L'immigrazione in Sardegna: paesi di provenienza e distribuzione territoriale
Il fenomeno dell’immigrazione rappresenta una realtà in grande crescita e che merita di essere analizzata in tutte le sue caratteristiche.
La storia dell’uomo è stata da sempre caratterizzata da una costante mobilità di singoli, di gruppi, talvolta di interi popoli da una regione all’altra della Terra alla ricerca di migliori condizioni di vita. Se la forte pressione demografica fu uno dei fenomeni all’origine dell’incremento numerico dei flussi migratori, l’industrializzazione dei paesi dell’Europa Occidentale, con i cambiamenti che produsse nell’organizzazione dell’economia, del lavoro e della società in generale, ebbe altre rilevanti influenze. Per esempio, lo sviluppo tecnologico e le sue applicazioni ai sistemi di comunicazione riducevano la durata dei tempi di navigazione e favorivano l’incremento del trasporto marittimo dando la possibilità di accrescere notevolmente il traffico di merci e passeggeri (Ortu, 2007).
In Italia i primi ingressi di stranieri si sono verificati a cavallo tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta. Lo shock petrolifero del 1973, l’inizio della crisi del modello di produzione industriale labour intensive e i complessivi cambiamenti dei settori classici del sistema fordista determinarono un decentramento delle strutture produttive verso i paesi del Terzo Mondo: l’offerta di lavoro locale da insufficiente rispetto alla domanda, diventa ora sovrabbondante generando disoccupazione, insieme ad un’elevata concorrenza nei mercati del lavoro. La sempre maggior difficoltà dei governi nordeuropei, che durante gli anni ’60-’70 sono stati i paesi le cui strutture industriali hanno maggiormente richiesto e ottenuto manodopera straniera, nel far fronte al problema della disoccupazione, pone le cancellerie di questi paesi a rivisitare le loro politiche migratorie: è l’inizio delle politiche restrittive e, di fatto, si chiudono le frontiere agli immigrati. Questa radicale svolta nella politica migratoria, pone questi governi di fronte alla necessità di costruire un nuovo modello di sviluppo che punti sui cosiddetti prodotti ad alta intensità di capitale umano, cioè su un più elevato tasso di innovazione scientifica e tecnologica e su un diverso e ben qualificato uso della forza lavoro (Zurru, 2002).
Le decisioni adottate da questi governi ebbero delle conseguenze importantissime. Innanzitutto il consolidamento presso i loro paesi delle comunità fino a quel momento presenti. In secondo luogo, si infittiscono le file degli stranieri che per diversi motivi non riescono a regolarizzarsi o entrano nel paese senza diritto: è l’inizio del fenomeno della clandestinità. In terzo luogo il coinvolgimento dell’Europa Meridionale nel processo migratorio internazionale: di fronte alle porte chiuse al Nord i flussi d’immigrazione, si dirigono, dove glielo si consente.
E’ proprio l’impreparazione, il vuoto legislativo e l’assenza di controlli efficaci dell’Italia, della Spagna, Grecia e Portogallo a stimolare l’ingresso degli immigrati in questi paesi. In questo quadro le scelte operate dalla nostra classe dirigente si sono orientate al libero ingresso per chiunque, perché forse si rivedeva in questo flusso di disperati, quello che era il nostro popolo fino ad allora. L’evoluzione del fenomeno ci ha dimostrato come tali convinzioni fossero prive di fondamenta logiche. L’Italia è diventata, infatti, terra di approdo per chi era respinto dai paesi che avevano chiuso le frontiere, per tutti i popoli usciti dal blocco ex sovietico ed ex jugoslavo, e anche in seguito, ad avvenimenti storici che negli anni Settanta non si potevano prevedere, quali in primo luogo la caduta del muro di Berlino.
La presenza di immigrati in Europa, Italia e in Sardegna è quindi ormai una costante. Nel corso dei primi anni del XXI secolo in Italia è aumentata la quantità di immigrati presenti sul territorio (Amato, 2008).
L’Italia si avvia rapidamente verso una dimensione di immigrazione matura con tutte le conseguenze sociali che già si possono scorgere nelle regioni e città dove la presenza straniera è storicamente massiccia: seconde e terze generazioni, imprenditoria etnica, diffusa partecipazione nei sistemi educativi, formazione di consistenti strutture associative, inclusione in spazi dell’economia prima “riservati” solo ai locali e via dicendo (Zurru, 2007). Tuttavia, nel nostro paese sono presenti molti meno immigrati che in altri paesi dell’Unione Europea. Ciò è in parte diretta conseguenza della nostra giovane storia immigratoria, ma è in parte anche dovuto all’inadeguatezza del nostro paese di ricevere un gran numero di lavoratori e del clima che si è creato intorno a tale fenomeno, che non è certo dei più rassicuranti.
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Informazioni tesi
Autore: | Sandra Uselli |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2009-10 |
Università: | Università degli Studi di Cagliari |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Scienze sociali per la cooperazione, lo sviluppo e la pace |
Relatore: | Monica Iorio |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 50 |
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