"People's princess": Lady Diana, costruzione di un'icona mediatica
La costruzione di un mito
myth noun 1. a story from ancient times, especially one that was told to explain natural events or to describe the early history of a people; this type of story 2. something that many people believe but that does not exist or is false
Analizzando i vari significati che il termine “mito“ può avere, essi sono tutti perfettamente adattabili ai cosiddetti Diana events, al culto della Principessa scomparsa prematuramente e in modo tragico. Per gli antichi il mito era un linguaggio simbolico di riferimento, l'espressione di un insieme di valori attraverso cui si poteva analizzare la condizione di ogni uomo, affrontare e analizzare la realtà. Allo stesso modo la figura di Diana costituì per gli inglesi un esempio con cui identificarsi e attraverso il quale comprendere la propria vita. Il mito può essere un'immagine semplificata di un personaggio, un'icona dunque, che è stimolo all'azione della collettività. Diana rappresentò un'icona di stile, di carattere, di sensibilità per milioni di persone, e la sua morte determinò le reazioni commosse di moltissimi. Diana rappresenta ancora oggi una leggenda piena di fascino, costruita intorno alla vita splendida, ma triste, di una donna che il destino volle portar via proprio nel momento in cui iniziava a toccare la felicità.
Nelle varie analisi sul mito di Diana che sono state proposte nel corso degli anni, in moltissime si ritrova spesso il paragone con Evita Peron, la paladina argentina dei descamisados: le due donne vengono accostate perché entrambe considerate rappresentanti di parti sociali normalmente poco tenute in considerazione, perché, pur ricoprendo una posizione privilegiata, condividevano con la gente comune passatempi e passioni e forse soprattutto perché furono loro malgrado accomunate da una morte precoce, anche se per cause differenti.
Diana Spencer è diventata, oggi ancor più, a dieci anni dalla sua scomparsa, un mito a tutti gli effetti, allo stesso livello di personaggi come Ernesto Che Guevara e Madre Teresa di Calcutta.
Manuel Vàzquez Montalbàn, in un articolo apparso sul quotidiano Il Manifesto, afferma che la nostra epoca sembra priva di finalità storica, e proprio per questo sente l'esigenza di possedere miti: la gente è piena di paura e priva di speranza e si forma delle immagini ideali perché ne ha bisogno per formarsi minime certezze. Con un tono un po' velenoso, lo scrittore sostiene che Diana metteva in scena, con una recitazione da Actor's Studio e sempre con un certo ritegno, il ruolo di principessa ferita che per guarire il proprio dolore cercava conforto e sicurezze nei suoi amanti. Egli mette in evidenza anche come il ruolo di questa donna abbia offerto alla dinastia Windsor una lunga continuità monarchica e che solo il fatto di non essere di religione cattolica le impedisca di “essere santificata come prima principessa adultera, vergine e martire, principessa delle masse“, sebbene in molti, il fratello Charles per primo, abbiano capito che approfittare del generale bisogno di miti genera un non indifferente guadagno economico
Anche Francoise Gillard analizza in maniera piuttosto disincantata il cosiddetto Diana effect.
Ella non crede che Diana sia stata realmente dotata di capacità tali da farle guadagnare l'ammirazione di molte persone, ma piuttosto che il suo personaggio abbia fatto irruzione sulla scena pubblica proprio nel momento in cui serviva qualcuno che fungesse da mito, con la stessa funzione che questo aveva per gli antichi, con la differenza che nel XX secolo non c'era più bisogno di racconti di eroi, ma piuttosto di celebrità: la domanda sociale di soggetti con capacità fuori dal comune s'era evoluta, ma la sostanza era la stessa. Se la memoria dell'eroe veniva mantenuta viva attraverso storie tramandate oralmente e poi fissate in qualche poema, la celebrità è veicolata attraverso i media, attraverso la sua immagine mostrata ripetutamente; inoltre, se l'eroe era preceduto dal racconto delle sue gesta, del suo exploit, la celebrità è solo ed esclusivamente un'immagine che evoca significati.
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Informazioni tesi
Autore: | Francesca Rapposelli |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2006-07 |
Università: | Università degli Studi di Teramo |
Facoltà: | Scienze della Comunicazione |
Corso: | Scienze della comunicazione |
Relatore: | Alessandra Ruggiero |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 95 |
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