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Introduzione
Negli ultimi decenni la storia dell’Iraq ha tenuto banco nell’arena politica e mediatica
internazionale.
La storia di Saddam Husayn, della sua dittatura, dei suoi eccessi, delle sue politiche dissennate
ma efficaci al mantenimento del suo smisurato potere personale, hanno fatto scorrere fiumi di
inchiostro e di immagini che hanno, col passare del tempo, costruito nell’opinione pubblica la
sensazione che della terribile storia dell’Iraq e del suo sanguinario leader si sapesse tutto.
Come tutte le storie, però, anche la storia dell’Iraq è più complessa e non può coincidere
totalmente con quella di un uomo, che indubbiamente ne ha dominato le sorti per decenni, ma
che si è dovuto inevitabilmente confrontare con la realtà circostante, fatta di persone, storie,
cultura, religiosità e identità.
Decidendo di analizzare la realtà di questo paese da una prospettiva rovesciata rispetto a quella
più comune che focalizza l’attenzione sul potere politico, non si può non fare i conti col fatto
che la società irachena è una società composita, fortemente disomogenea e condizionata nella
sua evoluzione storica dalla presenza di una grande contraddizione legata alla sua identità
religiosa e sociale.
L’Iraq, infatti, è terra d’Islam, ma parlare di Islam come una categoria compatta, significa,
soprattutto in relazione a questo paese, non considerare l’esistenza di due mondi pa ralleli e
contrapposti all’interno di esso: il sunnismo e lo sciismo. Se non si tiene in debito conto questa
peculiarit{ dell’Iraq è difficile capire le evoluzioni avvenute nello Sato iracheno ed in particolare
la svolta politica avvenuta dopo la caduta del regime di Saddam Husayn.
Infatti, la storia della corrente religiosa minoritaria sciita, in questo contesto maggioritaria dal
punto di vista demografico ma marginale per secoli in ambito politico, nel caso specifico
rappresenta qualcosa di più che il rovescio della medaglia.
Se non si tenta di comprendere cos’è la s h i ’a irachena, come essa è sopravissuta alla
repressione esercitata dal sunnismo, come ha sempre tenuto fede alla sua natura pur trovando
nuove forma di relazione con il mondo circostante, non si può comprendere appieno la storia
attuale di questo Paese. In particolar modo non si comprenderebbe perché, all’indomani del
crollo di un regime che ha portato avanti, in maniera ancora più dura la segregazione sociale e
politica dei “partigiani di Ali”, e che ha sancito con veemenza e con ogni mezzo, lecito e illecito,
lo strapotere della fazione sunnita, oggi il Paese si ritrovi ad essere guidato nella sua fase di
transizione, ricostruzione e riedificazione, non solo fisica ma anche ideologica e identitaria, da
una compagine politica sciita che è nata, è maturata e ha raggiunto un suo equilibrio e una sua
rilevanza all’interno di quella porzione di storia nascosta agli occhi dei più.
Con l’intento di capire un fenomeno, di cui spesso si vedono gli effetti ma non si coglie il
cammino di evoluzione, è nata la scelta di indagare su questa porzione di storia troppo spesso
dimenticata, di quel mondo sotterraneo che per lungo tempo è stato in controtendenza e che
oggi, quasi ad incarnare il mito del ritorno dell’ imam nascosto che si rivela di nuovo agli occhi
dei suoi seguaci segnando la fine del potere ingiusto, alla caduta della tirannide sunnita guidata
da Saddam Husayn, dopo secoli di oscurantismo ritorna alla ribalta.
Ed è un ritorno significativo non solo perché capovolge un millenario equilibrio di potere e ridà
dignità a una minoranza, ma anche e soprattutto perché spalanca uno scenario nuovo.
Anche se è necessario dare alla storia il tempo di parlare e di decretare il reale cammino dello
sciismo iracheno, già oggi possiamo dire che esso si propone come una realtà antica ed
2
innovativa che se da un lato coglie la sua occasione di rinascita per riappropriarsi del proprio
mondo di simboli, credenze e appartenenze, schiacciate dai regimi precedenti, sembra non
voler ricadere in vecchie logiche di potere capovolte, ma dichiara la volontà di percorrere una
strada totalmente innovativa. Se questa strada avrà successo potrà segnare un nuovo corso ed
enucleare delle nuove tipologie d’approccio su alcune delle principali problematiche che
attanagliano il mondo islamico medio orientale: la relazione tra Islam e democrazia, con la
possibilità di trovare forme di potere che siano al contempo espressione di una certa categoria
di diritti ma anche di una identità religiosa che non può essere ignorata; e la convivenza tra le
diverse anime dell’Islam che enfatizzando i tratti comuni della loro identit{ e superando la
logica della continua lotta tra ciò che è maggioritario e ciò che è considerato deviante,
potrebbero costituire una risposta utile alle sfide del proprio Paese ridisegnando non solo il suo
assetto interno ma anche i suoi rapporti e il suo peso nello scacchiere internazionale.
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Capitolo 1: Breve storia dell’Iraq dalla nascita ai gio rni nostri
1.1 L’Iraq antico
Quella del territorio iracheno è una storia molto antica, che affonda le sue radici in un passato
lontanissimo, quasi alle origini della civiltà.
Posto sul territorio appartenuto all’antica Mesopotamia, la sua storia è sempre stata
caratterizzata dall’avvicendamento di gruppi umani eterogenei interessati ai benefici che la sua
posizione strategica fra due fiumi offriva.
Nel 636 d.c. la conquista da parte degli arabi con la conseguente conversione all’islam, cosa che
ha lasciato un segno profondo nell’identit{ irachena, portò, nel corso degli anni a una maggiore
omogeneit{ dal punto di vista dell’unificazione territoriale, lasciando però invariata la natura
composita della società che andava sviluppandosi in due fazioni contrapposte, la cui rivalità
sarà uno degli elementi fondamentali della storia irachena moderna: lo sciismo e il sunnismo.
Alla met{ del XVI secolo l’area irachena conosce una nuova svolta politico sociale rappresentata
dalla nascita dell’impero ottomano che regner{ incontrastato per quattro secoli fino a che,
all’alba della prima guerra mondiale, le pot enze occidentali attratte dalla possibilità, sempre più
concreta, dello sfruttamento petrolifero muovono guerra all’impero determinandone lo
smembramento e sottoponendo le ex province ottomane a protettorato.
La fine del primo conflitto mondiale sancì l’in gresso del territorio iracheno sotto la sfera
d’influenza della Gran Bretagna che, con il benestare della neonata Lega delle Nazioni, impose il
proprio mandato rinviando il momento della totale indipendenza irachena, promessa a più
riprese nel corso del conflitto, al momento in cui esso sarebbe stato in grado di reggersi da
solo.
Vista l’esistenza di un embrionale nazionalismo iracheno, la presenza della potenza mandataria
fu mal sopportata e ben presto cominciarono a verificarsi delle manifestazioni violente di
dissenso che, nel 1920, indussero la corona britannica a rivedere la propria posizione nel
territorio, rinunciando al suo controllo diretto e restando legata ad esso da una serie di trattati
che ne garantivano il potere in ambito militare e su alcuni importanti aspetti della politica sia
interna che internazionale. In linea di principio il nuovo Stato era una monarchia costituzionale,
a capo della quale fu posto Faysal, figlio dello sceicco della Mecca Husseyn. Di fatto però
permanevano tre centri di potere: la corona, il parlamento e i britannici. Questi ultimi
mantenevano sul territorio iracheno consiglieri e forze militari.
Il principale impegno dello Stato iracheno nel decennio 1920-1930 è stato di definire la
posizione dell’Iraq nei confronti dei paesi vicini e della Gran Bretagna. Impegno che, nel 1932, è
sfociato nell’accordo anglo -iracheno che prevedeva l’indipendenza dell’Iraq in cambio della
concessione alla Gran Bretagna di una certa influenza sulla politica estera e militare del paese.
Il nazionalismo iracheno criticò aspramente l’accordo considerandolo una capi tolazione nei
confronti della Gran Bretagna. Mentre gli ambienti vicini alla corona lo definivano un passo
necessario lungo il cammino per l’ottenimento della completa indipendenza.
Nel 1932 l’Iraq ottenne formalmente l’indipendenza entrando anche a far pa rte della Società
delle Nazioni.
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1
Thabit A.J. Abdullah, Ditt at u ra, im p e riali s m o e caos . L’ Iraq da l 1 9 8 9 , EDT, Torino, pp. 2-14.
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1.2 Il periodo monarchico
Il periodo 1932-1958 fu caratterizzato da una certa instabilità della realtà politico-sociale. Da un
punto di vista economico l’Iraq conobbe, infatti, una certa crescita dovuta anche ai proventi
dello sfruttamento del petrolio. Restavano tuttavia irrisolte le contrapposizioni di carattere
sociale legate alla struttura del potere e alla eterogeneità etnico-religiosa. Le riforme
economico-sociali, infatti, pur migliorando per certi versi la produttività del paese, ebbero però
anche la funzione di cristallizzare le vecchie strutture di potere, basate sul ruolo preminente
degli sceicchi e dei grandi proprietari terrieri di estrazione sunnita. In questo modo veniva
ribadito quello schema di potere asimmetrico in cui la maggioranza sciita era relegata a un
posto secondario nella vita pubblica mentre il potere restava saldamente nelle mani della
fazione sunnita numericamente minoritaria. A questa linea di frattura si aggiungeva poi la
presenza della componente curda. L’instabilit{ generata dalla situazione interna portò a un
primo colpo di Stato, guidato dal generale Bakr Sidqi nel 1936, che portò i militari a ricoprire
cariche politiche. A questo primo evento ne seguì un altro, ancora più drastico, nel 1941,
quando i militari misero in discussione il potere della Gran Bretagna cercando di trovare dei
contatti con le potenze dell’Asse impegnate nel secondo conflitto mondiale. Nonostante l’esito
fallimentare del colpo di Stato, esso contribuì comunque a creare un certo consenso interno
che sarà poi alla base del golpe del 1958. La reazione del governo e del suo alleato britannico al
tentativo di colpo di Stato fu quello di una durissima repressione attuata attraverso il ritorno di
Nuri Al Said
2
, uomo di fiducia del governo alla carica di primo ministro, e con l’imposizione della
censura e del divieto di formare partiti politici.
Per tutto il periodo del secondo conflitto mondiale l’Iraq conobbe un governo fortemente
repressivo che resse il paese manu militari. Vista la tipologia di governo instaurata nel corso del
conflitto, la questione politica e partitica rimase sospesa per tutto quel periodo e si ebbe una
ripresa soltanto nel 1946, quando il reggente Abd el-Ilah autorizzò, di nuovo, la formazione dei
partiti.
In seguito alla nuova legalizzazione dell’attivit{ politica vennero riconosciuti in Iraq cinque
partiti
3
. Tra questi, quelli che assunsero maggior rilievo, e che saranno poi implicati nel colpo di
Stato del 1958, furono il Partito Nazionale Democratico
4
e il Partito dell’Indipendenza
5
. A fianco
2
Nuri al-Said fece la sua comparsa sulla scena politica, agli inizi del periodo monarchico, come leader di una
potente fazione cortigiana. Assunto il ruolo di primo ministro, nel 1930, fu uno dei maggiori artefici degli accordi
economici con l’Iraq Petrole um Company, nonché dei trattati anglo-iracheni che garantivano alla Gran Bretagna il
controllo di alcuni settori strategici, sia politici che economici, in Iraq. Figura dominante della politica irachena
post-bellica, le sue tendenze filo-occidentali gli valsero l’opposizione del popolo che lo riteneva responsabile del
regresso socio-economico del paese. In quanto simbolo del regime hascemita, nel corso del colpo di stato del
1958, divenne uno dei principali bersagli del nuovo regime. Il giorno seguente alla rivoluzione cercò di lasciare il
paese travestito da donna, ma riconosciuto e catturato, venne giustiziato.
3
Il Partito Liberale Hizb al -ahrar il Partito del Popolo Hizb al -sha b il Partito dell’Unione Nazionale Hizb al -
ittihad al-watani); il Partito Nazionale Democratico (al-Hizb al-watani ad-dimuqrati il Partito dell’Indipendenza
(Hizb al-istiqlal).
4
Il Partito Nazionale Democratico reclutava i suoi membri e simpatizzanti tra gli appartenenti alle classi agiate
delle grandi città e tra gli intellettuali. I suoi principali obiettivi erano: dal punto di vista della politica interna una
riforma agraria che riconoscesse la proprietà privata ma al contempo ne evitasse gli effetti negativi sulle classi più
svantaggiate; dal punto di vista della politica estera una posizione anti-britannica, anti-sionista, a favore dei paesi
arabi del Maghreb.
5
Il Partito dell’Indipendenza trovava i suoi maggiori sostenitori nella piccola borghesia, tra gli studenti, gli
insegnanti e anche nella classe militare. Di ideologia fortemente nazionalista, fino a raggiungere i toni del
panarabismo, il partito si poneva come apertamente anti-sionista, anti- britannico benché in politica estera
auspicasse una “neutralit{ armata non aggressiva” verso l’occidente.
5
a questi partiti ufficialmente riconosciuti va poi ricordato, per via della sua importanza
fondamentale nella storia socio- politica del paese, il Partito Democratico del Kurdistan,
portavoce degli interessi della popolazione curda che rappresentava la maggiore minoranza
etnica irachena.
Inoltre, nei primi anni Cinquanta si era inserito nello scenario politico iracheno un altro partito,
destinato a ricoprire un ruolo preminente per un lungo periodo della storia dell’Iraq, il Partito
della Resurrezione Araba ( i z al - a th al - arabi)
6
, che, a differenza di altri, poteva vantare una
piattaforma ideologica e un programma precisi e coerenti. Fautore di un panarabismo al di
sopra delle divisioni di carattere confessionale, si rifaceva agli ideali nazionalisti, ai principi
dell’anticolonialismo, ma si opponeva nel contempo al comunismo ateo. La sua ideologia trovò
consensi soprattutto tra i militari e gli studenti.
7
Se da un lato cresceva il sostegno della società irachena ai neonati movimenti e partiti, dall’altra
si faceva sempre più forte anche l’impopolarit{ della monarchia. La disaffezione nei confronti di
Faysal e del suo gruppo di governo era dovuta a molteplici fattori: la sempre maggiore
compromissione della corona con il potere britannico, accusato tra le altre cose di essere uno
dei maggiori sostenitori del movimento sionista in Palestina; i sempre crescenti proventi
petroliferi che consentivano alla corona di trovare la legittimazione per il proprio governo
prescindendo dalla società; il grande appeal che il neo-leader egiziano Nasser esercitava sui
movimenti iracheni con i suoi appelli al rovesciamento delle monarchie corrotte,
all’emancipazione dai poteri stranieri e all’adozione di politiche sociali in favore delle fasce più
deboli della popolazione.
Il governo che, come detto, non necessitava più della legittimazione sociale grazie ai proventi
del petrolio, reagì agli attacchi contro la sua autorità con violente campagne repressive
accompagnate da elezioni truccate, che avrebbero dovuto sancire un consenso popolare alla
monarchia. Nonostante questo le manifestazioni e gli scontri si susseguirono a più riprese tra la
fine degli anni quaranta e la prima metà degli anni cinquanta.
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1.3 Il colpo di stato (1958)
Gli anni ’50 sono stati cara tterizzati da una serie di eventi sia interni che internazionali, alla base
della rivoluzione del 14 luglio 1958. L’evento internazionale più importante è rappresentato
dalla crescente intensit{ della guerra fredda tra il blocco occidentale e l’Unione so vietica. In
virtù della contrapposizione politico-ideologica internazionale gli Stati Uniti cominciarono ad
esercitare delle forti pressioni, e ad elargire una serie di aiuti al governo iracheno, affinché ci
fosse uno stretto controllo sul partito comunista locale. Le forti tensioni generate dalle
politiche internazionali statunitensi portarono nel 1952 allo scoppio di violenti scontri a
Baghdad, che furono sedati attraverso l’imposizione della legge marziale e con ondate di
6
La formazione ba’thista irachena era emanazione diretta del partito Ba’th nato in Siria agli inizi degli an ni ’40.
Fondato dal greco cristiano ortodosso Michel Aflaq, e dal musulmano sunnita Salah al–dini al- Bitar, poneva a
fondamento della sua attivit{ politica tre parole d’ordine: unit{, liberazione e socialismo. Il partito mirava dunque
alla creazione di uno stato arabo unito, che si sarebbe dovuto realizzare attraverso l’abbattimento dei poteri
coloniali e la cancellazione dei confini artificiali stabiliti dalle potenze imperiali, compreso lo Stato di Israele,
nonché a una rinascita spirituale della nazione araba attraverso la liberazione dagli antichi condizionamenti degli
interessi e delle lealt{ tribali, religiose e regionali. Le idee ba’thiste cominciarono a circolare in Iraq alla fine degli
anni ’40. Nel 1952 la sezione irachena del partito ottenne il riconoscimento ufficiale e Fuad Rikabi, un ingegnere
sciita di Nasirya, venne nominato Segretario del comando generale in Iraq.
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Lo Jacono Claudio, Partiti politici e governi in Iraq. 1920-1975. Fondazione G. Agnelli, Torino, 1975, pp. 24-32.
8
Thabit A., op. cit., p. 17.
6
arresti contro esponenti dell’ opposizione. Fu emanata quindi una legislazione più severa nei
confronti non solo degli aderenti al partito comunista ma anche dei semplici simpatizzanti.
Cosa che portò a un numero impressionante di arresti e allo scioglimento di numerosi gruppi e
associazioni. Inoltre, nel corso del 1955 si giunse alla firma del Patto di Baghdad, a cui aderirono
l’Iraq e la Turchia e si sarebbero successivamente aggiunti la Gran Bretagna, il Pakistan e la
Persia. Questa svolta profondamente filo-occidentale del governo determinò un notevole
malcontento soprattutto tra le fila dell’esercito che interpretarono l’avvicinamento con paesi
occidentali di chiara tendenza filo-sionista come un’aperta dichiarazione di anti -arabismo.
La situazione di fermento ideologico registratasi in Iraq negli anni ’50 non differisce molto da
ciò che stava accadendo nel resto dei paesi arabi dove le dottrine panarabe si stavano
diffondendo in maniera massiccia e dove forze di diverso genere e composizione cercavano di
trovare la chiave di volta per trasformare i paesi arabi in entità con una propria identità
specifica che non fosse una semplice rivisitazione, o peggio ancora un’accettazione supina, dei
modelli imposti dall’imperialismo. Paradossalmente, ciò che in Iraq, e negli altri paesi arab i, ha
consentito l’emergere di queste tendenze sono stati anche il potere e gli orientamenti
ideologici occidentali. Infatti, le nuove generazioni, educate secondo schemi e modelli di
stampo occidentale, divennero nel decennio 1950-1960 più consapevoli del proprio valore e del
ruolo che avrebbero potuto rivendicare all’interno non solo della societ{ civile ma anche
dell’apparato politico. Questo portò alla nascita di una volont{, forte e precisa, di sostituire la
vecchia oligarchia al potere, accusata non solo di essere sempre più compromessa con il potere
straniero, ma anche di non essere più in grado di rispondere alle sfide poste dalla società
interna e internazionale. Le richieste di cambiamento e le sfide al potere costituito
provenivano, dunque, dalla societ{ civile ma l’azione di svolta, giunta il 14 luglio 1958, come
vedremo, fu invece opera delle forze armate. Infatti, le componenti civili della società si
dimostrarono troppo deboli per trasformare in azione le proprie teorizzazioni di cambiamento.
Tale ruolo poté invece essere svolto con facilit{ dall’esercito che, raccolte le istanze popolari, le
fece proprie e, con un colpo di Stato, decretò la fine della monarchia e l’ingresso delle
gerarchie armate nei ranghi della vita politica
9
.
L’azione de gli Ufficiali Liberi che ebbe luogo a luglio aveva le sue radici in un fermento interno
alle forze armate che si era sviluppato già qualche anno addietro. Negli anni precedenti al colpo
di Stato, infatti, numerosi gruppi di militari, indipendenti l’uno dal l’altro e inconsapevoli l’uno
dell’altro, si erano andati formando nel paese. Il nucleo centrale di questa organizzazione
ramificata era composto da quattordici ufficiali, quasi tutti sunniti e appartenenti alle classi
sociali più disagiate, riuscirono comunque ad ottenere all’interno delle fila dell’esercito
l’appoggio di componenti sciite e curde, grazie alla base non confessionale delle loro
rivendicazioni.
L’attivit{ dell’organizzazione degli Ufficiali Liberi, una volta presa la decisione di dare vita ad un
colpo di Stato per rovesciare il vecchio regime, si basava sul tacito accordo che qualunque
raggruppamento si fosse trovato nella condizione ideale avrebbe dovuto dare avvio alla
rivoluzione. L’occasione si presentò in seguito alla proclamazione de ll’Unione Araba iracheno -
giordana. Infatti, in seguito allo spostamento di truppe irachene verso il confine della Giordania
per l’unificazione dei due eserciti, alcuni reparti dell’esercito iracheno si trovarono nella
condizione di avere a disposizione armamenti e munizioni sia pesanti che leggere, cosa
alquanto difficile da ottenere in quel periodo poiché il governo, al fine di evitare che il
9
Il colpo di Stato del 1958 differisce dalle azioni del 1936 e del 1941 perché, per la prima volta l’intento del golpe
non era solo quello di indurre gli uomini di governo ad attuare dei cambiamenti, ma era, invece, quello di
rovesciare il regime esistente per sostituirlo con una forma di potere completamente nuova.
7
malcontento tra le milizie potesse sfociare in una vera e propria rivolta, evitava di tenerle
armate.
Il 14 luglio 1958 le truppe, guidate dal colonnello Arif , si impadronivano dei maggiori centri di
potere di Baghdad e della stazione radio della città da cui venne proclamata la Repubblica. Con
l’entrata delle truppe nella capitale e la successiva eliminazione dell a famiglia reale e dei
maggiori esponenti del governo si chiudeva un’era della storia dell’Iraq.
Il nuovo periodo si aprì e si sviluppò in maniera meno semplice e lineare di come gli Ufficiali
Liberi avevano ipotizzato. Infatti, se da un lato le operazioni militari del golpe erano state
minuziosamente pianificate al fine di ottenere l’eliminazione del triumvirato al potere il re, il
principe ereditario e il generale Nuri , altrettanto non si poteva dire dell’organizzazione del
regime post-rivoluzionario.
La rivoluzione era stata di per se stessa identificata come la soluzione a tutti i mali del paese
senza che ci fosse stata alcuna pianificazione del futuro politico dell’Iraq in seguito alla
dissoluzione del regime monarchico, cosa che con l’andare del tem po avrebbe mostrato le
debolezze del nuovo regime al potere.
I primi provvedimenti politici compiuti da Qasim e dal suo entourage dopo la proclamazione
della repubblica andavano nella direzione di riparare agli errori del regime precedente.
Vennero, dunque, abolite tutte le limitazioni alle libertà personali; fu varata una blanda riforma
agraria per migliorare le condizioni di vita dei contadini più poveri; furono abolite le leggi tribali;
si operò un miglioramento della condizione delle donne
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; vennero allentati tutti i vincoli che
impedivano la crescita della società civile. Dal punto di vista dei rapporti internazionali il
governo repubblicano mirava, invece, alla normalizzazione dei rapporti con i paesi che
precedentemente avevano avuto delle relazioni conflittuali con la monarchia, come l’Unione
Sovietica, la Cina comunista e l’U.A.R..
L’ondata di libert{ civili concesse dal governo post - rivoluzionario determinò una situazione di
anarchia che colse i generali totalmente impreparati. Per cercare di arginare questa situazione
Qasim e il suo Gabinetto di governo decisero la formazione di un governo provvisorio e di una
Costituzione provvisoria che, in seguito alla normalizzazione della situazione interna al paese,
sarebbero stati sostituiti da un governo in mano ad esponenti civili e da una costituzione
permanente. La Costituzione provvisoria, al pari di altri provvedimenti adottati dal governo
Qasim, introdusse alcuni principi innovativi per lo Stato iracheno che raccolsero l’appoggio di
una larga parte della popolazione. Infatti, essa riconosceva per la prima volta lo stato iracheno
come stato binazionale, arabo e curdo
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, inoltre, pur riconoscendo l’Islam come religione di
stato, garantiva piena libertà religiosa agli esponenti delle altre confessioni, stabilendo che
nessuno poteva essere discriminato sulla base della propria appartenenza etnica razziale o
religiosa
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. In questo modo, almeno formalmente, il nuovo regime si impegnava a sanare quella
situazione di squilibrio sociale che aveva rappresentato una delle principali caratteristiche del
regime monarchico.
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Sotto la presidenza Qasim, nel 1959, si ebbe la nomina di una donna, Naziha al-Dulaimi, alla carica di ministro.
Questa nomina non solo infrangeva il tabù delle donne al potere ma anche quello del comunismo essendo Naziha
al-Dulaimi membro dell’ICP.
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Art.3: L’ e s is te n za d e ll’Ir a q s i f on d a s u lla colla o raz ion e f ra tu tti i cit ta d in i, s u l ris p e tto d e i lo ro d iritt i e s u lla salvaguardia delle loro libertà. Gli Arabi considerano i Curdi associati in questa patria e ne rispettano i diritti nazionali
in s e n o all’ u n it { i rach e n a.
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Art.4: L’ Is lam è la r e ligio n e de llo S ta to.
Art.9: I cittadini sono, davanti alla legge, uguali nei diritti e nei doveri; non è lecito compiere tra essi discriminazioni a
causa della razza, della lingua, della fede, o della religione.