Capitale umano e Mezzogiorno. I nuovi termini della questione meridionale
Il Mezzogiorno, pur con tanti mutamenti, la sconfitta della miseria e la rottura dell’isolamento, non riesce ancora ad imboccare la strada dello sviluppo.
In questo senso c’è sempre da chiedersi quanta parte delle difficoltà meridionali provenga dalla storia, dalla qualità delle istituzioni, dagli ambienti locali, dalla mentalità comune, da fattori che derivano da una vicenda antropologica e culturale trascurata in questi ultimi decenni; una vicenda che fa degli enti regionali o della stessa industrializzazione, nel Sud d’Italia, istituzioni o processi assai diversi da quelli realizzatisi in altre regioni e in altri paesi.
La presenza o meno di una società civile, la sua stessa maggiore o minore ampiezza sono un prodotto della storia, dove la parola storia va intesa, appunto, come confluenza di elementi diversi, come spazio dove si incontrano e si scontrano processi di modernizzazione e residui del passato, tentativi di sincronizzare il Mezzogiorno rispetto al resto d’Europa e resistenze opposte dalle diacronie stratificatesi nel tempo.
Il Mezzogiorno è però fatto soprattutto di persone che vogliono essere a livello del resto del Paese e degli altri stati europei. E’ soprattutto compito dei giovani cambiare volto a questa terra che, nonostante tutto, è ancora viva e vitale. Quali sono allora le possibilità che il Sud offre ai suoi giovani? Come mai vi è ancora una tendenza all’emigrazione verso il Nord del Paese e verso altri Stati?
A queste e ad altre domande vuole cercare di rispondere questo lavoro, anche e soprattutto alla luce dei dati più recenti e di altri lavori sull’argomento ben più autorevoli. Per fare questo è necessario anzitutto tentare di delineare un non facile quadro socio-economico del Mezzogiorno d’Italia, passando per il mercato del lavoro meridionale e soprattutto per la qualità della formazione in quest’area del Paese. Occorre tenere nella debita considerazione la particolare realtà nella quale i giovani meridionali si trovano a formarsi. Questa realtà culturale presenta un atteggiamento talvolta avverso alla modernità e, per l’aspetto che interesserà, all’investimento in capitale umano.
Si passerà poi ad analizzare il capitale umano come causa ed effetto dei divari di sviluppo del Mezzogiorno, per poi arrivare ad esaminarne la formazione prima a livello nazionale e poi nella specifica realtà meridionale.
Infine, si tenterà di formalizzare, con un modello teorico ad hoc, la funzione del reddito da lavoro in relazione al tempo speso nello studio per verificare quanto conviene investire in un anno d’istruzione addizionale. Per quest’ultima fase del lavoro, è tuttavia necessario precisare che appare fin d’ora piuttosto riduttivo cercare di stabilire una “convenienza” o meno di un anno d’istruzione addizionale solo in base alla possibilità di reddito da lavoro addizionale che i soggetti più istruiti sarebbero in grado di guadagnare, nella convinzione che una società più istruita sia anche più civile. Il Mezzogiorno ha bisogno anche di una società più civile per decollare definitivamente.
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Informazioni tesi
Autore: | Salvatore Romanazzi |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 1999-00 |
Università: | Università degli Studi di Bari |
Facoltà: | Economia |
Corso: | Economia e Commercio |
Relatore: | Antonio Mastrodonato |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 219 |
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FAQ
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