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Effetti degli inibitori della fosfodiesterasi-5 (PDE-5) sul comportamento agonistico e sessuale in un modello animale

Le fosfodiesterasi (PDE) sono enzimi che scindono i legami fosfodiesterici e intervengono nel sistema di segnalazione dell’NO idrolizzando nucleotidi ciclici; in particolare la PDE-5 idrolizza il cGMP caratteristico del pathway di segnalazione NO-GC-cGMP. Gli inibitori della PDE-5 (Sildenafil, Vardenafil, Tadalafil) sono stati notevolmente impiegati in ambito farmacologico per il trattamento dell’ipertensione polmonare e della disfunzione erettile, ma diversi reports e casi di studio hanno recentemente descritto un aumento dei comportamenti aggressivi in relazione all’utilizzo dei suddetti inibitori. Si possono distinguere diversi tipi di aggressività: l’aggressività difensiva o protettiva porta un animale ad attaccare perché minacciato da un potenziale pericolo, lo spinge a difendere se stesso e i propri piccoli da un danno potenziale; l’aggressività competitiva o agonistica è caratterizzata da una forte motivazione ad attaccare e combattere con lo scopo di acquisire e mantenere delle risorse. I topi maschi (Mus musculus domesticus), in particolare, competono per stabilire i confini del proprio territorio e per stabilire una gerarchia sociale, la quale regola l’accesso a risorse quali la riproduzione; questo determina uno stretto legame tra aggressività competitiva e comportamento sessuale, sia dal punto di vista evolutivo che per quanto riguarda i meccanismi neuro-endocrini. La sconfitta sociale e la subordinazione possono infatti inibire l’aggressività competitiva e il comportamento sessuale nei topi maschi. In tutte le specie animali che si organizzano in gruppi si formano relazioni di dominanza-subordinazione che determinano marcate differenze riguardo l’accesso alle risorse, generando situazioni di stress. Anche nella società umana le relazioni interpersonali costituiscono la fonte principale di stress. Lo stress sociale generato in queste relazioni è considerato uno dei principali fattori di sviluppo di vari disordini emotivi, inclusa la depressione. L’evoluzione ha messo a disposizione delle specie dei meccanismi difensivi (agonismo, fuga, sottomissione/subordinazione) per fronteggiare queste minacce alla fitness, ma se la risposta non è efficace si assiste ad un fallimento del sistema motivazionale agonistico-competitivo, una esagerazione nell’emissione di comportamenti difensivi oltre il normale range adattativo, una cosiddetta disregolazione dei meccanismi difensivi, che può essere correlata a eventuali sintomi depressivi (diminuzione delle interazioni sociali, perdita di energia, alterazione dei comportamenti “adattativi” e dei parametri metabolici, diminuzione della motivazione sessuale). Secondo studi precedenti l’inibizione della PDE-5 determina un incremento nella concentrazione di cGMP e nella concentrazione di testosterone, entrambi parametri potenzialmente correlati ad un incremento dell’aggressività competitiva a discapito di quella difensiva (legata ai sintomi depressivi). L’obiettivo dello studio è stato quello di valutare, attraverso un modello murino di coabitazione tra fratelli e un modello di stress psicosociale cronico (chronc psychosocial stress), gli effetti comportamentali degli inibitori della PDE-5 (in particolare Sildenafil e Vardenafil), il legame tra inibizione della PDE-5, testosterone e comportamento agonistico-sessuale, e infine quello di valutare se gli inibitori della PDE-5 possano essere utilizzati come anti-depressivi.

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5 Introduzione L’aggressività Con il termine aggressività ci si riferisce ai fattori motivazionali che predispongono all’azione, i quali influenzano quindi la predisposizione di un individuo ad emettere un’aggressione. L’aggressività non è un’entità misurabile, ma piuttosto un concetto etologico indispensabile nella descrizione delle cause prossime, neurochimiche e fisiologiche che, in relazione a determinati stimoli ambientali, attivano o inibiscono la motivazione ad aggredire un conspecifico o un animale appartenente ad un’altra specie. Con il termine aggressione invece, ci si riferisce alle manifestazioni di minaccia, rabbia ed eventualmente attacco verso un altro individuo. L’unica misura effettiva e scientificamente accettabile del livello di aggressività può essere data solo dalle azioni aggressive manifestate da un determinato organismo; l’aggressività infatti non sfocia sempre in comportamenti aggressivi. L’aggressione, ad ogni modo, pur essendo l’espressione comportamentale piø eclatante, non è altro che una parte di una serie di comportamenti caratterizzati da una finalità comune; per questo motivo l’insieme dei moduli comportamentali della minaccia, dell’aggressione, del combattimento, della dominanza, della sottomissione, della pacificazione e della fuga viene spesso incluso nello stesso concetto di comportamento agonistico (Scott et al., 1951). Vi sono numerose definizioni di aggressività. ¨ stata tradizionalmente definita come un atto evidente e intenzionale di infliggere un danno fisico verso un altro individuo. (Moyer, 1971). Kummer (1973) e Eibesfeldt (1999) parlano di aggressività ogni qualvolta vi sia un impiego massiccio di

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Informazioni tesi

  Autore: Ylenia Nicolini
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi di Parma
  Facoltà: Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali
  Corso: Ecologia e Conservazione della Natura
  Relatore: Stefano Parmigiani
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 86

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Parole chiave

aggressività
subordinazione
depressione
comportamento
evoluzione
dominanza
comportamento sessuale
sildenafil
agonismo
cgmp
fosfodiesterasi (pde)
vardenafil
fosfodiesterasi-5 (pde-5)
modello animale
gerarchia sociale
mus musculus domesticus
ossido nitrico (no)
stress psicosociale cronico

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