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Diritto processuale penale:
Il documento risulta suddiviso in due macro aree. La prima parte affronta la c.d. parte statica del Diritto processuale penale (soggetti, atti, prove, misure cautelari), mentre la seconda parte concerne la c.d. parte dinamica (indagini preliminari e udienza preliminare, giudizio, procedimenti speciali, procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica, impugnazioni, esecuzione, rapporti giurisdizionali con le autorità straniere). Il testo risulta integrato con i principali articoli del c.p.p. spiegati durante le lezioni, nonché di una molteplicità di esempi concreti che agevolano la comprensione degli istituti più complicati. Da ultimo, vi sono alcuni riferimenti alle principali novità introdotte dalla recente Riforma Cartabia.
Dettagli appunto:
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Autore:
Alessia Compri
[Visita la sua tesi: "Percorsi di accoglienza e tutela del minore straniero non accompagnato"]
- Università: Università degli Studi di Verona
- Facoltà: Giurisprudenza
- Corso: Giurisprudenza
- Esame: Diritto processuale penale
- Docente: Elisa Lorenzetto
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DIRITTO PROCESSUALE PENALE Appunti di Alessia Compri Università degli Studi di Verona Facoltà di Giurisprudenza Corso di laurea magistrale a ciclo unico in giurisprudenza Esame di Diritto Processuale Penale Docente: Elisa Lorenzetto Anno accademico - 2021/2022Alessia Compri Diritto processuale penale A.A. 2021/2022 05/11/2021 PROGRAMMA 1) PREMESSE STORICO CULTURALI 2) COSTITUZIONALIZZAZIONE DEL GIUSTO PROCESSO 3) GARANAZIE FONDAMENTALI DELLA PERSONA NELLA COSTITUZIONE E NELLE CORTE INTERNAZIONALI Parte statica 4) SOGGETTI 5) ATTI 6) PROVE 7) MISURE CAUTELARI Parte dinamica 8) INDAGINI PRELIMINARI e UDIENZA PRELIMINARE 9) GIUDIZIO 10) PROCEDIMENTI SPECIALI 11) PROCESIMENTO DAVANTI AL TRIBUNALE IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA 12) IMPUGNAZIONI 13) ESECUZIONE 14) RAPPORTI GIURISDIZIONALI CON AUTORITA’ STRANIERE Cos’è il processo penale? Francesco Carrara diceva che il processo penale è una serie di atti solenni, coi quali certe persone a ciò legittimamente autorizzate, osservato un certo ordine e forma determinato dalla legge, conoscono dei delitti e dei loro autori, affinché la pena si storni dagli innocenti e si infligga ai colpevoli. Il processo penale è un fenomeno regolato da norme che si svolge secondo determinate forme. A cosa servono norme e forme? Una prima risposta la possiamo trarre dalla stessa definizione di processo: il processo è un iter che parte da un momento iniziale e arriva a una fine/conclusione. Quindi norme e forme del processo penale servono a: ▲ Guidare l’accertamento dei fatti e delle responsabilità: Capograssi diceva che il processo è una ricerca ordinata di verità. Il processo penale guarda all’indietro e cerca di ricostruire i fatti accaduti sulla base delle prove. È un meccanismo che non consente di avere certezza assoluta circa l’effettivo svolgimento dei fatti. Allo stesso tempo, però, giudicare è un compito necessario perché si deve accertare la responsabilità di colui che va a violare principi del ns ordinamento. ▲ Porre limiti all’autorità e al potere dello stato nell’amministrazione della giustizia penale: qualcuno ha detto che se il processo penale si svolgesse all’esterno delle aule di tribunale, sarebbe colmo di reati in quanto si svolge mediante una pluralità di forme di coazione (intercettazioni, misure privative della libertà). 2Alessia Compri Diritto processuale penale A.A. 2021/2022 09/11/2021 PREMESSE STORICO CULTURALI Il primo aspetto da mettere in evidenza è che all’interno del sistema processuale penale sussiste un conflitto di interessi: da una parte abbiamo un interesse che possiamo identificare con il nome di EFFICIENZA (=il processo penale punta a raggiungere un risultato utile in tempi rapidi); allo stesso tempo è fondamentale l’interesse al rispetto delle GARANZIE che competono alla persona sottoposta al processo. Il rispetto delle garanzie si traduce in una serie di forme che devono guidare il processo in modo da garantire l’uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge. L’interesse alla tutela delle garanzie rischia di entrare in conflitto con l’interesse all’efficienza perché richiede, ad esempio, l’adozione di una serie di forme che possono allungare i tempi del processo, con un chiaro pregiudizio sia nei confronti dello stato sia nei confronti dell’imputato. Infatti, quando parliamo di efficienza è vero che viene tutelato un interesse statuale ma viene tutelato anche l’interesse dell’imputato, il quale ha interesse a che il processo giunga a un termine prima possibile. Carnelutti e Calamandrei affermavano che il processo in sé, è già un pena per l’imputato. Il processo penale, inoltre, punta a scopi che possono divergere: ▲ il processo penale ha in primo luogo come scopo quello di proteggere e difendere la società rispetto al pericolo della delinquenza ▲ il processo penale è anche la sede in cui si realizza la difesa dell’imputato: l’imputato deve essere difeso dal rischio di una condanna ingiusta. La difesa dell’imputato, in realtà, è anche un interesse di tutti perché potrebbe accadere a chiunque di essere imputati in un processo e tutti abbiamo interesse a che vengano rispettate le forme del processo penale. Ma deve prevalere la difesa dalla società o la difesa dell’imputato? Pensiamo al segreto investigativo: il segreto, durante le indagini è necessario per non vanificarle. Ma, allo stesso tempo, il segreto investigativo ostacola l’esercizio della difesa perché l’imputato avrebbe tutto l’interesse a venire a conoscenza delle prove e degli indizi raccolti. Alcuni avvocati affermavano che tutte le volte in cui rendiamo più facile condannare il colpevole, rendiamo più facile anche condannare l’innocente. Non c’è una risposta lineare nel ns ordinamento anche perché ha subito varie oscillazioni nel corso del tempo: vi sono stati periodi in cui è stata fatta prevalere la difesa della società e altri in cui è stata fatta prevalere la difesa dell’imputato. Modelli descrittivi del processo penale PREMESSA: sono archetipi ideali in cui si racchiudono tutte le caratteristiche che nella storia si sono rappresentate ascrivibili nell’uno o nell’altro modello; infatti, nella storia non si è mai manifestato un modello inquisitorio o accusatorio puro. MODELLO INQUISITORIO si sviluppa in epoca medievale e prende il nome dall’organo deputato a prendere l’iniziativa in quel tipo di processo ovvero il giudice inquisitore. La caratteristica principale è rappresentata dall’iniziativa ex officio del giudice. Si reputa più efficace la ricerca solitaria della verità da parte del giudice. In questo modello le istanze repressive prevalgono rispetto alla difesa dei diritti individuali dell’imputato MODELLO ACCUSATORIO Si afferma nell’Illuminismo e prende il nome dall’organo deputato a prendere l’iniziativa: l’accusatore (diverso dal giudice). L’accusatore è una parte e quindi l’iniziativa non è ex officio ma il giudice agisce solo a seguito di una richiesta. Si ritiene importante una ricerca dialettica della verità a cui partecipano anche le parti. È un modello che presta maggiore attenzione ai diritti individuali, anche a scapito delle istanze di repressione. 3Alessia Compri Diritto processuale penale A.A. 2021/2022 Il modello inquisitorio Il modo migliore per accertare la verità secondo questo modello è quello di conferire più poteri possibili al soggetto inquirente e quindi si sceglie di effettuare un cumulo delle funzioni che vengono assunte dal cd giudice inquisitore che cumula le funzioni del giudice, dell’accusa. Le parti non hanno reali poteri. Principali caratteristiche: → Iniziativa d’ufficio: è il giudice che può muovere l’accusa nei confronti dell’imputato → Iniziativa probatoria d’ufficio: non c’è un potere delle parti ma è il giudice che raccoglie tutte le prove → Segretezza: è una segretezza non solo esterna (verso il pubblico) ma anche interna (ovvero nei confronti delle stesse parti) → Limitazione della auto difesa (da parte dell’imputato) e della difesa tecnica (da parte del difensore) → Scrittura: durante la fase istruttoria vengono raccolte prove che poi serviranno al giudice per decidere sulla responsabilità dell’imputato → Nessun limite all’ammissibilità delle prove: era ammessa anche la tortura anche nei confronti di un testimone → Presunzione di reità: bastano degli indizi (anche denuncia anonima) per far si che poi spetti all’imputato discolparsi: l’onere di provare l’innocenza spetta all’imputato e se fallisce verrà condannato → Carcerazione preventiva: se l’imputato è presunto colpevole, la privazione della sua libertà personale prima della condanna è perfettamente coerente → Sistema di prova legale: è la legge a stabilire che valore hanno le prove e non il giudice → Prova regina è la confessione da parte dell’imputato che deve essere ottenuta con ogni mezzo. Quindi è un vero e proprio monologo del giudice che prende l’iniziativa e raccoglie le prove. Tipico degli ordinamenti di stampo autoritario Il modello accusatorio Il modo migliore per accertare la verità secondo questo modello è quello di separare le funzioni processuali: il giudice è un soggetto indipendente e imparziale cui compete il compito di ius dicere e poi vi è l’accusa e la difesa. Principali caratteristiche: → Iniziativa di parte (privato o pubblico) → Iniziativa probatoria di parte: le parti possono chiedere l’ammissione delle prove → Pubblicità sia verso l’esterno sia verso l’interno: c’è l’esigenza che prima di decidere il giudice permetta all’imputato di conoscere qual è il contenuto dell’accusa e quali sono gli elementi raccolti a suo carico in modo che possa difendersi → Tutela del diritto alla auto difesa e alla difesa tecnica → Oralità: non significa solo uso della parola – facciamo riferimento alla cd oralità immediatezza per quanto riguarda il rapporto tra la prova e il giudice: il giudice deve ascoltare il testimone, non può accontentarsi di una scrittura su cui è presente la testimonianza → Limiti all’ammissibilità delle prove: le prove devono dare garanzia del risultato e quindi non si fa riferimento alla tortura → Presunzione di innocenza: l’onere della prova spetta a colui che accusa → Libertà personale dell’imputato è la regola: una limitazione è ammessa ma non sarà una carcerazione preventiva ma una custodia cautelare in carcere solo per determinate esigenze → Canone del libero convincimento: non ci sono criteri di prova legale ma vige il canone del libero convincimento del giudice, il quale ha l’onere della motivazione → Prova regina è la testimonianza È un modello dialogico che si fonda sul dialogo tra le parti. Tipico degli ordinamenti democratici. 4Alessia Compri Diritto processuale penale A.A. 2021/2022 Il carattere che più evidenzia le differenze tra i due modelli è dato dal metodo che si segue per l’accertamento della verità: nell’inquisitorio il giudice decide sula base di prove già formate, nell’accusatorio prevale il contradditorio tra le parti. Inoltre, un’importante differenza è rappresentata anche dal modo in cui viene trattato l’imputato: nel modello inquisitorio l’imputato costituisce l’oggetto dell’accertamento e ha un ruolo passivo a tal punto che si punta in tutti i modi a ottenere la sua confessione; nel modello accusatorio l’imputato è il protagonista ed è n soggetto attivo titolare di diritti (difesa ad esempio). Che scelta ha effettuato l’ordinamento italiano? Non è una risposta immediata. Storia del processo penale italiano – Europa continentale Durante lo stato assoluto, in Francia, era predominante il modello inquisitorio che rimase in piedi fino alla Rivoluzione francese. Modello che era stato fortemente attaccato dagli illuministi del tempo come Pietro Verri o Cesare Beccaria. All’indomani della Rivoluzione francese si era cercato di importare nell’ordinamento i connotati del modello accusatorio ma nel 1808 il codice napoleonico elabora un prodotto che è un tentativo di contemperamento tra i due modelli. Il codice del 1808 viene rappresentato infatti come un tipico modello di sistema misto che rappresenta una pietra importante che poi fu adottato da molte legislazioni. Il cpp francese del 1808 prevedeva un’articolazione in due fasi: 1) ISTRUZIONE: fase anteriore al dibattimento. Questa fase aveva un’impronta inquisitoria anche se teneva distinta la figura del giudice rispetto a quella dell’accusatore 2) DIBATTIMENTO: aveva un’impronta, all’apparenza, accusatoria. Ma in realtà nel dibattimento no si formavano prove ma ci si limitava a criticare le prove che erano già state raccolte durante la fase dell’istruzione. Ciò che mancava era la separazione delle fasi processuali: tra istruzione e dibattimento non c’era una barriera perché le prove raccolte in fase di istruzione venivano poi usate dal giudice per decidere sulla responsabilità o meno dell’imputato. In Italia veniva emanato il primo cpp nel 1913:il primo codice di procedura penale (Finocchiaro-Aprile) aveva tentato di prevedere maggiori garanzie nei riguardi dell’imputato specialmente nella fase istruttoria. Ma questa parentesi durò molto poco perché l’avvento del fascismo ha fatto si che anche il processo penale prendesse quella impronta autoritaria. Infatti, nel 1930 viene introdotto il nuovo cp e il nuovo cpp (Codice Rocco). Erano codici di stampo autoritario che risentivano del clima dell’epoca che sopprimeva il sistema liberale a cui ci si era aggrappati con il codice del 1913. Il codice Rocco del 1930 prevedeva due fasi: Fase istruttoria: aveva un duplice natura perché poteva prendere il nom di istruzione sommaria (=condotta dal pm) o istruzione formale (=condotta dal giudice, che si chiamava giudice istruttore). In questa prima fase, l’inquisito non sapeva nulla delle indagini condotte: si trattava di una fase scritta, segreta e vi era una scarsa attenzione per l’attuazione dei diritti della difesa e soprattutto no non veniva garantito il diritto di esibire elementi a sua discolpa. Dibattimento: sembrava un dibattimento di tipo accusatorio perché si usava la parola, si chiamavano i testimoni e così via, ma era solo una apparenza perché il giudice del dibattimento avrebbe potuto decidere sulla base die verbali delle prove raccolte durante la fase istruttoria. I verbali della fase istruttoria finivano sul tavolo del giudice del dibattimento che avrebbe potuto emettere la sua decisione sulla base delle prove raccolte da qualcun altro. 5Alessia Compri Diritto processuale penale A.A. 2021/2022 Quindi era un modello che NON garantiva la separazione delle funzioni processuali perché tutto quello raccolto dal giudice istruttore poteva essere utilizzato dal giudice del dibattimento. Era un codice di tipo autoritario e di tipo inquisitorio: l’inquisito era sottoposto a carcerazione preventiva, inoltre il codice rocco aveva depotenziato tutte le nullità processuali. Il dato fondamentale è che il codice rocco rimane in vigore nel ns sistema fino al 1989. La cosa che sorprende di più è che nel mezzo è intervenuta la costituzione. La costituzione del 1948 La costituzione del 1948 contiene una pluralità di disposizioni che si occupano di processo penale: Art. 2 detta una impostazione personalistica Art 13, 14, 15 Art 24 comma 2 Art 25 Art 112 Art 27 comma 2 Art 111 Quindi come è possibile che la costituzione abbia convissuto per così tanto con il codice rocco del 1930? Malgrado la previsione di tutti questi principi, in realtà, non configurano in modo nitido il meccanismo processuale: vengono tutelati una serie di diritti imprescindibili ma non dicono nulla rispetto alla scelta del metodo che deve seguire il processo penale. Una previsione in tal senso si avrà solo nel 1999 con la riforma costituzionale del giusto processo. Fino a quel momento la carta costituzione ancora non aveva detto nulla sul metodo che il ns sistema processuale avrebbe dovuto adottare. Fatto sta che sono previsioni di valori molto forti, quindi dalla costituzione ina vanti si fa strada un meccanismo di erosione del modello del codice rocco – si parlava in tal senso di GARANTISMO INQUISITORIO: inizia a funzionare la corte costituzionale che si fa portatrice di una vera e propria opera del cpp del 1930 con circa 90 declaratorie di incostituzionalità, nel tentativo di correggere tutte le storture che si ponevano in contrasto con i principi sanciti dalla costituzione (es: potenziati diritti della difesa, tornano le nullità insanabili ecc). Interviene varie volte anche il legislatore con interventi settoriali. PROBLEMA: il legislatore operava su specifici settori e la Corte costituzionale non poteva riscrivere da capo il cpp. I lavori preparatori del nuovo cpp L’idea di riformare il cpp inizia a maturare negli anni 60: inizia un dibattito su come procedere a questa modifica, al quale prendono parte studiosi importanti come Giovanni Conso e Pietro Nuvolone, i quali avviarono il dibattito sulla riforma. Le loro proteste si accumunavano perché puntavano a eliminare la duplicità della fase istruttoria (eliminare o l’istruzione sommaria o l’istruzione formale). Invece, Franco Cordero prende con sé bozza Carnelutti → progetto elaborato da Carnelutti che prevedeva l’abolizione totale della fase istruttoria e prevedeva la presenza solo dell’inchiesta preliminare di parte: fase dove le parti dovevano cercare prove senza che poi queste dovessero proiettare davanti al giudice del dibattimento. Infatti l’inchiesta preliminare serviva solo all’accusa per verificare se l’imputazione poteva essere elevata oppure se era opportuno chiedere l’archiviazione. Punta ad abolire completamente la fase istruttoria e lasciare solo la fase preliminare per ricercare gli elementi per decidere se procedure o meno nei confronti dell’imputato. 6Alessia Compri Diritto processuale penale A.A. 2021/2022 La prima legge delega per la riforma del cpp risale agli anni 70: legge 108/1974. Viene nominata una commissione che fu presieduta da Giandomenico Pisapia, la quale elabora un progetto preliminare che viene presentato nel 1978 che cerca di attuare il principio della centralità del dibattimento per la formazione della prova Tale commissione elabora un progetto preliminare nel marzo del 1978. Caratteristica: attuava in termini assoluti il principio della CENTRALITA’ DEL DIBATTIMENTO. Aveva però un limite: non ammetteva i riti semplificati, cioè la possibilità che si potesse anche rinunciare alla celebrazione del dibattimento, in presenza di determinati presupposti. Quindi questo progetto di fatto avrebbe reso ingestibile l’intero sistema. Negli anni 70, c’è anche da dire che, pochi giorni dopo fu rapito Aldo Moro, che sarebbe stato ammazzato due mesi dopo. Siamo in piena emergenza terroristica e la riforma viene vista precoce. Non si è ancora pronti per un cpp di stampo così garantista. L’emergenza fa sorgere la necessità di un processo efficiente. Negli anni 80 abbiamo la seconda LEGGE DELEGA (l. 81/1987). È questa che andrà a buon fine. Viene nominata nuovamente una commissione presieduta da Pisapia. All’epoca il ministro della giustizia era Giuliano Vassalli (tantochè il nuovo cpp verà chiamato anche Codice Vassalli). Con il DPR 447/1988 viene emanato il nuovo cpp che entrò in vigore nel 1989: primo codice dell’età repubblicana (è quello che tutt’ora utilizziamo). L’anno scorso abbiamo festeggiato i 30 anni dei ns cpp. La seconda legge delega Legge n. 81/1987 viene nominata una commissione ministeriale presieduta da Giandomenico Pisapia. All’epoca il ministro della giustizia erea Giuliano Vassalli. Il progetto preliminare viene predisposto in fretta: già nel 1987 e si arriva all’emanazione del nuovo cpp entrato in vigore nel 1989. Principi cardine del nuovo processo penale I principi fondanti il nuovo cpp sono l’opposto del codice del 1930 e costituiscono il dna del nuovo modello processuale che consentono di ritenerlo un modello di stampo accusatorio: art 2 legge delega: il cpp deve attuare i principi della costituzione e adeguarsi alle norme delle convenzioni internazionali ratificate dall’Italia relative ai diritti della persona e al processo penale. esso inoltre deve attuare nel processo penale i caratteri del sistema accusatorio, secondo i principi e i criteri che seguono: Massima semplificazione nello svolgimento del processo con l’eliminazione di ogni atto o attività non essenziale: importante perché il sistema accusatorio rischia di essere farraginoso Adozione del metodo orale: non si tratta di dire usare semplicemente la parola ma significa che le prove si formano davanti al giudice del dibattimento e che per decidere il giudice usa le prove formate in quella fase e non quelle formatesi nella fase precedente. Partecipazione di accusa e difesa su basi di parità in ogni stato e grado del procedimento 7Alessia Compri Diritto processuale penale A.A. 2021/2022 Quindi, i principi cardine sono: 1) SEPARAZIONE FUNZIONI PROCESSUALI: non c’è più la commissione di ruoli tra pm, giudice accusatori e giudice istruttore: questo si è tradotto nell’abolizione della figura del giudice istruttore e della fase istruttoria, ma c’è la fase delle indagini preliminari, il cui protagonista è il PM che ha il ruolo di raccogliere elementi per verificare se sia o meno necessario archiviare il caso o proseguire le indagini. Durante le indagini preliminare c’è un giudice: il GIP (giudice per le indagini preliminarei). Ma è un giudice che non forma le prove come un passato, è un giudice che tutela i diritti dell’imputato perché decide ad esempio sulle richieste di misura cautelare o autorizza intercettazione, controlla la scelta del pm qualora decida di non esercitare l’azione penale. 2) SEPARAZIONE DELLE FASI PROCESSUALI – la prova è solo quella che si forma nel contradditorio davanti a un giudice terzo e imparziale. Questo comporta una netta distinzione tra la fase delle INDAGINI PRELIMINARI e la fase del PROCESSO vero e proprio 3) PARITA’ TRA LE PARTI – accusa e difesa devono partecipare a condizione di parità in ogni stato e grado del procedimento. Le parti principali sono il PM (accusa) e l’IMPUTATO. Nell’ambito delle fonti sovranazionali si usa il termine parità delle armi: dire che le parti devono essere pari non significa dire che debbano essere simmetriche, non vuol dire identità delle parti, anche perché hanno funzioni diverse. Ciò che conta è che i poteri di accusa e difesa siano bilanciati e in equilibrio. 4) PRINCIPIO PROBATORIO DISPPOSITIVO – il giudice ha perso la signoria sulla prova. Art. 190 cpp le prove sono ammesse a richiesta di parte. Il giudice provvede senza ritardo con ordinanza escludendo le prove vietate dalla legge o quelle che manifestamente sono superflue o irrilevanti. La legge stabilisce i casi in cui le prove sono ammesse d’ufficio. I provvedimenti sull’ammissione della prova possono essere revocati o sentite le parti in contraddittorio. 5) MASSIMA SEMPLIFICAZIONE – il dibattimento costituisce un momento chiave ma rende evidente come il sistema accusatorio sia complesso che richiede tempo, risorse, impegno ed energie. Un meccanismo di questo tipo rischia di rendere il sistema ingestibile. Questa direttiva si è tradotta nella previsione dei cd procedimenti speciali: procedimento con deviazioni rispetto al modello del procedimento ordinario (es: giudizio immediato, giudizio ,.kòlpo0’ ecc). 8Alessia Compri Diritto processuale penale A.A. 2021/2022 11/11/2021 COSTITUZIONALIZZAZIONE DEL GIUSTO PROCESSO Il percorso che ha portato ad inserire in costituzione i principi del giusto processo è un percorso molto articolato. Premessa: quando parliamo di giusto processo non facciamo riferimento a un modello ideale, ma ci riferiamo ai connotati tipici di un processo che rispecchia determinate caratteristiche che vengono individuate dall’ordinamento. Il concetto di “giusto processo” ha ascendenze antiche: pensiamo alla nozione di due process of law dei sistemi anglossassoni, o il proces equitable così come definito all’interno della convezione europea dei diritti dell’uomo. Nonostante queste espressioni abbiano sfumature diverse, il concetto loro sotteso è lo stesso. Ad esempio, negli ordinamenti anglosassoni si fa più che altro riferimento a regolarità procedurale, mentre quando si parla di processo equo si introduce più che altro l’idea di un equilibrio tra le parti durante il processo. Come si è arrivati all’inserimento di questi principi nella Costituzione? Nel 1948 non erano enunciati i canoni del giusto processo perché sono il frutto di un percorso travagliato che ha preso avvio all’indomani del nuovo codice di procedura penale (1989). Questo percorso è stato travagliato da una forte conflittualità tra potere legislativo e magistratura nonché corte costituzionale. Il nuovo codice di procedura penale del 1988 e la regola d’oro del contradditorio Da un modello misto si passa a un modello dichiaratamente accusatorio, come previsto dall’art. 2 legge delega. Il punto cruciale si colloca nel modo di concepire il contradditorio sul terreno della prova dichiarativa: si passa da un contradditorio postumo che si realizza come confronto sui risultati già formati in fase istruttoria, a un contradditorio polietico che si realizza nel momento stesso della formazione della prova. Il corollario di questo cambiamento sta nella netta separazione tra le fasi processuali. Separazione tra: fase delle INDAGINI PRELIMINARI (= consente la ricerca di elementi di prova da parte degli inquirenti, in via unilaterale) fase del DIBATTIMENTO (= formazione dialettica della prova che si forma in contradditorio davanti al giudice e con il contributo delle parti) Questa separazione riceve all’interno del codice un riconoscimento esplicito con la creazione del cd regime del doppio fascicolo. Nel sistema processuale esistono due fascicoli che permettono al giudice del dibattimento di NON CONOSCERE I RISULTATI DELLE INDAGINI PRELIMINARI: FASCICOLO DELLE INDAGINI PRELIMINARI, che una volta concluse diventa il FASCICOLO DEL PM (conosciuto dalle parti ma non dal giudice del dibattimento) FASCICOLO PER IL DIBATTIMENTO (all’inizio contiene un numero limitato di atti ma poi verrà comporto Regola d’oro del processo accusatorio: le dichiarazioni dei testimoni o imputati possono valere come prove nel processo solo in quanto assunte con il metodo dell’esame incrociato (contradditorio). La ratio di questa regola è che una dichiarazione unilaterale è meno affidabile: veniva stabilito che al di la di casi eccezionali e tassativi, nessuna dichiarazione raccolta in via unilaterale durante le indagini, poteva essere utilizzata come prova in giudizio. Questa regola rimaneva ferma ANCHE QUANDO la dichiarazione unilaterale fosse stata poi contestata in dibattimento al testimone durante la deposizione orale. La contestazione è quel meccanismo per cui, nel momento in cui il testimone rende una dichiarazione difforme 9Alessia Compri Diritto processuale penale A.A. 2021/2022 rispetto a quella resa durante le indagini, è possibile contestarglielo. Quindi anche se questa dichiarazione gli veniva contesta, non poteva essere utilizzata come prova perché formata fuori dal contradditorio. Il codice del 1988 prevedeva due disposizioni che servivano a attuare la regola d’oro: ART 500 nella sua originaria versione: si diceva che la dichiarazione usata per la contestazione, anche se letta dalla parte non può costituire prova dei fatti in essa affermati. La dichiarazione poteva essere valutata dal giudice solo per stabilire la credibilità della persona esaminata e quindi mettere in dubbio l’attendibilità delle dichiarazioni rese dal testimone. ART 195 nella sua originaria versione: si occupa dell’istituto della testimonianza indiretta (=testimone si presenta in dibattimento e riferisce determinati fatti non perché li ha appresi in prima persona ma perché ne ha ricevuto notizia) della polizia giudiziaria. L’art. 195 fissava un divieto di testimonianza indiretta da parte della polizia giudiziaria. Perché? Perché se la dichiarazione resa durante le indagini dal testimone, non può valere come prova, è evidente che non si può ammettere la testimonianza indiretta di chi ha raccolto quella dichiarazione. La svolta inquisitoria Dobbiamo tenere presente che i principi del cpp del 1988 erano in netta contrapposizione con il cpp del 1930. Tuttavia, nel dare attuazione pratica a questi principi, il nuovo cpp era risultato debole perché aveva lasciato eccezioni in cui si ammetteva l’utilizzo della dichiarazione unilaterale. La corte costituzionale ha previsto che le eccezioni sono espressioni di un principio di carattere generale che trova fondamento nel PRINCIPIO DI NON DISPERSIONE DELLA PROVA – la corte conia dal nulla un principio non presente nel ns sistema: afferma, la corte, che lo scopo del processo penale è accertare la verità. E quindi, se durante le indagini sono state raccolte determinate dichiarazioni che sostengono una certa responsabilità, e queste dichiarazioni non vengono confermate in dibattimento, bisognerà utilizzare ciò che è stato affermato durante la fase investigativa. Se così non fosse il processo non sarebbe in grado di raggiungere il suo scopo. Quindi, nel pensiero della corte, tutti gli ostacoli rispetto al raggiungimento dello scopo del processo penale vanno rimossi. Si riteneva, in quel periodo, che il metodo del contradditorio, sia un ostacolo all’accertamento dei fatti. Ma non ci si accorgeva che il contradditorio, in realtà, è esso stesso il metodo migliore per accertare i fatti. Le sentenze sul punto della Corte costituzionale sono 3, tutte risalenti al 1992: Corte cost 24/1992: la corte dichiara illegittimità dell’art. 195 comma 4 che fissava il divieto di testimonianza indiretta della polizia giudiziaria. EFFETTO: da questo momento le dichiarazioni raccolte unilateralmente dalla polizia investigativa possono penetrare all’interno del dibattimento tramite la deposizione dell’ufficiale di polizia giudiziaria. Alcuni autori ritenevano inevitabile concedere questo tipo di testimonianza indiretta posto che vi sono casi in cui non vi sarebbe altro modo per accertare i fatti (esempio: vittima in punto di morte che sussurava all’orecchio della polizia giudiziaria il nome dell’autore del fatto). Ma l’art. 195 comma 4 non si riferiva a queste ipotesi eccezionali, ma alle dichiarazioni acquisite dagli ufficiali nel corso di un atto del procedimento. Veniva poi evocata un’altra situazione come necessaria ad ammettere la testimonianza indiretta, ovvero il caso del testimone straniero irreperibile al momento del dibattimento – argomento ancora una volta poco pertinente perché si potrebbe ragionare in questo caso di impossibilità sopravvenuta della deposizione. 10Alessia Compri Diritto processuale penale A.A. 2021/2022 Corte cost 254/1992: la corte dichiara illegittimità dell’art. 513 comma 2 che regolava e regola tutt’ora la possibilità di dare lettura, durante il dibattimento, alle dichiarazioni rese durante le indagini da cd correi (corresponsabili imputati in procedimento connessi o collegati o co-imputati) che hanno reso dichiarazioni sulla responsabilità di altri imputati. All’epoca i correi vantavano il cd diritto al silenzio in dibattimento. La corte costituzionale interviene dichiarando l’incostituzionalità della norma nella parte in cui non consentiva di dare lettura alle dichiarazioni rese dai correi e che poi in dibattimento si avvalevano della facoltà di non rispondere. Corte cost 255/1992: la corte dichiara illegittimità dell’art. 500 comma 3 e 4: tale norma vietava l’uso probatorio delle contestazioni. La corte ne dichiara l’illegittimità nella parte in cui non prevede l’acquisizione al fascicolo per il dibattimento delle dichiarazioni precedentemente rese dal testimone inutilizzate per le contestazioni. Accade quindi che tutte le volte in cui il testimone in dibattimento cambia versione, la parte ha la possibilità di contestare. E tale contestazione entra all’interno del fascicolo che il giudice usa per decidere. Nella pratica la situazione è questa: testimone cambia versione in dibattimento rispetto alle dichiarazioni rese durante le indagini. Il PM contesta e la contestazione finisce nel fascicolo del giudice. A quale dichiarazione il giudice presterà più fede? l’esperienza insegna che si presta più attenzione alla dichiarazione resa in indagini perché più vicina al momento dei fatti, non è stata condizionata da influenze esterne e così via. Da questo momento quindi il sistema funzionava esattamente come il cpp del 1930. La corte sosteneva che il sistema accusatorio positivamente istaurato ha prescelto la dialettica del contradditorio dibattimentale quale criterio maggiormente rispondente all’esigenza di ricerca della verità; ma accanto al principio dell’oralità è presente, nel nuovo sistema processuale, il principio di non dispersione degli elementi di priva non compiutamente acquisibili con il metodo orale. Queste sentenze arrivano nell’epoca delle STRAGI DI MAFIA e nell’epoca di TANGENTOPOLI. In questo periodo il processo diventa un momento di lotta a questi fenomeni; quindi, è comprensibile che in questo momento storico ciò che conta è condannare i colpevoli. La mancata reazione del legislatore Il legislatore dell’epoca, che si trova di fronte alle stragi di mafia, è un legislatore che non interviene sostanzialmente. Nel 1992 viene emanato un DL 306/1992, il quale viene citato come provvedimento che ha introdotto per la prima volta la logica del cd doppio binario, ovvero un insieme di norme inserite nel cpp per ricavare una sorta di regime eccezionale di regole processuali che valgono per l’accertamento di determinate tipologie di diritti che devono essere accertati in modo più agile: con il doppio binario si descrivono una serie di istituti che agevolano l’accertamento dei fatti a scarico delle garanzie. Il legislatore introduce il comma 2bis e riformula il comma 4 art. 500 e ammette l’impiego probatorio delle dichiarazioni utilizzate per le contestazioni; quindi, si allinea pienamente al dettato della corte costituzionale. Superata la fase emergenziale, si iniziava a ragionare in termini di RECUPERO DI GARANZIE: a metà degli anni 90 si pensava che dovesse essere superata questa stagione giudiziaria: si sentiva dire, ad esempio, che era il momento di ristabilire un primato della politica rispetto alla magistratura (infatti vi era un conflitto tra parlamento e magistratura). La rivalsa del potere politico rispetto alla magistratura prende forma con due provvedimenti: Legge 332/1995: ristabilisce determinate garanzia a favore degli imputati, nello specifico introduce limiti all’utilizzo di misure cautelari personali. Lo scopo era quello di combattere gli abusi della misura cautelare in carcere che si erano manifestati durante l’era di Tangentopoli. 11Alessia Compri Diritto processuale penale A.A. 2021/2022 Legge 267/1997: questa legge tenta di recuperare alcuni spazi importanti per il contradditorio e infatti il legislatore riscrive ex novo l’art. 513 che regola la lettura delle dichiarazioni rese in indagini dall’imputato che viene sentito sulla responsabilità di altri. Il legi del 1997 prevede la possibilità di tale lettura solo con il consenso dell’imputato o con l’accordo tra le parti. Allo stesso tempo, il legislatore, consapevole che l’uso del diritto al silenzio avrebbe potuto paralizzare l’uso di queste dichiarazioni, ha ampliato i casi di incidente probatorio rendendo possibile acquisire dichiarazioni di imputati sulla responsabilità di altri mediante incidente probatorio. Tuttavia, è stato un intervento di tipo settoriale perché si è limitato a regolare quanto previsto dall’art. 513 ma l’art. 195 e 500 sono rimasti interpretati così come previsto dalla Corte costituzionale nel 1992. Questo intervento poi non è stato molto gradito perché il legislatore è andato a negare quanto la Corte costituzionale aveva affermato nel 1992. E, non a caso, l’art. 513 è stato investito di 8 questioni di legittimità costituzionale e l’anno dopo ne è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale = laddove l’imputato si avvale della facoltà di non rispondere e non presta il consenso all’uso delle dichiarazioni di altri, gli si può muovere la contestazione che verrà poi inserita nel fascicolo e utilizzata come prova. In questo caso la Corte costituzionale è intervenuta non sulle norme originarie del nuovo cpp, ma per smentire la scelta che il Parlamento aveva fatto nel 1997 con la legge 267. Questo viene quindi visto come un momento in cui il conflitto tra la magistratura e la politica è decisamente acceso, anche perché la corte è stata accusata di aver usurpato il potere legislativo. Si apre a questo punto un dibattito, durante il quale vengono presentati diversi progetti di riforma tra i quali anche quello relativo all’art. 111 della costituzione, arrivando alla legge costituzionale 2/1999 (inserimento dei principi del giusto processo nell’art. 111 della costituzione) La riforma del 1999 ha inserito 5 nuovi commi all’interno dell’art. 111 Cost: → Comma 1 e comma 2: ogni processo → Comma 3, 4, 5: processo penale COMMA 4 Il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova → viene enunciato a chiare lettere il principio del contradditorio che si differenzia dal contradditorio di cui al comma 2 perché il comma 4 si riferisce, in sostanza, alla regola d’oro, affermando l’irrilevanza di tutte le dichiarazioni raccolte in via unilaterale. La colpevolezza dell'imputato non può essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all'interrogatorio da parte dell'imputato o del suo difensore. → è la risposta alla Corte costituzionale del 1998 (dove si affermava esattamente l’opposto). COMMA 5 La legge regola i casi in cui la formazione della prova non ha luogo in contraddittorio per consenso dell'imputato o per accertata impossibilità di natura oggettiva o per effetto di provata condotta illecita. Tendenze legislative recenti (dopo la riforma sul giusto processo) All’indomani della riforma, sono state approvate due leggi (L. 63/2001 che ha dato attuazione alla riforma e L. 397/2000 che ha avuto ad oggetto le investigazioni difensive, andando a implementare i poteri investigativi della difesa, nell’ottica di una parificazione con i poteri spettanti al PM, con il rischio di trasformare il difensore in un vero e proprio inquirente pubblico). L. 479/1999 (legge carotti) ha introdotto la riforma sul giudice unico di primo grado e una prima riscrittura della norme che riguardano il giudizio abbreviato. D.lgs 274/2000 ha introdotto la competenza penale del giudice di pace L. 134/2003 riguardante il cd patteggiamento allargato = possibilità per imputato e PM di concordare pene fino a 5 anni L. 103/2017 (riforma Orlando) impugnazioni L. 134/2021 (riforma Cartabia) contiene una serie di criteri direttivi che vedrà l’approvazione di una serie di decreti legislativi 12
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