Appunti sul testo "Innovazione. Imprese, industrie, economie" a cura di Jan Fagerberg, David C. Mowery e Richard R. Nelson. Edizione italiana a cura di Franco Malerba, Mario Pianta e Antonello Zanfei.
Corso di Politica Economica dell'innovazione della prof.ssa Maria Alessandra Rossi - anno accademico 2009-2010
Innovazione. Imprese, industrie, economie
di Maria Caldiero
Appunti sul testo "Innovazione. Imprese, industrie, economie" a cura di Jan
Fagerberg, David C. Mowery e Richard R. Nelson. Edizione italiana a cura di
Franco Malerba, Mario Pianta e Antonello Zanfei.
Corso di Politica Economica dell'innovazione della prof.ssa Maria Alessandra
Rossi - anno accademico 2009-2010
Università: Università degli Studi di Siena
Facoltà: Economia
Esame: Politica Economica dell'innovazione
Docente: Maria Alessandra Rossi1. Il modello neoclassico della crescita economica
la teoria economica neoclassica si è sempre soffermata sull’equilibrio e sull’allocazione delle risorse in
modo efficiente, sul comportamento massimizzante delle imprese, ponendo invece scarsa se non nessuna
attenzione all’innovazione e all’apprendimento, e ai processi che li generano. le tecnologie che
caratterizzano un determinato ambiente in un certo periodo storico vengono considerate esogene e quindi
accessibili a tutti: secondo tale visione, la combinazione ottimale dei fattori produttivi (-r&s,-capitale
umano,-rendimenti di scala) è uguale per tutte le imprese che operano in un determinato settore. le imprese
sono perciò considerate omogenee, isolate ed astoriche, senza cioè un’identità e una crescita interna, per cui
è facile intuire il poco valore dato all’apprendimento.
per smith, l’innovazione ed il progresso tecnologico portano ad un miglioramento della divisione del lavoro
attraverso la specializzazione nei processi produttivi e ad un aumento della produttività. (“l’innovazione è
possibile solo se la domanda è ampia”)
per ricardo, l’innovazione, grazie ai nuovi macchinari ed alle nuove scoperte introdotte nella produzione,
produce un abbassamento dei costi di produzione (rendimenti di scala): di conseguenza, il prezzo del
prodotto diminuisce, facendo aumentare la domanda.
karl marx ritiene che la competizione tecnologica, stimolata dalla pressione competitiva e dall’ampiezza dei
mercati, da raggiungere tramite l’innovazione, sia la forza motrice dello sviluppo economico. introdurre
un’innovazione con successo porta ad un aumento dei proftti per l’impresa innovatrice, che verrà seguita da
una serie di altre imprese imitatrici le qual affolleranno il settore nella speranza di condividerne i profitti.
prima o poi, gli effetti dell’innovazione diminuiscono e sia i profitti che la crescita del settore tenderanno ad
abbassarsi.
marshall, che si trova a cavallo tra teoria neoclassica ed evolutiva, fa una distinzione tra impresa
ottimizzatrice ed innovativa: la prima considera competenze tecnologiche e prezzi di mercato fissi, allo
scopo di massimizzare i profitti secondo tali vincoli; la seconda cerca di superare tali vincoli per ottenere
prodotti di maggiore qualità a prezzi più bassi allo scopo di diversificarsi sul mercato rispetto alle imprese
concorrenti.
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Innovazione. Imprese, industrie, economie 2. approccio evolutivo della crescita economica
secondo la visione evolutiva, il sistema economico si adatta a fattori esogeni (istituzioni, evoluzioni
politiche, eventi..) ed endogeni (preferenze dei consumatori, produzione). le imprese non sono omogenee:
esse possiedono conoscenze specifiche e capacità di innovare determinate dalla propria storia passata.
l’attenzione si sposta dall’efficienza statica (=massimizzare il profitto, minimizzare i costi) all’efficienza
dinamica, la capacità dell’impresa di innovare per essere competitiva in un mercato ricco di imprese
differenti. secondo tale ottica, solo le imprese che riescono ad innovare rimangono sul mercato a spese dei
conocorrenti meno innovativi: il mercato è quindi un meccanismo di selezione delle imprese.
- l’apporto che schumpeter ha dato alla teoria economica parte dalla sua concezione di sviluppo: in
un’ipotetica economia basata sul modello “statico”, i beni prodotti vengono venduti secondo la domanda
variabile dei consumatori, ma i prodotti scambiati rimangono gli stessi; con l’approccio dinamico
l’imprenditore introduce nuove combinazioni di fattori produttivi sfruttando le innovazioni tecnologiche, per
conseguire un profitto legatoprincipalmente alla sua capacità di innovare. la teoria delle innovazioni
consente a schumpeter di spiegare l’alternarsi, nel ciclo economico, di fasi espansive e recessive: le
innovazioni non vengono introdotte in misura costante, ma si concentrano in alcuni periodi di tempo e
luogo, caratterizzati da una forte espansione, a cui seguono periodi di recessione in cui l’economia si trova
in equilibrio. si viene a creare un equilibrio nuovo, attraverso un processo di “distruzione creatice”, in cui le
innovazioni distruggono le modalità di produzione precedenti,che a loro volta sono risultato di attività
innovative passate. tre sono gli aspetti fondamentali nella sua concezione di innovazione: la fondamentale
incertezza intrinseca a tutti i progetti innovativi; la necessità di muoversi prima che sia qualcun altro ad
innovare ed approfittare dei benefici economici; la resistenza al nuovo, l’inerzia presente in tutti i settori che
contrasta le nuove iniziative degli imprenditori.
- in schumpeter mark I, l’innovazione è il risultato della continua battaglia tra inerzia sociale e sin goli
imprenditori, proprietari di piccole imprese in un mercato caratterizzato da libertà d’entrata e facilità di
sviluppare nuovi prodotti e processi, in cui chi innova vince.
- in schumpeter mark II, invece, il mercato è concentrato e le poche grandi imprese, attraverso una r&s
interna e delle forti barriere all’entrata, vincono mentre le piccole imprese sono destinate ad uscire dal
mercato.
gli studi di schumpeter sono stati portati avanti nel corso del tempo, dando conferma del ruolo che egli dava
all’incertezza. è stato inoltre dimostrato che le imprese che scelgono di innovare devono prendere in
considerazione i problemi che può causare la “path dependency”, in particolare: il vantaggio generato
dall’adozione di un’innovazione prima dei concorrenti potrebbe far rischiare all’impresa di rimanere
“intrappolata” (lock-in) e non cambiare in caso di scoperta di un percorso migliore; è perciò considerata
migliore una situazione di leadership pluralistica piuttosto che assoluta, in modo da valutare diversi tipi di
soluzioni per poi scegliere la più efficace. infine, l’idea di innovazione di schumpeter come nuova
combinazione di risorse esistenti ha portato a concentrarsi sull’importanza della dimensione d’impresa(più è
grande e maggiore è la varietà di risorse disponibili) e delle fonti esterne per l’apprendimento, superando
l’idea che le innovazioni potessero essere generate solo all’interno dell’azienda stessa, la cd sindrome del
“non inventato qui”.
- per penrose, l’impresa è un’organizzazione che, amministrando una serie di risorse umane e materiali,
attraverso l’accumulazione di conoscenze e l’apprendimento di coloro i quali ne fanno parte, è in grado di
sfruttare idee produttive uniche e differenti dalle concorrenti. il sommarsi delle esperienze permette di
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Innovazione. Imprese, industrie, economie superare il “limite manageriale” che nell’impresa ottimizzatrice limita la crescita e le innovazioni, poiché
sulla base della sua conoscenza, l’impresa innovativa può trasmormare le risorse per sfruttare possibilità
nuove di mercato.
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