Il canone letterario del Novecento italiano
Negli ultimi quindici anni si è affermata, in Italia ma non solo, una accesa discussione sulla questione del canone, sulla sua definizione e sulla sua presunta validità per la letteratura italiana del Novecento.
Nel corso di questi anni, infatti, si è parlato di canone secondo diverse interpretazioni. Di canone elegiaco, lontano dai caratteri economici del mercato e attento solo a motivi prettamente letterari ha parlato Harold Bloom con l'opera "Il canone occidentale", uscita nel 1994 e tradotta poi in Italia nel 1996. L'opera del critico letterario statunitense si è posta l'obiettivo di istituire un canone di ventisei autori occidentali, ognuno dei quali è massimo rappresentante della propria letteratura nazionale, ad esempio Dante per l'Italia, Shakespeare per l'Inghilterra e Goethe per la Germania, e sia la massima espressione della letteratura occidentale. Bloom propone un canone rigido, ortodosso, unico e tradizionale che cerchi di arginare il dilagante multiculturalismo, molto presente nel mondo anglosassone, proposto dai Cultural Studies, un particolare indirizzo di studi sociali e culturali che contestano l'esistenza di una tradizione letteraria e della divisione delle opere in maggiori e minori. I Cultural studies propongono di dare la stessa dignità letteraria a tutte le opere e ai testi, affinchè si possa avere una visione ampia e il più democratica possibile della letteratura, dando spazio anche a quegli autori che la tradizione esclude.
Dall'opera di Bloom in Italia si è iniziato a discutere di canone, per potere così stabilire se possa esisterne uno per la letteratura del Novecento. In particolare, trattare di canone nel nostro paese significa difendere il ruolo della letteratura e dell'intellettuale nella nostra società e salvaguardare il nostro sapere comune dall'aggressività del mercato, che ha influenzato e subordinato l'istituzione letteraria alla logica del profitto.
Per molti degli studiosi di cui sono state riportate le opinioni, la logica domanda/ offerta e la ricerca continua del profitto, sono alla base della difficoltà nel stabilire un canone valido per il Novecento italiano, soprattutto per la seconda metà del secolo. Se, infatti, è riconosciuta l'esistenza di un canone per il primo Novecento, sia per la prosa che per la lirica, con nomi di autori e opere riconosciute da tutti, negli ultimi cinquant'anni la presenza di vari fattori ha comportato una notevole difficoltà: la mercificazione del libro, considerato solo come un prodotto da vendere e non come un prodotto di qualità della cultura e la sostituzione dell'intellettuale-editore come mediatore tra pubblico e letteratura hanno portato ad una forte perdita di prestigio della letteratura, ma più in generale della cultura e dei suoi attori.
In questo senso, è importante ricordare la figura di Elio Vittorini, in quanto è stato uno dei massimi esempi di intellettuale del Novecento: attraverso tre momenti diversi della sua vita, egli promose l'idea di una nuova letteratura che guardasse ai giovani scrittori e agli esordienti come unici protagonisti della nuova vita culturale che sarbebe nata in Italia dopo gli anni della Seconda Guerra Mondiale. Un intellettuale che non guardasse al mercato, ai gusti del pubblico e ai suoi capricci, ma una intellettuale-legislatore che pubblicasse opere e testi che avevano qualcosa di nuovo da dire, che aprissero al nuovo la letteratura italiana.
Negli ultimi trent'anni si è verificato un processo di perdita di significatività storica: si ha difficoltà a distinguere il "canone dei monumenti" dal "canone dei documenti", ovvero cercare una costellazione di autori e opere valide e dignitose nel grande insieme delle opere della letteratura italiana. Si scrive, si pubblica e si leggono libri oggi che non sono collocabili entro poetiche e/o movimenti letterari ben definiti, spesso privi di spessore culturale e prestigio letterario, collegati alla loro contemporaneità seguendo i gusti del pubblico.
Molti individuano queste caratteristiche come tipiche della società postmoderna, che ha portato alla mercificazione della cultura, alla riduzione dell'uomo di cultura mero salariato e dove non è più considerato una figura centrale e di riferimento.
Parlare di canone significa, così, ricostruire una gerarchia di valori culturali ed estetici forti che il mercato ha distrutto, riportare la letteratura alla ricerca e descrizione dell'essenzialità del presente affinchè si possa uscire dal grigiore e dalla superficialità della nostra epoca.
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Informazioni tesi
Autore: | Alessandro Ortis |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2009-10 |
Università: | Università degli Studi di Udine |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Lettere |
Relatore: | Renzo Rabboni |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 76 |
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