Infatti la Convenzione, come esplicitato nel suo preambolo, si fonda sul
“riconoscimento di un patrimonio comune di tradizioni e ideali politici…per
assicurare la garanzia collettiva di alcuni dei diritti enunciati nella Dichiarazione
Universale”
3
.
La Convenzione, oltre ad elencare una serie di diritti e libertà da tutelare,
istituisce una Corte con giurisdizione su tutti gli Stati membri a cui tutti gli individui
hanno il diritto di ricorrere direttamente per denunciare violazioni da parte degli Stati
membri
4
.
È tale diretta accessibilità da parte dei privati ad un organo giudiziario
internazionale che rende la Convenzione un unicum nel panorama della tutela dei
diritti umani.
Quello della Convenzione è considerato anche un “sistema ibrido”
5
a causa
della particolare interazione tra il livello internazionale e il livello nazionale di
garanzia dei diritti che la caratterizza.
Il sistema di salvaguardia che si viene in tal modo a determinare, implica infatti
una collaborazione collettiva di tutti i membri sotto il controllo della Corte, che
“travalica l’ambito della semplice reciprocità tra gli Stati Contraenti” e crea “obblighi
oggettivi che godono di una protezione collettiva.”
6
Sono ormai trascorsi più di cinquanta anni dalla sua approvazione, ma la
Convenzione è riuscita a mantenersi attuale adattandosi alle trasformazioni sociali,
3
Preambolo della Convenzione: “I Governi firmatari, Membri del Consiglio d'Europa;Considerata la Dichiarazione
Universale dei Diritti dell'Uomo, proclamata dall'Assemblea delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948; Considerato che
questa Dichiarazione tende a garantire il riconoscimento e l'applicazione universali ed effettivi dei diritti che vi sono
enunciati; Considerato che il fine del Consiglio d'Europa è quello di realizzare un'unione più stretta tra i suoi Membri, e
che uno dei mezzi per conseguire tale fine è la salvaguardia e lo sviluppo dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà
fondamentali; […]”.
4
Articolo 34 della Convenzione: “The Court may receive applications from any person, non-governmental organisation
or group of individuals claiming to be the victim of a violation by one of the High Contracting Parties of the rights set
forth in the Convention or the protocols thereto. The High Contracting Parties undertake not to hinder in any way the
effective exercise of this right”.
5
ROZAKIS C.L., «The European Convention of Human Rights as an International Treaty», in Mélanges en l'honneur
de Nicolas Valticos: droit et justice, Dupuy, R.-J. (ed.), Paris, 1999, p.497-506.
6
Ireland v. United Kingdom, 18 january 1978, Series A. n.25.
4
economiche e culturali che hanno coinvolto gli Stati Membri e, in generale, la
comunità internazionale, grazie a una puntuale attività interpretativa da parte dei
giudici della Corte che, in numerose sentenze, hanno chiarito e attualizzato il senso
della portata dei diritti contenuti nella Convenzione
7
.
Secondo la dottrina, l’operato dei giudici della Corte in questa direzione ha
contribuito a creare un quadro comune di riferimento per i differenti ordinamenti
giuridici europei
8
, come la Commissione europea dei Diritti dell’uomo aveva
descritto nella decisione Austria c. Italia
9
: “Nel concludere la Convenzione, gli Stati
contraenti non hanno voluto concedersi diritti e obblighi reciproci utili al
perseguimento dei loro interessi nazionali rispettivi, bensì realizzare gli obiettivi ed
ideali del Consiglio d’Europa, quali li enuncia lo Statuto, ed instaurare un ordine
pubblico comunitario delle libere democrazie d’Europa al fine di salvaguardare il
loro patrimonio comune di tradizioni politiche, di ideali, di libertà e di preminenza
del diritto”.
Scopo di questo lavoro è descrivere l’evoluzione della tutela dei diritti umani
sviluppata dalla Convenzione e dall’azione della Corte, sia sul piano internazionale,
attraverso l’azione “armonizzatrice” di Strasburgo, sia su quello degli ordinamenti
nazionali, in cui gli Stati provvedono al rispetto del contenuto della Convenzione con
particolare riguardo all’esecuzione delle sentenze emesse in constatazione di
violazioni.
7
KRÜGER H. C., POLAKIEWICZ J., «Propositions pour la creation d’un système cohèrent de protection des droits de
l’homme en Europe/ La Convention européenne des droits de l’homme et la Charte de droits fondamentaux de l’Union
européenne», in Revue Universelle des droits de l’homme, Volume 13/2001, p.2.
8
DE SALVIA M., La Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, Cedam, 2000, p. 57; WILDHABER L., «De l’évolution
des idées sur les missions de la Cour européenne des Droits de l’Homme», in Promoting justice, human rights and
conflict resolution through international law; La promotion de la justice, des droits de l’homme et du règlement des
conflicts par le droit international: Liber Amicorum Lucius Caflisch, KOHEN Marcelo G. (ed.), Leiden, Nijhoff, 2007,
pp. 639-654; WILDHABER L., «Un avenir constitutionnel pour la Cour européenne des Droits de l’Homme?», in Revue
Universelle des droits de l’homme, Volume 14/2002, pp. 1-2; CARTABIA M., «La Cedu e l’ordinamento italiano:
Rapporto tra fonti, rapporto tra giurisdizioni», in All’incrocio tra Costituzione e Cedu. Il rango delle norme della
Convenzione e l’efficacia interna delle sentenze di Strasburgo, atti del seminario del 9 marzo 2007, Ferrara, a cura di
BIN R., BRUNELLI G., PUGIOTTO A., VERONESI P., Giappichelli, 2007, p. 4-5; NASCOU-PERRAKI Paroula, “Protocol 14
to the European Convention of human rights and fundamental freedoms. Paving the way to a new European Court of
Human Rights?”, in Helenic review of European Law, Thessaloniki Bar Association, December 2004, pp. 131-137.
9
Commissione europea dei Diritti dell’uomo, decisione 788/60, Austria c. Italia, Annuario Cedu, volume 4, p. 117.
5
Nel primo capitolo si farà una descrizione forzatamente sintetica della storia e
dei contenuti della Convenzione, nonchè del passaggio da una giurisdizione a tre
organi all’attuale “Corte unica” permanente.
Nel secondo capitolo verrà invece analizzato il Protocollo n. 14 di riforma della
Convenzione, che, sebbene non sia ancora entrato in vigore, è destinato a portare
cambiamenti rilevanti all’interno della giurisdizione di Strasburgo.
Nel terzo capitolo ci occuperemo, infine, del rapporto tra la Convenzione e gli
ordinamenti nazionali, rispetto ai quali la Corte agisce da “strumento costituzionale
dell’ordine pubblico europeo”, secondo la formula contenuta nella sentenza Loizidou
v. Turkey, del 1995
10
.
In particolare, confronteremo le diverse realtà nazionali, sia sotto il profilo
dell’incorporazione formale della Convenzione, sia sotto il profilo, più interessante,
dell’adattamento alla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, momento in cui si
compie la convergenza di quello standard minimo comune di tutela dei diritti in
Europa alla base della Convenzione.
In particolare si analizzeranno il caso austriaco, il caso francese e il caso
italiano.
Per concludere, sarà fatto un breve accenno ai rapporti tra la Corte di
Strasburgo e la Corte di Lussemburgo, e al rischio che ci si imbatta in un regime
“concorrente” tra le due Corti, anche a seguito della disposizione, nel Protocollo n.
14, che prevede l’adesione dell’UE alla Convenzione.
10
Loizidou v. Turkey, eccezioni preliminari, paragrafo 75.
6
Capitolo I La Convenzione europea dei Diritti dell’uomo
1.1 Sintesi storica
La Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali (questo il nome per intero) è stata elaborata nell’ambito del
Consiglio d’Europa ed è stata firmata a Roma il 4 novembre 1950, entrando in
vigore il 3 settembre 1953. Ratificata via via dagli Stati membri del Consiglio
d’Europa, ad essa aderiscono, ad oggi, tutti gli attuali 47 Stati membri del
Consiglio d’Europa.
Si tratta di un trattato multilaterale avente natura particolare, poiché da un
lato enuncia una serie di diritti e libertà civili e politiche, dall’altro istituisce un
sistema di protezione finalizzato a garantire il rispetto da parte degli Stati
contraenti degli obblighi assunti.
La responsabilità di questo controllo era in principio affidata a tre
istituzioni: la Commissione europea dei diritti dell’uomo (istituita nel 1954), la
Corte europea dei diritti dell’uomo (istituita nel 1959) e il Comitato dei Ministri
del Consiglio d’Europa, composto dai Ministri degli affari esteri degli Stati
Membri.
Successivamente, con l’entrata in vigore del Protocollo n. 11 a partire dal
1° novembre 1998, è venuta meno la Commissione a vantaggio di un ruolo
rafforzato della c.d. “Corte unica”.
Il testo attualmente vigente della Convenzione consiste in un Preambolo e
in 66 articoli, di cui i primi 18 contengono un elenco di diritti ed i limiti alla loro
applicazione; gli articoli dal 19 al 56 disciplinano il funzionamento della Corte,
incaricata di vigilare sul rispetto dei diritti previsti, mentre i restanti articoli (dal
55 al 66) riguardano le disposizione circa la ratifica, l’entrata in vigore, l’ambito
di applicazione e di validità della Convenzione.
7
L’elenco dei diritti e libertà previsti dalla Convenzione ricalca
sostanzialmente, nella fase iniziale, quello della Dichiarazione universale dei
diritti dell’uomo del 1948, ovvero, il diritto alla vita, il divieto di tortura, il diritto
alla libertà e sicurezza, la libertà di pensiero, di coscienza, di religione di
espressione, di riunione, di associazione, di matrimonio, etc.
Successivamente alla sua entrata in vigore, sono stati adottati 12 protocolli
aggiuntivi per integrare l’elenco dei diritti riconosciuti: il Protocollo addizionale
n.1, del 1952, ha aggiunto la protezione della proprietà, il diritto all’istruzione ed
il diritto alle libere elezioni.
Con il Protocollo n. 4, del 1963, si sono aggiunti il divieto di
imprigionamento per debiti, la libertà di circolazione, il divieto di espellere
cittadini e di eseguire espulsioni collettive di stranieri.
Con il Protocollo n. 6, del 1963, viene abolita la pena di morte tranne che
in caso di guerra mentre il Protocollo n. 7, del 1984, completa l’elenco dei diritti
con la previsione di garanzie procedurali in caso di espulsione di stranieri, il
diritto a un doppio grado di giurisdizione penale, il diritto al risarcimento in caso
di errore giudiziario e di non essere punito due volte per lo stesso reato, nonché
l’affermazione dell’uguaglianza tra sposi.
Il Protocollo n. 12 viene invece ampliata la gamma dei diritti con
l’introduzione del divieto di ogni tipo di discriminazione (colore, razza sesso,
lingua, religione, opinioni, origine nazionale o sociale, legami con minoranze
nazionali, proprietà, nascita ed ogni altra condizione)
11
.
Secondo quanto detto sopra, l’elemento che caratterizza maggiormente la
Convenzione è l’istituzione di un apparato istituzionale preposto a garantire
l’effettivo rispetto dei principi in essa contenuti, sanzionando le eventuali
violazioni
12
.
11
Per consultare l’elenco delle disposizioni contenute nei protocolli aggiuntivi vedi: ALLEGRI M.R. Le Organizzazioni
Internazionali (Strategie e strumenti della Comunità Internazionale) Cedam, Padova, 2002, p.174; KRÜGER H.C.,
POLAKIEWICZ J., cit., p. 3.
12
ALLEGRI M.R., op. cit., pp. 174-175.
8
Nel sistema originariamente previsto dalla Convenzione nel 1950, tale
compito era affidato ad una Commissione europea dei Diritti dell’uomo e ad una
Corte europea dei Diritti dell’uomo. La Commissione era composta da un numero
di membri pari al numero delle Parti Contraenti, eletti con mandato di sei anni dal
Comitato dei Ministri, aveva il compito di ricevere le denunce da parte degli Stati
nonché le denunce individuali di singoli individui, organizzazioni non
governative o gruppi di privati, qualora gli Stati avessero accettato il diritto di
ricorso individuale, che lamentavano inosservanze della Convenzione da parte di
altri Stati contraenti.
La Commissione poteva ricevere denunce solo dopo l’esaurimento delle
vie di ricorso interne e non oltre i sei mesi dalla sentenza definitiva. Dopo aver
verificato la ricevibilità del ricorso, la Commissione aveva la facoltà di risolvere
la questione attraverso una procedura di composizione amichevole della
controversia, oppure, in caso di impossibilità a pervenire ad una soluzione, essa
aveva il compito redigere un rapporto con cui accertava i fatti ed esprimeva un
parere sul caso, che veniva poi trasmessa al Comitato dei Ministri.
Nel caso in cui lo Stato avesse accettato la giurisdizione della Corte, la
Commissione o qualunque Stato membro coinvolto, entro un periodo di tre mesi
dalla trasmissione del rapporto al Comitato dei Ministri, potevano portare il caso
davanti la Corte affinchè questa si pronunciasse in via definitiva. Con
l’approvazione del nono protocollo nel 1990, anche agli individui è stato
concesso di presentare il ricorso alla Corte.
L’intervento della Corte non costituiva affatto una fase necessaria della
procedura di ricorso, ma solo un procedimento eventuale e limitato all’ esplicita
accettazione della sua giurisdizione da parte degli Stati
13
.
Se il caso non veniva presentato davanti la Corte, il Comitato dei Ministri
decideva se vi era stata o meno una violazione e, in caso di accertamento
accordava un risarcimento per equa soddisfazione al ricorrente.
13
ALLEGRI M.R., op. cit., p. 176.
9
A partire dagli anni ottanta, il progressivo allargamento del Consiglio
d’Europa ha determinato un notevole aumento dei ricorsi presentati alla
Commissione e alla Corte, rendendo impossibile garantire l’espletamento dei
procedimenti in tempi ragionevoli.
I dati ufficiali riportati dal Consiglio d’Europa, denunciano un passaggio
da 404 casi iscritti al ruolo dalla Commissione nel 1981 a 4750 del 1997; anche la
Corte ha registrato una situazione simile, vedendo passare il numero dei casi
presentati da 7 nel 1981 a 119 nel 1997.
Dopo un lungo dibattito, si è deciso di adottare un protocollo di riforma del
sistema giurisdizionale istituito dalla Convenzione
14
.
Scopo di questo Protocollo era di semplificare la struttura al fine di
abbreviare la durata delle procedure e rafforzare al tempo stesso il carattere
giudiziario del sistema, rendendolo obbligatorio.
Il Protocollo n. 11 vede dunque la luce a Strasburgo l’11 maggio 1994 ed
entra in vigore il 1° novembre 1998, semplificando la struttura del ricorso agli
organi della Convenzione. La Commissione cessa di esistere e la Corte, che viene
trasformata in un organo a carattere permanente, ne assorbe le funzioni
15
.
Il carattere del sistema di protezione istituito dalla Convenzione si evolve
dunque da subordinato a obbligatorio, da politico a giuridico
16
.
14
ALLEGRI M.R., op. cit., ibidem..
15
Questa sintesi della storia della Convenzione è tratta dal sito istituzionale del Consiglio d’Europa, consultabile
all’indirizzo www.coe.int, in particolare si guardi la sezione riservata alla Convenzione europea dei Diritti dell’uomo,
Struttura e attività.
16
MAHONEY P., «The Changing Face of the European Court of Human Rights», in os Rumos do direito internacional
dos direitos humanos: ensaios em homanegem ao professor Antônio Augusto Cançado Trindade, Renato Zerbini
Ribeiro Leão ed, Volume 2/2005, p. 261.
10
1.2 Contenuto attuale
1.2.1 Diritti civili e politici, economici e sociali
La Convenzione europea, nelle parole del presidente della Corte Jean Paul
Costa, rappresenta una lista di diritti e libertà che non può essere pensata come
una lista chiusa
17
.
Come dimostrato dai protocolli che con il tempo hanno contribuito a
incrementare l’elenco di quelli già contenuti nel 1950, i diritti variano a seconda
del tempo, dello spazio e delle circostanze.
In riferimento al primo testo della Convenzione, troviamo solo una parte
dei diritti garantiti anche dalla Dichiarazione universale del 1948, non solo
perché la preferenza è ricaduta, in fase di preparazione della Convenzione, “sui
diritti e sulle libertà che hanno ottenuto consenso generale attraverso uso e
consuetudini in Europa e nelle democrazie pluraliste”
18
, ma anche per
l’impossibilità di attuare una tutela di carattere giudiziario a base individuale
estesa ad un’ampia sfera di diritti
19
.
È stato dunque scelto un criterio selettivo, che ha portato a scegliere i diritti
e le libertà per cui sarebbe stato possibile garantire una protezione su base
individuale, ed in particolare l’attenzione degli autori della Convenzione è
ricaduta sui diritti politici, più che su quelli economici e sociali, i quali sono
scuramente più difficili da tutelare.
17
COSTA J.P., «The European Court of Human and its recent case law », in Texas International Law Journal, Volume
38/2003, p. 459.
18
MAHONEY P., op. cit., p. 257.
19
DE SALVIA M., op. cit., p. 64.
11
A parte alcuni diritti sociali compresi nella Convenzione
20
, è attraverso la
giurisprudenza della Corte che essi vengono ricondotti nella sfera di protezione
della Convenzione, al pari dei diritti in essa già presenti.
Nella sentenza Airey v. Ireland, del 1979, si legge "The Court […]
considers, like the Commission, that the mere fact that an interpretation of the
Convention may extend into the sphere of social and economic rights should not
be a decisive factor against such an interpretation; there is no water-tight division
separating that sphere from the field covered by the Convention”.
Possiamo comunque dividere i diritti elencati, contenuti nella
Convenzione, in due categorie: diritti sostanziali e diritti procedurali
21
.
Tra i diritti sostanziali rientrano il diritto alla vita, articolo 2, il divieto
dell’uso di torture e trattamenti inumani, articolo 3, il rispetto della vita privata e
familiare, articolo 8, la libertà di pensiero, coscienza, religione, articolo 9, la
libertà di espressione e di associazione, articoli 10 e 11.
Tra i diritti procedurali ricordiamo invece il diritto alla libertà e alla
sicurezza, articolo 5, il diritto ad un equo processo, articolo 6, e all’articolo 7, il
principio nullum crimen, nulla poena sine lege.
1.2.2 Sussidiarietà del sistema europeo di protezione dei diritti
dell’uomo
In un sistema di protezione collettiva sovranazionale dei diritti come quello
istituito dalla Corte, non è possibile creare “un’uniformità assoluta della
disciplina dei diritti e delle libertà”
22
.
Pertanto, è accordato agli Stati un margine d’apprezzamento per la scelta
delle misure ritenute più adatte a realizzare gli scopi della Convenzione
23
.
20
Diritto d’associazione (articolo 11 Convenzione), protezione della proprietà (articolo 1, Protocollo n. 1), diritto
all’educazione (articolo 2, Protocollo n. 1), diritto all’ uguaglianza tra coniugi (articolo 7, Protocollo n. 5).
21
COSTA J.P., op. cit., p. 460.
22
DE SALVIA M., op. cit., p. 73.
12