5
Il primo riguarda l’economia politica classica e come essa abbia trattato e
spiegato lo Stato con categorie proprie, riprese, ma criticate, dallo stesso Marx nel
Capitale. Il secondo nodo invece fa riferimento alla filosofia hegeliana del diritto
pubblico, la quale venne attentamente studiata e criticata, nel 1843, dal giovane
Marx
2
.
L’attitudine con la quale abbiamo letto il Capitale e poi la critica marxiana
alla filosofia del diritto di Hegel, è stata inizialmente volta alla individuazione
nelle due opere di un filo storico-logico che ricostruisse la genesi critica della
forma moderna dello Stato. In questo, abbiamo volutamente tenuto separata la
lettura del primo scritto da quella del secondo, poiché riteniamo che vi sia fra i
due uno stacco filosofico tale da non permettere confronti ravvicinati
3
.
2
Ci riferiamo al manoscritto marxiano di critica alla filosofia statuale hegeliana (Karl Marx, Critica
della filosofia statuale hegeliana, traduz. cura e commentario di R. Finelli e F.S. Trincia, Roma,
Edizioni dell’Ateneo, 1983) del quale si dirà approfonditamente nel primo capitolo del presente
lavoro. Possiamo però intanto dire che nel Capitale Marx farà un riferimento implicito - cioè senza
citare il manoscritto - al suo lavoro giovanile di critica a Hegel affermando che “Ho criticato il lato
mistificatore della dialettica hegeliana quasi trent’anni fa, quando era ancora la moda del giorno. Ma
proprio mentre elaboravo il primo volume del Capitale i molesti, presuntuosi e mediocri epigoni che
ora dominano nella Germania colta si compiacevano di trattare Hegel […] come un <<cane morto>>.
Perciò mi sono professato apertamente scolaro di quel grande pensatore, e ho perfino civettato qua e
là, nel capitolo sulla teoria del valore, col modo di esprimersi che gli era peculiare.” (Karl Marx, Il
capitale. Critica dell’economia politica, Roma, Editori Riuniti, vol.I, 1989, pp.44-45). Il passo citato
è celebre, ma l’abbiamo voluto ricordare affinché sia evidente come Marx, in fondo, non si sia mai
liberato della influenza filosofica da parte di Hegel (della sua dialettica) e che non abbia mai inteso
compiere quel ‘parricidio’ che spesso gli si attribuisce, interpretandolo proprio come un annullamento
del rapporto filosofico con l’idealista tedesco. Certo, la critica a Hegel rimane, ma come vedremo non
verrà portata da Marx alle sue estreme conseguenze; il ‘passaggio’ alla critica dell’economia politica -
di cui diremo più avanti - mostrerà come Marx abbandonerà la filosofia tout court e anche
l’intenzione di mettere insieme un sistema filosofico critico della speculazione hegeliana.
3
Come si vedrà in seguito, la Critica rimase un manoscritto per ragioni - spiegate dallo stesso Marx
nel 1844 - che riguardavano la sua totale mancanza di forma sistematica; a differenza del Capitale
(libro I) che fu invece pubblicato e ritenuto perciò soddisfacente in quanto a forma espositiva. “Certo
il modo di esporre un argomento deve distinguersi formalmente dal modo di compiere l’indagine.
L’indagine deve appropriarsi il materiale nei particolari, deve analizzare le sue differenti forme di
sviluppo e deve rintracciarne l’interno concatenamento. Solo dopo che è stato compiuto questo
lavoro, il movimento reale può essere esposto in maniera conveniente.” (K. Marx, Il capitale, cit., p.
44). I due scritti comunque non sono confrontabili neanche per il contenuto, poiché nel primo lo Stato
viene presentato da un punto di vista sostanzialmente etico e nel secondo invece viene ricostruito con
categorie strettamente economico-politiche.
6
L’analisi dei testi ci ha portato a riconoscere nel Capitale un percorso teorico
e un processo storico che Marx ha ritenuto di dover esplicitare a proposito della
connessione essenziale e imprescindibile fra il rapporto di produzione
capitalistico e il sistema dello Stato moderno; nel manoscritto del 1843 invece
abbiamo riscontrato non solo il forte interesse del giovane Marx per la concezione
organica e sistematica che dello Stato moderno aveva Hegel, ma anche il suo
sforzo teorico di criticare la forma monarchico-costituzionale di Stato e,
contemporaneamente, l’astratta forma politica che lo Stato moderno rappresenta
nei confronti della società civile.
Quello che abbiamo cercato di fare è stata sostanzialmente l’analisi del
manoscritto giovanile marxiano, al fine di seguire la disamina che Marx ha
condotto nei confronti della filosofia hegeliana del diritto pubblico, per rilevare
quelle aporie o mancanze di forma e di contenuto che sono state poi da Marx
stesso lamentate, spingendolo a interrompere lo studio del diritto hegeliano, ma
non la riflessione filosofico-politica sullo Stato moderno.
La centralità del problema dello Stato nel pensiero giovanile marxiano ci
sembra non possa essere contraddetta, nella misura in cui la critica a Hegel e alla
monarchia costituzionale, non è solo presente nel manoscritto del 1843, ma viene
preceduta da tutta quell’attività giornalistica svolta da Marx fra il 1842 il 1843,
sulle pagine della Reinische Zeitung, nelle quali la critica dello Stato prussiano si
unisce alla critica teorica della moderna estraneazione fra Stato e società civile.
Dicevamo del ‘fallimento’ teorico marxiano rispetto alla sua critica a Hegel.
Qui non vogliamo indagare il rapporto fra il metodo filosofico dell’uno e quello
dell’altro, piuttosto precisare come - e se ne darà poi conto - l’impostazione etica
7
della critica marxiana allo Stato moderno-hegeliano non si discosti totalmente
dalla visione che dello Stato aveva Hegel, come della consapevole realizzazione
dello Spirito del popolo che ‘sa e vuole’ se stesso solo in quanto Stato. Ciò che
allontana Marx da Hegel è la considerazione per la quale l’eticità dello Stato
moderno non si è effettivamente realizzata, non ha superato, anzi ha accentuato,
l’estraneazione fra Stato politico e società civile (fra la costituzione politica e la
vita del popolo, etc.); a tal punto che l’unica via percorribile per riconquistare
l’eticità perduta, secondo Marx, è proprio la dissoluzione di entrambi i lati
dell’opposizione.
La scomparsa dello Stato astratto porta con sé la scomparsa della società ‘solo’
civile; tutto questo realizzandosi in un quadro politico altamente democratico in
cui il diritto attivo e passivo di voto sia esteso universalmente.
Per quanto comunque Marx non riesca a sistemare la sua concezione
democratica di Stato, per quanto muova critiche a Hegel interne al suo stesso
orizzonte etico, ciò che caratterizza la visione filosofica della sua analisi dello
Stato hegeliano è proprio la considerazione di esso come di un sistema organico
che porta dentro di sé, nell’essenza, il germe del conflitto, dell’ostile opposizione
e della propria ‘rovina’.
Questa precisa considerazione da parte di Marx, che vede lo Stato come un
organismo, il quale è però affetto nell’essenza da rapporti ‘meccanici’, non etici e
lacerati (la vita del popolo estraniata da se stessa, il ‘meccanismo’ della
mediazione degli ordini, etc.); questa convinzione del giovane Marx, a nostro
parere, lo porta ad abbandonare la sua ricerca sul diritto statuale hegeliano e sulla
8
forma-Stato per cercare altrove il reale principio di spiegazione della moderna
estraneazione fra società civile e Stato politico.
Nel corso dell’analisi, tutto questo verrà spiegato più approfonditamente, ma
già qui si può anticipare che, insieme alla sua insoddisfazione per non essere
riuscito a criticare Hegel sistematicamente, Marx mostra pure di ricercare, da
dopo il 1843, al di fuori dell’ambito etico-filosofico, la genesi storica della
moderna contraddizione fra Stato e società civile.
Ci riferiamo non solo alla concezione materialistica della storia - esposta da Marx
e Engels nell’Ideologia tedesca - ma alla ‘scoperta’ da parte di Marx della critica
dell’economia politica classica, attraverso la quale giunge a istituire un nesso
essenziale fra forme dell’economia e forme della politica
4
.
L’importanza perciò del suo primo scritto sullo Stato sta tutta nella ‘faticosa’
maturazione logica a cui il suo pensiero filosofico giunge fino a ‘passare’,
abbandonando la filosofia stessa, a un altro livello di analisi e ricerca sulla realtà
storica moderna e sullo Stato.
Lo Stato moderno diventa definitivamente Stato capitalistico-borghese, l’età
moderna si riempie di categorie che fanno diretto riferimento a quella
neoformazione sociale che è il rapporto di produzione capitalistico; il nesso
organico-riproduttivo della moderna società non viene più ricercato all’interno
delle (mancate) mediazioni statali, piuttosto nelle autonomizzazioni del processo
capitalistico riproduttivo dell’ordinamento sociale borghese.
4
Sul rapporto struttura-sovrastruttura diremo meglio nel corso dell’analisi dell’Ideologia tedesca.
9
Anche lo Stato entra a far parte - come sovrastruttura, come sistema e come
potere - di quel processo che inizialmente si impone all’interno di una nazione,
dando vita alla formazione economica del capitale complessivo sociale. Ma lo
Stato, inizialmente, agisce come forza extraeconomica della società, sistemata dal
potere legislativo che, nel corso dell’accumulazione originaria, rende valide su
tutto il territorio nazionale quelle ‘conquiste’ - ottenute con l’uso della forza e con
la guerra - a cui la classe dei proprietari fondiari era pervenuta espropriando la
classe dei lavoratori diretti proprietari dei loro mezzi di produzione
5
.
Successivamente lo Stato viene, una volta per tutte, sussunto dal capitale e
precisamente dall’autonoma forma di capitale produttivo d’interesse. Si crea un
nesso inscindibile fra Banca centrale e Stato, fra sovrastruttura creditizia e ‘spesa
pubblica’, fra sistema del credito e sistema statale.
Anche la riproduzione della società nel suo insieme viene fatta dipendere da
questo binomio economico-politico, che, a livello nazionale è rappresentato dal
rapporto del potere governativo (e tramite esso di tutto l’apparato statale) con il
credito pubblico.
Nella critica dell’economia politica perciò - cioè nel Capitale - Marx sembra
giungere a un punto decisivo della sua riflessione sullo Stato. Era partito dal
concetto di Stato ‘solo’ politico, ne aveva criticata l’astrattezza, aveva pure
considerato la politica come un aspetto unilaterale della moderna estraneazione (e
che certo non poteva diventare suo principio di spiegazione né di emancipazione
5
Il riferimento è all’Inghilterra che, come si vedrà, è presa a esempio da Marx per la ‘purezza’ logica
con la quale ha visto instaurarsi sul suo territorio il rapporto capitalistico di produzione.
10
pratica), ma lì si era fermato, interrompendo l’analisi sul sistema hegeliano,
interrompendo il suo studio filosofico sull’età moderna.
Come vedremo poi meglio, il ‘passaggio’ al metodo materialistico-storico di
indagine storica, ossia la critica della sua ‘anteriore coscienza filosofica’, la
scoperta della critica dell’economia politica, ma anche il passaggio al
comunismo, segnano certo un terminus a quo dal quale Marx non tornerà più
indietro, ma non fanno scomparire, anzi per certi aspetti arricchiscono, il suo
interesse per il sistema statale moderno-borghese.
Ci si è chiesto - da parte dei marxisti - se vi sia allora una teoria marxiana e
‘comunista’ dello Stato. Da parte nostra abbiamo provato a rispondere dando
conto in appendice di un dibattito tenutosi in Italia nel 1975-’76, nel quale
Norberto Bobbio ha lanciato, per così dire, la provocazione che, in effetti, una
vera e propria dottrina dello Stato socialista in Marx non c’è, ma soprattutto non
c’è fra gli studiosi marxisti. Le risposte a Bobbio sono state di vario genere, ma
tutte hanno confermato le sue perplessità riguardo alla mancanza di indicazioni
marxiane sulla forma politica che lo Stato dovrebbe assumere quando sorpassasse
e rivoluzionasse, per mano della classe operaia, ‘lo stato di cose presente’.
Come abbiamo accennato, in Marx certamente c’è una complessa e articolata
teoria dello Stato borghese-capitalistico, manca una teoria ‘socialista’ dello Stato -
anche se a ben vedere una teoria dello ‘Stato socialista’ ci sarebbe pure, ma
riguarderebbe il secondo Impero di Napoleone III in Francia, che venne
duramente criticato e messo alla berlina da una serie di articoli di Marx sulla New
York Daily Tribune di cui parleremo in seguito - manca cioè un programma
11
pratico e dettagliato
6
che indichi tutte le tappe che il proletariato dovrà percorrere
per arrivare alla conquista del potere.
Manca anche una teoria sulle forme di governo, sulla ‘gestione’ del potere e
soprattutto una considerazione particolareggiata e sistematica della forma
democratica di Stato.
D’altra parte, tutto questo uscirebbe fuori della critica dell’economia politica,
potendo essere considerato piuttosto come un percorso squisitamente politico
(teorico o pratico che sia), un percorso che Marx, a quanto possiamo constatare,
non volle intraprendere, scegliendo piuttosto di immergersi nello studio di questo
rapporto di produzione, al fine di ricostruirne la genesi storico-logica, per criticare
le distorsioni materiali e di coscienza cui il capitale dà necessariamente luogo.
Per concludere, dobbiamo ancora dire che si è fatta una scelta precisa dei
testi da analizzare, dei testi da sintetizzare o di quelli da citare soltanto in nota. Di
volta in volta ne verranno indicate le ragioni, che cambiano a seconda della
relazione in cui si trovano con l’argomento principale della nostra tesi.
6
Il Manifesto può essere certo considerato un programma pratico, ma sicuramente non dettagliato del
passaggio dal capitalismo al comunismo.
12
PARTE PRIMA
PRIMO CAPITOLO
La critica dello Stato nel giovane Marx
Introduzione: Lettera al padre del 1837, attività giornalistica del ’42,
Questione ebraica, Introduzione alla filosofia del diritto di Hegel,
Manoscritti del ’44.
In quest’introduzione vorremmo dar conto, seppure a grandi linee, del
percorso teorico marxiano, del suo studio e della sua riflessione riguardo i temi
filosofico-politici che l’hanno occupato, in varia misura, fino alla scoperta
dell’economia politica, fino cioè all’incontro e alla collaborazione con Engels e
alla sua evoluzione politica in senso pienamente comunista.
Sebbene il presente capitolo analizzerà il manoscritto marxiano del 1843
7
,
che ci sembra massimamente rappresentativo della critica del giovane Marx allo
Stato moderno, alla politica e alla filosofia hegeliana in genere, vogliamo
comunque ricostruire le fila di quel percorso che ha portato Marx all’abbandono
della critica a Hegel, all’abbandono della critica filosofica e al definitivo
passaggio alla critica dell’economia politica.
7
Sulla storia filologica del manoscritto marxiano - pubblicato postumo nel 1927 -, sulla sua
datazione, sul titolo e sulle divergenze di traduzione si rimanda all’edizione critica, completa di
commentario, di R. Finelli e F. S. Trincia :Karl Marx, Critica del diritto statuale hegeliano, traduz.
cura e commentario di R. Finelli e F. S. Trincia, Roma, Edizioni dell’Ateneo, 1983, in particolare alle
pp. 11-40. (Da ora in poi citata come Critica).
13
L’attività teorica marxiana che qui ci interessa - a partire dal 1843 in poi - è
preceduta da due eventi fondamentali che possono immediatamente restituirci
l’importanza e l’entità del nodo filosofico che Marx, fin dal 1837, individua nel
suo rapporto con Hegel e successivamente con la forma prussiana di Stato.
Innanzitutto si vorrebbe dar conto del contenuto della lettera di Marx al
padre (1837) e poi sinteticamente della sua attività giornalistica nella Reinische
Zeitung nel 1842.
La conversione allo hegelismo, testimoniataci dalla lettera, avviene in modo
sofferto; dopo aver deriso con una serie di epigrammi la filosofia di Hegel - la sua
dialettica “dannatamente confusa” - proprio a Berlino, continuando gli studi di
giurisprudenza, tenta una sistemazione filosofica della materia, delle nozioni di
diritto affannosamente raccolte e rielaborate in uno schema che, dice Marx, non
riesce però a risolvere il contrasto fra l’essere e il dover essere, fra la metafisica e
la filosofia, fra l’idea e la realtà, rimanendo ancorato all’idealismo fichtiano e
kantiano, che non sembra mettere in rapporto vitale il soggetto con l’oggetto
8
.
Preso perciò atto del fallimento, Marx ne rimane tuttavia duramente colpito, fino
al punto di ammalarsi e dover trascorrere alcuni giorni in campagna su consiglio
del medico.
Nella lettera riferisce del suo percorso di studio non separatamente dalla sua
evoluzione spirituale e materiale, dei suoi rapporti epistolari con Jenny, e delle
nuove conoscenze fatte al caffè Hippel nell’ambito di quel Doktorclub, fondato da
8
“[…] il soggetto si aggira sulla cosa, e va ragionando di qua e di là - senza che la cosa stessa si
configuri come qualcosa di vivente che si dispiega in tutta la sua ricchezza.” (Marx Engels, Opere,
Roma, Editori Riuniti, vol. I, 1980, p. 10).
14
giovani hegeliani berlinesi, fra cui il suo futuro amico - ma di breve durata -
Bruno Bauer.
L’insoddisfazione per l’idealismo di Kant e di Fichte lo porta, come lui dice,
a cercare l’idea nella realtà stessa, ma non ad apprezzare immediatamente la
“grottesca melodia rocciosa” di Hegel
9
. Eppure, nella conclusione al dialogo
filosofico scritto in quegli anni - il Cleante, di cui riferisce nella lettera - si scopre
profondamente e involontariamente hegeliano
10
.
Il fallimento dei suoi lavori intellettuali, lo studio incessante del diritto, ma
soprattutto il travaglio interiore sofferto per essere caduto “nelle braccia del
nemico”, lo portano di nuovo ad ammalarsi; e tuttavia, scrive in conclusione al
padre, durante la malattia legge Hegel da cima a fondo.
Ci sembra importante riferirci al contenuto della lettera, innanzitutto come
testimonianza del mutamento d’interessi - dal diritto alla filosofia - che a Berlino
Marx matura, insieme alla sua adesione alla filosofia hegeliana, anche attraverso
la frequentazione del Club dei dottori, ma soprattutto, come scrive al padre,
attraverso un interiore e personale cammino intellettuale. E’ infatti il suo rapporto
con il metodo e il sistema hegeliano che di lì fino al ’44 lo interesserà, anche
criticamente, come avremo modo di vedere, aderendo dapprima al liberalismo dei
Giovani hegeliani e lasciandoselo poi alle spalle fino a rigettarlo decisamente con
l’articolo antibaueriano sulla Questione ebraica, ma ancor prima nella redazione
della Reinische Zeitung con la dura critica dei Liberi.
9
“Avevo letto frammenti della filosofia di Hegel, la cui grottesca melodia rocciosa non mi era
piaciuta.”(Ivi, p. 13).
10
“La mia ultima frase era l’inizio del sistema hegeliano […] questa mia creatura prediletta, nutrita al
chiaro di luna, mi porta come una sirena ingannatrice tra le braccia del nemico. Per la rabbia fui, per
alcuni giorni, del tutto incapace di pensare […].” (Ivi, pp. 14-15).
15
Se la lettera al padre ci testimonia l’attitudine propria di Marx di affrontare
dall’interno, senza scorciatoie, la filosofia hegeliana, ci dice pure come il suo
interesse per Hegel sia nato su un terreno prettamente teoretico - il tentativo di
sistemare il diritto in uno schema ‘vitale’ - ma soprattutto sulla base di una
contraddizione o di un paradosso in cui Marx viene a cadere quando, mostrandosi
antihegeliano, finisce suo malgrado per accettare quel metodo dialettico, solo
poco prima rigidamente rifiutato.
L’incontro con i Giovani hegeliani berlinesi certamente determina la
decisione di continuare ad approfondire lo studio della filosofia, ma, a nostro
parere, trova in Marx un terreno altamente fertile e una base di per sé solida - lo
studio solitario del diritto e di tutto Hegel - su cui costruire non solo la critica alla
religione, ma, ancora di più la critica dello Stato e della politica.
Sono gli articoli comparsi sulla Reinische Zeitung che danno a Marx
l’occasione di maturare non solo una visione politica radicale, comunque distante
dalla società dei liberi, ma soprattutto una concezione critica dello Stato
prussiano, oltreché un’impostazione filosofica più vicina agli interessi materiali
della società civile.
Si vuole qui accennare solo ad alcuni punti, che sembrano decisivi di tutta
l’attività giornalistica marxiana, compresa fra il maggio del 1842 e il marzo del
1843, cioè fino alla chiusura della Reinische Zeitung operata dalla censura
governativa.
16
E’ la libertà di stampa l’argomento fondamentale intorno a cui ruotano quasi
tutti gli articoli. Certamente la critica alla censura prussiana obbliga Marx a
confrontarsi con il potere dello Stato, con la politica degli ordini, ma soprattutto
con quella società civile moderna e liberale che in Germania non riusciva ad
emergere e tanto meno veniva rappresentata nelle Diete provinciali, assemblee
politiche di una società ancora non pienamente emancipatasi da residui e interessi
feudali.
La libertà di stampa, secondo Marx, darebbe voce a quello spirito pubblico di
cui uno Stato moderno deve nutrirsi e in ogni caso mostrerebbe il vero volto del
popolo tedesco, il livello di civilizzazione raggiunto dalla Germania, inferiore
rispetto ad altre nazioni. “Un’assemblea veramente politica prospera solo sotto la
protezione dello spirito pubblico, come la vita si sviluppa solo sotto la protezione
dell’aria libera.”
11
Che per spirito pubblico Marx intenda l’autocoscienza stessa di
un popolo ci sembra di poterlo rilevare dalle sue stesse parole, quando dice
appunto che la libertà di stampa “[…] è la maniera universale degli individui di
partecipare la propria essenza spirituale.”
12
Si vuole sottolineare come in questi
articoli l’intento marxiano, la sua attitudine politica, rivelino una concezione
filosofica dello Stato che vede in esso la possibilità, da parte della società civile,
di esprimersi e universalizzarsi liberamente, senza essere vincolata da elementi e
forze a lei estranee.
11
Karl Marx, Scritti politici giovanili, a cura di Luigi Firpo, Torino, Einaudi, 1975, p. 91.
12
Ivi, p. 124.
17
D’altra parte, è questa stessa concezione che porta Marx a liquidare
senz’altro la politica dello Stato tedesco, così come veniva condotta anche in
Renania dall’assemblea dei rappresentanti provinciali “[…] i quali oscillano solo
tra l’irrigidimento intenzionale del privilegio e l’impotenza naturale di un semi-
liberalismo; dobbiamo purtroppo notare soprattutto una generale mancanza di
punti di vista vasti e universali, come pure quella superficiale trascuratezza che
discute e mette da parte la questione della libera stampa; […].”
13
La critica marxiana dello Stato tedesco-prussiano sembra allora esprimersi
non solo da un punto di vista politico, e cioè da posizioni liberal-radicali, ma
anche e soprattutto da un punto di vista filosofico vicino alla visione hegeliana
dello Stato, a differenza dei Giovani hegeliani, con i quali Marx pure condivideva
la dura critica alla religione, allo Stato cristiano e l’ateismo in genere
14
; il
riferimento è a quell’articolo di Marx, in cui si dice, rispondendo alla domanda se
la filosofia debba o no discutere di argomenti religiosi anche sui giornali, che, se è
vero che filosofia esprime lo spirito di un’epoca, non può essere esclusa, nella
moderna società, dalle pagine di una libera stampa che voglia realmente
rappresentare l’autocoscienza del popolo a cui appartiene o lo spirito pubblico di
esso. “Allora ci si domanda se appartenga al regno della stampa ciò che vive nella
realtà ; allora non si tratta più d’un contenuto particolare della stampa, bensì della
questione universale, se la stampa debba essere reale, vale a dire libera.”
15
13
Ivi, pp. 127-128.
14
Vedremo meglio successivamente, nella Questione ebraica, che la critica di Marx a B. Bauer mette
in risalto i limiti etici dell’emancipazione dalla religione, che il giovane hegeliano aveva proposto
come unica possibilità per l’ebreo di essere riconosciuto politicamente dallo Stato.
15
Marx, Scritti politici, cit., p. 150.
18
Ma ciò che avvicina, a nostro parere, la visione marxiana dello Stato a quella
di Hegel è proprio la definizione di esso come di una totalità razionale che
appunto perciò non può essere confusa con quella di uno Stato basato
essenzialmente sulla religione cristiana: “Rispondete come vi piace al dilemma, e
dovrete confessare che non dalla religione, ma dalla razionalità deve sorgere lo
Stato.”
16
La recente filosofia - continua Marx, riferendosi a Hegel - “[…]
considera lo Stato come un grande organismo nel quale la libertà giuridica, morale
e politica deve raggiungere la propria realizzazione, e nel quale il singolo
cittadino, obbedendo alle leggi dello Stato, obbedisce solo alle leggi naturali della
sua stessa ragione, della ragione umana. Sapienti sat.”
17
Come vedremo meglio in seguito, la critica filosofica e la lotta politica di
Marx contro la monarchia costituzionale, così come Hegel l’aveva teorizzata, non
gli impedirà di considerare eticamente lo Stato e di riconoscere a Hegel il merito
di averlo definito come un organismo, una totalità concreta in rapporto essenziale,
seppure contraddittorio, con la società civile.
D’altra parte, in questi articoli, possiamo già osservare un forte interesse
marxiano per le questioni materiali che lo Stato ‘solo’ politico o si lascia sfuggire
o reprime, facendo prevalere sull’interesse pubblico e del popolo quello privato
della vecchia e nuova aristocrazia fondiaria.
Collegato è certo l’interesse per il comunismo, da cui Marx prende le
distanze, incalzando però il dibattito allora in corso con lo scopo di approfondire
lo studio delle teorie socialiste, provenienti innanzitutto dalla Francia (Proudhon),
16
Ivi, p. 153.
17
Ivi, p. 155.