Immagini dimenticate. Un modello di memoria per immagini.
Sin dai primi del ‘900, la memoria è stata indagata prevalentemente dal punto di vista della sua funzione adattiva, in particolare per quanto riguarda le sua peculiarità relative alla detenzione dei ricordi, venendo generalmente concepita come una scatola in cui vengono custoditi, recuperati, dimenticati irrimediabilmente, ricordi sempre fedeli alla realtà e isolati da altri processi mentali, ad eccezion fatta per i sogni. Ciò che però risulta problematico, e che vede contrapporsi differenti scuole di pensiero, era il luogo dei ricordi, la possibilità di localizzare o distribuire i ricordi in un area o di distribuirli nell’intero cervello, e con essa la possibilità di descrivere un ricordo come un engramma o come un insieme slegato di informazioni plurisensoriali.
Nella seconda metà del ‘900, con l’affermarsi dell’Intelligenza Artificiale, ci si è avvicinati ai fenomeni mnestici rielaborandoli in funzione di un’ottica computazionale, che faceva della memoria un elaboratore, in serie o in parallelo, di informazioni sensoriali, codificate mediante un linguaggio di tipo simbolico.
Tuttavia, le indagini della psicologia della Gestalt sulla percezione, che si rivela un processo non più passivo di fruizione della realtà ma attivo, influenzato dalle esperienze pregresse e dalla natura stessa degli apparati percettivi, nonchè le indagini delle scienze cognitive sulle modalità di ragionamento, hanno evidenziato come il ragionamento umano diverga dai modelli di calcolo logico-computazionale e si avvalga di regole inferenziali induttive, più imprecise ma ricche di valore euristico, all’interno delle quali svolgono un ruolo di primo piano non solo le esperienze pregresse e la loro elaborazione, ma procedimenti inferenziali quali l’analogia e la proiezione metaforica, che fanno uso di immagini mnestiche.
Sulla base di questa intersezione fra la memoria e gli altri processi mentali, il presente lavoro si propone di sottolineare il ruolo di primo piano che svolgono le immagini, solitamente trascurate da un approccio computazionale e simbolico, nell’agevolare appunto il ricordo e il ragionamento mediante associazioni. La loro priorità, unita ad una visione olistica dell’individuo che propone un particolare approccio biologico ai processi mentali umani, si innerva in quella che è, a mio parere, una delle ipotesi più interessanti sull’immagazzinamento dei ricordi in forma non-simbolica, che è l’ipotesi olografica teorizzata dal neuropsicologo Karl Pribram.
Al fine di sostenere questa ipotesi, analizzeremo il retroterra filosofico e culturale che fa da sfondo alla concezione biologica di Pribram, valutando anche l’impatto che hanno avuto su di lui alcuni neuropsicologi del calibro Lurija e Vygotskij, per analizzare poi l’evoluzione del concetto di memoria e la necessità di un modello di memoria per immagini in relazione ai processi della percezione, del riconoscimento e del ragionamento, che conduce alla rivalutazione dei concetti di memoria eidetica e sinestesica, alla cui insufficiente verificabilità sul piano sperimentale fanno da contraltare gli emblematici casi clinici riportati da Lurija e Oliver Sachs.
Infine, dopo aver individuato i punti di forza del modello olografico, ne mostreremo la sostanziale compatibilità con il paradigma emergentista delle scienze cognitive, allo scopo di sottolineare che l’approccio sub simbolico delle reti neurali, se da un lato costituisce una buona simulazione, dall’altro tuttavia richiede una riflessione ulteriore sulla necessità di prendere in considerazione anche il piano biologico.
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Informazioni tesi
Autore: | Claudia Gramiccia |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2006-07 |
Università: | Università degli Studi di Roma La Sapienza |
Facoltà: | Filosofia |
Corso: | Teorie e tecniche della conoscenza |
Relatore: | Adele Morrone |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 61 |
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FAQ
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