''Free-zone''. La cooperazione euro-mediterranea
Nel 1995, nell’ambito della Conferenza di Barcellona, vengono delineati gli Accordi di Partnenariato Euro-Mediterraneo, fra Unione Europea e 12 paesi della sponda sud del Mediterraneo, detti paesi MED (Algeria, Cipro, Egitto, Giordania, Israele, Libano, Malta, Marocco, Siria, Tunisia, Turchia ed Autorità Palestinese). L’intesa prevede la creazione, entro l’anno 2010, di un’area euro-mediterranea di libero scambio, che comporti la caduta delle barriere doganali e la liberalizzazione del commercio dei prodotti industriali.
L’implementazione di tale partnenariato verrà raggiunta attraverso accordi di associazione bilaterali fra l’UE ed i singoli paesi MED; alcuni di tali accordi sono stati già siglati, altri sono in fase di sviluppo. Fra i contenuti del programma, l’Unione si impegna a favorire il processo di modernizzazione e di ristrutturazione produttiva che i paesi MED devono affrontare, offrendo loro un supporto finanziario, i contenuti del quale sono stabiliti dal cosiddetto ‘Progetto MEDA’.
Al momento dell’entrata in vigore degli accordi, le barriere alle frontiere verranno a cadere, e i prodotti europei potranno penetrare ampiamente sui mercati locali. I paesi mediterranei dovranno perciò subire da un lato la perdita degli introiti doganali (che per alcuni di loro rappresentano una quota rilevante del PIL), dall’altro la concorrenza delle merci UE, più competitive ed economiche rispetto all’offerta locale. I governi MED, per far fronte al nuovo clima concorrenziale, dovranno ristrutturare i pesanti apparati pubblici, ed al contempo sviluppare l’iniziativa privata, in molti casi oggi quasi inconsistente.
I paesi mediterranei, nel loro processo di transizione verso la liberalizzazione del commercio, avranno bisogno di ingenti risorse, sia per far fronte alle esigenze di una popolazione decisamente povera, sia per ‘tamponare’ le perdite dovute ai mancati incassi alle frontiere doganali, sia per avviare un programma di modernizzazione economica, finanziaria ed amministrativa.
Tali risorse potranno pervenire in parte dai finanziamenti europei, ma di gran lunga più importante risulterà la quantità di Investimenti Diretti Esteri (IDE) che i paesi MED sapranno attrarre dagli operatori internazionali. L’ingresso di un costante ed ingente flusso di IDE garantirà, oltre ad un finanziamento stabile nel tempo, la diffusione di moderne tecnologie e di ‘know-how’, indispensabili allo sviluppo di capitale umano qualificato. Bisognerà quindi offrire agli investitori garanzie amministrative e giuridiche, onde creare un ‘clima degli affari’ favorevole. I vantaggi potrebbero essere maggiori se i paesi MED decidessero di integrarsi maggiormente a livello regionale, ma profonde divisioni sociali e politiche rendono oggi impraticabile questa soluzione.
I guadagni derivanti dal processo sopra descritto si presenteranno, tuttavia, soltanto nel medio-lungo periodo. A breve termine gran parte dei paesi MED registrerà notevoli perdite, soprattutto per le casse statali, il cui vincolo di bilancio diverrà più stretto. La transizione non sarà, quindi, né facile né indolore, ma è questa la strada obbligata verso lo sviluppo.
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Informazioni tesi
Autore: | Valerio Marchetti |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 1999-00 |
Università: | Università degli Studi di Roma La Sapienza |
Facoltà: | Sociologia |
Corso: | Sociologia |
Relatore: | Luigi Manfra |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 177 |
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