Il Protocollo n. 14 di riforma alla Convenzione europea dei Diritti dell'uomo: dimensione interna e prospettiva comparata
A partire dalla proclamazione della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948, l’evoluzione della dottrina dei diritti umani ha avuto un effetto dirompente a livello internazionale.
L’affermazione dei diritti dell’individuo oltre l’ambito delle relazioni tra gli Stati , ha fatto emergere legami cooperativi profondi tra gli stessi attraverso l’azione delle organizzazioni internazionali, che si sono assunte l’onere, dopo l’esperienza negativa del secondo conflitto mondiale, di promuovere e rafforzare la cooperazione in materia di diritti individuali e libertà fondamentali.
In particolare, la cooperazione europea all’interno del Consiglio d’Europa, si è concentrata sull’obiettivo della tutela effettiva dei diritti umani.
Questo impegno è sfociato nella nascita della Convenzione europea dei Diritti dell’uomo e di un sistema giudiziario di protezione collettivo dei diritti e delle libertà fondamentali, rappresentato, all’epoca, da una Commissione europea dei diritti dell’uomo e da una Corte europea dei Diritti dell’uomo.
Le norme contenute nella Convenzione, sono state elaborate sul modello della Dichiarazione Universale del 1948 ed adattate ad un progetto d’iniziativa “regionale”, ovvero per creare un meccanismo di controllo valido per un’area geo-politica relativamente omogenea sul piano culturale e ideologico, quella dei Paesi europei, quindi più congeniale e dunque accettabile.
Questo non ha implicato una frammentazione dei diritti, ma semplicemente una ripresa dei concetti e delle interpretazioni della Dichiarazione delle Nazioni Unite in riferimento a un ambito geo-politico definito .
Infatti la Convenzione, come esplicitato nel suo preambolo, si fonda sul “riconoscimento di un patrimonio comune di tradizioni e ideali politici…per assicurare la garanzia collettiva di alcuni dei diritti enunciati nella Dichiarazione Universale” .
La Convenzione, oltre ad elencare una serie di diritti e libertà da tutelare, istituisce una Corte con giurisdizione su tutti gli Stati membri a cui tutti gli individui hanno il diritto di ricorrere direttamente per denunciare violazioni da parte degli Stati membri .
È tale diretta accessibilità da parte dei privati ad un organo giudiziario internazionale che rende la Convenzione un unicum nel panorama della tutela dei diritti umani.
Sono ormai trascorsi più di cinquanta anni dalla sua approvazione, ma la Convenzione è riuscita a mantenersi attuale adattandosi alle trasformazioni sociali, economiche e culturali che hanno coinvolto gli Stati Membri e, in generale, la comunità internazionale, grazie a una puntuale attività interpretativa da parte dei giudici della Corte che, in numerose sentenze, hanno chiarito e attualizzato il senso della portata dei diritti contenuti nella Convenzione .
Secondo la dottrina, l’operato dei giudici della Corte in questa direzione ha contribuito a creare un quadro comune di riferimento per i differenti ordinamenti giuridici europei , come la Commissione europea dei Diritti dell’uomo aveva descritto nella decisione Austria c. Italia : “Nel concludere la Convenzione, gli Stati contraenti non hanno voluto concedersi diritti e obblighi reciproci utili al perseguimento dei loro interessi nazionali rispettivi, bensì realizzare gli obiettivi ed ideali del Consiglio d’Europa, quali li enuncia lo Statuto, ed instaurare un ordine pubblico comunitario delle libere democrazie d’Europa al fine di salvaguardare il loro patrimonio comune di tradizioni politiche, di ideali, di libertà e di preminenza del diritto”.
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Informazioni tesi
Autore: | Ilaria Di Dio |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2006-07 |
Università: | Università per stranieri di Perugia |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Relazioni internazionali |
Relatore: | Francesco Duranti |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 103 |
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