Diagnosi e trattamento in etnopsichiatria: nuove metodologie di cura per il paziente straniero
Il lavoro di ricerca bibliografica che ho svolto riguarda una branca della psichiatria che ha come oggetto di studio il disturbo mentale in tutte le sue manifestazioni nelle diverse culture: sto parlando dell'etnopsichiatria, una disciplina nata agli inizi del '900 con Kraepelin, secondo alcuni autori, con Devereux secondo altri e che si è successivamente sviluppata soprattutto sul piano clinico e metodologico con Tobie Nathan, discepolo di Devereux, che fu il primo a rivoluzionare il setting e a realizzare un modello di intervento specifico per il paziente straniero.
Ho voluto affrontare l'argomento sia da un punto di vista teorico che pratico.
Per quanto riguarda la prima parte, ovvero quella teorica, ho voluto innanzitutto tracciare le linee evolutive dell'etnopsichiatria, approfondendo le teorie di diversi autori, non soltanto europei o americani, ma anche di autori appartenenti al versante non occidentale, come indiani, cinesi e arabi per avere una visione più completa, un quadro più ampio.
La seconda parte riguarda invece l'aspetto pratico dell'etnopsichiatria, ovvero quali sono le metodologie di cura che vengono applicate e per avere un'idea concreta dei diversi modelli di psicoterapia ho svolto delle interviste in alcune strutture presenti sul territorio romano a clinici e psichiatri che lavorano da anni con pazienti di altre culture.
Infine ho riportato alcune storie scritte da psicologi e psichiatri che riguardano non solo il momento dell'incontro tra paziente e clinico, ma soprattutto la difficoltà di comprendere l'altro e quale tecnica di intervento è stato possibile applicare.
Lo scopo era quello di trovare un modello di intervento clinico idoneo, analizzando sia l'aspetto della diagnosi che del trattamento, considerando tutti quegli elementi fondamentali che caratterizzano il paziente straniero, colui che per definizione appartiene ad un'altra cultura e che può avere un suo modo di pensare, di vedere il mondo, di concepire la malattia, sia intesa come disturbo mentale che come patologia fisica/organica e che può avere una propria concezione di cura.
In Africa, ad esempio, il concetto di malattia, soprattutto mentale, è legato al concetto di possessione. Se una persona soffre di depressione o schizofrenia o manifesta ad esempio sintomi epilettici viene allontanata perché posseduta dagli spiriti e ritenuta oltretutto contagiosa.
Così, come il concetto di malattia è legato a quello di possessione, quello di cura è legato ad un concetto di magia, di trance, di dialogo con lo spirito che solo il guaritore tradizionale, il comunemente detto sciamano, può intraprendere.
Le metodologie di cura che vengono attualmente utilizzate sono molteplici e tutte diverse tra loro.
In Francia, ad esempio, Tobie Nathan, fondatore della scuola di etnopsichiatria a Parigi, si avvale di un'equipe multiculturale, costituita da più psicoterapeuti, tutti di diversa nazionalità e cultura, ognuno dei quali fornisce una propria spiegazione del disturbo. Lo scopo è quello di destrutturare l'idea che il paziente ha del sintomo e quindi del disturbo. In Spagna invece esiste un Servizio di aiuto psicosociale e psicopatologico per immigrati e rifugiati dove viene applicato il modello integrato. L'equipe è multidisciplinare: le figure professionali presenti sono psichiatri, psicologi, medici, assistenti sociali, antropologi. Ognuno dunque ha una propria metodologia, in etnopsichiatria non esiste un unico modello di intervento clinico. Ciò che invece ogni clinico deve prendere in considerazione allo stesso modo sono quegli elementi fondamentali che caratterizzano il paziente.
Innanzitutto l'appartenenza culturale, l'identità culturale del paziente che comprende i valori, le credenze, i taboo, le usanze, le abitudini, il concetto di famiglia. In secondo luogo un altro elemento interessante che deve essere assolutamente interpretato ed analizzato riguarda la manifestazione dei sintomi che non è universale. Il paziente cinese, ad esempio, non manifesta solitamente le proprie emozioni in maniera diretta poiché segue la filosofia di Confucio secondo cui per vivere in equilibrio ed armonia con se stessi e con il mondo è necessario non abbandonarsi alle passioni. A questo proposito sono state raggruppate da psicologi e psichiatri di tutto il mondo le diverse sindromi culturali che sono state riscontrate nei paesi non occidentali. Una di queste è ad esempio l'amok, un episodio dissociativo seguito da un'esplosione di comportamento violento, aggressivo, addirittura in alcuni casi omicida verso persone o oggetti quando si ha l'impressione di essere stati offesi o insultati. Questa sindrome sembra essere stata riscontrata solo tra gli uomini della Malesia e Polinesia.
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Informazioni tesi
Autore: | Elvira Di Pietro |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2007-08 |
Università: | Università degli Studi di Roma La Sapienza |
Facoltà: | Psicologia |
Corso: | Psicologia |
Relatore: | Laura Carla Galante |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 105 |
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