Insight e implicazioni terapeutiche: un'analisi esplorativa
Parlare di insight significa articolare una riflessione su quanto, come, perché e se, sia importante che una persona sia consapevole di essere portatrice di un disturbo mentale. Quali si rivelano essere le ricadute principali ai fini del trattamento? E ancora, in che modo l’insight si concilia con la psicosi? Come è possibile, in questi casi, agire in favore di una consapevolezza che, spesso, sembra essere totalmente evaporata via dal paziente? Ma soprattutto come è possibile concepire, qualitativamente, l’insight? Italo Svevo (1923) scriveva che “la salute non analizza se stessa e neppure si guarda allo specchio. Solo noi malati sappiamo qualche cosa di noi stessi”. Prendendo a prestito questa intuizione, si intende sottolineare la prospettiva soggettiva del paziente come irrinunciabile punto di svolta entro un tema tanto vasto, quanto difficilmente riducibile. Attraverso una revisione completa della letteratura presente, innanzitutto, nel primo capitolo ci si propone di porre le basi utili per delimitare una concezione di insight che renda giustizia alle sue radici terminologiche, nonché alle sue evoluzioni di significato. Successivamente si incontrano le visioni specifiche maturate dal mondo psicoanalitico e dalla psichiatria passata e moderna. Preciso intento di questo confronto è quello di valorizzare sfumature di significato diverse, ma non antitetiche, che confluiscono in una ricognizione dell’insight dotata di largo respiro. Il secondo capitolo si sofferma maggiormente su coloro che, più di altri, sono esposti alla possibilità di uno scarso, se non assente insight. In accordo con Pinel (1801), sin da ora si vuole affermare che nessun malato è totalmente tale, quindi la psicosi si presenta come una interessante porta di entrata: la schizofrenia, emblema da sempre della follia classica, non può ridursi ai concetti di compliance al trattamento. L’insight, in questi pazienti, ha numerosi risvolti ed alcuni di essi sfidano il senso comune: maturare la consapevolezza di essere malati non è sempre una necessità, bensì in certi casi può avere degli effetti deleteri, perciò è utile esplorare le funzioni che l’insight assolve, in tutti i suoi aspetti. Inoltre, l’insight non riguarda certamente solo questi pazienti, al contrario, sempre più evidenze ricollegano il suo ruolo ad altri disturbi, tra i quali figurano le condizioni maniacali, il disturbo depressivo e i disturbi d’ansia. Le differenze sostanziali tra il tipo di disturbo e il tipo di insight sono sempre mediate dalla posizione che assume la cura. In virtù di ciò, il terzo e ultimo capitolo si sofferma sulle modalità con le quali è possibile migliorare l’insight. Esistono strategie generali e specifiche, nonché declinazioni speciali per arrivare al cuore del problema. Ne sono esempio le terapie familiari e gruppali, fonti irrinunciabili in cui può essere possibile pensare insieme ciò che non è possibile pensare da soli. Infine, un tassello di non poco conto in questa riflessione è quello che riguarda il curante: un posto centrale è occupato dal valore del lavoro congiunto tra chi sembra aver smarrito una propria consapevolezza e chi, invece, ha il compito di risvegliarla. Il riferimento è al concetto di insight nella sua potenza pratica, intesa come massima fiducia nella possibilità che il paziente, qualsiasi paziente, possa sviluppare l’attitudine al fare spazio a verità collocabili dentro di sé. Prerequisito di questa fiducia operativa è un aggancio forte, in primis al terapeuta, colui che rappresenta l’Altro per il paziente. Probabilmente è questo l’approdo più attuale dell’insight: scindere il concetto da una sua rappresentazione individuale, da una sua attribuzione totale al paziente per esaltare la relazione terapeutica come specchio in cui potersi finalmente conoscere. Lo specchio non è mai la riproduzione fedele della realtà interiore ma è metafora della riproduzione simultanea di due contributi, di due menti che si conoscono per avvicinarsi all’essenza del conoscere se stessi.
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Informazioni tesi
Autore: | Angie Ignazzi |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2017-18 |
Università: | Università degli Studi di Urbino |
Facoltà: | Psicologia |
Corso: | Psicologia |
Relatore: | Francesco Comelli |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 64 |
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