Arte marziale o religione? Il rapporto fra Aikido e Omoto-kyo
A differenza di altre arti marziali giapponesi come jūdō (柔道), karate (空手) e kendō (剣道), che focalizzano l’attenzione sugli aspetti agonistici e sul combattimento, l’aikidō (合気道) si presenta come un’arte marziale che paradossalmente rifiuta l’idea di scontro: nasce e si sviluppa accompagnato da un ricco apparato di contenuti spirituali e dottrinali associati a una precisa visione del mondo che lo rendono in parte assimilabile a una religione.
Il nucleo centrale dei suoi insegnamenti tecnici consiste di una serie di movimenti di attacco e difesa derivate dagli antichi modelli del budō (武道), ma questi, più che a sopraffare un avversario tendono a stabilire un rapporto di equilibrio armonico tra l’individuo e il mondo nel suo insieme, attraverso la dinamica di energia che si sviluppa nell’atto del confronto fisico, e al complessivo miglioramento di se stessi e della propria consapevolezza.
Tali caratteristiche derivano direttamente dall’esperienza elaborata dal fondatore dell’aikidō, Ueshiba Morihei (植芝盛平, 1883-1969). Egli, nel corso degli anni Venti del secolo scorso, gli anni di gestazione dell’aikidō, opera in stretto contatto con Deguchi Onisaburō (出口王仁三郎, 1873-1948), co-fondatore e attivo promotore di una nuova religione detta Ōmotokyō (大本教), fondata dalla figura carismatica di Deguchi Nao (出口なお, 1837-1918), povera e analfabeta, portatrice di una rivelazione divina. I principi ispiratori dell’Ōmotokyō, cioè la ricerca di una armonia universale che permetta all’uomo di vivere in pace e fratellanza con se stesso e tutti i suoi simili, si riversano nella visione di Ueshiba diventando il fondamento spirituale di questa disciplina. Anche alla base dell’aikidō si colloca una rivelazione divina che Ueshiba esperimenta nel 1925 e in seguito a questo episodio la sua figura acquista crescente carisma agli occhi dei seguaci tanto che egli viene deificato dopo la morte.
Ueshiba è un attivo seguace della nuova religione e annuncia la propria dottrina come frutto di una rivelazione divina, proprio con le stesse modalità che caratterizzano i leader carismatici alla testa delle Nuove Religioni.
In generale, l’evoluzione delle arti marziali in Giappone è caratterizzata da una relazione a volte piuttosto stretta con i luoghi del culto che costituivano le sedi dove i praticanti esercitavano le loro arti. Molte di quelle più antiche evidenziano, nel loro sviluppo, collegamenti diretti con un particolare tempio buddhista o shintoista, o legami espliciti con un kami particolare.
Questa circostanza pone in evidenza la connessione fra piano spirituale e pratica fisica.
Lo scopo di questa ricerca è dunque quello di considerare le relazioni che il Maestro Ueshiba ha avuto con il reverendo Deguchi e analizzare come le dottrine di quest’ultimo abbiano influenzato la definizione dell’aikidō come disciplina marziale. Questo processo avviene negli anni Venti e Trenta del secolo scorso, un’epoca caratterizzata in Giappone da una forte accentuazione degli aspetti militaristici e nazionalistici, che coinvolge anche le tradizioni culturali legate alle arti marziali. Sia Ueshiba, sia Deguchi rappresentano una visione che si oppone a queste istanze, ricercando una via universalista nel tentativo di recuperare una serie di valori originari. L’idea di fratellanza e amore universale, armonia con la natura e il mondo che Deguchi predica, rivelano aUeshiba la possibilità di applicare tali insegnamenti all’arte marziale che sta elaborando.
Ciò avviene nella forma della “rivelazione”, una modalità legata agli aspetti religiosi della conoscenza. L’aikidō prende forma strutturando elemento di forte ritualità e coesione di gruppo, in analogia con aggregazioni di tipo apertamente religioso.
Anche se nella situazione attuale sia in Giappone che in Occidente gli aspetti più spirituali dell’aikidō sono vissuti in modo sfumato e secondario dai praticanti, tuttavia l’importanza fondamentale dell’aspetto religioso risulta chiara e ben strutturata.
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Informazioni tesi
Autore: | Chiara Bottelli |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2003-04 |
Università: | Università degli Studi di Torino |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Lingue e letterature orientali |
Relatore: | Matteo Cestari |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 145 |
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