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Introduzione
1.1 Il dibattito sul canone letterario: H. Bloom e il Canone Occidentale
Il panorama letterario degli ultimi vent‟anni ha visto affermarsi un acceso con-
fronto sul canone, sulla sua definizione, i suoi limiti, gli utilizzi, e la legittimità stessa
della nozione di canone. In particolare, la discussione, in Italia e in Europa, si è acce-
sa dopo la pubblicazione del libro di Harold Bloom,
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Canone Occidentale, nel 1994,
con cui l‟accademico statunitense si è proposto di stilare un elenco di nomi di autori
„classici‟; ognuno dei quali è figura fondamentale dei rispettivi canoni nazionali:
Dante per l‟Italia, Chuacer e Shakespeare per l‟Inghilterra, Goethe per la Germania
ecc... I ventisei autori, selezionati in «base alla loro sublimità e al loro carattere rap-
presentativo»,
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sono la massima espressione della letteratura occidentale. L‟esigenza
per Bloom di mettere mano ad un canone è nata come conseguenza del proliferare
inarrestabile di canoni nel caos culturale statunitense degli ultimi decenni. Una proli-
ferazione che non è scaturita da motivi prettamente letterari, bensì da esigenze politi-
che e sociali, provocate dai mutamenti della società.
Nel mondo culturale anglo-americano, si è assistito ad una „decostruzione‟ del
concetto di canone, ad opera dei Cultural Studies, un particolare indirizzo di studi
sociali, nato in Gran Bretagna nel 1968 dalle teorie di Richard Hoggart e Rayond
Williams, che si propone di ampliare il campo della ricerca letteraria contemporanea
a nuovi aspetti della cultura popolare di massa. I Cultural studies si battono contro le
tradizionali autorità culturali e cercano di dare spazio a punti di vista “altri”: mirando
a non far soccombere testi esclusi dal canone ufficiale stabilito dalle istituzioni edu-
cative, ma con una forte presa sulla variegata sfera pubblica. A questa proposta di ti-
po decostruzionista, ispirata a Foucault e Nietzsche, che punta a distruggere l‟idea
stessa di canone, se n‟è subito opposta una di tipo neo-platonico, riconducibile alle
posizioni di Bloom: una posizione umanistica ed elitaria, che si riconosce nei valori
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H. BLOOM, Il canone occidentale: i libri e le scuole dell’età, Milano, Bompiani, 1996.
2
Ivi, p. 4.
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occidentali, alto-borghesi, e si rifà a motivazioni quasi “dogmatiche” della letteratu-
ra. Da una parte, insomma, si professa una fede nei valori eterni dell‟arte e nella pos-
sibilità di significato delle opere, perché si crede ad una fonte originaria dei significa-
ti che esse incarnano. Dall‟altra, si ragiona da una posizione anti-umanistica, negan-
do la possibilità stessa dei valori e facendo ricorso ad argomenti di tipo empirico.
Giulio Ferroni
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è stato uno dei primi a dare un giudizio positivo dell‟opera, non
tanto per l‟impostazione e per i nomi che Bloom sceglie per il suo canone, bensì per
il valore che l‟operazione di canonizzazione ha, e che l‟accademico romano conside-
ra «una vera e propria scatenata difesa della grande letteratura […] contro la troppa
letteratura effimera ed evanescente degli ultimi tempi».
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Sempre Ferroni, inoltre, può
aiutarci nell‟analizzare le posizioni dei Cultural Studies, e dei maggiori esponenti di
questo orientamento, che rispondono ai nomi di Lawrence Grossberg e Paul Willis.
Essi si battono ormai da tempo contro le autorità culturali tradizionali cercando di da-
re spazio ad “altri” punti di vista, a tematiche alternative, e rivendicando ai “minori”
il diritto di far parte della letteratura. Le loro teorie „anticanoniche‟ si reggono sulla
fede in un futuro di disgregazione privo di ogni valore fondante, in cui tutte le opere
saranno sullo stesso livello, collegate alla loro immediata contemporaneità, senza al-
cun significato trascendente. Questa posizione si potrebbe definire una sorta di mar-
xismo letterario, che rifiuta l‟idea stessa di canone, annulla la gerarchia dei valori e
crea un insieme „esteso‟ di autori, opere e generi, la cui fortuna è legata unicamente
all‟andamento del mercato e delle sue leggi. Ferroni sostiene che da questa posizione
discenda, altresì, «una totale incapacità di “sentire” il valore letterario, o meglio una
retrocessione del giudizio estetico rispetto alla dimensione politica».
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Alla tendenza “distruttrice” ha risposto Harold Bloom, proponendosi di creare
un canone forte, agonistico, che si opponesse alla frantumazione e ad un canone che
consistesse, sostanzialmente, unicamente nell‟«elenco di libri per gli studi
3
G. FERRONI, Al di là del canone, «Allegoria», 29-30, X, maggio-dicembre 1998 pp. 75-82 e ID, Pri-
ma lezione di letteratura italiana, Bari, Laterza, 2009, p. 55.
4
G. FERRONI, Il catalogo è questo, «Corriere della Sera», 12 gennaio 1997, p. 27.
5
Ibidem.
3
d‟obbligo».
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Paola Colaiacomo ha intervistato Bloom a Londra, nell‟autunno del
1998.
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Alcuni passaggi dell‟intervista sembrano funzionali al nostro discorso:
What you got out of all critical discussion The Western Canon stimulated.
The idiocy of what has happened to universities in the English speaking world, in par-
ticular. I think it is much more worse than in Italy or Spain or Germany.
8
Why do you say it’s worse?
Well, because multiculturalism is perhaps at its most insidious in its effect upon the
university study of literature.[…] Multiculturalism is ferociously rampant in the English-
speaking world.
9
In what way do you think this situation has impaired the western canon? Why
do you think this touches the western at all?.
Multiculturalism has destroyed the western canon. Multiculturalism in the United
States, and now in Great Britain, has the force of a tidal wave as far as the universities are
concerned.
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Don’t students freely choose whether to put literary studies, or cultural studies, in
their curricula?
Cultural studies have essentially taken over what used to be called literary studies in
the Anglo-American world. In fact the Anglo-American world doesn‟t have literary studies
any more. It has cultural studies.
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6
H. BLOOM, Il canone occidentale: i libri e le scuole dell’età cit., pp. 14-15.
7
P. COLAIACOMO, Del canone e altro. Conversazione di Paola Colaiacomo con Harold Bloom, «Cri-
tica del testo», II/I, 1999, pp. 513-524.
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Che cosa ha dedotto dalla discussione critica stimolata da “Il Canone Occidentale”? L‟idiozia di
quello che sta accadendo nelle università del mondo anglofono, in particolare. Io ritengo che sia peg-
gio di quello che sta accadendo in Italia, Spagna o Germania.
9
Perché dice peggio? Beh, perché il multiculturalismo si presenta nella sua forma più insidiosa negli
studi universitari di letteratura. Il multiculturalismo è aggressivo fino alla ferocia nel mondo anglofo-
no.
10
In che senso lei pensa che questa situazione abbia danneggiato tutto l’Occidente? Il multiculturali-
smo ha distrutto il canone occidentale. Il multiculturalismo negli Stati Uniti, e ora in Gran Bretagna,
ha la forza di un‟onda di marea per quanto riguarda le università.
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Perché gli studenti non scelgono liberamente se inserire gli studi letterari, o studi culturali, nei lo-
ro piani di studi? Gli studi culturali hanno preso il sopravvento su quello che in precedenza si era soli-
ti chiamare studi letterari nel mondo anglo-sassone. Infatti, il mondo anglo-sassone non ha più studi
letterari. Si chiamano studi culturali.
4
Don’t you think the publishers, when they decide in favour or against the publication
of a book, play an important role in the formation of the canon?
I don‟t think so… I think canons, which are obviously not the criteria at the moment,
need at least three generations before they are established.[…] But I think I must have said
somewhere in the Canon that literary canons have always been made by great poets and
great novelists, much more than by the handful of even the really superior or lasting critics.
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While today, if you don’t pass through the barrage of the media, you don’t even begin
to be an author.
But my dear, it‟s impossible not to pass through the barrage of the media, because the
media are non-stop. […]
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Bloom giustifica, dunque, l‟idea di un canone occidentale con la minaccia
dell‟avanzamento del multiculturalismo, proprio del mondo anglosassone e che oggi,
ormai, si fa strada anche in Italia; esso rischia di minare l‟identità letteraria, con una
serie di „piccoli‟ canoni. Per quanto riguarda il canone, lo studioso americano ritiene
che la sua durata sia superiore a quella del mercato, che ci vogliano più generazioni
prima perché si possa stabilizzarne uno; e ricorda che il canone è formato dai grandi
poeti e scrittori più che dalla critica. Infine, accenna ad un rapporto inedito, tra lette-
ratura e nuovi media. Il critico americano pensa che sia impossibile oggi per uno
scrittore fare a meno dei media, poiché sono lo strumento privilegiato per la comuni-
cazione. Egli teme, tuttavia, che solo i libri che susciteranno un vivo interesse nel
pubblico resteranno nella memoria.
In sostanza, la preoccupazione di Bloom è quella di costituire un canone uni-
versalmente valido, conservatore, lontano dalla storia, dalla realtà e dalle logiche e-
conomiche del mercato, che resista a tutti gli sconvolgimenti del nostro tempo, esal-
tando i valori eterni attraverso i “classici; per dirla con Massimo Onofri:
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Non pensa che gli editori, quando decidono a favore o contro la pubblicazione di un libro, giochino
un ruolo importante nella formazione del canone? No, non penso… credo che i canoni, i quali non
sono dei criteri al momento, hanno bisogno di almeno tre generazioni prima che si possano stabilire.
Credo, tuttavia, che devo aver detto da qualche parte nel mio libro che i canoni letterari sono sempre
costituiti dai grandi poeti e dai grandi scrittori, molto più che da un pugno di critici, perfino realmente
superiori o duraturi.
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Mentre oggi, se non si passa attraverso la barriera dei media, non si può divenire un autore. Ma è
impossibile non passare attraverso lo sbarramento dei media, poiché essi non si fermano mai […].
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M. ONOFRI, Il canone letterario, Bari, Laterza, 2001, pp. 35-36.
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che porti a ritrovare una fruizione della letteratura capace di rompere gli schemi, sle-
gata dagli usi professionali e tecnici e restituita alla sua dignità, di valido strumento per met-
tere ordine nel caos contemporaneo.
In Italia le tesi di Bloom non hanno trovato molti consensi, anche se hanno
contribuito a riaccendere il dialogo sulla questione, che non era nuova, ma era rima-
sta sopita a lungo. Attraverso saggi, libri, analisi e studi, la comunità letteraria italia-
na ha riscoperto il proprio ruolo e cercato di resuscitare la funzione della critica,
smarritasi nel calderone della cultura di massa.
Alberto Asor Rosa,
in un importante intervento, ha giudicato il libro di Bloom
come
una rivendicazione alta, appassionata, estremamente argomentata, attraverso una serie
di figure per lui esemplari, di quei valori della Poesia, o, se si vuole, dell‟Estetica, che
l‟odierna civiltà consumistica di massa tende a spazzar via, senza neanche bisogno di averne
l‟intenzione esplicita, ma con il solo fatto di esserci.
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Tra le obiezioni più significative a Bloom si segnala quella di Fausto Curi.
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Egli parte da una definizione del canone:
Un canone letterario è una struttura legislativa, un insieme di norme stilistiche incar-
nato in alcuni autori, e solo in quelli, ossia è un codice.
Quindi pone l‟accento non sul rapporto tra canone e autorità, bensì sul concetto
stesso di canone, contrastando l‟idea bloomiana: un canone letterario non è un flori-
legio e non è neppure la Biblioteca dei Classici. Curi ritiene che si tratti invece di
un‟espressione della cultura dominante, e che risponda, nientemeno, ad una funzione
selettiva e repressiva. Il gusto culturale dominante tende a usare a proprio piacimento
determinati autori e opere. Tutto ciò che non ne rispetta i caratteri e i criteri, è desti-
nato ad essere escluso, marginalizzato. L‟idea di canone, insomma, è per Curi sino-
nimo di antidemocraticità.
15
C. BOLOGNA, Il canone dei classici. Conversazione di Corrado Bologna con Alberto Asor Rosa,
«Critica del testo», III/1, 2000, pp. 534- 535.
16
F. CURI, Canone e anticanone. Viatico per una ricognizione, «Intersezioni», XVII, 3, 1997, pp. 495-
511.
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Egli sottolinea, inoltre, la dialettica tra scrittore e lettore e «l‟uso stesso che si
fa di certi scrittori, [...] che finisce per costituirli in canone». Si tratta di autori che
sono strutturalmente „disposti‟ a essere utilizzati a tale scopo. Per spiegare il concet-
to, il critico conia il termine dei «caratteri della medietà»:
ovvero le caratteristiche proprie della lingua e dello stile di determinati autori: che so-
no ugualmente lontani dalla colloquialità e dal sublime più elevato, da certa primitiva rudez-
za come dalla raffinatezza formale.
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A questo riguardo, nota ancora Curi che se Bembo, al tempo delle sue Prose
della volgar lingua, canonizzava Petrarca come modello per la poesia e Boccaccio
per la prosa, lo faceva proprio per la capacità di entrambi di coniugare nelle loro ope-
re «gravità» e «piacevolezza», requisiti per lui necessari affinché i Rerum Vulgarium
Fragmenta e il Decameron divenissero “nuovi classici” degni di essere imitati. Con
l‟avvento dell‟Illuminismo e del Romanticismo, l‟imposizione delle regole è venuta
meno, si è creato un vuoto di potere, e «da codice unico[…], il canone tende a tra-
sformarsi in una poetica dominante». Ma se viene a mancare il legislatore, non può
stupire l‟apparire di una miriade di canoni, frutto delle scelte personali di ogni singo-
lo scrittore: i canoni e gli anticanoni sono divenuti tanti quanti sono coloro che dedi-
cano alle opere la loro attenzione di lettori.
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Ivi, pp. 499- 500.