Il limite dell'essere donna. Vincoli strutturali ed organizzativi ad una piena realizzazione delle pari opportunità nel mercato del lavoro italiano.
Nel presente lavoro ho cercato di analizzare il gap di genere ancora persistente nel mercato del lavoro europeo ed italiano e le molteplici difficoltà riscontrate dall’universo femminile nel gestire la propria attività lavorativa in concomitanza ai classici lavori di cura che di fatto rendono tortuosi e discontinui i percorsi occupazionali delle donne.Innanzitutto ho volto la mia attenzione ad analizzare, con l’ausilio di ricerche statistiche comparate sull’argomento, il mercato occupazionale europeo: non solo i differenziali di genere sono persistenti ma si riscontra anche che la distribuzione femminile è tutt’altro che uniforme nei diversi settori di attività e si concentrano prevalentemente in poche occupazioni, spesso legate a stereotipi culturali che ricalcano i tradizionali ruoli del lavoro domestico e di cura. Ho poi affrontato il gender gap esistente nel mercato del lavoro italiano e ho cercato di dimostrare come, oltre al fattore istruzione e alla variante socio-culturale, la variabile territoriale incida fortemente sui differenziali occupazionali riscontrati.I gender studies hanno evidenziato come le asimmetrie di genere presenti nel contesto familiare, frutto di una mancata redistribuzione degli oneri familiari nella coppia, sia il principale artefice di riproduzione delle disparità anche nei diversi settori di vita sociale, in particolar modo in riferimento al contesto lavorativo. La forte emarginazione di cui sono vittime sul mercato del lavoro è imputabile al fatto che le donne esprimono nuovi percorsi formativi, nuovi lavori, nuovi vissuti quotidiani: il modello del “male breadwinner” è in declino in tutte le età e in tutte le zone del Paese e la frequenza con cui le donne assumono differenti ruoli sta modificando ampiezza e contenuti delle diverse fasi del ciclo di vita individuale e familiare. Tuttavia, la crescente partecipazione delle donne al mercato del lavoro non ha cambiato in maniera corrispondente la distribuzione dei compiti familiari né l’approccio culturale ai ruoli di genere: il lavoro familiare rimane ancora essenzialmente attribuito alla loro responsabilità, indipendentemente dalla presenza di un impegno extradomestico.La “doppia presenza” delle donne può quindi essere gestita in modo migliore solo mediante l’attivazione di politiche nazionali che determinino cambiamenti nella cultura organizzativa aziendale: l’intensificazione di servizi pubblici volti a migliorare la gestione dei tempi di vita femminile consentendo in tal modo anche il loro ingresso in quei settori in cui attualmente risultano fortemente sottorappresentate.Un maggior riequilibrio degli oneri di cura all’interno del nucleo familiare deve essere incoraggiato da politiche conciliative aziendali “family friendly” e da modifiche funzionali del sistema di welfare rendendo così anche il sistema occupazionale italiano di gran lunga più efficiente e più concorrenziale. Ho cercato di dimostrare inoltre che le donne sono le maggior utilizzatrici del lavoro atipico e flessibile poiché tale modalità lavorativa consente ad esse una maggiore autonomia nella gestione della doppia presenza. Nonostante gli indubbi vantaggi offerti dall'utilizzo del tempo parziale come strumento di flessibilità e di conciliazione tra carichi familiari e professionali, nello sviluppo del part-time è tuttavia opportuno tenere in debita considerazione il rischio che, per la componente femminile questa forma contrattuale costituisca un esito indesiderato e senza sbocchi verso una occupazione stabile. Ho cercato inoltre di mostrare i tratti salienti del sistema occupazionale femminile abruzzese ed ho riscontrato una corrispondenza evidente con quelle sfide e quelle criticità presenti nel mercato del lavoro italiano. Attraverso uno studio settoriale sull’imprenditoria femminile emergono l’impegno e la volontà delle donne di realizzarsi professionalmente e soprattutto la necessità di approntare un sistema di strumenti territoriali volti sia alla crescita di valori, norme e reti formali ed informali favorevoli alle donne sia volti allo sviluppo di nuove modalità di organizzazione e di gestione che consentano una maggiore crescita delle imprese femminili assicurando così anche un maggior coinvolgimento e una maggiore valorizzazione delle risorse intellettuali femminili più qualificate. Risultano indispensabili una serie di interventi che consentano di sviluppare politiche e pratiche di flessibilità, dando vita ad un network interconnesso di interventi nel mercato del lavoro, nella vita sociale e familiare, nelle modalità organizzative e gestionali aziendali e nella conciliazione familiare. Infine mi sono occupata di un caso di studio che dimostra quanto sia ostacolata la mobilità verticale delle donne: comparando gli atenei europei con quelli italiani ho messo in luce le barriere strutturali e organizzative riscontrate dalle donne nell’ambito della carriera accademica.
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Informazioni tesi
Autore: | Luciana Matassa |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2009-10 |
Università: | Università degli Studi di Teramo |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Scienze politiche e delle relazioni internazionali |
Relatore: | Rossella Di Federico |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 132 |
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