3
negli Stati Uniti in cui nelle conventions si assiste a veri e propri spettacoli con
musiche, colori e trombette
2
. Ciò che il rappresentante delle istituzioni esprime
rimane sullo sfondo, un po’ sfuocato. Con questo non si vuole annunciare la “morte
delle parole”, ma un mutamento della loro destinazione. È evidente come tale
discorso sia appannaggio soprattutto degli spot televisivi in cui la rilevanza dei
suoni e soprattutto delle immagini è maggiore rispetto alla carta stampata. Una
simile situazione, infatti, contraddistingue la pubblicità televisiva attuale, come nel
caso, ad esempio, della “ridondanza sonora”
3
degli spot Vodafone, Wind e Tim.
Caratteristico di queste campagne è la valorizzazione della parte fonica del
messaggio. Ogni spot utilizza una musica nota e di successo, la cui finalità è
persuadere attraverso di essa. La parte verbale, in questo caso, non assume grande
rilevanza, essendo spesso assente o comunque marginale.
La predominanza di audio e immagini è evidentemente legata alla volontà di
persuadere con le emozioni. Se le parole stimolano anche la parte razionale della
mente, la musica e la grafica emozionano il cuore, commuovono. Utilizzando la
terminologia della retorica classica, potremmo sostenere che la pubblicità moderna
propende principalmente per il movere ( commuovere).
Il primo capitolo di questo lavoro mette a confronto alcune teorie appartenenti alla
Nuova Retorica, così chiamata per il suo tentativo di ricostituire un nuovo filone di
studi sulla base della tradizione classica. Vedremo come la retorica argomentativa
da una parte, e la retorica figurale dall’altra, si sviluppino secondo le diverse teorie
da cui prendono spunto. Nel secondo capitolo si analizzerà, nel dettaglio, il testo
2
Il pubblico che assiste assume le caratteristiche del tifo da stadio, non mancano infatti bandiere,
trombette e striscioni.
3
Intendiamo per “ridondanza sonora” la vera e propria strategia comunicativa di questi spot. La
ripetizione incessante di cui usufruiscono assuefa il consumatore. Al di là dell’offerta del prodotto, è
fondamentale la selezione della colonna sonora. Non a caso, le musiche scelte dagli spot sono di
successo e ben conosciute dal pubblico e tutto ciò tende a predisporre l’ascoltatore in maniera più
favorevole. A volte però, la ripetizione esasperata genera disaffezione e questo va evitato.
4
persuasivo (comprendendo anche quello della propaganda politica), evidenziando i
meccanismi retorici che ne stanno alla base e soprattutto puntando l’attenzione sulla
questione dei tropi e delle figure, strumenti essenziali degli slogan persuasivi. Nel
terzo capitolo, invece, prenderemo in considerazione una modalità argomentativa
molto efficace ai fini della convinzione per il destinatario: i luoghi comuni. Questi
ultimi costituiscono, nella pubblicità, e più in generale in ogni forma di discorso
persuasivo, delle premesse generali su cui vige un accordo unanime e vedremo
come, sia il linguaggio pubblicitario, sia quello politico, se ne approprino. La
quarta parte dello studio è dedicata al copywriter, la figura creativa della pubblicità,
quella che ha il compito di ideare e concretizzare in parole un messaggio
promozionale. Tracceremo una breve storia di questa professione, riportando gli
esempi dei più noti creativi del mondo pubblicitario. Seguirà poi una sintetica
analisi dell’italiano della pubblicità e delle sue caratteristiche peculiari.
Concluderemo il capitolo con una breve riflessione sul concetto di “creatività”,
parola cardine della scrittura pubblicitaria e la inseriremo tra due poli essenziali: la
ragione e l’emozione.
5
Cap. 1
NEORETORICHE A CONFRONTO :
RETORICA ARGOMENTATIVA E RETORICA FIGURALE
Il linguaggio persuasivo è in costante evoluzione, sia dal punto di vista linguistico
sia da quello visivo. Il legame tra strategie retoriche e strategie seduttive sembra
essere evidente proprio nella lingua della pubblicità, in particolare nel testo
pubblicitario
4
. L’ “analisi retorica” di quest’ultimo tende ad evidenziare quali siano
i meccanismi necessari che riescono a persuadere il destinatario, ma non solo:
«scoprire e spiegare le regole del gioco comunicativo: questa è la funzione
conoscitiva e sociale della retorica ».
5
La storia del pensiero, scientifico e filosofico, « è in gran parte ricostruibile come
storia del rapporto tra logica e retorica, due forme di discorso e di sapere, a cui si
possono ricondurre una varietà di altre opposizioni invalse:…
convinzione/persuasione, dimostrazione/argomentazione »
6
. Proprio su queste
dicotomie si struttura lo studio moderno dell’ars bene dicendi
7
.
Il panorama degli studi di retorica, dagli anni Cinquanta in poi, presenta una
grande biforcazione relativa alle teorie dell’argomentazione da un lato, e teorie
delle figure dall’altro lato. In realtà, tali « divisioni risalgono a molto lontano se già
nel Medioevo le pertinenze giuridiche dominanti nella retorica antica e le
4
Per testo intendiamo esclusivamente la parte verbale del messaggio. La precisazione è necessaria
per la possibilità di fraintendere tale termine con l’impiego che la semiotica ne fa per intendere
invece ogni parte che compone l’annuncio (anche l’immagine per esempio).
5
B. M. Garavelli, Manuale di retorica, Milano, Tascabili Bompiani, 1988 (edizione 2003), p. 10.
6
A.Cattani, Forme dell’argomentare, Padova, Edizioni GB, 1994, p. 20.
7
Nella tradizione retorica “ars bene dicendi”(arte del ben parlare) era la definizione della retorica,
mentre “ars recte dicendi” (arte del parlare correttamente) era la denominazione della grammatica.
6
applicazioni linguistico letterarie occupavano due tronconi ben separati »
8
. Per
quanto riguarda la teoria dell’argomentazione, il modello più seguito ai nostri giorni
è quello costituito dall’opera principale di C. Perelman e L. Olbrechts-Tyteca
9
,
mentre per la teoria delle figure la base teorica oggi più nota è nei lavori del
Gruppo µ
10
. Entrambe rinnovano le teorie classiche della retorica: in Perelman e
Olbrechts-Tyteca la preminenza è assegnata all’argomentazione intesa come
«studio delle tecniche discorsive atte a provocare o accrescere l’adesione delle
menti alle tesi che vengono presentate al loro assenso…»
11
e l’intento, sin dalle
prime pagine, è costruire una serie di tecniche argomentative finalizzate alla
persuasione dell’uditorio.
I neoretori dell’argomentazione, grazie all’eredità aristotelica, basano i loro studi
sulla distinzione tra prove dialettiche e prove analitiche: « la nostra analisi concerne
le prove che Aristotele
12
chiama dialettiche...questo richiamo alla terminologia
aristotelica avrebbe giustificato un accostamento della teoria dell’argomentazione
alla dialettica
13
, concepita da Aristotele stesso come l’arte di ragionare partendo da
opinioni generalmente accettate… ma diverse ragioni ci hanno indotto a preferire
l’accostamento alla retorica »
14
.
La Nuova Retorica di Perelman e Olbrechts-Tyteca nasce, come sostiene Marconi,
« all’insegna della protesta contro la logica formale »
15
. I due studiosi, infatti,
8
B. M. Garavelli, op. cit., p. 287.
9
C. Perelman e L. Olbrechts-Tyteca, Trattato dell’argomentazione. La nuova retorica, trad. it. di C.
Schick e di M. Meyer con la collaborazione di Elena Barassi, Torino, Einaudi, 2001.
10
Il Gruppo µ è composto dai seguenti studiosi: J. Dubois, F. Edeline, J.M. Klinkenberg, Ph.
Minguet, F. Pire, H. Trinon.
11
C.Perelman e L.Olbrechts-Tyteca, op. cit., p. 6
12
Aristotele nacque nel 384 a.C. a Stagira e morì nel 323 a.C. Fu discepolo di Platone.
13
Il termine “dialettica” deriva dal greco dialéghesthai, che significa “dialogare”. Socrate ne fu la
figura emblematica.
14
C. Perelman e L. Olbrechts-Tyteca, op. cit., p. 7.
15
A. Pennacini (a cura di), Retorica e comunicazione, Torino, Edizioni Dell’Orso, 1993, p. 13
7
dedicano una parte del loro trattato alle argomentazioni quasi logiche
16
, così
denominate proprio per sottolinearne la distanza dalla logica scientifica.
L’argomentazione è, come afferma Bottiroli, « un ragionamento non
dimostrativo… potremmo dire che è un ragionamento vulnerabile, mentre le
dimostrazioni e confutazioni logiche si presentano come inattaccabili o
infrangibili»
17
. Anche Morresi sembra essere di questo parere quando afferma: «il
rapporto tra teoria dell’argomentazione e logica formale si può così considerare nel
senso di un’analogia: il discorso argomentativo sta al discorso delle scienze umane
ed al linguaggio comune, come la logica formale sta al ragionamento matematico e
ai discorsi scientifici che su di esso si modellano ».
18
Una retorica, dunque, in
contrapposizione alla scienza formale. Ritornando al significato dell’ars oratoria, è
indispensabile sottolineare come sia la definizione che Aristotele dà della retorica
ad influenzare il pensiero dei neoretori dell’argomentazione. Per il filosofo, infatti,
« la retorica può essere definita la facoltà di scoprire il possibile mezzo di
persuasione riguardo a ciascun oggetto. Questo compito infatti non appartiene a
nessun’altra tecnica, poiché ognuna di esse si prefigge di insegnare e di persuadere
in relazione alla materia che le è propria…»
19
.
Il Gruppo µ propone al contrario, in maniera approfondita, un’analisi delle figure
retoriche che nell’antichità appartenevano all’elocutio
20
. Gli studiosi appartenenti al
suddetto Gruppo, si rifanno alla teoria linguistica elaborata da Jakobson intorno
16
Per “quasi logico”, gli autori intendono gli argomenti che pur avendo una certa forza di
convinzione, si discostano dalle dimostrazioni formali, tipiche del linguaggio scientifico. Tali
argomenti sono i seguenti: contraddizione, identità totale e parziale, transitività, rapporto della parte
col tutto, del minore col maggiore, di frequenza.
17
A. Pennacini (a cura di), op. cit., p. 59.
18
R. Morresi, “ Dialettica e teoria dell’argomentazione”, in Argomentazione e dialettica, Roma, Il
Calamo, 1995, p. 23.
19
Aristotele, Retorica, trad. it. di Marco Donati, Milano, 1996, Oscar Mondadori, 1355, 2b, p. 11.
20
L’elocutio è una delle cinque parti in cui il discorso retorico veniva suddiviso e tale distinzione
comprendeva: l’inventio (capacità di trovare “argomenti”), la dispositio (capacità di disporre gli
argomenti), l’elocutio (capacità di trasformare in parole gli argomenti), la memoria e la pronuntiatio
( o declamazione, comprendente la gestualità ed il tono della voce).
8
agli anni Sessanta sul modello della teoria dell’informazione
21
. Delle ben note sei
funzioni del linguaggio studiate da Jakobson, la funzione poetica, centrata sul
messaggio, viene assimilata alla funzione retorica: « l’effetto primo di una
metabola
22
, quale che sia è di provocare la percezione della letterarietà (in senso
lato) del testo in cui essa è inserita »
23
. È, per dirla come Meyer, la retorica « delle
figure di stile »
24
contrapposta a «quella dei conflitti, o argomentazione…».
25
Gli
studiosi del Gruppo µ focalizzano dunque l’attenzione sulle trasformazioni del
linguaggio ( le metabole ) e le classificano secondo uno schema generale
26
.
Le metabole occupano la prima parte della loro opera. Esse si suddividono in
metaplasmi, metatatassi , metasememi e metalogismi
27
. Il concetto essenziale che
caratterizza la retorica delle figure e che comprende il loro meccanismo è lo scarto,
definito dal Gruppo µ come «alterazione riconosciuta del grado zero»
28
, dove per
“grado zero” si intende un discorso ridotto ai suoi semi essenziali
29
.
21
Come noto, nella teoria jakobsoniana, il parlante ( emittente) comunica al destinatario ( ricevente)
un messaggio composto e organizzato secondo le regole del codice comune ( la lingua) su un dato
argomento ( referente o contesto ), attraverso un canale ( il mezzo fisico attraverso il quale avviene il
passaggio dell’informazione).
22
Per “metabole” si intendono i mutamenti che avvengono o a livello della parola (e <)o a livello
superiore ( gruppi di parole o frasi). Le metabole corrispondono, in sintesi, alle quattro categorie
retoriche individuate dal Gruppo di Liegi: i metaplasmi, le metatassi, i metasememi ed i metalogismi.
23
Gruppo µ, Retorica generale: le figure della comunicazione, trad. it. di Mauro Wolf, 3.ed, Milano,
Bompiani, 1991, p. 228.
24
M. Meyer, La retorica, trad. it. di Berta Maria-Pia Smiths Jacob, Bologna, Il Mulino, 1997, p. 17.
25
Ibidem.
26
La suddivisione generale comprende trasformazioni relative alla parola e alla frase prendendo in
considerazione sia l’ambito del significante ( l’espressione), sia il significato ( il contenuto). Da tale
schema risulteranno quattro ambiti di studio delle figure retoriche: i metaplasmi, le metatatassi, i
metasememi e i metalogismi.
27
I metaplasmi sono figure del piano dell’espressione e modificano l’aspetto sonoro o grafico delle
parole o delle sue unità inferiori; le metatassi sono anch’esse figure dell’espressione e appartengono
alla sintassi, cioè alla disposizione delle parole nelle frasi e delle diverse frasi all’interno dei periodi;
i metasememi sono figure che agiscono sul piano semantico della parola, modificandolo; i
metalogismi infine modificano il valore logico della frase e per questo non sono condizionati da
procedimenti linguistici, come avviene invece nelle altre metabole.
28
Gruppo µ, op. cit., pp. 55-56.
29
Come noto, per “semi essenziali” si intendono le unità di significato che non si possono eliminare
senza togliere al discorso ogni significazione.
9
Nel linguaggio pubblicitario, in realtà, la retorica dell’argomentazione tende a
fondersi con quella delle figure. Le tecniche argomentative infatti, così come le
figure retoriche, confluiscono verso una stessa finalità: la persuasione.
Alla base dell’argomentazione troviamo una discriminazione fondamentale, che
nel Trattato dell’argomentazione si pone alla base di tutte le tecniche
argomentative: la distinzione tra argomentazione e dimostrazione. Per
comprenderne il significato occorre ricondurre la dimostrazione, come suggerisce
Cattani, ad una fonte certa e privilegiata come il sapere logico matematico, mentre
l’argomentazione ha per fonte un sapere non scientifico, ma appartenente al
probabile e al verosimile: « ciascuna avrebbe suoi propri destinatari, distinte finalità,
diversi gradi di attendibilità, oltre a differenziarsi, più o meno nettamente, rispetto a
struttura, principi, contesto, strumenti, criteri di valutazione e modalità di
ragionamento »
30
. Tra le varie differenze tra dimostrazione e argomentazione,
Cattani ne individua una particolarmente importante: mentre la dimostrazione viene
ritenuta teoricamente autosufficiente, l’argomentazione « mira all’adesione…»
31
.
L’autore prosegue il suo studio suggerendo una possibile definizione di
argomentazione: « il termine indica sia il processo di produzione (il modo di
presentare e disporre gli argomenti), sia il prodotto di un processo (l’insieme degli
argomenti risultante) ».
32
Entrambe le accezioni trovano, secondo l’autore, una
valida sintesi nella teoria di Van Eemeren, Grootendorst e Kruiger, secondo i quali
« l’argomentazione è un’attività sociale, verbale, intellettuale che serve a
giustificare o a confutare un’opinione, costituita da una costellazione di asserzioni e
volta ad ottenere il consenso di un uditorio ».
33
Anche Prezzolini, nella sua
interessantissima opera del 1907, insiste sul concetto di “persuasione” e sostiene
30
A. Cattani, op. cit., p. 30.
31
Ivi, p. 31.
32
Ivi, pp. 33-34.
33
Ivi, p. 34.
10
che nella bugia si rivela la parte artificiosa del persuadere: « per formare una bugia
che abbia le massime probabilità di essere accettata, bisogna osservare le stesse
regole che segue lo scienziato formando le teorie scientifiche ».
34
Queste regole
sono: l’economia, ossia la facilità di comprensione, la coerenza logica, cioè
l’assenza di contraddizioni, infine l’accordo con i fatti, per evitare di essere smentiti
da fatti futuri. È evidente come, sia la propaganda politica, sia la pubblicità
commerciale, utilizzino spesso la bugia per persuadere. In politica si usa sovente il
termine demagogia
35
per smascherare questo comportamento. Nella pubblicità non
è sempre facile scoprire l’inganno perché il linguaggio tende ad evidenziare solo
alcuni aspetti, quelli positivi del prodotto, mentre tende a celare quelli negativi.
36
In
relazione a questo è interessante l’opinione di La Pira sui prodotti alimentari
pubblicizzati: « Zero grassi, sottolinea la pubblicità dello yogurt, lasciando
intendere che il prodotto ha poche calorie, ma nella realtà il vasetto contiene tanto
zucchero e frutta che fanno lievitare il bilancio calorico…».
37
L’etica pubblicitaria, dunque, sembra spesso essere sottomessa
machiavellicamente al fine del persuadere ad ogni costo. A tal proposito Prezzolini
opera un’importante distinzione tra arte del persuadere e tecnica del persuadere: «
L’arte del persuadere, in quanto arte, non ha altro fine se non quello della
34
G. Prezzolini, L’arte di persuadere, Napoli, Liguori Editore,1991, p. 32.
35
La demagogia è una degenerazione della democrazia che consiste nel far leva sulle reazioni più
emotive delle masse, con una propaganda che ha facile presa e corrisponde alle istanze più
superficiali, non alle esigenze concrete.
36
Per evidenziare l’inganno che spesso è presente nelle campagne pubblicitarie, potremmo utilizzare
un’analogia con i contratti di assicurazione: così come nei contratti le voci scritte con caratteri più
piccoli contengono informazioni poco vantaggiose per il cliente, così nella pubblicità commerciale
ciò che non viene chiaramente menzionato va contro l’interesse del cliente. Questo fenomeno capita
sovente negli spot che promuovono compagnie telefoniche, assicurative e bancarie. Un caso
emblematico è costituito dalla piattaforma Sky, citata dalla trasmissione Rai Mi Manda Rai Tre del
20/10/2004, in cui si denunciavano alcuni disservizi di Sky non conformi alle “promesse
promozionali”.
37
R. La Pira, Quello che la pubblicità non dice, in “Corriere Salute” del 31 Ottobre 2004, p. 9.
11
persuasione…Così non è vera arte quella del persuadere allorché si propone dei fini
estranei, come quello di fare il bene o il male collettivo…»
38
.
È interessante a tale riguardo, anche la distinzione operata da Perelman e
Olbrechts-Tyteca tra persuasione e convinzione
39
(distinzione ripresa da Kant): « Ci
proponiamo qui di chiamare persuasiva una argomentazione che pretende di valere
soltanto per un uditorio particolare e di chiamare invece convincente quella che si
ritiene possa ottenere l’adesione di qualunque essere ragionevole»
40
. La
convinzione, per gli autori del Traitè è il primo stadio della persuasione,
quest’ultima, invece, interviene per spingere il pubblico all’azione.
Da tale definizione si può comprendere la rilevanza dell’uditorio
41
e allo stesso
tempo come la finalità dell’argomentazione sia esclusivamente persuasiva. Anche
Scaligero afferma l’importanza della suddetta finalità, ma in essa fa confluire anche
la nozione di “convinzione”: « non esiste forse uno, e un solo scopo…nell’oratoria
e nel dramma?...tutti hanno uno e solo uno scopo, la persuasione. Il suo scopo è
convincere o assicurare l’esecuzione di qualcosa». Aristotele, nel definire le
argomentazioni retoriche, distingue la convinzione dalla persuasione in base agli
strumenti di cui ognuna usufruisce: «le argomentazioni retoriche riescono a
convincere…attraverso esempi, e ciò costituisce un’induzione, oppure attraverso
deduzioni miranti a persuadere, il che equivale…al sillogismo»
42
. Da non trascurare
inoltre, la tesi di Emanuele, per il quale «… è opportuno tener presente la classica
38
G. Prezzolini, op. cit., p. 39.
39
La maniera in cui i due teorici hanno teorizzato tale distinzione è criticata da A. Plebe e P.
Emanuele (cfr. A.Plebe e P.Emanuele, Manuale di Retorica, Seconda edizione, Roma-Bari, Laterza,
1989) per i quali l’errore di Perelman e Olbrechts-Tyteca sta nell’aver interpretato il pensiero di
Kant in maniera parziale e difettosa.
40
C. Perelman e L. Olbrechts-Tyteca, op. cit., p. 30
41
Sono tre le tipologie di uditorio per i teorici dell’argomentazione: un uditorio universale
comprendente l’umanità intera, un uditorio formato da un solo interlocutore verso il quale ci si
rivolge nella forma del dialogo ed infine l’uditorio composto dall’individuo stesso quando riflette
sui propri atti.
42
Aristotele, Opere, vol I, Organon: Categorie, Dell’Espressione, Primi Analitici, Secondi
Analitici, Bari, Laterza, 1982, trad. it. di Marcello Gigante e Giorgio Colli, Laterza, 1982, Libro
Primo 71a, p. 259.
12
biforcazione tra la finalità del persuadere che e quella del persuadere a: nel primo
caso ci si propone di operare cambiamenti sull’ordo cognoscendi del destinatario,
nel secondo caso sulla sua ratio agendi»
43
. Secondo Plebe, la differenza tra
persuadere e convincere è di carattere psicologico e relativa al tipo di uditorio
presupposto: « Ne risulta che, per Perelman, la retorica sarebbe normalmente quello
che gli antichi denominavano psicagogia, cioè seduzione emotiva della psiche…».
44
È interessante, a questo proposito, la tesi sostenuta ancora da Plebe, per il quale la
retorica opera secondo due direzioni: l’una psicagogica, menzionata poco fa e che
caratterizza il pensiero dei neoretori dell’argomentazione, l’altra “epagogica”
definita dall’autore come «ogni procedimento logico finalizzato alla persuasione».
45
L’autore suggerisce, dunque, una distinzione tra una retorica “psicologica”,
manipolatrice della psiche e una retorica «incentrata esclusivamente sull’invenzione
di una data struttura di ragionamento, cioè…un “modello mentale”».
46
Entrambe
mirano allo stesso fine, ma con strumenti diversi e Plebe preferisce di gran lunga la
seconda: « i procedimenti prevalentemente logico-epagogici attuano un tipo di
persuasione più solido, sia nel senso dell’efficacia che in quello della durata, che
non i procedimenti prevalentemente psicagogici ».
47
Il linguaggio pubblicitario comprende al suo interno una pletora di strumenti
retorici, talvolta espressamente argomentativi, talaltra legati al mondo delle figure.
Per quanto riguarda i primi, potremmo subito fare un esempio, utilizzando un’altra
importante distinzione di Perelman e Olbrechts-Tyteca: quella tra valori astratti e
valori concreti.
43
A.Pennacini ( a cura di ), op. cit., p. 29. È interessante notare come tale biforcazione della
persuasione corrisponda esattamente alla distinzione tra convinzione e persuasione. La ratio
cognoscendi infatti, non è altro che il primo stadio diretto alla ratio agendi, l’agire vero e proprio,
caratteristico del persuadere.
44
A. Plebe e P. Emanuele, op. cit., p. 105.
45
A. Pennacini, op. cit., p. 8.
46
Ivi, p. 9.
47
Ivi, p. 10.
13
I due studiosi concepiscono i valori astratti (per esempio la giustizia) come
l’espressione di uno spirito rivoluzionario: « Il bisogno di fondarsi su valori astratti
è probabilmente legato soprattutto al mutamento»
48
. In campo politico/pubblicitario
ne abbiamo una chiara esemplificazione nei manifesti elettorali del centro-destra: il
noto slogan “ meno tasse per tutti”, presente durante la campagna elettorale del
2001
49
, sembra rispecchiare proprio l’astrattezza del contenuto e il bisogno di dare
una speranza nuova, ancora nell’aria, del rinnovamento. La “strategia dei valori
astratti” si basa su ciò che Gorla definisce l’«over promise»
50
e cioè sulla promessa
indefinita, proiettata verso il futuro e senza nessun riferimento alle problematiche
concrete del reale. In ambito politico, questa “inapplicabilità concettuale” viene
esemplificata anche con l’uso di aggettivi come « sacro, eterno, giusto, naturale,
vero, scientifico, umano, buono, bello, patriottico…che usati come molti li usano
sembrano pieni di profondi e delicati pensamenti, mentre non significano nulla.
Sono… i galloni e le decorazioni delle idee… Si potrebbero perciò chiamare
aggettivi onorari ».
51
La strategia linguistica cambia totalmente con le elezioni
politiche europee del 2004.
52
Qui interviene il secondo termine individuato dagli
studiosi dell’argomentazione: il valore concreto. Esso esprime, al contrario dei
valori astratti, il bisogno di conservazione ed è proprio su tali valori che la strategia
linguistica del centro-destra costruisce il proprio messaggio. La maggior parte dei
testi elettorali, infatti, è composta da numeri, statistiche, proprio per evidenziare il
lavoro svolto dal governo in carica: “Grandi opere attivate per 93.000 miliardi di
48
C. Perelman e L. Olbrechts-Tyteca, op. cit., p. 84.
49
Questo era uno degli slogan utilizzati dal partito di Silvio Berlusconi. Al governo allora si trovava
il centro-sinistra e Berlusconi era lo sfidante per la corsa alla Presidenza del Consiglio.
50
R. Gorla, Europee. La pubblicità elettorale non scalda il cuore, in “L’impresa di comunicazione”,
Anno II, numero 6 a cura della Unicom, Milano, Luglio 2004, pp. 6-7.
51
G. Prezzolini, op. cit., p. 78.
52
Il voto in queste elezioni rappresentava anche l’orientamento provvisorio degli elettori che nel
2001 sancirono la vittoria del centro-destra.
14
lire”
53
era uno dei tanti messaggi che caratterizzavano i manifesti elettorali. È
evidente come, al di là dell’efficacia di queste strategie, all’interno del testo politico
o pubblicitario ci sia un’attenta valutazione di ciò che deve caratterizzare il
messaggio e soprattutto di ciò che vuole trasmettere.
La retorica delle figure, dal canto suo, non è disgiunta dalla retorica
argomentativa. Quest’ultima, come abbiamo visto, sembra essere però più
appannaggio dei messaggi elettorali. La retorica figurale, invece, sembra
appartenere più alla “logica seduttiva”
54
della pubblicità commerciale. È
interessante la valutazione del Gruppo µ, per il quale la retorica non è più “ arma
della dialettica”, come nel periodo classico, ma «strumento della poetica»
55
. Come
abbiamo detto precedentemente, gli studiosi del Gruppo µ si rifanno alla teoria
linguistica di Jakobson, focalizzandosi sulla “funzione poetica” che corrisponde per
loro a quella retorica. Nel capitolo “Linguistica e poetica”, Jakobson pone una
questione fondamentale estendibile al processo di creazione del testo pubblicitario
56
:
« il compito fondamentale della poetica consiste nel rispondere a questa domanda:
Che cosa è che fa di un messaggio verbale una opera d’arte? »
57
, ed è proprio alla
funzione poetica che il Gruppo µ si riferisce, facendo corrispondere al concetto
“poetico” quello “retorico”. Se per Jakobson la funzione poetica si realizza
nell’analisi della struttura verbale del messaggio, per gli studiosi di Liegi
53
La particolarità del testo riguarda l’erronea applicazione della valuta. All’epoca infatti, era già
entrata in vigore l’euro, ma il messaggio riportava ancora l’ammontare in lire. Probabilmente la
decisione di mantenere la vecchia valuta faceva parte di una precisa strategia di comunicazione:
esprimere l’ammontare in lire amplificava la quantità espressa ( “miliardi di lire” viene percepito dal
cittadino in maniera diversa da “milioni di euro”).
54
Il concetto di logica seduttiva è ben descritto da Meyer per il quale è l’arma principale della
pubblicità per persuadere il consumatore ( cfr. M. Meyer, La retorica, Bologna, Il Mulino, 1997).
55
Gruppo µ, op. cit., p. 14.
56
In ambito pubblicitario la creazione della parte verbale di un annuncio è affidata al copywriter,
mentre la parte visiva è sviluppata dall’ art director.
57
R. Jakobson, op. cit., p. 181.
15
corrisponde allo studio delle figure retoriche che lo caratterizzano, ma la finalità
rimane la stessa: «la congruenza fra i mezzi usati e l’effetto a cui si mira…»
58
.
Secondo Volli, oltre alla congruenza tra mezzi e finalità, sono due i requisiti
principali di ogni testo pubblicitario: la salienza percettiva e la comprensibilità. Per
definire il primo termine, Volli utilizza il concetto di “ funzione fàtica”
59
, che
definisce così : «La necessità di essere notati…»
60
. L’autore concepisce, quali
mezzi per “farsi notare” soprattutto le immagini ed i suoni
61
. La comprensibilità,
sempre secondo Volli, « riguarda invece la funzione metalinguistica…e la funzione
poetica
62
, relativa all’elaborazione “creativa” del testo».
63
Ciò che caratterizza un testo pubblicitario è spesso proprio la sua creatività:
secondo il sociologo De Masi, il concetto di creatività comprende due capacità, la
fantasia e la concretezza.
64
È dall’unione di queste due attività, l’una teorica, l’altra
pragmatica, che prende forma il testo pubblicitario. Sono due, a questo proposito i
termini che concorrono a caratterizzare ancora più in profondità i messaggi
promozionali: denotazione e connotazione. Prendendo ancora spunto da Volli,
definiamo denotazione il semplice rapporto che lega significante e significato
65
, in
termini letterali; definiamo connotazione invece quel rapporto in cui il significante
58
Ivi, p. 183.
59
La funzione fàtica è una delle sei funzioni della comunicazione elaborate da Jakobson e consiste
nel lavoro che si fa per garantire il contatto (ad esempio quando di dice « pronto» al telefono).
60
U. Volli, Semiotica della pubblicità, Bari, Editori Laterza, 2003, p. 55.
61
Gli spot televisivi abbondano di immagini e suoni che si compenetrano perfettamente per attirare
l’attenzione. In alcuni spot la componente musicale tende ad attrarre l’attenzione più delle immagini.
Lo vediamo, per esempio, nelle campagne della Vodafone Omnitel.
62
La funzione metalinguistica e la funzione poetica sono ancora termini attinti dalla teoria
jakobsoniana ed indicano rispettivamente la definizione del codice in uso e l’organizzazione interna
del messaggio ( quella che per il Gruppo µ è la “funzione retorica”).
63
U. Volli, op. cit., p. 56.
64
D. De Masi, intervento radiofonico in “La radio ne parla”, in onda su Radio Uno il 10 ottobre
2004.
65
Il significante rappresenta la “forma” dell’espressione, mentre il significato la definizione.
Facendo un esempio: la parola “cane” ha il significante rappresentato dalle lettere che compongono
la parola, come significato la definizione che ne dà il vocabolario. Dal punto di vista denotativo una
parola rappresenta in maniera delimitata e quindi letterale ciò che esprime. La parola “deserto”, per
esempio richiama denotativamente l’area geografica con le sue caratteristiche specifiche, dal punto
di vista connotativo invece, potrebbe richiamare altri concetti estendibili ad altre realtà, metaforiche,
come ad esempio la solitudine etc.
16
è usato « per richiamare dei significati più ampi e vaghi…»
66
. A questo proposito
sembra interessante l’opinione di Richards, che si esprime in questo modo
sull’ambiguità semantica delle parole: «mentre la vecchia retorica considerava
l’ambiguità come un difetto del linguaggio… la nuova retorica la considera come
un’inevitabile portato dei poteri del linguaggio e come lo strumento indispensabile
per esprimere la maggior parte delle nostre affermazioni…»
67
. L’autore concepisce
la retorica in maniera diversa rispetto agli altri studiosi della neoretorica: « in che
misura, ed in che modo, differisce la comunicazione corretta da quella scorretta?…
queste risposte costituiranno, né più né meno, la disciplina riportata alla luce, cioè
la retorica».
68
Richards si oppone alla dottrina dell’uso, sostenitrice dell’univocità
dei significati delle parole: « per studiare l’efficacia del linguaggio e le condizioni
di questa efficacia, bisogna rinunciare…all’idea che le parole hanno certi
determinati significati e basta…»
69
.
L’elemento centrale dell’ambiguità semantica delle parole è il contesto in cui le
parole « cambiano di significato, ed in molti modi differenti»
70
. La ricchezza
linguistica risiede proprio nella polisemia, concetto cardine in Ricoer: « la
polisemia sta a dimostrare il carattere aperto della struttura della parola: una parola
è ciò che ha più sensi e che può acquisirne di nuovi ».
71
Dello stesso parere è
Bottiroli: «la comunicazione più efficace non è necessariamente la più semplice, la
più precisa ed esatta, la comunicazione sfrondata di ogni aspetto metaforico o
simbolico ».
72
66
U. Volli, op. cit., p. 58.
67
I. A. Richards, La Filosofia della retorica, trad. it. di Beniamino Placido, Milano, Feltrinelli
Editore, 1967 (prima edizione italiana), p. 43.
68
Ivi, p. 10.
69
Ivi, p. 15.
70
Ivi, p. 16.
71
P. Ricoer, La metafora viva, trad. it. di Giuaeppe Grampa, Milano, Jaka Book, 1981, pp. 155-156.
72
A. Pennacini (a cura di), op. cit., p. 53.