Paul K. Feyerabend: un teatro di ricerca, democrazia e umanitarismo
Il cavaliere inesistente della scienza
"La scienza è un'impresa essenzialmente anarchica: l'anarchismo teorico è più umanitario e più aperto a incoraggiare il progresso che non le sue alternative fondate sulla legge e sull'ordine."
L'immagine più propria della scienza, guardando contemporaneamente al passato e al presente – e possibilemente al futuro – è quella dell'anarchia (dal greco antico: άν- άρχή, mancanza di governo o signore). Di fatto, prendendo a prestito il romanzo di Calvino (1959), si potrebbe forse dire che la galoppata della scienza verso il progresso non ha affatto un condottiero: si scopre un cavaliere inesistente, una sorta di Agilulfo che, già costitutivamente esile e vuoto, dopo le analisi di Feyerabend, scompare nell'aria – non senza prima aver scoperto quella parte dell'uomo che non è solo razionalità.
Il dominio dal quale l'anarchico metodologico si sottrae ha poco a che vedere con i suoi "fratelli maggiori" (politico o religioso), poiché più che difendere un'istituzione o giurare fedeltà a tale bandiera o ideologia oppure ancora avversarne tal'altra, "come il dadaista, al quale assomiglia più che non somigli all'anarchico politico, egli "non soltanto non ha un programma, ma è contro tutti i programmi", anche se in qualche occasione sarà il più rumoroso fra i difensori dello status quo o fra i suoi oppositori: "per essere veri dadaisti, si dev'essere antidadaisti". I suoi obiettivi rimangono stabili, o mutano solo in conseguenza del ragionamento, o della noia, o di un'esperienza di conversione, o del desiderio di far impressione a un'amante e così via." (CM, p. 155).
Ma, se l'anarchico assomiglia soltanto al dadaista, cosa caratterizza quest'ultimo? Perché preferirlo al primo? La risposta ha qualcosa di peculiarmente soggettivo: il sorriso, l'allegria.
"Un dadaista non si lascia impressionare minimamente da nessuna impresa troppo seria e comincia a sospettare qualcosa di equivoco ogni volta che qualcuno smette di sorridere […] Un dadaista è convinto che la vita merita di essere vissuta solo quando si cominciano a prendere le cose allegramente e quando si eliminano dal proprio linguaggio i significati profondi ma ormai un po' frusti che esso ha accumulato nel corso dei secoli […]. Spero che dopo aver letto questo pamphlet il lettore si faccia di me l'immagine di un impertinente dadaista e non di un serio anarchico." (CM, p. 19 nota 12)
Senza il peso di tradizioni fruste e libero da qualsiasi "contratto" ideologico, il dadaista è una creatura genuina e incontaminata come un bambino. E gli adulti? "[…] Dobbiamo concedere la possibilità di una crescita non fondata sul ragionamento anche nell'adulto oltre che in (nelle pari teoriche di) istituzioni, come la scienza, la religione, la prostituzione, ecc." (CM, p.22)
È il connubio Scienza-Ragione (entrambe con la maiuscola), che dev'essere analizzato e quindi disinnescato? O forse, piuttosto, l'idea ancor più potente che fa di quest'unione l'unico sensato accesso alla ricerca? La tesi di Feyerabend sostiene che "l'anarchismo aiuta a conseguire il progresso in qualsiasi senso si voglia intendere questa parola. Anche una scienza fondata sui princìpi della legge e dell'ordine avrà successo solo se saranno consentiti di tanto in tanto modi di procedere anarchici.)" (CM, p.25).
"È chiaro, quindi, che l'idea di un metodo fisso, o di una teoria fissa della razionalità, poggia su una visione troppo ingenua dell'uomo e del suo ambiente sociale. Per coloro che non vogliono ignorare il ricco materiale fornito dalla storia, e che non si propongono di impoverirlo per compiacere ai loro istinti più bassi, alla loro brama di sicurezza intellettuale nella forma della chiarezza della precisione, dell'"obiettività", della "verità", diventerà chiaro che c'è un solo principio che possa essere difeso in tutte le circostanze e in tutte le fasi dello sviluppo umano. È il principio: qualsiasi cosa può andar bene. Questo principio astratto dev'essere ora esaminato e spiegato nei particolari concreti." (CM, p.25)
Per sferrare un attacco solido – e anche adeguatamente accademico –, Feyerabend si fa archeologo e paleontologo della scienza storica. Scavando attraverso gli strati di una fin troppo consolidata tradizione scientifica che, a posteriori, cancella le tracce dei numerosi e labirintici percorsi per dare l'impressione di una Ragione come via unica e regia.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Paul K. Feyerabend: un teatro di ricerca, democrazia e umanitarismo
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Informazioni tesi
Autore: | Andrea Cangialosi |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2011-12 |
Università: | Università degli Studi di Palermo |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Filosofia |
Relatore: | Pietro Palumbo |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 74 |
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