Il concorso esterno nei reati associativi
Il problema dogmatico che si pone con il concorso esterno è quello di verificare se esista un’ulteriore area di punibilità all’interno del nostro ordinamento, oltre a quella degli intranei, costituita da quelle condotte di contiguità con associazioni criminali, ritenute dai più come socialmente pericolose, che non trovano una collocazione all’interno delle figure già esistenti.
Ancora oggi non è possibile dare una definizione univoca di concorso esterno, poiché né il legislatore, né la giurisprudenza aiutano in questo senso. Ciò che si è provato a rilevare in questo lavoro sono stati, quindi, gli elementi comuni che ricorrono nelle varie ricostruzioni della giurisprudenza, per capire se sia configurabile un concorso esterno, che cosa sia e quali problemi ponga.
Le prime esperienze di applicazione dell’istituto sono state quelle giudiziarie, relativamente a procedimenti per fatti di terrorismo o di eversione.
Era quindi necessario dotarsi di strumenti giuridico-penali capaci di consentire un controllo il più possibile esteso e duttile, e la figura del concorso eventuale è sembrata adatta allo scopo; l’incertezza dei confini, però, sembra provocare una potenziale e incontrollata espansione dell’ambito del concorso esterno, anche a causa dell’indeterminatezza e dall’eccessiva estensione della sfera della tutela penale che caratterizza la clausola di cui all’art. 110 c.p.
I reati associativi richiedono per definizione che una pluralità di persone si uniscano stabilmente per realizzare un programma comune: è per questo infatti che vengono chiamati anche reati necessariamente plurisoggettivi o a concorso necessario.
Ci siamo chiesti quindi se fosse possibile applicare la disciplina dei reati a concorso necessario ad un reato a concorso eventuale, cioè al concorso esterno.
Siamo partiti dallo studio del concorso esterno nell’associazione mafiosa: qui troviamo una maggior produzione giurisprudenziale giacché essendo molte le figure che a vario titolo (medici, politici, imprenditori, avvocati, ecc.) sono potute o possono entrarvi in contatto, più complicato appare stabilirne la responsabilità.
Partendo dallo studio di questa fattispecie dovrebbe essere possibile applicare lo stesso ragionamento analitico anche ad altre fattispecie, come le associazioni sovversive, anche se in queste, soprattutto negli anni passati, l’organizzazione era più rigida e quindi più improbabile che un esterno potesse occasionalmente avvicinarsi ad esse. Oggi, però i nuovi fenomeni di terrorismo, sia nazionale che internazionale, hanno attenuato tali caratteri di rigidità, rendendo possibile per gli “esterni” entrare in contatto con forme di criminalità organizzata - per esempio di carattere politico - dando ad esse un contributo, talvolta anche essenziale, senza essere parte dell’associazione.
Per riuscire ad immaginare lo schema di tutte le figure che ruotano attorno ad un’associazione criminale, si potrebbe ipotizzare un’immaginaria figura geometrica composta da cerchi concentrici, che ci aiuti a collocare più facilmente la relazione e la posizione di ognuna di queste.
All’interno del cerchio vi sarebbe l’intraneo, colui che è dentro l’associazione a tutti gli effetti, che è organico ad essa, che ne fa parte, come può essere un capo, un promotore o un organizzatore. Poi il primo confine labile, tra il partecipe e il concorrente eventuale materiale, un’area interessante da studiare che appassiona e fa scontrare la dottrina, la quale per lo più obietta che colui che concorre materialmente, altri non è che il partecipe; ancora sopra troviamo il concorrente eventuale morale, più pacificamente accettato, ed infine un’altra debole barriera, quella che distingue il concorso eventuale materiale dalla condotta dell’estraneo che non costituisce reato, riguardo al quale più forte si avverte l’esigenza di fissare dei limiti comportamentali certi che assicurino il rispetto dei principi di legalità e tassatività.
In particolare sono tre le pronunce fondamentali sul concorso esterno.
La prima, la sentenza Demitry del 1994 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, aveva affermato che il concorrente esterno non vuole appartenere e non è voluto quale appartenente all’associazione; se consapevole dei fini perseguiti dal gruppo è indifferente rispetto ad essi; fornisce un contributo non reiterato, nel momento in cui l’associazione entra in uno “stato di fibrillazione”, ossia quando questa si trovi in difficoltà.
La seconda, sentenza Villecco del 2001, invece, esprime l’esigenza di verificare la “tenuta” della decisione delle Sezioni Unite nel procedimento Demitry.
È l’espressa enunciazione della tesi negazionista del concorso esterno; tant’è che con questa si è prodotto un vero e proprio contrasto giurisprudenziale, da ultimo risolto con la sentenza Carnevale delle Sezioni unite.
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Informazioni tesi
Autore: | Giulia Masi |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2003-04 |
Università: | Università degli Studi Roma Tre |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Giurisprudenza |
Relatore: | Antonio Fiorella |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 157 |
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