In questi appunti si descrivono le particolarità da osservare nel caso in cui reo sia soggetto inferiore di età agli anni 18.
Il ruolo del tribunale dei minori e la necessità di pena volta alla rieducazione del condannato: l'istituto del perdono giudiziale.
Anno accademico 2014/2015
Il processo avente
imputati minorenni
Appunti di Gianfranco Fettolini
Università degli Studi di Brescia
Facoltà di Giurisprudenza
Corso di laurea magistrale a ciclo unico in giurisprudenza
Esame di Diritto Processuale Penale
Docente: Alessandro Bernasconi
Anno accademico - 2014/2015IL PROCESSO A CARICO DI IMPUTATI
MINORENNI
LE DISPOSIZIONI SUL PROCESSO MINORILE
1. Le specificità della disciplina del processo minorile
Le disposizioni, emanate con D.P .R 22 settembre 1988 n. 448, sul processo penale a
carico di imputati minorenni (d.p.p.m) rappresentano una risposta alla duplice
esigenza di creare un organo giurisdizionale specializzato e un articolato sistema di
conseguenze giuridiche ricollegate all’infrazione commessa dal minorenne; la
situazione del soggetto in via di formazione rende necessaria un’attenzione
particolare alla risocializzazione. Tale orientamento è stato confermato in una
sentenza della Corte costituzionale (168/1994), che ha stabilito l’incostituzionalità
degli artt. 17 e 22 cp, con riferimento agli artt. 10
1
-27
3
-31
2
Cost., laddove non
escludeva la pena perpetua per i minori, perché l’esigenza risocializzativa è tanto più
forte laddove il soggetto sia in “evoluzione”.
Prima, il minore era visto più come un soggetto di tutela, invece, oggi, come
soggetto di diritti e questa inversione di tendenza si è realizzata con la legge delega n.
81 del 1987, in base alla quale il minore deve avere un proprio giudice e un proprio
processo, con livelli di garanzia non inferiori a quelli previsti per i maggiorenni; il
processo deve svolgersi secondo i principi del nuovo processo penale, con le
modifiche e integrazioni necessarie, in considerazione delle particolari condizioni
psicologiche del minore, della sua maturità e delle sue esigenze educative evitare
influenze pedagogiche negative
Il rapporto tra processo minorile e processo ordinario è di vera e propria
sussidiarietà; l’opzione sistematica operata dal nostro legislatore trova conferma negli
accordi internazionali: “Regole minime per l’amministrazione della giustizia
minorile” (Regole di Pechino, 1985) e le Raccomandazioni del consiglio europeo
sulle reazioni sociali alla delinquenza minorile (1987); da tali documenti emerge non
solo la preoccupazione di assicurare un apparato di organi specializzati nei settori a
vario titolo coinvolti nel fenomeno della criminalità minorile, ma anche la necessità
di un riconoscimento del diritto del minore delle garanzie processuali, nonché
l’opportunità di prevedere delle modalità con consentano al minore di uscire dal
circuito penale. Inoltre, nella Relazione al progetto del dppm. si afferma che al diritto
del minore al processo, si associa la riduzione al minimo di ogni stimolazione
inutilmente negativa e, invece, si favoriscono sollecitazioni positive che derivano da
un corretto confronto con la società civile; all’art. 1
1
dppm, infatti, si stabilisce la
regola della sussidiarietà nell’applicazione delle norme del cpp e all’art. 1
2
dppm si
afferma il valore positivo di una presa di coscienza del minore in ordine al significato
delle attività processuali e alle ragioni etico-sociali della decisione.
2. La funzione di accertamento della personalità del minore.
Il processo a carico del minore deve anche costituire un’occasione per saggiare la
possibilità di un suo recupero sociale; l’intento di eliminare gli effetti pregiudizievoli
conseguenti all’impatto del minore con l’apparato istituzionale della giustizia penale e
l’impegno i valorizzare gli aspetti positivi dell’assunzione di un ruolo di
responsabilità dell’imputato minorenne nell’ambito del processo penale rendono
indispensabili gli accertamenti sulla personalità, ma occorre, altresì, acquisire
informazioni in ordine alle condizioni e alle risorse personali, familiari, sociali e
ambientali del minorenne (art. 9 dppm) lo scopo è di consentire al giudice di
verificare l’imputabilità, il grado di responsabilità e la rilevanza sociale del fatto
commesso.
Le esigenze di graduazione della pena in rapporto al fatto e alla responsabilità vanno
sempre associate a quelle specificamente connesse allo sviluppo educativo del
minore; di qui la necessità di indagare sul suo carattere e sulle sue condizioni di vita,
assumendo informazioni da persone che abbiano avuto rapporti con il minore e
sentendo il parere degli esperti (art. 9
2
dppm); gli accertamenti possono essere
compiuti da servizi minorili dell’amministrazione sia dai servizi degli enti locali (artt.
6 e 9 dppm) emerge la differenza con il processo ordinario, in cui ad art. 220 cpp
è esplicitamente esclusa la possibilità di sottoporre a perizia un maggiorenne per
stabilire le qualità psichiche indipendenti da cause patologiche.
3. Organi giudiziari minorili
L’organo giudicante è costituito dal Tribunale per i minorenni (R.D.L. n°1404 del
1934), composto da due membri laici e due membri togati, uno di sesso maschile e
uno di sesso femminile, benemeriti dell’assistenza sociale, scelti fra cultori di
biologia, psichiatria, antropologia criminale, pedagogia, psicologia, che abbiano
compiuto il 30esimo anno di età; anche il giudice dell’udienza preliminare è un
organo collegiale (diversamente che in ambito del processo ordinario), composto da
un magistrato e due giudici onorari, un uomo e una donna dello stesso Tribunale.
Altri organi giudiziari elencati ex art. 2 dppm sono:
- procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni;
- giudice per le indagini preliminari;
- procuratore presso la Corte d’appello;
- Sezione della Corte d’appello per i minorenni;
- magistrato di sorveglianza per i minorenni.
-
Il giudice per indagini preliminari è un giudice monocratico per assicurare prontezza
di intervento e continuità nella presenza; questo giudice non può, però, tenere
l’udienza preliminare, poiché è incompatibile la funzione di colui che adotta una
misura cautelare con quella di colui che deve tenere l’udienza preliminare (art. 34
2bis
cpp); il Tribunale per i minorenni e il magistrato di sorveglianza esercitano la
funzione della magistratura di sorveglianza nei confronti di soggetti con età inferiore
a18 anni alla data della commissione del reato che non abbiano ancora raggiunto il
25esimo anno di età quando viene esercitata la funzione. Il Tribunale per i minorenni
può adottare misure di prevenzione ante delictum per soggetti di età inferiore a 18
anni, che abbiano mostrato irregolarità della condotta o di carattere (art. 25 R.D.L.
1414/1934); questa capacità del Tribunale per i minorenni viene utilizzata anche per
le misure ante delictum applicate dal questore, per motivi di sicurezza pubblica, nei
luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive si attribuisce al giudice delle
indagini preliminari presso il Tribunale per i minorenni il potere di convalida del
provvedimento del questore.
In base all’art. 5 dppm, si è istituita, in ciascuna procura della Repubblica presso il
Tribunale per i minorenni, una Sezione specializzata di polizia giudiziaria, costituita
da personale dotato di specifiche attitudini e preparazione.
4. Ruolo dei servizi minorili
L’art.6 dppm consacra il nesso funzionale tra attività giudiziaria e attività assistenziali
minorili, stabilendo che l’attività giudiziaria, in ogni stato e grado del procedimento,
si avvale dei servizi minorili dell’amministrazione della giustizia e dei servizi di
assistenza degli istituti degli enti locali; il riferimento ai servizi minorili include, oltre
gli uffici di servizio sociale, anche altre attività di ausilio al minore.
Al minore è attribuito un duplice diritto:
- assistenza alla difesa per aspetti relativi al fatto;
- assistenza dei servizi per profili attinenti alle esigenze educative e alla personalità.
I servizi istituiti dagli enti locali svolgono una funzione d’integrazione di quelli
giudiziari, operando sul versante del reinserimento sociale del minore e agiscono con
strutture decentrate nello stesso ambiente in cui il giovane ha avuto modo di formare
la sua personalità; inoltre, gli uffici territoriali sono interlocutori necessari al giudice
nell’applicazione dei provvedimenti civili o amministrativi, sia nel corso che a
conclusione del procedimento. L’articolazione di questa attività dei servizi minorili
va integrata con le previsioni ex D.Lgs 272/1989, che prevede un coordinamento su
due livelli:
- periferico: di intesa con le Regioni e gli interessati, è costituita, presso ogni centro per
la giustizia minorile, una Commissione per il coordinamento delle attività dei servizi
minorili dell’amministrazione della giustizia e dei servizi di assistenza degli enti locali;
- centrale: presso il Ministro della giustizia, è costituita una Commissione per il
coordinamento delle attività svolte dai servizi decentrati.
La L. 213/92 ha dotato di autonomia organizzativa l’Ufficio centrale per la giustizia
minorile, denominato Dipartimento per la giustizia minorile, autorità centrale con il
compito di programmare, valutare, verificare l’attività degli organi ministeriali
chiamati a svolgere funzioni assistenziali nel processo penale.