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L'appello civile

L'effetto devolutivo e l'oggetto del giudizio d'appello

L'appello, una volta proposto, produce l'effetto devolutivo, cioè il "passaggio" della cognizione della causa già esaminata dal giudice di primo grado a favore del giudice d'appello, nei limiti in cui è stata devoluta.
Tale effetto non è automatico, nel senso che esso non si accompagna alla semplice proposizione del mezzo di impugnazione, ma dipende dal contenuto dell'atto di appello (principale e incidentale), nel quale l'appellante ha l'onere di indicare ( non solo i punti e i capi indicati) ma anche le ragioni per cui viene chiesta la riforma della pronuncia di primo grado, con i rilievi di fatto e di diritto posti a base dell'impugnazione. Lo scopo è quello di precisare esattamente il contenuto e la portata delle relative censure. La specificità va intesa nel senso che dall'atto di appello deve risultare chiaro del rigetto di quali domande, o di quali parti di esse, l'appellante chiede la riforma.

Il mancato adempimento di tale onere determina l'inammissibilità dell'appello e il conseguente passaggio in giudicato della sentenza di primo grado. L'oggetto del giudizio d'appello non è, dunque, necessariamente lo stesso di quello del giudizio di primo grado, ma va individuato di volta in volta in relazione ai motivi dell'impugnazione (sia principale che incidentale). Ai fini dell'individuazione dell'oggetto del giudizio d'appello, va altresì considerato quanto dispone l'art.346 C.p.C., in base al quale "le domande e le eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado, che non sono espressamente riproposte in appello, si intendono rinunciate".

In ipotesi di domande respinte tale riproposizione si manifesta con la formulazione di specifici motivi di appello principale o incidentale, nel caso di domande (subordinate o alternative) assorbite per accoglimento di altra domanda (sulle quali il giudice di primo grado non ha pronunciato, in quanto l'accoglimento di tale domanda ha reso superfluo l'esame e la decisione su queste), nonché nel caso di mere eccezioni (di rito di merito) non accolte, formulate dalla parte che è risultata totalmente vittoriosa, la riproposizione di cui parla l'art.346 c.p.c. non si manifesta con la formulazione di motivi di appello, ma con l'inequivoca manifestazione di volontà che le stesse siano nuovamente sottoposte alla cognizione del giudice d'appello e da questo ( se necessario) decise.

Questo brano è tratto dalla tesi:

L'appello civile

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Informazioni tesi

  Autore: Francesca Durante
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Lecce
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Scienze giuridiche
  Relatore: Carmen Perago
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 81

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Parole chiave

appello incidentale
legittimazione ad appellare
effetto espansivo esterno
interesse ad appellare
appello principale
funzione motivi d'appello
divieto dei motivi aggiunti
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la costituzione delle parti
trattazione della causa
appello contro sentenze non definitive
vizi appello
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