Lo sciismo in Iraq. Dalla repressione all'emergenza politica.
Analisi di come gli sciiti in Iraq siano passati da una storica condizione di sottomissione e persecuzione al ruolo di attori politici nell'Iraq post Saddam.
La storia degli sciiti d’Iraq è stata per lungo tempo una storia senza grandi colpi di scena.
Come minoranza religiosa all’interno del mondo islamico dominato dalla corrente sunnita, i suoi seguaci sono stati vittime delle diverse forme di governo che si sono succedute nei secoli.
Se però nei tempi più remoti dell’impero la fluidità dei confini, tipica dell’area, ha consentito una marginalizzazione in qualche modo relativa, la nascita dello Stato iracheno moderno, forgiato sulla base dei modelli occidentali, ne ha sancito la definitiva marginalizzazione alla periferia del sistema, non solo da un punto di vista religioso ma anche da quello della partecipazione politica e sociale.
La fine del protettorato britannico, che governava attraverso un sovrano sunnita, non ha migliorato il ruolo degli sciiti nel paese. Gli innumerevoli colpi di Stato che hanno portato al potere altrettanti dittatori, per culminare, infine, nella pluridecennale esperienza della dittatura di Saddam Husayn, ha continuato a determinare e ad istituzionalizzare il ruolo subalterno di quella fascia di popolazione che pure in Iraq vantava la preponderanza dal punto di vista numerico, aggiungendo al fenomeno della cancellazione sociale l’orrore della cancellazione fisica attraverso una serie di operazioni di pulizia etnica, verificatisi in particolar modo sotto la dittatura di Saddam.
Se l’analisi si fermasse agli eventi, agli aspetti più evidenti delle cronache della storia, lo sciismo iracheno potrebbe, e dovrebbe essere considerato come un elemento estinto, all’interno della società, che ha ceduto sotto il peso del sopruso, della marginalizzazione e della persecuzione.
In realtà, la storia dello sciismo iracheno è molto più ricca di quello che può apparire in superficie e gli eventi degli ultimi anni lo hanno dimostrato appieno.
Infatti, mentre l’Iraq si dibatteva nel pantano della dittatura, delle guerre e delle sanzioni, suscitando l’attenzione del mondo, e dei media su quelle vicende passibili di influenzare gli interessi della collettività mondiale, parallelamente la storia degli uomini e delle donne della shi’a continuava a dipanarsi, anche se sottotraccia e dietro la cortina del silenzio e della invisibilità internazionale.
La tendenza al quietismo e alla sopportazione dei governi ingiusti, tipica di questa fazione dell’Islam, non ha piegato l’animo e la mente dei pensatori religiosi e politici dello sciismo iracheno. Pur con le difficoltà create dall’essere perseguitati dal potere, le guide della comunità sciita, gli ayatollah e i marja’, hanno saputo tener viva l’identità e la cultura della loro minoranza e sono, inoltre riusciti a organizzare una resistenza che più volte ha messo in discussione il sistema di potere.
La vivacità e la ricchezza di questo mondo, che ha vissuto al margine del potere ufficiale, è esplosa chiaramente, e per molti inaspettatamente, dopo la caduta del regime di Saddam Husayn.
All’indomani dell’abbattimento della dittatura da parte degli Stati Uniti, che hanno invaso militarmente il territorio iracheno, la politica locale sembrava dover essere totalmente inesistente, e dall’esterno la prospettiva più plausibile, se non addirittura inevitabile, è sembrata quella di una transizione totalmente guidata dalla potenza straniera. Infatti, gli esponenti politici sunniti, legati in maniera più o meno diretta al partito Ba’th, ed accusati dunque di collusione col potere dittatoriale appena abbattuto, non potevano rappresentare un punto di riferimento politico, almeno nell’immediato.
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Informazioni tesi
Autore: | Stefania Secci |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2008-09 |
Università: | Università degli Studi di Cagliari |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Relazioni internazionali |
Relatore: | Patrizia Manduchi |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 74 |
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