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Ridere per far bene a se stessi o per far ridere gli altri? L'umorismo nella clownterapia

Intorno agli anni ’70 alcuni esperimenti hanno messo in luce le proprietà benefiche che l’utilizzo dell’umorismo, la generazione di riso ed il pensiero positivo possono produrre nell’uomo. Nasce così la geleotologia, disciplina che studia la relazione tra umorismo e salute, che ha come sua applicazione diretta e concreta la clownterapia (o terapia del sorriso). Patch Adams può essere definito il padre fondatore di questa nuova arte, che consiste principalmente in una serie di visite buffe offerte dai clown- dottori in tutte quelle strutture nelle quali generalmente la sofferenza (sia fisica che psichica) ed il disagio sono delle costanti (ospedali, case per anziani, case famiglia ecc.). La domanda intorno alla quale ruota il mio lavoro di tesi riguarda proprio i clown e la loro scelta di portare il sorriso in luoghi dove apparentemente non può esserci che sofferenza: quali sono le motivazioni che li inducono a far ridere? Fanno Ridere per far bene a se stessi o per far ridere gli altri?
La ragioni che mi hanno indotta a scegliere questo quesito come punto di partenza sono principalmente tre: 1) il mio desiderio di scoprire quale teoria è alla base dell’umorismo in generale e della clownterapia in particolare; 2) la curiosità di avere un’idea sulle motivazioni che spingono i clown-dottori a continuare nella loro attività, quali benefici ne traggono e se utilizzando l’umorismo sono più rivolti al proprio benessere ed alla propria soddisfazione o a quello degli altri; 3) conoscere un aspetto che mi appartiene in quanto io stessa faccio parte di un’associazione di clown-volontari. L’oggetto di questa ricerca riguarda appunto il rapporto esistente tra umorismo, benessere e motivazioni presenti nei clown. Allo scopo di dare una risposta alla domanda iniziale abbiamo raccolto 102 condivisioni, destinate alla mailing list dell’ associazione Vip, che i clown hanno redatto nell’arco di un anno. La scelta di utilizzare le condivisioni per l’analisi è nata dal desiderio di avere dei dati che cogliessero le impressioni istantanee dei clown-volontari dopo il servizio (in ospedale o nelle case per anziani), che mi permettessero di realizzare come essi l’avevano vissuto ed in che modo il loro umore, le loro impressioni e paure avessero influito sulle motivazioni che li inducevano a produrre situazioni umoristiche. Esse sono delle testimonianze che rappresentano la voce di chi va in ospedale portando un po’ di sé attraverso il clown che rappresenta. Un punto interessante è l’intreccio che in questo caso si crea tra l’attività volontaria e l’umorismo, che causa un incrocio di sentimenti e motivazioni, comportando anche una differenza d’approccio con gli utenti e di modalità di reazione degli stessi. Le condivisioni sono state sottoposte ad una doppia analisi, quantitativa e qualitativa. La teoria precedentemente trattata ci è stata d’aiuto nel momento in cui ci siamo trovati a realizzare le categorie e ad interpretare i dati. Tutte le categorie che abbiamo ricavato, in entrambe le analisi, fanno riferimento a tre aspetti relazionali della clownterapia, che sono: quelli riguardanti se stessi, la relazione con il gruppo la relazione con gli altri. Infatti all’interno delle diverse condivisioni è possibile trovare dei riferimenti (espliciti/impliciti; positivi/negativi) collegati a questi tre tipi di relazioni.I dati numerici ottenuti dall’analisi quantitativa sono stati in seguito confermati dall’analisi qualitativa, che ci ha permesso di entrare più in dettaglio nei particolari di ogni singola condivisione. Ciò è stato possibile attraverso un’analisi contenutistica delle frasi e dei periodi presenti in esse, che dopo essere stati comparati ci hanno portato alla stesura di 7 categorie: 1) il sorriso come primo contatto con gli utenti; 2) la risposta del clown al sorriso di un utente; 3) l’espressione del senso d’inadeguatezza dei clown; 4) contagiosità del riso e coinvolgimento dell’ambiente circostante; 5) il sorriso permette ai pazienti di proiettarsi in una realtà fantastica; 6) L’umorismo nella sua funzione aggressiva e difensiva; 7) affiatamento tra i membri del gruppo. Questa suddivisione ha messo in luce altri dati interessanti.

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5 INTRODUZIONE «Un cuore allegro fa bene come una medicina» (Proverbi 17, 22). “Ride bene chi ride ultimo”, “ridi ridi che la mamma fa gli gnocchi”, “morir dal ridere”, “ridere a crepapelle”, “ridi che ti passa” queste espressioni popolari tramandate di generazione in generazione sono di uso comune nella nostra cultura, anche se il riso in passato non ha avuto una buona reputazione. Considerato, infatti, come segno di superficialità e stoltezza, per parecchio tempo è stato allontanato dagli ambienti ritenuti seri. Probabilmente da questa concezione proviene il detto che “il riso abbonda sulla bocca degli stolti”. Nonostante ciò l’uomo ride da sempre, il riso è una reazione innata in lui, ma spesso immerso nella quotidianità, negli impegni, nelle responsabilità egli dimentica le parti più giocose e creative cha l’hanno accompagnato sin dall’infanzia. Il concetto d’umorismo visto come modo intelligente ed ingegnoso di mettere in risalto alcuni lati bizzarri della realtà, s’inserisce perfettamente con la capacità dell’uomo di recuperare questi aspetti del suo essere. L’umorismo gli offre la possibilità di giocare con il proprio Io non prendendosi troppo sul serio, aiutandolo a sviluppare il senso di autoironia e permettendogli di osservare l’umanità, con le proprie contraddizioni, in tutta la sua nudità. L’uomo che impara ad accrescere il proprio senso dell’umorismo in parte si rende immune ai colpi scagliati dal mondo, che invece diventano per lui delle occasioni di divertimento. Attraverso esso impara ad assumere un atteggiamento positivo e benevolo verso la vita e verso gli altri, acquisendo una posizione di simpatia nei confronti del

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Informazioni tesi

  Autore: Andreina Rossitto
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2004-05
  Università: Università degli Studi di Perugia
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Scienze della Comunicazione
  Relatore: Paola Nicolini
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 167

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Parole chiave

clown
clownterapia
comicità
dottore-clown
psicologia
ridere
sorridere
umorismo

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