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capitolo si propone una breve analisi dell’evoluzione storica del brand, se ne chiarisce la
struttura e si tracciano le linee guida del suo funzionamento.
Le funzioni e le caratteristiche attribuite al brand sono altamente dipendenti dal contesto
socio culturale e dalla situazione storica ed economica. Il consumo è sempre più
immateriale, perché è il valore simbolico che predomina su quello pratico dei beni. Il
consumo può essere considerato linguaggio, perché permette agli individui la veicolazione
di significati all’interno del gruppo di riferimento e dell’intera società. Secondo una
affermazione provocatoria di Williams “viviamo nell’epoca meno materialista della
storia” perché consumiamo segni e non oggetti tangibili.
Oggi la marca sembra aver perso alcune sue prerogative classiche, a causa di consumatori
sempre più professionisti dello shopping, orientati a massimizzare il rapporto
qualità/prezzo; inoltre l’eclettismo esasperato dei soggetti sociali lascia sempre meno
spazio alla tanto vagheggiata brand loyalty.
Ho cercato di definire le dimensioni e le risorse della marca utilizzando due modelli di
analisi diffusi e riconosciuti in tutto il modo: il prisma della marca di Kapferer che descrive
il concetto di brand identity e il modello di analisi della brand equity proposto da Aaker.
Per analizzare l’advertising on line è indispensabile conoscere e comprendere i meccanismi
di funzionamento della pubblicità tradizionale, perciò ho osservato alcuni modelli classici:
il modello base delle funzioni comunicative di Jakobson; il modello esplicativo dell’azione
pubblicitaria di Daniel Starch; il modello AIDA di J. Arren; il modello DAGMAR di R.H.
Colley ed infine, più recente, il modello delle quattro I e quattro C di Fabris.
Ogni modello ha contribuito a spiegare il funzionamento della comunicazione pubblicitaria,
passando dalle prime concezioni meccaniciste stimolo/risposta, ai modelli più evoluti che
considerano il campo psicologico individuale come parte integrante del processo
comunicativo.
La valutazione dell’efficacia e il calcolo del ritorno economico sono tra i temi più caldi e
più incerti dell’intero sistema comunicativo aziendale, che ovviamente cerca di
massimizzare gli effetti dei propri investimenti pubblicitari. L’efficacia di una campagna
pubblicitaria non può essere misurata esclusivamente dal volume di vendite, perché troppe
sono le variabili intervenenti tra l’intenzione e l’atto d’acquisto. I metodi più diffusi per
definire l’efficacia pubblicitaria misurano il ricordo, il riconoscimento, il gradimento e
l’intenzione di acquisto di un campione rappresentativo del pubblico, prima e dopo
l’esposizione ai messaggi. La misurabilità dei media digitali ha spinto gli investitori in
5
pubblicità a calcolare il conosciutissimo indice ROI (return of investiments) sulle
campagne pubblicitarie on line. Tale indice mette in relazione l’ammontare
dell’investimento e i comportamenti degli utenti, ma non considera gli effetti non
misurabili generati dalle semplici impressions/visualizzazioni degli annunci.
É importantissimo, al fine della valutazione dei risultati, attribuire obiettivi precisi,
raggiungibili e misurabili alla comunicazione aziendale. Ogni strumento, ogni mezzo ed
ogni veicolo pubblicitario ha caratteristiche tecniche e comunicative specifiche; proprio per
questo il processo di media planning deve sceglierli in base a precisi obiettivi comunicativi.
La selezione finale dei mezzi e dei veicoli si basa su criteri pratici, quantitativi ed
economici di valutazione.
I media digitali, con particolare riferimento a internet e ai telefoni cellulari, hanno
nell’interattività la loro dote migliore. L’azienda può veramente entrare in contatto diretto
con i propri clienti, sviluppando un vero e proprio dialogo basato sulla personalizzazione
dei messaggi emessi dall’azienda e sulla capacità di risposta del cliente.
In rete, il rapporto tra cliente ed azienda subisce uno sbilanciamento a favore del primo,
perché la comunicazione diventa costante, profonda, non invasiva e soprattutto
bidirezionale. Il consumatore acquisisce nuove capacità e nuovi poteri contrattuali: ha la
capacità di contattare facilmente l’azienda per richiedere assistenza, inoltrare lamentele o
richiedere informazioni; le numerose informazioni disponibili migliorano la capacità di
scelta del singolo individuo, favorendo la concorrenza delle imprese e dunque prezzi più
bassi; ogni singolo consumatore può diffondere esperienza e opinioni proprie a migliaia di
altre persone, grazie a forum e mailing list.
L’utente della rete ha un comportamento attivo che richiede un notevole sforzo mentale: per
questo motivo i contenuti del sito aziendale e, in generale, tutte le comunicazioni
pubblicitarie devono fornire un benefit/valore aggiunto all’utente per invogliarlo a spendere
le sue energie cognitive. Per fornire all’utenza servizi interessanti, spesso si utilizzano
strategie di personalizzazione dei contenuti basate sulla segmentazione dei navigatori
(tramite specifiche strategie di targeting).
Nel terzo capitolo ho descritto le diverse forme della pubblicità digitale, in particolare ho
analizzato i più diffusi strumenti impiegati in internet e su mobile (banner, rich media,
keyword advertising, advergame, mailing, SMS, MMS e wireless advergames). Ho
presentato alcuni dati statistici che inquadrano e definiscono le dimensioni e le
caratteristiche dei mercati mobile e Internet, entrambi ancora in piena fase evolutiva.
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Contare gli utenti della rete è difficile a causa della struttura decentralizzata del mezzo di
comunicazione, è ritenuta, però, verosimile la stima di 13,5 milioni di navigatori attivi in
Italia, con circa il 38% delle famiglie dotate di accesso alla rete. Questo dato conferma una
discreta penetrazione di Internet nella società italiana, ma l’investimento pubblicitario
destinato all’on line è comunque molto basso, circa l’1% rispetto all’investimento
pubblicitario totale.
La telefonia cellulare ha una penetrazione nella società italiana che non lascia più spazio
alla crescita, ma il lancio dello standard UMTS e delle sue nuove applicazioni promette di
rigenerare il mercato e creare un nuovo tipo di utenti/navigatori always on.
In internet ogni campagna pubblicitaria acquista caratteristiche tipiche del direct marketing:
misurabilità dei contatti, rapporto personalizzato col pubblico/utente, possibilità di
transazioni immediate. C’è una chiara aggregazione delle strategie e degli strumenti
pubblicitari e di marketing in quanto tramite banner, siti web e messaggi e-mail
personalizzati è possibile agire sul brand, aumentare la propensione all’acquisto, effettuare
promozioni di prodotto ed anche vendere direttamente.
Il web site aziendale è il più completo strumento comunicativo a disposizione dell’azienda
e del brand. In rete ogni comunicazione pubblicitaria (banner, rich media, mail..) è
ipertestuale, cioè, è in grado di trasportare direttamente l’utente all’interno del sito
aziendale. È evidente, quindi, che il sito internet è il più importante strumento a
disposizione dell’azienda. Ogni campagna pubblicitaria deve essere progettata intorno al
suo “target ad” che solitamente è rappresentato dal sito stesso, o da mini siti creati
appositamente.
La struttura ipertestuale dei siti internet permette alle aziende di creare contenuti
comunicativi attraenti ed allo stesso tempo informativi e completi.
I banners sono gli strumenti pubblicitari più vecchi e più utilizzati della rete, hanno
dimensioni variabili e grafiche piuttosto semplici, ma hanno il pregio di essere poco
invasivi, targettizzabili e poco costosi. Sebbene l’efficacia misurata in termini di click
trough sia in costante diminuzione, questi strumenti continuano a catturare la quota
maggiore degli investimenti destinati all’online, grazie alla loro millantata capacità di fare
branding con la sola impression.
I rich media sono strumenti pubblicitari on line che si collocano a metà strada fra i banners
e gli spot televisivi. Consistono in finestre ricche di grafica (e per questo molto lente da
caricare) che occupano lo schermo dei navigatori per alcuni secondi, obbligandoli ad
7
assistere allo spot. La natura invasiva aumenta l’attenzione del pubblico e il tasso di click
trough, ma rischia di infastidire i navigatori e snaturare il rapporto paritario azienda/utente
tipico della rete.
Uno strumento tanto giovane quanto innovativo è l’advergame, crasi delle parole
advertising e game (pubblicità e gioco). Si tratta dell’utilizzo di giochi interattivi attraverso
i quali promuovere campagne pubblicitarie on-line in target molto giovani (16/29 anni).
Grazie all’advergame è possibile entrare in contatto diretto con il pubblico per alcuni minuti
consecutivi (per la durata del gioco), aumentare la brand awareness tramite loghi aziendali
ben visibili nel gioco, illustrare e svelare le pratiche di consumo del proprio prodotto grazie
a giochi dedicati.
Apparire nei primi posti delle ricerche effettuate sui motori di ricerca, relative a determinate
parole chiave, significa catturare utenti sicuramente interessati al proprio settore/prodotto,
soggetti in cerca di informazioni, magari durante un processo di scelta. Questo è il keyword
advertising, lo strumento meno invasivo per entrare in contatto con il proprio target group.
Mailing list, newsletter, forum e chat sono le espressioni delle comunità virtuali basate su
argomenti di comune interesse. Le aziende possono sfruttare l’associazione tra il proprio
brand e l’argomento per raggiungere un pubblico “autosegmentato” e profilato,
sponsorizzando le pagine web che ospitano le chat e i forum oppure le mail di newsletters e
mailing lists.
In Italia il tasso di penetrazione dei telefoni cellulari ha raggiunto livelli simili a quelli della
televisione, sono in circolazione 54 milioni di sim card. Ciò che caratterizza il mobile
advertising è la possibilità di raggiungere il pubblico in ogni momento, grazie alla presenza
costante degli apparecchi nelle tasche o nelle borse dei consumatori.
Le applicazioni pubblicitarie e di marketing di SMS e MMS sono riconducibili a quattro
ambiti principali: sponsorizzazione di servizi a valore aggiunto, integrazione di campagne
pubblicitarie, concorsi a premi, servizi di customer relationship.
Il wireless advergame è un nuovo formato pubblicitario che associa alla comunicazione
aziendale il divertimento del target. È utilizzato come strumento alternativo o integrativo
alle campagne pubblicitarie tradizionali, cerca di entrare direttamente in contatto con il
giocatore e catturare la sua attenzione per alcuni minuti mirando a rendere simpatica e
familiare la marca che lo distribuisce.
Sia in internet che su mobile, è possibile emettere comunicazioni pubblicitarie in modalità
push grazie all’utilizzo di database contenenti indirizzi email e numeri di telefono. Questa
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strategia è utile e non invasiva solo se rispetta i seguenti principi: consenso esplicito
dell’utente alla ricezione dei messaggi pubblicitari (OPT IN); assenza di barriere all’uscita
(OPT OUT); offerta di contenuti di valore o benefits reali per l’utente.
La tutela della privacy, in rete e su mobile, diventa un problema reale a causa della
possibilità di reperire, accumulare e trattare, senza limitazioni di tempo né di spazio, una
grande quantità di informazioni relative a gusti, preferenze e abitudini dei navigatori. Le
informazioni concesse volontariamente dai navigatori sono soggette a vincoli di trattamento
e di trasparenza, definiti dalla legge 675/96, che dal 30 giugno 2004 sarà sostituita
dall’entrata in vigore del nuovo “Codice in materia di protezione dei dati personali”,
introdotto con il D.Lgs. n. 196 del 30.06.2003.
Moltissime sono le informazioni rilevate e gestite automaticamente dai server. Cookyes e
log file sono strumenti utilizzati comunemente dagli editori digitali per personalizzare i
contenuti visualizzati dai navigatori. Cookyes e log file rivelano ai server, che gestiscono i
contenuti dei siti, alcune informazioni riguardanti l’utente che accede al sito. In particolare,
tramite i log file, è possibile conoscere in modo automatico, e spesso all’insaputa dei
navigatori, l’indirizzo IP dell’utente e di conseguenza la località di connessione; il nome del
provider; l’ultimo sito visitato; il sistema operativo e il browser utilizzati e la definizione
dello schermo in uso. I cookies registrano il numero di visite al sito di ogni singolo
navigatore, il tipo di pagine consultate all'interno dello stesso, eventuali tipologie di acquisti
e le comunicazioni pubblicitarie a cui viene sottoposto.
La piattaforma P3P (Platform for Privacy Preferences) è stata progettata dal W3C (World
Wide Web Consortium) per fornire un sistema semplice ed automatizzato agli utenti
Internet che consenta di esercitare un maggiore controllo sull'utilizzo delle informazioni
personali da parte dei siti che visitano.
Altre consuetudini della rete non rispettose della privacy dei navigatori sono lo spamming
(che consiste nell’invio di posta pubblicitaria assolutamente senza permesso esplicito
dell’utente) e l’utilizzo di spyware (piccoli software integrati in applicazioni gratuite che
catturano informazioni personali e le inviano al titolare del software che può utilizzarle
direttamente o venderle a terzi).
Nell’ultimo capitolo ho esaminato una campagna pubblicitaria integrata che concretizza
ottimamente i principi comunicativi e pubblicitari trattati durante lo sviluppo della tesi. La
campagna “Coke on bottle” è stata realizzata in Germania nel 2003 ed è la prima campagna
Cross-Brand sui 7 più grandi brand di Coca-Cola, la più grande e rilevante campagna di
9
mobile marketing al mondo per vastità, integrazione e innovazione. Il progetto
pubblicitario ha utilizzato in modo integrato diversi mezzi di comunicazione: televisione,
stampa, packaging, punto vendita, Internet e telefono cellulare.
L’agenzia di mobile marketing 12Snap, ideatrice della campagna, mi ha fornito il materiale,
la consulenza e i dati statistici necessari all’analisi della campagna stessa.
Infine ho intervistato Daniela Rena, business director di 12Snap-Italia e presidente di MMA
(mobile marketing association), per cercare di cogliere le opinioni di un professionista della
comunicazione sui nuovi media.
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CAPITOLO 1 - NUOVI MEDIA E COMUNICAZIONE
DIGITALE
1.1.IL PROCESSO DI COMUNICAZIONE
Il verbo comunicare deriva dal latino “communicare”: mettere in comune qualcosa, passare
qualcosa da uno all’altro. Si riscontra un’accezione fisica del termine che è mantenuta
anche durante il medioevo in quanto legata alla ritualità cristiana in cui ogni fedele entra in
contatto fisico con il corpo di Cristo durante l’eucaristia.
Nell’era moderna il termine “comunicazione” è accostato, e tende a coincidere, all’idea di
“trasporto materiale” vale a dire ogni infrastruttura e apparato deputato al trasporto è
considerato canale di comunicazione.
A partire dalla seconda metà del novecento, in concomitanza con lo sviluppo di discipline
aventi come obiettivo principale lo studio dei processi comunicativi (semiotica, mass
mediologia, informatica…), si è diffuso e stabilizzato il significato di comunicazione come
trasferimento di informazione.
Cinquant’anni fa, sotto la voce "Comunicazioni" del Grande Dizionario Enciclopedico della
UTET (2a ed., 1954-1964, vol. III), venivano trattate prima di tutto le comunicazioni
terrestri, fluviali, marittime ed aeree, poi quelle postali e telegrafiche e alla fine le più
recenti radio e televisione. Lo Zingarelli del 1970 (X Edizione, Zanichelli, Bologna 1974)
definì "comunicare" come “rendere comune, trasmettere”, “somministrare o ricevere la
“comunione”, “essere in relazione, in comunicazione” non solo di uomini ma anche di
luoghi, “condividere o trasmettere pensieri”. I significati “mettere qualcosa in comune” e
“far vita comune” sono marcati come desueti. "Comunicazione" è definita invece come
“atto del comunicare, trasmettere ad altri”, oppure come “collegamento” nel senso di
“mezzo attraverso il quale persone e cose comunicano tra di loro”.
La XII edizione dello stesso vocabolario (Zingarelli 1996) ha aggiunto un significato al
termine "comunicazione" mantenendo inalterati gli altri, tale significato è riferito agli
elaboratori e recita “processo mediante il quale si trasmettono informazioni, con appositi
segnali, da un sistema all'altro”.
Durante lo sviluppo delle discipline di studio dedicate alla comunicazione uno dei primari
obiettivi è stato il tentativo di definizione del processo comunicativo.
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Il punto di partenza negli studi del settore è costituito dall’opera di due importanti scienziati
americani: Claude Shannon e Warren Weaver1, che alla fine degli anni quaranta, all’interno
della loro teoria matematica dell’informazione, hanno per primi formulato una definizione
generale della comunicazione.
La comunicazione è “un trasferimento di informazioni mediante segnali da una fonte a un
destinatario” (Shannon e Weaver).
All’interno della stessa teoria troviamo anche una definizione rigorosa di informazione
che, come nel concetto matematico, individua nel bit l’unità di misura dell’informazione
(che corrisponde all’unità elementare di scelta: si o no; acceso o spento, uno o zero).
Oltre alla definizione di comunicazione, Shannon e Weaver elaborarono uno schema
generale dei processi comunicativi che costituisce ancora oggi la base di ogni studio sulla
comunicazione.
La fonte è l'origine dell'informazione; essa genera (in qualche modo) un messaggio che un
apparato trasmittente trasforma in segnale; i segnali a loro volta sono trasmessi mediante
un canale fisico fino al ricettore che li converte nuovamente nel messaggio ricevuto dal
destinatario. Elemento di ostacolo al buon fine del processo comunicativo è il rumore,
cioè la presenza di disturbi lungo il canale che possono danneggiare i segnali (quali le
interferenze elettriche o magnetiche che si possono generare lungo un cavo di
trasmissione).
Figura 1: lo schema della comunicazione di Shannon e Weaver
Lo schema individua sia la forma generale di ogni processo comunicativo, sia i fattori
fondamentali che lo costituiscono, quegli elementi, cioè, che devono essere presenti ogni
qual volta si verifichi un passaggio di informazione. Lo schema consente di cogliere e
1
Shannon C. e Weaver W. - La teoria matematica delle comunicazioni, Etas libri, Milano, 1971.
FONTE TRASMITTENTE CANALE RICETTORE DESTINATARIO
MESSAGGIO SEGNALE
EMESSO
SEGNALE
RICEVUTO
MESSAGGIO
RUMORE
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collocare in un quadro unitario i tratti essenziali di processi apparentemente diversissimi:
dall'interazione tra macchina e uomo (ad esempio, un apparato meccanico posto sotto il
controllo di un operatore umano) alla comunicazione tra due esseri umani (l'interazione
linguistica).
Gli studi effettuati da Shannon e Weaver e la loro “teoria matematica della comunicazione”
avevano come obiettivo finale il miglioramento dell’efficienza del trasferimento di segnali
attraverso apparati tecnici di trasmissione. Gli studi, infatti, sono contemporanei e paralleli
al grande sviluppo delle trasmissioni televisive.
Grazie alla loro generalità, queste teorie sono andate ben al di là del settore specialistico in
cui sono state concepite, fornendo a numerosi studiosi delle basi solide su cui impostare
nuovi studi.
Il famoso linguista russo Roman Jakobson2, proprio partendo dalle teorie di Shannon e
Weaver, ha elaborato un modello generale della comunicazione:
“Il mittente invia un messaggio al destinatario. Per essere operante, il messaggio richiede
in primo luogo il riferimento a un contesto, contesto che possa essere afferrato dal
destinatario, e che sia verbale o suscettibile di verbalizzazione; in secondo luogo esige un
codice interamente, o almeno parzialmente, comune al mittente e al destinatario (o in altri
termini al codificatore e al decodificatore del messaggio); infine un contatto, un canale
fisico e una connessione psicologica fra il mittente ed il destinatario, che consenta loro di
stabilire e mantenere la comunicazione” (Roman Jakobson).
CONTESTO
MESSAGGIO
MITTENTE ----------------------------------------------- DESTINATARIO
CONTATTO
CODICE
Figura 2: lo schema della comunicazione dei Jakobson
In questo modello Jakobson non distingue più la fonte dalla trasmittente e il destinatario dal
ricettore, come fecero Shannon e Weaver, separando attori effettivi della comunicazione e
apparati tecnici di emissione-ricezione. Spariscono anche i concetti di segnale e di rumore.
2
JAKOBSON Roman - linguistica e poetica (1958) in Saggi di linguistica generale - Feltrinelli, Milano1966.
14
Jakobson inserisce nel modello due componenti nuove: il codice e il contesto. Il significato
attribuito al termine “codice” varia a seconda dell’ambiente di studio, anche se la
definizione che ne propone la semiotica è certamente ben strutturata: “un codice è un
insieme strutturato di segni e di regole che il mittente e il destinatario devono condividere
affinché il primo sia in grado di formulare dei messaggi e il secondo di comprenderli”
(Fabio Ciotti)3.
A partire da questa definizione, è possibile considerare come codice ogni linguaggio
condiviso, verbale e non. Ciascun codice si differenzia per il tipo di unità espressiva
adottata e per il modo di articolazione dei significati.
Nella comunicazione verbale tra esseri umani, la lingua consente di scambiare un numero
infinito di significati e ogni singolo messaggio linguistico veicola molteplici significati. La
relazione tra significante e significato non è meccanica e costante, bensì è l’esito di una
negoziazione di significati tra gli attori; infatti ogni attore possiede un’enciclopedia di
conoscenze che difficilmente può corrispondere perfettamente a quella dell’interlocutore.
Anche il contesto influisce in modo determinante alla decodifica dei messaggi, poiché, in
situazioni diverse è possibile interpretare uno stesso messaggio in modi molto differenti.
Jakobson sottolinea l’importanza che ha il contesto all’interno del processo comunicativo,
riconoscendogli importanza pari a quella del codice.
Lo studioso afferma che “quando parliamo effettivamente con qualcuno: parliamo di
qualche cosa, in una data situazione e in un dato momento temporale. Affinché ci sia
comunicazione è necessario che tutti questi elementi di contesto siano condivisi o almeno
condivisibili mediante la lingua” (Jakobson) 4.
Lo studio di Jakobson ha sicuramente un livello di astrazione maggiore rispetto a quello di
Shannon e Weaver; ciò è dovuto alla volontà dell’autore di costruire un modello della
comunicazione umana che permetta di capire come e perché gli uomini siano in grado di
esprimersi e di comprendere ciò che viene detto.
Il processo di comunicazione reale è costituito anche da segnali e da supporti su cui viaggia
l’informazione: possono essere flussi di energia (come vibrazioni sonore o onde radio) o
corpi fisici (come libri o cd-rom).
L’uomo è dotato di apparati naturali per trasmettere e ricevere informazioni, apparato
vocale e apparato visivo sono i principali, ma hanno delle forti limitazioni. La voce non
3
Ciotti Fabio - Comunicazione, linguaggi e media - saggio disponibile sul sito www.mediamente.rai.it
4
Jakobson Roman - Saggi di linguistica generale - Feltrinelli, Milano1966.
15
riesce a trasmettere segnali comprensibili che per poche decine di metri e gli occhi
percepiscono soltanto le radiazioni dello spettro visivo che giungono loro in linea retta. La
memoria umana, inoltre, non permette di conservare grandi volumi di informazioni in modo
stabile e per lungo tempo.
Per aumentare la capacità di comunicare e di conservare le informazioni nel tempo, l’uomo
ha esteso le potenzialità dei propri apparati naturali mediante apparati artificiali di
comunicazione. Questi apparati sono le tecnologie della comunicazione.
16
1.2.I MEZZI DI COMUNICAZIONE
Dobbiamo allo studioso canadese Marshall McLuhan l’idea che lo studio della
comunicazione umana non possa prescindere da un’analisi delle tecnologie delle
comunicazioni. Durante gli anni sessanta McLuhan ha analizzato in maniera innovativa
diversi strumenti di comunicazione, dalla scrittura fino ai computer.
Nel corso dei suoi studi lo studioso canadese non ha mai costruito una definizione rigorosa
degli strumenti di comunicazione, ma si è limitato a definire “media” (dal latino medium,
che significa mezzo) “qualsiasi tecnologia che crei estensioni del corpo e dei sensi,
dall’abbigliamento al calcolatore” (M. McLuhan)5.
Questa prospettiva allargata del concetto di media ha suscitato molte controversie fra gli
studiosi. Infatti, la concezione di McLuhan considerava media anche fenomeni che
ricadono nella sfera dei codici, come il linguaggio verbale e la scrittura; tecnologie che
faremmo rientrare tra i canali della comunicazione, come la stampa e il telefono; o altri che
diremmo essere messaggi, come gli abiti o i quadri.
McLuhan è divenuto famoso nel mondo anche per una sua provocatoria affermazione: “il
medium è il messaggio”; una riflessione attenta, e al di fuori delle polemiche suscitate al
momento della pubblicazione di quest’idea, permette di coglierne le intuizioni importanti
ed innovative. Considerando ogni media come tecnologia estensiva del corpo umano, che
interagisce con i linguaggi e i processi percettivi umani, diviene evidente che, nel momento
in cui una comunicazione viene mediata da un apparato strumentale artificiale, le
caratteristiche tecniche di tale apparato agiscono sulla percezione del messaggio stesso,
poiché il medium definisce il campo di possibilità entro cui possono svilupparsi forma e
contenuti della comunicazione.
McLuhan è stato il primo fra i molti studiosi che hanno ragionato sul rapporto che si
instaura fra emittente, messaggio, canale comunicativo e interpretazione da parte del
ricevente.
I media sono definibili e distinguibili sia in base al loro contenuto tecnologico, sia in base
al rapporto con i vari fattori della comunicazione: linguaggi, contenuti, contesto, modalità
di emissione e di fruizione.
In rapporto al linguaggio veicolato è possibile distinguere due tipi di media: monocodice e
pluricodice. I media monocodice veicolano messaggi codificati essenzialmente in un solo
5
McLuhan M. – Gli strumenti del comunicare (traduz. It.) – Il Saggiatore, Milano, 1967).
17
codice detto primario; ad esempio, i libri hanno come codice primario il testo benché
possano contenere delle immagini che chiariscono il testo o la grafica che orienta la lettura.
Anche le dimensioni e la forma veicolano dei significati che solitamente sono percepiti e
decodificati solo a livello inconsapevole. I media pluricodice, in virtù delle loro
caratteristiche tecniche, hanno la possibilità di veicolare messaggi prodotti mediante
linguaggi diversi. Non si tratta però di una semplice giustapposizione di codici espressivi
diversi, bensì di un nuovo linguaggio multimediale che utilizza le potenzialità del mezzo e
le capacità espressive di più codici per produrre un messaggio con maggiori capacità
comunicative. Una sorta di iperlinguaggio.
Questa capacità comunicativa6 “potenziata” viene definita anche multimedialità linguistica
o qualitativa (perché è gestita da un unico medium centrale) e si differenzia dalla
multimedialità fisica o quantitativa (che si limita ad accostare i linguaggi di più media in
pacchetti comunicativi non integrati).
Un altro ambito di differenziazione dei media riguarda la direzione del rapporto
comunicativo e la relazione quantitativa tra mittente e destinatario. Da questo punto di
vista si distinguono tre modelli comunicativi: comunicazione verticale o unidirezionale,
comunicazione orizzontale o bidirezionale, comunicazione reticolare o circolare.
Nei media verticali o unidirezionali il mittente è unico mentre, i destinatari sono molti, e
non esiste di norma la possibilità di inversione del ruolo. Il processo comunicativo, dunque,
avviene sempre nella medesima direzione: l'unico mittente produce il messaggio, i molti
destinatari non possono fare altro che riceverlo e decodificarlo. Questo tipo di rapporto
comunicativo caratterizza quella classe di apparati della comunicazione che vengono
definiti mass media (televisione, radio, stampa quotidiana e periodica, in parte anche
cinema e libro), che si rivolgono, cioè, alla massa indifferenziata.
Figura 3: il modello della comunicazione verticale
6
Vedi paragrafo 1.5.3.Multimedialità, nel presente testo.
18
Nei media orizzontali esiste una pluralità di mittenti e destinatari che possono scambiarsi i
ruoli. Ogni singolo processo comunicativo è bidirezionale, ed assume la forma del dialogo.
In questo caso infatti entrambi i protagonisti dell'interazione comunicativa possono divenire
mittenti e dunque possono produrre messaggi. Tipico esempio di medium che si basa sulla
comunicazione orizzontale è il telefono, ma ne fa parte allo stesso modo la comunicazione
epistolare fra due persone.
Figura 4: il modello della comunicazione orizzontale
Nei media reticolari, infine, che sono un’evoluzione di quelli orizzontali, esistono molti
emittenti e molti destinatari, che possono scambiarsi di ruolo. La peculiarità è data dal fatto
che ciascun agente comunicativo è in grado di comunicare con molti altri. Nella
comunicazione reticolare si realizza pertanto un’interazione collettiva. Un medium che
incarna questo tipo di interazione è la rete telematica Internet e in generale tutti i nuovi
media.
Figura 5: il modello della comunicazione circolare