Pasolini incompiuto. Sei film mai realizzati
Sesso, Storia, Potere: Gilles de Rais
Nel 1970 ero nella valle della Loira. Facevo dei sopralluoghi per il Decameron. Sono stato invitato a fare un dibattito con gli studenti dell'Università di Tours. Lì insegna Franco Cagnetta, il quale mi ha dato da leggere un libro su Gilles de Rais e i documenti del suo processo, pensando che potesse essere un film per me. Ci ho pensato seriamente per qualche settimana (è uscita in Italia, in questi mesi, una bellissima biografia di Gilles de Rais, a cura di Ernesto Ferrero). Naturalmente poi ci ho rinunciato. Ero ormai preso dalla Trilogia della vita.
Cinque righe: questo è tutto quello che Pasolini ha tramandato del progetto di film su tal Gilles de Rais. Nonostante non si tratti, come nei due casi precedenti, di un soggetto ideato agli albori della sua carriera cinematografica, anche il progetto di film sul signore di Rais – grande nobile e maresciallo di Francia del Quattrocento, compagno d'armi di Giovanna d'Arco nella Guerra dei Cent'Anni e "modello" umano della figura fiabesca di Barbablù – risulta di difficile "incasellamento". Innanzitutto perché rappresenta un "colpo di fulmine" per l'irrequieto regista, immerso anima e corpo nella realizzazione del ciclo di film denominato Trilogia della Vita (I racconti di Canterbury, Il Decameron, Il fiore delle Mllle e una notte). È il 1970, ma la gestazione incompleta di questo film-da-farsi si protrae fino all'ultima settimana di vita dell'autore, morto il 2 novembre 1975. Uno spazio di cinque anni di cui possediamo la coordinata iniziale, il 1970 per l'appunto, e i dettagli di quella finale.
A fornirli è un collega e amico di Pasolini, Paul Vecchiali. Intervistato dal sottoscritto nel 2015 in occasione della cinquantunesima Mostra internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro, di cui era ospite, il cineasta francese rivela che Pasolini gli propose di realizzare un film insieme. «Mi disse: io scelgo gli attori e scrivo la sceneggiatura, tu filmi e io ti osservo sul set. Il film doveva parlare di Gilles De Rais e Giovanna d'Arco. C'era già il produttore, gli Artisti Associati. Purtroppo Pier Paolo è morto tre giorni dopo e mi ha lasciato con questo grande rimpianto». Un secondo "indizio", che popolarmente "fa una prova", ce lo fornisce l'autore stesso in una dichiarazione relativa a Salò o Le 120 giornate di Sodoma:
Dopo Salò farò un film che mi sta molto a cuore e quindi mi isolerò nella mia casa di campagna per scrivere il libro della mia vita. È una decisione maturata con molta riflessione. Non rispettare questo ultimatum significherebbe rimandare ulteriormente il mio romanzo, un sacrificio al quale non voglio assolutamente rassegnarmi. Non sono forse poeta prima ancora di essere cineasta? La vita, come si vede, è un eterno ricominciare daccapo.
Diciamo che metterò la parola fine alla mia carriera cinematografica con Salò e il prossimo film.
Come rivelato dallo stesso Pasolini, il punto di partenza per il film sul signore di Rais sarebbe stata la «bellissima biografia» a cura di Ernesto Ferrero. Lo studioso definisce il protagonista della propria analisi come «il compagno prediletto di Giovanna d'Arco, l'eroe nazionale alla liberazione di Orléans dagli inglesi, "grande del regno" a venticinque anni, erede di una fortuna colossale, raffinato collezionista e appassionato di teatro». Il vero Barbablù è però anche l'uomo che tra il 1432 e il 1440 uccise e fece uccidere, dopo averne abusato, decine e forse centinaia di bambini e di ragazzi, senz'altra motivazione che il proprio piacere personale. La narrazione si snoda in tre macro-fasi che descrivono perfettamente questa parabola a V, che dall'apice della gloria militare piomba nel baratro degli abomini sessuali e nella disgrazia economica per poi risalire, al fotofinish, alla fama di santo. Appassionato di alchimia, evocatore di diavoli, infine arrestato e processato, questo serial killer per vocazione "artistica" confessa rovesciando del tutto la sua immagine: da eretico sodomita a martire cristiano.
Oltre alla cronaca romanzata di Ferrero, Pasolini dichiara di attingere anche ai documenti ufficiali del doppio processo, canonico e penale, intentato al signore di Rais, oggi conservati negli Archivi di Nantes. Il fascicolo di ricerca si completa con altre fonti storiografiche che si possono suddividere in due branche principali: quelle citate ed evidenziate dallo stesso Ferrero nel suo volume e quelle legate al contesto storico-sociale di riferimento presenti nella biblioteca personale di Pasolini. Tra le prime spiccano la Chronique de Charles VII di Jean Chartier e L'abisso di Joris-Karl Huysmans, che tra le altre cose ricostruisce con un'enfasi quasi cinematografica la scena del processo. Tra i suoi scaffali il cineasta annoverava invece un ricco gruppo di volumi sul Basso Medioevo, a partire da un altro libro di Ferrero – INSERIRE (p. 178) - per arrivare a un testo fondamentale per una lettura critica dello spazio-tempo in cui ha agito Gilles de Rais: L'autunno del Medioevo di Johan Huizinga. In queste pagine «molto belle sulla sensibilità estetica dell'epoca», per dirla alla Umberto Eco, Pasolini ha potuto approfondire il senso di crisi totale che ha attraversato l'umanità, compreso il "suo" Gilles, e in particolare della società franco- borgognona del XV secolo. Come Ferrero, Huizinga dipinge il crepuscolo di un'epoca che affievoliva e al contempo si stava rinnovando, evidenziando in tal modo una linea di continuità tra Medioevo e Rinascimento – che, considerata la forte tendenza attualizzatrice di vicende passate tipica soprattutto dell'ultima filmografia pasoliniana - avrebbe allungato la sua ombra anche sul Novecento.
È un affresco in cui si possono riconoscere elementi incredibilmente affini alla vicenda quattrocentesca presa in esame da Pasolini. Huizinga parla infatti di: grandi uomini che vogliono sopravvivere al crollo dei valori cercando un senso in nuove forme di vita e di pensiero; la spinta individualistica a "personalizzare" elementi considerati universali (la religione cristiana, gli ideali cavalleresco e monastico, gli ideali classici) intrecciandoli con le pulsioni dell'uomo moderno (l'erotismo, la violenza fine a se stessa, l'accumulo del capitale). A tutto questo Pasolini avrebbe potuto aggiungere, come in altre sue opere, una nota sociologica di denuncia prettamente novecentesca al fine di dimostrare – e quindi rappresentare – che il Potere, in ogni epoca e società umana, ha ridotto l'umanità a pura materia, a pura merce, a puro mezzo.
Non si può prescindere inoltre dal confronto costante con gli altri film, realizzati e non, da Pasolini. La speciale collocazione di Gilles de Rais nella (mancata) produzione pasoliniana, ben oltre la metà del ponte che collega la Trilogia della Vita (1971-74) all'incompiuta Trilogia della Morte (1975), rende inoltre particolarmente stimolante il confronto con diversi titoli della filmografia compiuta del cineasta. A cominciare dagli altri due ipotetici capitoli della seconda Trilogia – in particolare il primo – Salò o le 120 giornate di Sodoma e Porno-Teo-Kolossal, per arrivare a scorgere importanti corrispondenze anche in Porcile e nella "prima" Trilogia, soprattutto ne Il Decameron e, ancora più addentro, nell'episodio dedicato a Ser Ciappelletto, altro self-made saint che, dopo una vita di dissolutezze e crimini, passa alla storia come santo attraverso una magistrale operazione di marketing sotto forma di confessione con cui inventa e consegna ai posteri un passato da uomo pio e timorato.
In ultima istanza l'apparato figurativo: verranno considerate anche le suggestioni esercitate su Pasolini dalle fonti figurative – pitture, dipinti, miniature - relative a Gilles de Rais, alcune delle quali inserite dallo stesso Ferrero all'interno del suo libro. Con uno spunto privilegiato: la sovrapposizione del signore di Rais con la figura del martire avviato al suo Golgota, secondo una configurazione scenografica notoriamente cara al poeta (si pensi alla rappresentazione della Passione di Stracci ne La Ricotta).
Cominciamo riprendendo il filo intrecciato nel sottocapitolo precedente. Gilles de Rais ribalta la visione dell'alter Christus della prima fase della cinematografia pasoliniana: va incontro al suo «calvario», senza provare a fuggire. Muore da santo dopo una vita di delitti abominevoli. Pasolini è impressionato dall'attualità dell'operazione omicida condotta dal nobile con approccio scientifico, che con un anticipo di quasi quattrocento anni traduce nella realtà le fantasie del Marchese de Sade, principale ispiratore dell'ultimo film compiuto del regista: Salò o le 120 giornate di Sodoma. È lo stesso Ferrero a definire Gilles de Rais «il vero e inconsapevole fondatore dell'ideologia sadiana». Una riflessione dai forti connotati post-ideologici, che Pasolini ha intimamente legato al rifiuto dell'idea di cultura veicolata dai mass media e all'Abiura della Trilogia della Vita. [...]
Questo brano è tratto dalla tesi:
Pasolini incompiuto. Sei film mai realizzati
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Informazioni tesi
Autore: | Maurizio Perriello |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2020-21 |
Università: | Università degli Studi di Pisa |
Facoltà: | Scienze della Comunicazione e dello Spettacolo |
Corso: | Storia dell'arte |
Relatore: | Maurizio Ambrosini |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 177 |
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