Concorrenza sleale e pubblicità
La libertà di iniziativa economica garantita dal nostro Legislatore attraverso l’articolo 41, ha permesso la stabilizzazione all’interno del mercato di imprenditori che con i loro prodotti e servizi, competono continuamente per guadagnarsi il primato all’intern0 del settore di riferimento. Il limite posto a tale libertà è l’utilità sociale e la lesione dei diritti fondamentali della persona; tale principio infatti, impone di considerare non solo gli interessi dei singoli imprenditori che agiscono nel mercato, affinché competano in modo leale e corretto e nel rispetto dei concorrenti, ma anche dell’interesse del consumatore e del suo diritto di poter effettuare una scelta economica sulla base di affermazioni veritiere e corrette.
Il primo intervento effettuato dal nostro Legislatore contro la repressione di atti sleali, è stato l’inserimento nel Codice Civile dell’artt. 2598 ss. relativo alla tutela degli imprenditori contro azioni sleali messe in atto da altri imprenditori. La tutela del consumatore, in questo caso, è stata limitata, in quanto il consumatore costituiva semplicemente un parametro per valutare se l’atto potesse essere considerato sleale o meno. In tale articolo si distinguono tre tipologie di atti di concorrenza sleale, gli atti confusori e gli atti denigratori che costituiscono delle fattispecie specifiche e gli atti non conformi ai principi di correttezza professionale, che invece rappresenta una clausola generale che contiene al suo interno tutte quelle fattispecie di atti sleali non contenute nelle prime due ma che sono comunque pratiche sleali (storno di dipendenti, boicottaggio, concorrenza parassitaria ecc.)
L’Unione Europea ha il merito di aver evidenziato l’importanza della concorrenza come strumento per migliorare la qualità di un prodotto, stimolando i competitori nella creazione di prodotti sempre più innovativi e originali e incentivandoli, in tal modo, a migliorare l’ efficienza produttiva delle loro imprese. Per garantire una concorrenza leale, che servisse da stimolo per le imprese, il legislatore Italiano, sulla scia di numerose normative comunitarie, ha istituito, nel 1990, l’AGCM, ovvero l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, meglio nota come Antitrust, che ha il compito di vigilare sulla possibilità delle imprese di forme di intese concorrenziali sleali che possono incidere sul corretto funzionamento del mercato.
Per ciò che riguarda il consumatore e la sua tutela, un’ importante decisione del legislatore, è stata di riunire tutte le disposizioni Comunitarie che fino ad allora si erano susseguite su tale tematica, in un Testo Unico, emanato con D. Lgs. 6 settembre 2005 n. 206, il Codice del consumo. Tale Codice è composto da 146 articoli, che disciplinano in modo ordinato e sistematico il rapporto di consumo in ogni sua fase, garantendo in questo modo, una maggiore qualità dei prodotti e delle informazioni ad essi relative, trasparenza nel mercato e tutela del consumatore dalla pubblicità ingannevole.
Il Codice del consumo è stato modificato nel 2005 dalla Direttiva 2005/29/CE, relativa alle “Pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno.” Il legislatore ha dato attuazione alla Direttiva attraverso l’emanazione di due Decreti Legislativi, aventi due differenti obiettivi.
Il D. Lgs 145/2007, contiene la disciplina sulla pubblicità ingannevole e comparativa ed è destinata a disciplinare i rapporti tra professionisti, mentre il D. Lgs 146/2007 , ha inciso sul Codice del consumo, rimuovendo la disciplina sulla pubblicità ingannevole, e sostituendola con gli articoli 18-27 sulle “Pratiche Commerciali Scorrette”, intendendo come scorrette quelle pratiche commerciali che sono contrarie alla diligenza professionale e che possono alterare la capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole, inducendolo ad assumere una decisione di natura commerciale che in altre situazioni non avrebbe preso. Le pratiche commerciali scorrette, descritte nel Codice, possono essere di due tipi:ingannevoli o aggressive. A completare la tutela, il legislatore ha voluto inserire anche una liste nera di tutte quelle pratiche ingannevoli e aggressive a priori, che non necessitano cioè di ulteriori accertamenti per essere considerate sleali.
Non bisogna comunque dimenticare il sistema di autoregolamentazione, che gli operatori della pubblicità si sono autonomamente dati attraverso il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale, nella sua prima edizione del 1966, con lo scopo di conformare i propri comportamenti a regole di correttezza e professionalità, in assenza di una disciplina adeguata alla loro tutela. Il Codice di autodisciplina e le decisioni definitive del Giurì, organo vigilante sul rispetto del Codice, congiuntamente al Comitato di controllo, vincolano solo quei soggetti che abbiano aderito al sistema di autodisciplina.
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Informazioni tesi
Autore: | Giovanna Padula |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2010-11 |
Università: | Università degli Studi di Perugia |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Comunicazione d'impresa |
Relatore: | Alberto Giulio Cianci |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 124 |
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