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Il dialetto sassolese, origine e destino di una varietà linguistica dell'emiliano

Pregiudizi e stereotipi sui dialetti italiani

I lavori di ricerca dei dialettologi e le loro classificazioni sono, in un certo senso, collegati ai recenti studi di linguistica che danno sempre più risalto al principio di equipollenza, secondo cui tutte le lingue del mondo hanno pari dignità (Foresti 2010). Invero, secondo questa visione, non vi sono idiomi difettosi o di qualità scadente, così come non vi sono lingue più degne o aventi una grammatica migliore rispetto ad altre. In quest’ottica, appunto, scevra di pregiudizi, tutti i dialetti italiani sono lingue vere e proprie, con una propria peculiare grammatica, frutto della personale storia linguistica, costituita da invasioni, dominazioni, influenze, prestiti e quant’altro. Peraltro, alcuni pregiudizi infondati relegano i dialetti in una dimensione di marginalità, sostenendo che siano ‘sottolingue’ inferiori all’italiano e che sarebbero “in grado di parlare soltanto di argomenti correnti, banali, legati alla sfera della materialità, tutt’al più di far ridere” (Foresti 2010, 70).

Oltretutto, un falso stereotipo che si è imposto nel corso degli anni Sessanta e diffuso ancora oggi ritiene che i dialetti siano idiomi ‘popolari’, parlati da determinate fasce sociali, quelle più umili e incolte (Foresti 2010). Per quanto riguarda gli stereotipi, si fa breve accenno ad uno di particolare interesse in questa sede, ossia all’idea, probabilmente falsa, secondo cui il dialetto modenese, e di conseguenza quello sassolese, ‘discendano’ direttamente dal francese (Rovatti 1999, 80-81). Tale stereotipo nasce dalla constatazione dell’esistenza, nel dialetto modenese, di molti prestiti lessicali, frutto del contatto con la lingua francese (Berruto e Cerruti, 2017), infatti, “alla loro diffusione contribuiscono cuochi, maestri di moda, di acconciature, di danza, di varie specialità, chiamati a raffinare con le loro arti” (Lotti 2000, 105) le corti di molte località italiane, tra cui quelle di Modena e Sassuolo, nel corso del XVII e XVIII secolo. A tale proposito, occorre riportare un esempio paradigmatico: l’idioma francese tire-bouchon ‘cavatappi’ (il quale identifica l’utensile inventato nel XVII secolo) genera il francesismo tirabussòun in dialetto modenese, ma anche tirabusciò in italiano, tirabuixò in catalano e tirbușon sia in romeno, sia in turco.38 Tuttavia, ad oggi, in riferimento a varie costruzioni grammaticali del dialetto modenese, si è consolidata la teoria del sostrato celtico, oggetto di approfondimento nel paragrafo successivo, che riconosce nella lingua gallica39 (una delle lingue celtiche) una ‘madre comune’, ossia un ceppo linguistico germanico che sopravvive tuttora in vari idiomi tra cui il dialetto modenese.



38 Fonte: https://en.wiktionary.org/wiki/tire-bouchon, (URL consultato il 25 marzo 2023).
39 Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Lingua_gallica, (URL consultato il 25 marzo 2023).

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il dialetto sassolese, origine e destino di una varietà linguistica dell'emiliano

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Informazioni tesi

  Autore: Paola Bertoni
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2021-22
  Università: Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
  Facoltà: Scienze della Comunicazione
  Corso: Scienze della comunicazione
  Relatore: Monica Alexandrina Irimia
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 84

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