L'insider trading: è possibile un'analisi morale ed economica?

Molti dei problemi relativi alla questione se “etichettare” l’insider trading come qualcosa di sbagliato e cattivo (“evil” in inglese), riguardano anche il fatto che, come già precedentemente indicato, non esista all’interno delle legislazioni una definizione precisa di che cosa sia questo fenomeno ma ci si riferisce sempre e solo alla tipologia di informazioni utilizzate (priviliegiate e non pubbliche) per compiere tale illecito. Di norma, l’insider trading viene considerato come fraudolento, per cui secondo una moderna definizione di frode come un inganno intenzionale ai danni di un terzo, finalizzato a determinare la perdita della proprietà o di un altro diritto legalmente riconosciuto (Webster, 1964).

Mc Gee (Mc Gee, 2007) sottolinea che, applicando questa definizione al fenomeno dell’insider trading, si capisce come esso non possa essere considerato fraudolento; per capire ciò occorre fare un semplice esempio. Se un compratore in possesso di inside information informa il suo broker di comprare azioni perché il prezzo di queste ultime salirà non appena la notizia diventerà pubblica, il buyer non ha ingannato il venditore facendogli perdere la proprietà. Infatti, la transazione avviene in forma anonima e il compratore non ha messo in atto particolari inganni per indurre la controparte a cedere i titoli in questione: anzi, probabilmente, la transazione sarebbe avvenuta in ogni caso magari anche tramite il medesimo broker. Inoltre, riadattando ai giorni nostri un celebre discorso di San Tommaso d’Aquino (Aquino, 1265-1274), non c’è nessun obbligo morale da parte del compratore a divulgare la notizia di cui è in possesso in quanto il venditore definisce in autonomia il prezzo di vendita e non è tenuto ad indicare ai compratori ciò che avverrà in futuro (come ad esempio un’acquisizione). È interessante notare che tale riflessione di Tommaso D’Aquino è stata ripresa anche dalla Corte Suprema americana (Chiarella Vs US) in relazione al caso del tipografo Chiarella già discusso nel capitolo precedente: chi è in possesso di informazioni non pubbliche non ha nessun dovere di divulgarle al mercato.