroporto, fornire servizi differenziati e incrementare la loro
flessibilità. L’aeroporto si è in questo modo avvicinato pian piano alla sua
nuova funzione: quella di luogo del consumo. L’aerostazione moderna viene
oggi progettata per creare un ambiente stimolante per i passeggeri che si
lasciano tentare da numerose vetrine, offerte, eventi e abbagliare da enormi
immagini pubblicitarie.
Luogo ormai pervaso dalla cultura del consumo, l’aerostazione ha
assunto grande importanza negli ultimi anni, tanto da essere oramai
considerato uno spazio a se stante, che rivaleggia con il centro delle città,
dalle quali ha ereditato una moltitudine di attività e modi di vivere la socialità.
Il terminal funge altresì da soglia verso un’esperienza nuova e diversa: ha il
potere di immergerci in uno spettacolo composto dall’architettura
scenografica dei luoghi e dall’esposizione delle lussuose merci, che allettano i
nostri sensi. E’ la porta d’ingresso per il “diverso” e il “nuovo”. E’ un ambiente
che ci fa viaggiare ancor prima di prendere l’aereo, che ci permette di
1
Mi riferisco alla liberalizzazione delle compagnie aeree, alla concorrenza sempre maggiore
fra queste e alla loro forte segmentazione.
2
Star Alliance, Oneworld, SkyTeam e Wings rappresentano il 58,4% del mercato totale.
3
Nel 1995 solo Ryanair, Easyjet, Buzz e Go operavano 18 rotte in Europa, nel 2004 sono
servite 705 rotte europee. Fonte: OAG Marzo 2004.
5
allontanarci dalla routine quotidiana e vivere un’inedita consapevolezza,
sorprendente e spettacolare. L’aeroporto è una realtà spaziale che sempre
più assume una centralità sociale e comunicativa, tanto che anche il grande
Spielberg ne ha tratto ispirazione per il suo ultimo film, The Terminal, -
ispirato all'avventura reale di un esiliato iraniano rimasto per anni chiuso
dentro all'aeroporto Charles de Gaulle di Parigi in aeroporto per una sua
forma nevrotica – dove il protagonista Viktor (Tom Hanks) si ritrova bloccato
al JFK di New York in attesa dell'autorizzazione per entrare negli States che
non arriva mai. Significativa è una scena del film: il disorientato e confuso
protagonista domanda al poliziotto che lo accompagna nell’area passeggeri
(dove passerà molti mesi) che cosa potrà fare lì in quel momento. “L’unica
cosa che può fare in un aeroporto. Shopping” si sente rispondere
scetticamente.
Così, l’aeroporto è una città nella città: ogni giorno Fiumicino ospita
80mila passeggeri e 25mila addetti. Insomma, è una città di 105mila abitanti
e, come tale, deve offrire un'ampia gamma di servizi tra cui attività
commerciali, eventi, manifestazioni artistiche e culturali, esperienze. Tutte
queste attività e avvenimenti concorrono a rendere più vivibile l'aeroporto e
insieme all’architettura, alla comunicazione estetica - elementi essenziali
dell’organizzazione visuale del consumo – l’aeroporto prende forma e, da
semplice luogo di transito di passeggeri, diviene un vero “paese aeroporto”.
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CAPITOLO 1
IL LUOGO DEL CONSUMO
1.1 Cos’è il luogo del consumo
A partire dalla Rivoluzione Industriale della seconda metà
dell’Ottocento, le merci si sono progressivamente “spettacolarizzate”
4
:
hanno cioè amplificato la loro capacità di comunicazione e di sorpresa
negli individui e, soprattutto, hanno usufruito delle possibilità offerte da
particolari luoghi, che hanno funzionato da veri e propri palcoscenici.
Pertanto, lo spettacolo offerto dalle merci è da tempo legato a particolari
luoghi. Progressivamente questo fenomeno di “spettacolarizzazione”
delle merci ha assunto dimensioni sempre più rilevanti, e oggi, nella vita
quotidiana, trascorriamo gran parte del nostro tempo libero dentro spazi
fortemente simbolici, che esercitano un ruolo fortemente spettacolare e
comunicativo, studiati per contenere e stimolare le attività di acquisto dei
beni: centri commerciali, ristoranti, alberghi, aeroporti, cinema multisala,
parchi a tema, musei, università, ecc.
Quando si visitano i luoghi del consumo ci si diverte, si sta bene,
si è rilassati, ci si distrae, ci si concede una pausa nella ripetitività della
vita quotidiana. Anche quando il motivo del loro affollamento è più serio
(per lavoro, ragioni politiche e religiose), l’elemento della festa è quasi
sempre presente. Questi luoghi e spazi sono percepiti come diversi da
quelli quotidiani: risultano attraenti, spettacolari, magnetici. Spesso sono
frequentati per stare insieme agli altri e avere delle esperienze estetiche,
sensoriali e interessanti mentre si fa del turismo, ci si istruisce, si fa
shopping, si consumano servizi, si guardano le vetrine, ecc. Si
4
Codeluppi V., Lo spettacolo della merce. I luoghi del consumo dai passages a
Disney World, Bompiani, Milano, 2000.
7
frequentano questi spazi soprattutto per soddisfare dei desideri di
consumo e di comunicazione, qualcosa cioè che ha a che vedere con la
cultura e l’immaginario collettivo, certamente influenzati dalla pubblicità e
dai media. Sempre più spesso, quindi, essi sono concepiti come luoghi
della vacanza, della distrazione, dello spettacolo e del consumo.
Questo genere di spazi sono presenti nella vita quotidiana, nel
tempo libero, nei sogni e nell’immaginario di ognuno. E’ per questa
ragione che sono oggetto di crescenti attenzioni e di investimenti dei
capitali pubblici e privati che operano nei settori del turismo, dello
spettacolo, del divertimento e della grande distribuzione commerciale.
Questi ambienti sono pianificati e controllati per coinvolgere tutti i
sensi. Lo spazio viene trasformato per permettere il coinvolgimento
emotivo e sensoriale del consumatore e per far questo l’architettura
comunica attraverso colori, luci, suoni, musica, odori, immagini,
sensazioni tattili. Così oggi l’ambiente di consumo non mette soltanto a
disposizione del pubblico prodotti o servizi ma diventa esso stesso
messaggio, comunicazione, momento di socialità.
L’antropologo francese Marc Augé parla a proposito di
“nonluoghi”
5
per indicare quegli spazi dell’anonimato, ogni giorno più
numerosi e frequentati da individui simili ma soli. Nel “nonluogo” di Augé
l’individuo è costretto a vivere in una condizione di solitudine e
provvisorietà e pertanto deve liberarsi della sua identità personale, che
può ritrovare solo al momento dell’uscita. Diventa cioè solo un anonimo
viaggiatore, che attraversa un territorio a lui estraneo. Paradossalmente,
all’anonimato dell’individuo si accede solo fornendo una prova della
propria identità: passaporto, carta di credito, ecc.
In realtà nei “nonluoghi” l’identità dell’individuo non viene persa,
ma resa adeguata a una situazione che si presenta all’insegna del
consumo. Infatti attraverso il comportamento d’acquisto il consumatore
costruisce e radica la propria identità sociale.
5
Augè M., Nonluoghi. Introduzione ad una antropologia della surmodernità, Milano,
Elèuthera, 1993.
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Progressivamente i luoghi del consumo hanno assunto una
crescente centralità sociale. Nelle società industriali avanzate i nuovi
centri della distribuzione e del consumo sono diventati reti aperte di
relazioni sociale, sostituendosi alla funzione che un tempo era deputata
agli spazi pubblici. Tendono a svolgere delle funzioni analoghe a quelle
ricoperte in passato da luoghi pubblici tradizionali come le vie e le piazze
dei centri urbani. Non sono ambienti chiusi, ma centri della socialità, di
relazioni interpersonali di grande importanza. E’ qui che oggi nascono
rilevanti forme di comunicazione tra individui (pensiamo all’aeroporto,
frequente luogo di passaggio per stabilire appuntamenti). La
distribuzione ha così anche la capacità di far divenire luoghi di
aggregazione e di passaggio spazi che non lo erano.
Nel passato i luoghi della distribuzione e dell’acquisto non
avevano molto a che vedere con le attività di consumo, ma
progressivamente sono stati pervasi dalla cultura consumistica. La
distribuzione, infatti, pervade oramai ogni spazio: ovunque si vende di
tutto, non esiste più luogo che non venga investito di questa funzione.
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1.2 La produzione dello spazio
Non esiste consumo dello spazio senza una corrispondente e
precedente produzione di spazio. Col termine “produzione dello spazio”
si intende un processo, sviluppatosi in diverse fasi storiche, che ha
prodotto la mercificazione del territorio.
La storia delle società industriali occidentali può essere suddivisa
in diverse tappe corrispondenti alle modalità di costruzione
dell’ambiente.
Fino all’epoca dell’industrializzazione e della modernizzazione la
ricchezza delle città proveniva in buona misura dall’agricoltura: le città
dominavano in modo più o meno diretto le campagne. Lo sviluppo
demografico delle città in questa fase fu stentato. Tra il 1600 e il 1700 la
fase commerciale produsse le grandi città di porto del mondo (si pensi
alle grandi città di mare d’Inghilterra).
Con la rivoluzione industriale il legame città–campagna cambia
natura: la città si libera della dipendenza dal territorio circostante, dato
che prodotti alimentari e manufatti industriali possono arrivare da ogni
parte del mondo: il territorio invece dipende dalla città in misura
crescente, perché l’informazione e i servizi di ordine superiore sono più
che mai un fatto urbano. Con l’invenzione della macchina a vapore e
con la nascita dell’industria lo sviluppo e il mutamento della città
borghese accelera. La popolazione aumenta durante il 1800 grazie al
miglioramento dell’alimentazione, dell’igiene personale, degli impianti
pubblici, delle abitazioni, i progressi della medicina e la migliore
organizzazione degli ospedali.
Ma è soprattutto la seconda rivoluzione industriale all’inizio
dell’Ottocento che rende possibile lo sviluppo demografico e
commerciale delle città borghesi europee: la produzione in grandi
quantità delle merci e l’intensa fase di crescita sociale moltiplicano i
consumi e i luoghi di acquisto. Il cliente non è più conosciuto e abituale,
me anonimo e frettoloso. Nasce così la vetrina, che consente di esporre
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in strada i prodotti, e catturare l’attenzione e il desiderio dei passanti. Le
vetrine rendono le merci più attraenti, colorate, brillanti e desiderabili. Il
numero dei negozi nelle grandi città borghesi (pensiamo a Parigi, ad
esempio) diventa insufficiente. Nasce come conseguenza l’esigenza di
creare spazi di vendita accessibili a tutti, che sappiano fondere la
funzione commerciale con quelle ludiche, di relazione sociale e di
comunicazione. Nasce la galleria commerciale coperta, o passage, un
gruppo di negozi particolari e raffinati dove convivono caffè, sale da tè,
sale per lettura di giornali e libri, ritrovi, locali di spettacolo.
Il conseguente processo di industrializzazione e massificazione
della società modifica la natura dei primi luoghi del consumo: nascono i
grandi magazzini. Questi erano facilmente raggiungibili grazie ai
collegamenti ferroviari e alla rete di trasporto pubblico urbano (tram,
metropolitana) e i clienti vi potevano trovare qualsiasi cosa volessero.
Nella seconda metà dell’Ottocento nascono anche i primi grandi
spazi verdi pubblici, i parchi divertimento, gli zoo. Queste strutture
permettevano di consumare lo spazio e divertirsi, talvolta pagando una
piccola somma.
Ancora la lunga serie di esposizioni che si sono succedute in
questi anni ebbe un ruolo molto importante. Basti pensare alla prima
grande esposizione londinese nel 1851 e alla sorprendente struttura di
vetro del Crystal Palace, emblema della nascita di una nuova cultura
basata sullo spettacolo, sulla pubblicità e sulla trasparenza della
comunicazione.
Nel Novecento tutti i nuovi spazi di vendita adottano la logica
comunicativa della vetrina e diventano strumenti efficaci per
spettacolarizzare i prodotti. Inoltre all’inizio di questo secolo il turismo si
sviluppa, soprattutto negli Stati Uniti, come risorsa economica, e le
persone sono invitate per la prima volta a spendere in luoghi studiati e
progettati per essere “consumati”. Si poteva godere di un numero
sempre maggiore di attrazioni turistiche, dalle cascate del Niagara alla
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città di New York, dalle “Lune di Miele” ai Safari in Africa pensati e
organizzati per Americani ed Europei.
Dagli anni ’60 il turismo emerge come un nuovo emblema della
condizione postmoderna. Mobile, flessibile e consumption–oriented, il
turismo è stato presentato come nuova forma di “cittadinanza
cosmopolita”. Colpiscono in questi anni soprattutto il volume e la densità
del flusso turistico. L’espansione delle rotte aeree e il conseguente calo
nei prezzi (in questi ultimi anni questo fenomeno ha raggiunto
dimensioni notevolissime con le compagnie low cost) hanno sicuramente
contribuito a fare del turismo internazionale un aspetto della vita
quotidiana. Come conseguenza all’espansione del flusso del turismo
globale, gli hotel, gli aeroporti, le stazioni e tutte le strutture turistiche in
generale si sono adeguate a questo fenomeno, e oggi vengono
riconosciuti anch’essi come luoghi del consumo a tutti gli effetti. Così
anche i più recenti centri del consumo si riallacciano a questa filosofia
turistica: in questi centri troviamo varie repliche senza grandi differenze
lungo i flussi turistici e del consumo, i quali spesso simulano luoghi
storici o delle utopie spaziali e sociali: Disneyland, McDonald, Les
Halles, Starbucks, Planet Hollywood, Gardaland, Mall of America,
Disneystore, Hard Rock Cafè. Anche in questi spazi osserviamo la
presenza di folle di turisti provenienti da tutti il mondo.
E’ in particolare nel XX secolo che, grazie alla nascita e al sempre
più intenso sviluppo del centro commerciale statunitense, i luoghi del
consumo si sono sempre più evoluti ed espansi verso nuove forme:
negozi monomarca, catene di ristoranti, alberghi, aeroporti, cinema
multisala, musei, parchi a tema, ecc.
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1.3 Il consumo dello spazio
Il progresso economico dei primi anni del Novecento ha ampliato
via via la disponibilità di beni di consumo per tutti gli strati della società.
La grande espansione economica e consumistica degli anni cinquanta e
sessanta ha portato notevoli risultati in termini di benessere delle
persone e ha indirizzato i principali mercati verso una produzione di
massa per qualsiasi aspetto della vita quotidiana. Progressivamente,
tutte le attività commerciali hanno così sfruttato l’ambiente per creare
forme di consumo di spazio, dato che lo spazio circostante stava
diventando sfondo della crescente cultura di massa.
Anche il turismo, dopo essere diventato un’attività predominante
nella classe media come risultato dello sviluppo del turismo di massa, è
diventato esempio lampante del consumo dello spazio. Il turismo ha a
che fare con lo spostamento delle persone verso specifiche località che
sono consumate come spazi: spazi del divertimento, dello sport, della
ricreazione, della natura, della storia, del relax. Il fenomeno della
differenza culturale è importante per il turismo come qualsiasi luogo
spettacolare. Si visita una nuova città non per avere nuove esperienze,
ma per vivere qualcosa di diverso. Il turista consuma la differenza che il
luogo diverso e straniero offre.
Il consumo dello spazio è ancora più lampante nell’attività tipica
del turista nel far foto. La fotografia è stata trasformata negli anni dai
processi industriali in una forma artistica tecnologicamente molto
avanzata. Un’impressionante varietà di modelli, formati, filmati e
apparecchi fotografici sono disponibili per catturare, conservare e
documentare viaggi. Intrinsecamente una parte del viaggio è il consumo
dello spazio in sé, attestato dalla presenza della fotografia. In breve, la
produzione e il consumo di filmati, video camere, macchine fotografiche,
cellulari con videocamere, accessori vari si affiancano alla produzione e
al consumo di spazi turistici. Queste componenti si abbinano con la
vasta industria turistica che consiste in pubblicità, agenzie di viaggio,