4
nell’associazione di tipo mafioso o in altri reati associativi. Ciò è dipeso
anche dall’indeterminatezza e dall’eccessiva estensione della sfera della
tutela penale che caratterizza la clausola di cui all’art. 110 c.p.
Si può partire dallo studio del concorso esterno nell’associazione
mafiosa, perché è in questo ambito che troviamo una maggior produzione
giurisprudenziale e perché forse è più semplice affrontare questo problema
rispetto ad una fattispecie come questa, molto diffusa nel nostro Paese e
che, penetrando a più livelli nei gangli e nei meccanismi della nostra
Società, ha fatto sì che molti soggetti siano potuti o possano entrare in
vario modo in contatto con essa, rafforzandola o favorendola e quindi che
per questi si potesse ipotizzare un concorso esterno.
Partendo dallo studio di questa fattispecie dovrebbe quindi essere
possibile applicare lo stesso ragionamento analitico anche ad altre
fattispecie, come il 270 c.p. o il 270 bis c.p., nelle quali l’organizzazione è
sì più rigida, nel senso che esistono ruoli ben determinati al loro interno
per cui è più difficile ipotizzare un concorso esterno (nel senso che o stai
dentro o stai fuori), ma è pur vero che con il mutamento della nostra
società e con i nuovi fenomeni di terrorismo sia nazionale che
internazionale è possibile entrare in contatto con forme di criminalità
organizzata, per esempio di carattere politico, dando ad esse un contributo,
talvolta anche essenziale, senza essere parte dell’associazione.
E’ difficile riuscire ad immaginare lo schema di tutte queste figure
che ruotano attorno ad un’associazione criminale e soprattutto riuscire ad
individuare esattamente i confini che delimitano le aree di intervento di
ognuna di esse. Appunto per questo si potrebbe costruire un’immaginaria
figura geometrica composta da cerchi concentrici, da orbite, che ci aiuti a
memorizzare più facilmente la relazione e la posizione di ognuna di
queste.
Partiamo dal cerchio più interno, dall’intraneo, da colui che è dentro
l’associazione a tutti gli effetti, che è organico ad essa, che ne fa parte,
come può essere un capo, un promotore o un organizzatore o colui che
5
stabilmente è legato all’organizzazione e ne condivide le finalità e gli
obiettivi. Poi ecco il primo confine labile, quello tra il partecipe e il
concorrente eventuale materiale, un’area interessante da studiare che
appassiona e fa scontrare la dottrina perché, forse giustamente, si obietta
che colui che concorre materialmente, altri non è che il partecipe
3
; ancora
sopra troviamo il concorrente eventuale morale, più pacificamente
accettato
4
ed infine un’altra debole barriera, quella che distingue il
concorso eventuale materiale dalla condotta dell’estraneo che non
costituisce reato. Anche qui si sente l’esigenza di fissare dei limiti
comportamentali certi, chiari, che assicurino il rispetto dei principi di
legalità e tassatività tali da non punire chi, anche occasionalmente e
inconsapevolmente, entri in relazione con un’organizzazione criminosa: ed
ecco l’ultimo cerchio.
Per ricostruire il cammino del concorso esterno è importante seguire lo
sviluppo della giurisprudenza, attraverso la quale molte delle obiezioni
dogmatiche sono state superate.
3
INSOLERA, Problemi di struttura del concorso di persone nel reato, Milano, 1986,147
ss. e 150 ss. Per il concorso morale: ID., Diritto penale e criminalità organizzata,
Bologna, 1996, 108; FIANDACA - MUSCO, Diritto penale. Parte generale, 4^ ed., Bologna
2001, 492 – 493; FIANDACA, La contiguità mafiosa degli imprenditori tra rilevanza
penale e stereotipo criminale (Nota a Trib. Catania, sent.-ord. 28 marzo 1991, Amato ed
altri) in Foro it. 1991, II, 475-476; in giurisprudenza, in tal senso Cass. Pen., sez. I, 19
gennaio 1987, Cillari, in Cass. Pen. 1989, 34; Cass. Pen., sez. I, 18 maggio 1994,
Clementi, in Foro it., 1994, II, 560; Cass. Pen, sez. I, 18 marzo 1994, Mattina, in Cass.
Pen. 1994, 2685; Trib. Catania, 8 marzo 1994, Di Grazia e altro, in Riv.it.dir. e proc.pen.,
1994, 1187, con commento, in termini adesivi a tale impostazione, di MANNA,
L’ammissibilità di un cd. Concorso “esterno” nei reati associativi, tra esigenze di
politica criminale e principio di legalità, (Nota a G.i.p. T. Catania, 8 marzo 1994, Di
Grazia) in Riv. it. dir. e proc. pen., 1994, 1192-1194.
4
SPAGNOLO, L’associazione di tipo mafioso, Padova, 1997, 135, che ammette il concorso
morale anche in rapporto alle condotte associative qualificate; ID., Reati associativi, in
Enc. Giur., Aggiornamento, V, Roma, 1996, 9; TURONE, Il delitto di associazione
mafiosa, Milano, 1995, 327-328; FIANDACA - MUSCO, Diritto penale. Parte generale, 4^
ed., Bologna, 2001, 492; CONTENTO, Il concorso di persone nei reati associativi e
plurisoggettivi, in Scritti 1964-2000, Bari, 2002, 116-117.
6
A tal proposito, c’è una sentenza fondamentale attorno alla quale si
svolge il dibattito sul concorso esterno: la sentenza Demitry
5
del 1994
delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.
La sentenza Villecco
6
del 2001, invece, esprime l’esigenza di
verificare la “tenuta” della decisione delle Sezioni Unite nel procedimento
Demitry. E’ l’espressa enunciazione della tesi negazionista del concorso
esterno.
Con la Villecco si è prodotto un contrasto giurisprudenziale,
emerso in occasione del processo Carnevale, che ha fatto sì che la
soluzione giuridica fosse rimessa al giudizio delle Sezioni Unite penali: si
può forse dire che la sentenza Carnevale
1
, ad oggi, rappresenti la sintesi
delle due sentenze Demitry e Villecco.
In esse si ammette sì il concorso esterno, ma distinguendolo in due
punti fondamentali: la non necessarietà dello stato di “fibrillazione “ della
associazione e la struttura del dolo, introducendo la categoria del dolo
diretto.
L’analisi giuridica che si seguirà nel presente lavoro terrà quindi in
estrema considerazione le argomentazioni dei giudici della Suprema Corte
per ricostruire la fattispecie del concorso esterno al fine di ammetterne o
meno la configurabilità.
5
Cass. Sez. Un., 28 dicembre 1994, Demitry, in Foro It. 1995, II, 422 ss.
6
Cass. Sez. VI, 23 gennaio 2001, Villecco, in Foro it. 2001, II, 405.
7
CAPITOLO PRIMO
§ 1. La struttura della condotta concorsuale
Si ha concorso di persone nel reato -la societas sceleris dei pratici
medievali- quando più persone pongono in essere insieme un reato che
astrattamente può essere realizzato anche da una sola persona.
Il fenomeno viene chiamato anche concorso eventuale di persone per
contraddistinguerlo dal c.d. concorso necessario di persone, che si ha
quando è la stessa norma incriminatrice di parte speciale a prevedere, per
l’esistenza del reato, una pluralità di soggetti attivi (ad esempio, la rissa).
Mentre nel primo caso si tratta soltanto di una forma eventuale di
realizzazione plurisoggettiva di un reato astrattamente monosoggettivo, nel
secondo si tratta invece di un’autonoma categoria di reati che la moderna
dottrina
7
chiama più propriamente reati plurisoggettivi
8
.
Le azioni dei concorrenti, consapevolmente dirette ad un unico
risultato ed integrantisi a vicenda, perdono la loro individualità per
diventare parte di un tutto unitario, di un fatto unico e comune. Come tali,
appartengono non solo a chi le ha materialmente poste in essere, ma a tutti
quanti i concorrenti.
Pertanto, in quanto risultato calcolato o calcolabile di un’operazione
comune, il reato posto in essere è attribuibile (dolosamente o
colposamente) per intero a ciascun concorrente, che ne risponderà come di
un fatto proprio.
Le fattispecie incriminatrici di parte speciale sono di regola
“monosoggettive”, cioè modellate sull’autore individuale.
7
SPAGNOLO, I reati associativi, in Enc. Giur, Aggiornamento, V, Roma, 1996, 1.
8
Su tale argomento confronta ADAMI, Il concorso eventuale nei reati plurisoggettivi e, in
particolare, nei delitti associativi in Cass. pen., 1997, 2291; DELL’ANDRO, La fattispecie
plurisoggettiva in diritto penale, Milano, 1956 ; SEMINARA, Tecniche normative e
concorso di persone nel reato, Milano, 1987; PADOVANI, Le ipotesi speciali di concorso
nel reato, Milano, 1973; NUVOLONE, Il sistema del diritto penale, 2^ ed., Padova, 1992.
8
Negli ordinamenti a legalità sostanziale la punibilità dei concorrenti
non ha tuttavia bisogno di essere espressamente prevista ma si ricava dalla
stessa nozione materiale di reato (c.d. concezione estensiva dell’autore)
9
.
Poiché è “reato” ogni condotta socialmente pericolosa di grado
rilevante e poiché ne è “autore” chiunque ponga in essere una siffatta
condotta, tutti i compartecipi, in quanto hanno consapevolmente
contribuito alla verificazione del reato comune, ne sono per ciò solo tutti
autori
10
.
Esistono varie teorie per spiegare la punibilità del concorso: quella
prevalente è la teoria della fattispecie plurisoggettiva eventuale, per la
quale dalla combinazione della norma sul concorso con la norma
incriminatrice di parte speciale nasce una nuova fattispecie plurisoggettiva
autonoma e diversa da quella monosoggettiva e che ad essa si affianca con
una sua “nuova tipicità”: la fattispecie del concorso di persone nel reato
11
.
In base a questa fattispecie, non occorre più che tutta la condotta
esecutiva sia posta in essere da un solo soggetto e che quindi vi sia una
9
MANTOVANI, Diritto penale, Padova, 2001, 511.
10
Nel nostro diritto penale tale funzione estensiva è assolta dall’art. 110 c.p., il quale
statuisce che ”Quando più persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna soggiace alla
pena per questo stabilita”.
11
Contrapposta ad essa troviamo la teoria dell’accessorietà, in base alla quale non
sempre è vero che la condotta concorsuale atipica, alla stregua della norma incriminatrice
di parte speciale, accede ad una condotta “principale” altrui, ma invece è sempre vero che
la rilevanza di una condotta concorsuale è subordinata alla realizzazione del fatto
descritto da tale norma. Secondo questa teoria i contributi concorsuali sono sempre
accessori, o complementari, in rapporto alla realizzazione del fatto. Anche la condotta del
coautore e di chi contribuisce ad un’esecuzione frazionata, accedono, o, se si vuole, sono
complementari alla realizzazione del fatto nella sua integrità. Non si tratta di una mera
accessorietà tra norme, ma ancor prima, di accessorietà delle diverse condotte rispetto ad
un fatto. Ed è probabilmente questo il contenuto ideologico fondamentale, della teoria,
che occorre valorizzare: la punibilità del concorrente, dipende, ed è accessoria, rispetto
alla realizzazione del fatto. Si tratta di una dipendenza logica e, soprattutto, teleologica:
non si possono punire i concorrenti, se non si è realizzato un fatto previsto da una norma
incriminatrice di parte speciale, e tale fatto costituisce il principale, mentre i contributi
che non realizzano il fatto formano l’accessorium. L’accessorietà risulta così legata ad
un diritto penale del fatto sotto un duplice profilo: è sempre necessaria per punire i
concorrenti un’offesa di beni giuridici, ed è la condotta che realizza tale offesa, quella
principale. Infatti è opinione dominante quella per cui l’art. 115 c.p. costituisce,
unitamente alla non punibilità del tentativo di concorso, un’esplicazione del principio di
accessorietà. Cfr. per tutti PEDRAZZI, Il concorso di persone nel reato, Palermo, 1952, 28
ss., con la significativa osservazione secondo cui, sul punto, una disciplina diversa da
quella riconducibile all’idea di accessorietà non sarebbe “democraticamente ispirata”.
9
condotta principale, cui accedano le condotte secondarie dei partecipi:
l’esecuzione del reato può essere frazionata tra le condotte di più soggetti.
Ed è proprio in rapporto a tale fattispecie che va stabilito se la condotta di
ciascun soggetto è tipica.
Quando infatti le loro condotte presentano i requisiti costitutivi della
fattispecie plurisoggettiva, esse sono tipiche anche se tali non sarebbero se
raffrontate con le fattispecie del reato monosoggettivo.
Poiché un’associazione richiede per definizione una pluralità di
persone che si uniscono stabilmente per realizzare un programma comune,
i reati associativi rientrano nella più ampia categoria dei reati
necessariamente plurisoggettivi o a concorso necessario
12
, la cui
trattazione verrà ripresa più avanti.
Infatti il dibattito intorno alla configurabilità del concorso eventuale
nei reati associativi ruota in misura rilevante intorno alla possibilità di
distinguere e di isolare un tale concorso eventuale dalla partecipazione,
semplice o qualificata, all’associazione; la soluzione prescelta in materia di
concorso dipende quindi dalla nozione di partecipazione.
Ma bisogna distinguere tra concorso di persone nel reato e
associazione. Mentre nel primo caso l’accordo criminoso è circoscritto alla
commissione di uno o più reati singolarmente individuati e si esaurisce
dopo la loro commissione, nel secondo caso, invece, il pactum sceleris
12
SPAGNOLO, I reati associativi, in Enc. Giur,1; ID, Dai reati meramente associativi ai
reati a struttura mista, in AA.VV., Beni e tecniche della tutela penale, Milano, 1987, 42
ss.; ID, Criminalità organizzata e reati associativi: problemi e prospettive, in Riv. It. Dir.
proc. pen. 1998, 1161 ss; DELPINI, Concorso di persone nel reato e reati
associativi, Milano, Università degli studi, 1993; MONTANARA, Aspetti problematici dei
reati associativi, Latina, 1985; PISA, Delitti contro la pubblica amministrazione e
contro la giustizia, reati associativi /, Padova, 1997; CASELLI/PERDUCA, I delitti contro la
personalità dello Stato, in Codice Penale. Parte speciale, Giurisprudenza sistematica di
diritto penale, I, Torino, 1984, 1 ss.; CONTENTO, Il concorso di persone nei reati
associativi e plurisoggettivi, in Scritti 1964-2000, Bari, 2002, 109 ss.; CONTIERI, I delitti
contro l’ordine pubblico, Milano, 1961; DE MAGLIE, Teoria e prassi dei rapporti tra reati
associativi e concorso di persone nei reati- fine, in Riv. It. Dir. proc. pen. 1987, 924 ss.;
DE VERO, I reati associativi nell’odierno sistema penale, in Riv. It. Dir. proc. pen. 1998,
385 ss.; GROSSO, Le fattispecie associative: problemi dogmatici e di politica criminale, in
AA.VV., Criminalità organizzata e risposte ordinamentali, a cura di Sergio Moccia,
Napoli, 1999, 133 ss.
10
prescinde dalla commissione dei singoli reati ed è caratterizzato
dall’esistenza di una struttura organizzata più o meno complessa e dalla
predisposizione di mezzi necessari all’attuazione del programma comune a
tutti gli associati
13
.
Quanto agli elementi costitutivi della partecipazione, essi vanno
costruiti sulla base dei principi generali in materia di reato, perché la
combinazione degli artt.110 ss. con la norma incriminatrice di parte
speciale dà luogo ad una nuova fattispecie autonoma di reato, lasciando
però senza soluzione il problema della “tipicità” della partecipazione, non
determinandone, cioè, gli elementi costitutivi
14
.
Si deve distinguere tra elemento oggettivo e elemento soggettivo.
In riferimento all’elemento oggettivo, il primo requisito è che il reato
sia commesso da un numero di soggetti superiore a quello che la legge
ritiene necessario per l’esistenza del reato. Infatti, mentre nei reati
monosoggettivi sono necessari e sufficienti almeno due soggetti, nei reati
plurisoggettivi il concorso è possibile da parte di una o più persone diverse
dai soggetti essenziali.
Ogni persona che coopera materialmente alla commissione di un
reato può assumere la veste del concorrente ed il concorso può esistere
anche tra persone non tutte punibili.
Per integrare la fattispecie incriminatrice del concorso occorre
l’attività di più soggetti, ma non anche che questi siano tutti imputabili ed
abbiano tutti agito con dolo, poiché ciò riguarda non la sussistenza del
concorso ma soltanto la punibilità o il titolo della punibilità dei
concorrenti
15
.
Per quanto riguarda l’elemento soggettivo, invece, per il principio
costituzionale della responsabilità personale occorre che al concorrente sia
13
Cass., Sez. I, 7 giugno 1995, Cortinovis, in Riv. Pen. 1996, 226. Ma si veda anche
Cass., Sez. III, 30 luglio 1992, Bianchi, in Riv. Pen. 1993, 600; Cass., Sez. I, 22 luglio
1995, Barchiesi, in Ced Cass. rv. 202192.
14
MANTOVANI, Diritto penale, Padova, 2001, 518.
15
MANTOVANI, Diritto penale, cit., 520.
11
attribuibile psicologicamente non solo la condotta da lui
materialmente posta in essere ma anche l’intero reato realizzato in
concorso con gli altri soggetti.
Quanto alla struttura del dolo di concorso, non è necessario il
“previo concerto”
16
.
Si discute
17
invece se sia necessaria la c.d. volontà comune, ossia se
occorra che tutti i concorrenti abbiano la reciproca coscienza e volontà di
cooperare con gli altri o se basti che anche uno solo abbia la coscienza e
volontà della realizzazione comune del fatto (concorso unilaterale).
Per la dottrina prevalente
18
non occorre, per aversi concorso, la
reciproca consapevolezza dell’altrui contributo, essendo sufficiente che
tale consapevolezza esista in uno solo dei concorrenti, che vi sia la
coordinazione delle forze anche da parte di uno solo di essi.
La coscienza e volontà di cooperare è invece necessaria in ogni
singolo agente perché risponda a titolo di concorso. Altrimenti per
mancanza del dolo di concorso, egli risponderà del reato monosoggettivo e
non di concorso o neppure di questo, se la sua condotta è atipica; salva
l’eventuale responsabilità per un reato diverso se il comportamento tenuto
ne presenta gli estremi
19
.
16
MANTOVANI, Diritto penale, cit., 531. In giurisprudenza, Cass., 24 febbraio 1965, in
Giust. Pen., 1965, II, 504; ID., 21 dicembre 1965, in Cass. Pen., 1966, 820; ID., 11 marzo
1968, in Giur. It., 1969, II, 606; ID., 28 febbraio 1972, in Cass. Pen., 1973, 991; ID., 2
marzo 1982, in Giust. Pen., 1983, II, 92.
17
MANTOVANI, Diritto penale, cit., 531.
18
Così anche: Cass. pen., 26 settembre 1984, in Cass. pen., 1985, 2219; ID., 20 ottobre
1984, ivi, 1985, 2223; ID.,1 marzo 1985, in Riv. Pen., 1985, 1119; ID., 7 maggio 1985, ivi,
1986, 312; ID., 24 maggio 1986, ivi, 1987, 1119.
19
MANTOVANI, Diritto penale, cit., 532.
12
§ 1.1 L’elemento oggettivo: il nesso causale
L’esistenza del rapporto di causalità tra la condotta e l’evento è la
condizione prima ed imprescindibile, anche se non sufficiente, per
l’attribuibilità del fatto criminoso al soggetto
20
.
E’ l’art. 40 c.p. a sancire tale principio, ma la sua solenne consacrazione
è inserita nell’art. 27 Cost., che sancisce che “la responsabilità penale è
personale” .
Ma proprio l’applicazione del criterio causale ha per conseguenza
un’estensione enorme dell’ambito della punibilità e la rinuncia ad una
tipizzazione chiara e tassativa dei contributi concorsuali punibili.
Poiché alla base del concorso esterno vi è un fondamento politico-
criminale, questo ha fatto sì che anche il minimo contributo causale
risultasse punibile; da ciò discende per esempio la possibilità di punire la
mera presenza sul luogo dell’esecuzione o la mera adesione, quando esse
abbiano “rafforzato il proposito criminoso” altrui
21
.
La disciplina del concorso si trasforma, così, in una sorta di clausola di
ipertutela di beni giuridici, orientata alla copertura di qualsiasi lacuna
relativa alle fasi ideativa, preparatoria ed esecutiva del reato
22
.
La complessità dell’accertamento causale ha consentito l’affermarsi di
un orientamento giurisprudenziale che, avallato da parte della dottrina,
cerca di erodere la necessità di una dimostrazione del rapporto eziologico
dando cittadinanza a criteri di imputazione esclusivamente soggettivi.
Questo orientamento, che ritiene integrato il concorso come si è detto,
20
Art. 40 c.p. “Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato,
se l’evento dannoso o pericoloso, da cui dipende l’esistenza del reato, non è conseguenza
della sua azione od omissione”.
21
PIVA, Presenza sul luogo del reato ed effettività del contributo concorsuale, in Cass.
Pen. 2003, 1531 e ss.
22
Sul punto, con particolare riferimento al principio di personalità della responsabilità
penale, cfr. soprattutto DONINI, La partecipazione al reato tra responsabilità per fatto
proprio e responsabilità per fatto altrui, in Riv. It. Dir. Proc. Pen. 1999, 182 ss., 233 ss.,
242 ss.
13
ad esempio dalla semplice presenza sul luogo
23
, si è potuto affermare
anche grazie all’inefficienza del modello tratteggiato dall’art. 110 c. p., che
va criticato sia perché non provvede ad una descrizione delle condotte
punibili, sia perché rinuncia a limitare la discrezionalità del giudice nel
momento della commisurazione della pena
24
.
Tale articolo non chiarisce neppure se un tale nesso sia necessario.
I principali argomenti di coloro che sostengono la necessità di
abbandonare il riferimento ad una necessaria efficienza causale del
contributo concorsuale si incentrano, da un lato, sull’impossibilità di
utilizzare il modello della conditio sine qua non, e, dall’altro,
sull’impossibilità di determinare univocamente ed in modo soddisfacente il
secondo termine della relazione causale nel concorso di persone.
Sotto il primo profilo, si fa leva sull’esistenza di contributi concorsuali
della cui punibilità nessuno dubita e che, tuttavia, non possono dirsi
necessari in senso condizionalistico: ci si riferisce cioè a contributi
effettivamente impiegati ma che avrebbero potuto sostituirsi con strumenti
effettivamente o ipoteticamente disponibili al momento della realizzazione
della fattispecie incriminatrice di parte speciale
25
.
23
Vedi Cass., Sez. I, 20 dicembre 1961, in Giust. Pen.,1968, II, c.961 “[…] anche la sola
presenza sul posto e nel tempo della commissione del delitto è valida ad integrare la
partecipazione psichica, esprimendo essa una volontà criminosa del partecipe uguale a
quella dell’esecutore materiale e traendo […] dalla presenza stessa uno stimolo all’azione
ed una maggiore sicurezza nella propria condotta “ .
Su tale argomento si veda anche la recente sentenza Cass., Sez. I, 11 ottobre 2000
n.12089, Moffa, commentata da PIVA, Presenza sul luogo del reato ed effettività del
contributo concorsuale, cit. 1531 e ss.
24
DE MAGLIE, Teoria e prassi dei rapporti tra reati associativi e concorso di persone nei
reati-fine, in Riv.it. dir. proc. pen. 1987.
25
V. ad es. CONTENTO, Corso di diritto penale, II, 3°ed., Roma-Bari, 1996, 456 ss.;
PADOVANI, Diritto penale, 5° ed., Milano, 1999, 377; ALBEGGIANI, Imputazione
dell’evento e struttura obiettiva della partecipazione criminosa, in Ind. Pen. 1977, 409
ss.; VIGNALE, Ai confini della tipicità, in Riv. It. Dir. Proc. Pen. 1983, 1364 ss.; il rilievo
può considerarsi condiviso anche da chi sostiene la necessità di tener fermo il riferimento
al criterio causale nel concorso di persone, cfr. FIANDACA/MUSCO, Diritto penale, parte
generale, 460-461. Una diversa costellazione di casi ritenuti, da taluni, meritevoli di pena
concerne i contributi non effettivamente impiegati, ma idonei esclusivamente ex ante, in
relazione ai quali si invoca l’adozione di criteri prognostici.
14
Il secondo argomento critico verso l’esigenza di un’efficacia causale del
contributo concorsuale fa leva sulla difficoltà di identificare il secondo
termine del nesso causale.
Non potrebbe trattarsi sempre della condotta “principale” dell’autore,
perché una tale impostazione fallirebbe in rapporto alle ipotesi di
esecuzione frazionata
26
.
Non pare tuttavia trattarsi di obiezioni decisive
27
.
L’art. 110 c.p. riferisce il concorso al (medesimo) “reato”: al termine
deve darsi un significato che presuppone la realizzazione di un fatto tipico,
consumato o tentato. Anche i seguaci della teoria della fattispecie
plurisoggettiva eventuale partono dal presupposto che tale “nuova”
fattispecie richieda la realizzazione di tutti gli elementi della fattispecie
incriminatrice di parte speciale
28
.
Concorre, dunque, chiunque dia un contributo causale al fatto, realizzando
o contribuendo a realizzare uno dei suoi elementi costitutivi. Si può cioè
contribuire alla condotta altrui, all’evento oppure, insieme ad altri, a
realizzare la condotta complessivamente lesiva del bene giuridico.
L’obiezione relativa all’inconfigurabilità di un rapporto causale in rapporto
all’evento giuridico trascura il dato per cui l’offesa al bene tutelato deve
dipendere sempre da una modificazione del mondo esterno, da un
accadimento naturalistico in cui essa si incorpora; ed è rispetto a tale
modificazione della realtà che è sempre prospettabile una causalità lesiva,
anche quando non è possibile isolare un evento naturalistico dalla condotta
tipica
29
.
26
V. per tutti M. GALLO, Lineamenti di una teoria sul concorso di persone nel reato,
Milano, 1957, 17-18; PAGLIARO, Principi di diritto penale, Parte generale, Milano, 1996,
548 ss.; ALBEGGIANI, Imputazione dell’evento e struttura obiettiva della partecipazione
criminosa, in Ind. Pen. 1977, 408.
27
CAVALIERE, Il concorso eventuale nel reato associativo, Napoli, 2003,222.
28
Così DELL’ANDRO, La fattispecie plurisoggettiva in diritto penale, Milano, 1956 7-8,
79-81.
29
FIORELLA, Reato in generale. A) Diritto penale, in Enc. Dir., XVI, Milano, 1967, 131
ss; MAZZACUVA, Il disvalore di evento nell’illecito penale, Milano, 1983, 108 ss.,116 ss.,
134 ss.
15
Queste obiezioni non inducono comunque ad abbandonare il requisito
della causalità del contributo concorsuale ma a precisarne i contorni, in
particolare depurandolo dal fuorviante riferimento alla conditio sine qua
non ed individuando il secondo termine della relazione causale.
Ma la necessità di richiedere un contributo causale emerge in tutto il
suo valore, una volta che si prenda in considerazione l’unica reale
alternativa compiutamente prospettata, seppur con accenti diversi, in
dottrina cioè il riferimento a criteri di tipo prognostico, imperniati
sull’idoneità ex ante della condotta a contribuire alla realizzazione
concorsuale del fatto
30
.
L’impiego, in via sostitutiva o sussidiaria, del criterio prognostico mira
a consentire la punibilità di condotte concorsuali risultate ex post inefficaci
o inutili.
A tal fine, si sostiene allora che il nesso causale andrebbe valorizzato,
in relazione ai singoli contributi concorsuali, non come criterio di
imputazione, ma soltanto in funzione della tipizzazione di tali contributi,
che però potrebbe avvenire anche su altre basi, di tipo prognostico
31
.
Occorre così tener ferma la necessità dell’efficienza causale del
contributo del concorrente: essa costituisce un primo, necessario
presupposto perché un fatto possa imputarsi ad un autore come opera sua,
e quindi, risulta fondamentale ai fini di una responsabilità penale personale
ex art. 27 comma 1 Cost.
Sotto questo profilo, il nesso causale rappresenta “il presupposto
materiale della ‘dominabilità’ del fatto da parte dell’autore”
32
, quale
requisito fondamentale dell’imputazione.
30
Per una tale impostazione v. in particolare ALBEGGIANI, Imputazione dell’evento e
struttura obiettiva della partecipazione criminosa, cit., 426 ss.; MORSELLI, Note critiche
sulla normativa del concorso di persone nel reato, in Riv. it. dir. proc. pen. 1983, 429-
430.
31
ALBEGGIANI, Imputazione dell’evento e struttura obiettiva della partecipazione
criminosa, cit., 426; VIGNALE, Ai confini della tipicità, cit., 1375 ss.
32
FIORELLA, Reato, in Enc. Dir., vol. XXXVIII, Milano, 1987, 803.
16
Se l’accertamento della connessione causale del reato monosoggettivo
si fonda sull’immediatezza del rapporto tra i due termini di riferimento,
condotta ed evento, esso appare decisamente più complesso nel concorso
di persone nel reato proprio perché risulta dal contributo di più condotte
illecite
33
. Ma in questa prospettiva è pur sempre il contributo causale il
fondamento dell’imputazione concorsuale: la struttura del “concorso”
finisce infatti con il richiamare l’idea stessa di contributo causale quale
denominatore comune di tutte le forme di partecipazione criminosa. Ove il
contributo causale non venisse valorizzato, si profilerebbe il rischio di un’
espressione del diritto penale dell’autore che tende viceversa a far
prevalere il ruolo dell’atteggiamento soggettivo che supporta l’illecito
34
.
Il requisito del nesso causale svolge inoltre una funzione di garanzia in
chiave di legalità, richiedendo un’empirica verificabilità dell’asserzione
secondo cui taluno ha concorso a realizzare un reato; non è ammessa
dunque una punizione fondata su condotte di cui non possa dirsi in che
modo abbiano contribuito ad un accadimento nella realtà fenomenica
35
.
33
In particolare, GRASSO, in Commentario al codice penale, Milano, 1996,163 e
FIORELLA, Reo, in Enc. Giur., XXVI, Roma, 1991, 2.
34
PIVA, Presenza sul luogo del reato ed effettività del contributo concorsuale, cit., 1543.
35
Per un diverso ordine idee vedi PAGLIARO, Principi di diritto penale, Parte generale,
cit., 554 –555.
17
§ 1.2 L’elemento soggettivo: il problema del dolo specifico
Un aspetto particolarmente complesso nel concorso eventuale è quello
dell’elemento soggettivo.
Occorre innanzitutto analizzare la natura stessa del dolo richiesto per le
condotte associative.
Se partiamo dall’art. 416, ne discende che ogni associato agisce con un
dolo generico, il cui oggetto è costituito dalla propria condotta associativa
e dall’associazione nel suo complesso ed inoltre con un dolo specifico
costituito dallo scopo di commettere più delitti.
Quanto al dolo generico, ciascuno degli associati deve, in particolare,
rappresentarsi e volere la propria partecipazione, idonea e stabile,
all’associazione, sapendo che essa è costituita complessivamente da
almeno tre persone. In tal senso può riconoscersi la necessità di un’affectio
societatis, che non può consistere in un atteggiamento interiore, in un
animus di “appartenenza” subculturale o in un “sentirsi parte”
dell’associazione.
Il dolo specifico, rappresentato dal “fine di commettere più delitti”
svolge una funzione tipizzante: tutti i partecipanti, semplici o qualificati,
devono condividere il fine delittuoso e non semplicemente
rappresentarselo negli altri associati.
Ci si chiede poi se il concorrente esterno debba agire anch’esso con un
dolo specifico, ossia con lo stesso dolo di colui che fa parte
dell’associazione ovvero con dolo generico caratterizzato invece dalla
“consapevolezza che altri fa parte e ha voglia di far parte dell’associazione
e agisce con la volontà di perseguire i fini”. In questo caso “si può avere
concorso con dolo generico in un reato a dolo specifico”
36
.
Il dolo specifico del concorrente (morale o materiale) si
differenzierebbe da quello del partecipe perché l’oggetto del primo sarebbe
36
Cass. Sez. Un., 28 dicembre 1994, Demitry, cit.