Politica e istituzioni nel secondo dopoguerra
Il presente lavoro si pone l’obiettivo principale di ricercare e valutare il percorso molto lungo e non ancora completato di riforma delle istituzioni italiane. Infatti, un filo conduttore della storia che va dal 1948 ad oggi è rappresentato dalla volontà, quantomeno di facciata, delle forze politiche di adattare le istituzioni politiche al panorama mutato del nostro Paese, da un punto di vista culturale, economico e sociale.
Il lavoro parte dal referendum del 2 giugno 1946 che segna una svolta epocale nella storia dell’Italia che sceglie di diventare una Repubblica, e si sviluppa attraverso quelli che vengono definiti i “compromessi costituzionali” tra i vari partiti del tempo, che daranno un impianto parlamentare e proporzionale al Paese. È ovvio che, a questo punto, l’attenzione venga rivolta alla sostanza della nostra Carta Costituzionale: la prima parte dedicata ai diritti e doveri fondamentali del popolo italiano e la seconda parte che cerca di dare una organizzazione istituzionale alla nostra Repubblica.
Da quel momento le classi politiche hanno intrapreso e mai più lasciato un confronto sul tema delle riforme, che dovevano assicurare stabilità ai governi che risultavano fin troppo brevi e insicuri. Il dibattito si è rivolto soprattutto verso le leggi elettorali, non trascurando i mutamenti politici ed economici che anno dopo anno sono intervenuti.
L’analisi passa attraverso dei tentativi concreti, ma falliti, di riforma del nostro ordinamento: la Commissione Bozzi, quella De Mita-Iotti e quella più recente presieduta da D’Alema; e senza tralasciare i tentativi presidenzialisti dei presidenti della Repubblica Gronchi e Cossiga. Tra questi eventi, un intervallo tra i più negativi che la vita politica abbia mai conosciuto: le inchieste giudiziarie di “Tangentopoli” e l’incremento del fenomeno mafioso che rivolge il suo feroce attacco verso esponenti delle istituzioni.
Dopo queste tristi parentesi è cominciata la vera fase di “transizione” italiana, che mira a modificare dal profondo l’impianto istituzionale del Paese, a partire dal Parlamento delegittimato dalle inchieste giudiziarie, e dalle leggi elettorali che diano più stabilità ed equilibrio ai governi. Negli anni Novanta l’impulso riformista offre i suoi migliori frutti, quantomeno da un punto di vista quantitativo, dato che la qualità degli interventi è piuttosto dubbia. Le leggi più importanti che qui analizziamo nella seconda parte sono: la l. 59/1997, la l. 1/1999 e la l. 3/2001. Soprattutto quest’ultima interviene in maniera decisa sull’organizzazione degli enti locali e dei loro rapporti con lo Stato. Questi interventi cercano di indirizzare le riforme sulla strada del federalismo, ma l’obiettivo sembra ancora molto lontano dall’essere raggiunto.
Uno sguardo particolare viene rivolto poi alle iniziative referendarie degli anni ’90, che portano a una modifica sostanziale della legge elettorale; questo, però, continua a non raggiungere l’obiettivo decennale della stabilità governativa.
La seconda parte del lavoro focalizza la sua attenzione sul tentativo di riforma costituzionale più importante e recente: la l. cost. 18 ottobre 2001 n. 3. Si cerca soprattutto di analizzare in maniera sintetica quelli che sono i tratti essenziali di questa importante riforma, a partire dai suoi principi di base e finendo con tutte le mutate funzioni degli enti locali. Infine, si cerca di capire quello che è stato il suo apporto alla causa federalista e quale sia la strada da seguire per trasformare il nostro ordinamento in questo senso.
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Informazioni tesi
Autore: | Marco Ricciato |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2005-06 |
Università: | Università degli Studi di Lecce |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Scienze politiche e delle relazioni internazionali |
Relatore: | Egidio Zacheo |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 121 |
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