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La lingua dei vichinghi: L'Old Norse
L'epoca dei vichinghi fu un'epoca di grandi innovazioni dal punto di vista culturale e politico e anche da quello linguistico. Infatti, le prime variazioni dialettali apparirono proprio durante l'epoca dei vichinghi.
La lingua parlata dalle popolazioni scandinave durante l'età vichinga è l'antico nordico, meglio conosciuto, come Old Norse, discendente dal Proto Norreno, proveniente dalla ramificazione settentrionale del Germanico comune. Non si deve pensare, tuttavia, al nordico come una lingua uniforme su tutto il territorio scandinavo, ma più come ad un'etichetta convenzionale comprendente tutte le variazioni dialettali parlate nel territorio. Una variazione dialettale, però, aveva più rilevanza rispetto alle altre. Per il ruolo centrale che aveva la Danimarca in questo periodo, infatti, il nordico è confuso spesso con la lingua antica danese (dönsk tunga).
È conveniente distinguere, sempre parlando in linea convenzionale, periodi differenti nella storia dello sviluppo di questa lingua, ordinati come segue: Primitive, tra il 100 e il 700 AD; il Viking Norse, tra il 700 e il 1100 AD; e il Literary Old Norse, tra il 1100 e il 1500 AD. La maggior parte degli storici della lingua, fa riferimento al periodo sopraindicato 'Viking Norse' come all'Old Norse vero e proprio (Gordon, 1957).
È proprio durante questa fase che vengono attestate le prime variazioni dialettali, fenomeno aiutato soprattutto dalle esplorazioni e dalle espansioni vichinghe, durante le quali le popolazioni scandinave vengono a contatto con popolazioni e di conseguenza lingue straniere. Infatti, come risultato dell'espansione vichinga, l'Old Norse, dalla Norvegia, indicata come sua origine, comincia ad essere ampliamente parlato nel resto della penisola scandinava e anche oltre, come nelle Isole Faroe, in Groenlandia e in Islanda. Da un nordico 'comune', quindi si svilupparono distinzioni tra West Norse, dal quale hanno origine l'Old Norwegian e l'Old Icelandic e East Norse, dal quale hanno origine Old Swedish e l'Old Danish (Gordon, 1957).
Dopo la fine dell'età vichinga i dialetti dell'Old Norse confluirono nelle lingue germaniche settentrionali che possono essere distinte in questo modo: Scandinavo continentale, comprendente il danese, norvegese e svedese e lo Scandinavo insulare, comprendente l'islandese e il faroense (Rouă, 2017). Quest'ultimo è più conservativo del primo, che presenta, d'altra parte, una maggiore semplificazione a livello morfologico.
Le prime documentazioni dirette di questa lingua germanica vanno ricercate nelle iscrizioni runiche, le prime sono datate al III secolo d.C. La lingua di queste iscrizioni runiche non doveva differenziarsi di molto da ciò che si ricostruisce oggi come germanico comune. Fino al 1200 le informazioni su queste lingue scandinave sono state ottenute solamente grazie alle suddette iscrizioni, le quali costituiscono una fonte preziosa di informazioni sulla civiltà dei Vichinghi. Queste iscrizioni sono scritte in un alfabeto runico di origine nord-italica, il fuþark, che prende il nome dalle prime sei rune. Precisamente l'alfabeto utilizzato in epoca vichinga è quello denominato come 'fuþark recente' entrato in uso intorno al IX secolo e composto da soli 16 segni, rispetto ai 24 del 'fuþark antico', anche se con l'introduzione del cristianesimo nella penisola scandinava a partire dall'XI secolo si diffuse anche l'alfabeto latino. Infatti, le documentazioni usate dagli storici della lingua per ricostruire il norreno sono soprattutto manoscritti in antico norvegese e islandese scritti usando lettere che provenivano proprio da questo alfabeto latino. Questo alfabeto era formato dalle lettere latine con l'aggiunta della runa 'þ' e delle lettere modificate 'ð', 'ø' e 'ǫ' (Gordon, 1957). Questa tradizione manoscritta, che inizialmente conteneva raccolte di leggi regionali, inizia solo nel XIII sec., proprio perché per molto tempo il latino fu la lingua principale degli scrittori, che molto spesso erano scriba cristiani, che continuarono a dare il loro contributo traducendo opere in latino e francese, tra cui sermoni, agiografie, leggende, epopee e romanzi.
A livello fonologico, l'antico norreno constava di 9 suoni vocalici 'a','e','i', 'o', 'u', 'y', 'æ', 'ǫ', 'ø'. Ciascuno di essa poteva apparire in forma breve e lunga, quando occorrevano in quest'ultima forma venivano contrassegnate da un accento acuto, per esempio 'é', questo discorso vale per tutte le vocali tranne la æ che invece era sempre lunga. Per quanto riguarda i suoni consonantici abbiamo 'b', 'd', 'ð', 'f', 'g', 'h', 'k', 'l', 'm', 'n', 'p', 'r', 's', 't', 'z' e 'þ', oltre agli accumuli consonantici quali 'kj', 'gj', 'hl' e 'hn'. (Gordon 1957). Come le vocali, anche le consonanti possono apparire in forma semplice oppure geminata.
Per quanto riguarda la prosodia, l'antico norreno ha un sistema accentuativo simile a quello del germanico comune, infatti, presenta due tipi di accento, primario e secondario. L'accento primario, di solito, cade sulla prima sillaba, la quale nella maggior parte dei casi, coincide con quella radicale. Nelle parole composte il primo elemento presenta un accento primario, mentre l'altro elemento presenta un accento secondario. L'unico caso nel quale la sillaba radicale ha accento secondario è quando nella parola sono presenti prefissi che portano l'accento primario. La prosodia influenza anche la quantità vocalica, nelle sillabe accentate una vocale lunga o corta può essere seguita da nessuna, una oppure più consonanti, invece le sillabe atone possono contenere solamente vocali corte8. Per le distribuzioni delle vocali e delle consonanti, lunghe o corte, abbiamo quattro tipi di sillabe accentate nell'antico norreno: breve (vocale breve con consonante breve); lungo (vocale corta con accumuli consonantici oppure consonante geminata); lungo (vocale lunga con consonante breve oppure senza consonante); troppo lunga (vocale lunga con accumuli consonantici oppure consonanti) (Barnes, 2008).
La lingua norrena è una lingua prevalentemente flessiva, infatti, la morfologia flessiva dell'antico norreno coinvolge le seguenti categorie grammaticali: nomi, determinanti, pronomi, aggettivi e verbi. La flessione aggettivale è utilizzata inoltre per gli articoli determinativi, pronomi interrogativi, participi, determinanti possessivi e quantificatori.
Tutte le categorie lessicali coinvolte sono declinabili per numero. I pronomi di prima e seconda persona hanno singolare, doppio ('dual') e plurale; le altre categorie hanno solo singolare e plurale. Tutte le categorie nominate eccetto i verbi finiti (anche chiamate categorie nominali) sono declinabile per caso, l'antico norreno presenta quattro casi: nominativo, accusativo, dativo e genitivo. I nomi possono essere di tipo femminile, maschile oppure neutro. Questa divisione aiuta la flessione delle altre categorie nominali che di solito flettono in accordo con il sostantivo che specificano, modificano o in genere al quale fanno riferimento. I pronomi si distinguono anch'essi in maschili, femminili e neutri.
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Informazioni tesi
Autore: | Eleonora Mastroianni |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2018-19 |
Università: | Università degli Studi di Roma La Sapienza |
Facoltà: | Lingue e Letterature Straniere Moderne |
Corso: | Lingue e letterature straniere |
Relatore: | Donatella Montini |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 54 |
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