Le problematiche socio educative delle casa famiglia
Il diritto alla famiglia è un diritto fondamentale per ogni individuo; essere educato, nutrito, avere una casa idonea al proprio sviluppo, poter giocare, ricevere affetto, sono tutti elementi che lo compongono. Garantire questo diritto a tutti i bambini vuol dire garantire loro anche il diritto di crescere serenamente e di sviluppare la propria personalità in un clima di affetto e comprensione. Il cammino che porta un bambino a diventare un uomo è, infatti, fortemente condizionato dall’ambiente familiare in cui vive, dalla capacità della famiglia di costruire, attraverso l’affetto, l’attenzione e l’ascolto, l’autostima indispensabile al ragazzo per crescere. La Convenzione sui diritti del fanciullo afferma in maniera chiara e decisa il diritto alla famiglia; all’articolo 7 essa stabilisce che “il fanciullo è registrato immediatamente al momento della sua nascita e dà allora ha diritto a un nome, ad acquisire una cittadinanza e, nella misura del possibile, a conoscere i suoi genitori e a essere allevato da essi” . In Italia il legislatore si è impegnato a ribadire l’importanza della tutela di questo diritto; la legge n°149 del 2001 sancisce il principio della famiglia come risorsa primaria e fondamentale della società. Non sempre, però, il nucleo familiare riesce a garantire la sicurezza materiale e morale necessaria per la crescita dei suoi membri, per motivi molto diversi tra di loro; l’irresponsabilità, l’incapacità, le difficoltà economiche, le violenze, gli abusi, la malattia, l’incuria, ecc. Di conseguenza la Casa famiglia si propone di rispondere a quel grido di aiuto e alla richiesta di accoglienza di tutti quei bambini che non hanno una vera famiglia, senza avere la presunzione di mostrarsi come figura sostitutiva alla famiglia. In ognuno di questi casi l’ambiente familiare non è idoneo per la crescita e lo sviluppo del minore; il legislatore affianca, perciò, ad essa l’affidamento familiare, come primo strumento di tutela. La legge dà priorità alla famiglia, biologica e non; ove, però, non sia possibile per il minore rimanere nel nucleo di origine, né inserirsi in un altro, si prospetta l’affidamento ad una comunità di tipo familiare, “caratterizzata da organizzazione e da rapporti interpersonali analoghi a quelli di una famiglia” . Le comunità familiari sono un’opportunità che il legislatore mette a disposizione come forma alternativa di tutela del diritto alla famiglia. Queste comunità possono essere definite come degli ambienti di vita che intendono dare una risposta ai bisogni dei minori in difficoltà, garantendo loro un luogo di vita e di relazione familiare in cui possano crescere e superare gli effetti negativi della loro condizione. In questo lavoro si tenterà di delineare lo stile di vita e le potenzialità di questo servizio. I bambini hanno bisogno di adulti capaci di creare una relazione di fiducia, ed i genitori dovrebbero essere i primi ad attivare tali relazioni, ma quando questi non ci sono? La casa famiglia vorrebbe dare a questi ragazzi la possibilità di sentirsi amati, considerati, gratificati, educati così da poter evitare che passino da una situazione di devianza momentanea al totale disadattamento sociale e quindi a comportamenti delinquenziali. Attuando i principi dettati dalla legge 184/83 la Casa Famiglia intende operare come famiglia affidataria mettendo in atto ciò che la legge si propone. La sua finalità quindi, è quella: “di permettere una continuità educativa al minore in un periodo di crisi della sua famiglia, senza interrompere il suo rapporto con quest'ultima, anzi trovando persone (operatori sociali o coppie affidatarie) capaci di favorire il ritorno del bambino ad essa. In tal modo l'affidamento non deve essere inteso come un intervento di sanzione ma come un intervento di sostegno al nucleo familiare, mentre l'affidatario assume un ruolo ausiliario ed integrativo rispetto al ruolo dei genitori, che non viene giuridicamente modificato”. La casa famiglia vuole mantenere, quando è possibile, un rapporto con le famiglie d’origine di questi ragazzi, perché, nonostante queste siano piene di realtà scottanti, rimangono sempre un punto di riferimento per loro. I bambini amano, comunque i loro genitori, senza alcuna riserva pur, in alcuni casi, non ricevendo nulla. La casa famiglia, ha alle spalle famiglie già costituite che si mettono a disposizione dei ragazzi accogliendoli durante il periodo di affidamento, e, qualora le circostanze lo richiedono, prendendoli in adozione pur sapendo che sono ragazzi difficili ed in qualche caso gravi portatori di handicap.
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Informazioni tesi
Autore: | Cristina Amico |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2013-14 |
Università: | Università degli Studi di Roma La Sapienza |
Facoltà: | Sociologia |
Corso: | Sociologia |
Relatore: | Antonietta Censi |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 76 |
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