I manierismi
Tutte queste tecniche diverse hanno il loro valore. In effetti l’occidente accanto a uno stile ufficiale conosce anche uno stile sommesso, uno sentimentale e uno parlato. Questo quadro composito ci indica che molti gruppi tribali adottano vari manierismi vocali a seconda del sesso, della dislocazione geografica e delle circostanze, va comunque evitato ogni tentativo di distinzione per razza. Per ottenere un quadro complessivo occorre muoversi su una base più ampia ed evitare le teorie preconcette.
Un manierismo degno di nota è quello degli indigeni Tuamotu, uno stile tremulo, che ricorre anche alla cultura indiana più evoluta. Tale stile è stato suddiviso in 3 modelli melodici: interamente cantato in voce tremula, parzialmente con voce tremula, totalmente senza voce tremula.
Al di là del manierismo il fatto più notevole è che in numerosi paesi del mondo per le voci maschili predomina il registro alto; le voci di baritono e di basso vere e proprie non esistono, generalmente.
Parliamo ora dello stile NO giapponese; è estremamente gutturalizzato, nasalizzato e molto impuro nel registro inferiore; il termine gutturale indica una tensione estrema dei muscoli costrittori della gola, mentre nasale indica la tensione dei muscoli facciali, ma non la risonanza della cavità nasale. La respirazione è poco profonda e la voce non è animata dal vibrato; qua e la si avverte un breve e improvviso salto verso e dal registro superiore, per il quale non esiste un termine specifico, ma si potrebbe definire spasmo o scatto.
Gli sciamani accelerano il canto nell’intento di accrescere il carattere eccitato ed eccitante dell’incantesimo terapeutico, ma un aumento di velocità può verificarsi anche in altre circostanze in canti che cominciano fortissimo per poi decrescere fino alla nota inferiore cantata pianissimo.
La conoscenza degli strumenti oltre che importante in generale, è vitale nello studio della musica orientale e primitiva: questi sono le uniche reliquie musicali che rimangono a distanza di 10mila anni.
Gli inizi della musica sono stati puramente vocali, in una fase successiva fecero la loro comparsa gli strumenti, avvenne in modo rudimentale e senza alcun tentativo di formalizzazione melodica. L’uso degli strumenti risale alla tarda età paleolitica, molti di essi quali i sonagli a corde o riempiti di semi, le grattugie, i rombi e i flauti d’osso, sono stati ritrovati. La musica strumentale, inizialmente priva di motivazioni passionali, comincia come atto persuasivo del corpo (percuotere natiche, ventre, cosce, battere le mani o i piedi) la cui causa è un impulso muscolare concomitante con la tensione nervosa presente in chi canta o ascolta il canto, allo scopo di creare un ordine percepibile con l’udito. Gli inizi della musica strumentale furono essenzialmente ritmici; il canto ha la caratteristica di essere libero, la percussione esige un tempo regolare. La percussione raramente si presenta da sola, il ritmo regolare è privo di senso, se non c’è nulla da regolare, ne melodia, ne passi dei danzatori o dei marciatori; così la prima percussione ha una funzione principalmente di accompagnamento. Nel corso di una lunga evoluzione l’uomo primitivo passò a esaltare gli effetti dell’antica percussione corporale sostituendo la parte del corpo percossa con un oggetto più duro ricavato dall’ambiente naturale o fabbricato comunque da mani umane: il battito delle mani lasciò il posto al battito dei boomerang di legno; al pestare dei piedi sul suolo si aggiunsero i sonagli alle caviglie, questi prolungamenti segnarono il lento passaggio dal corpo nudo agli strumenti veri e propri. I prolungamenti degli arti rappresentarono l’inizio della musica strumentale e l’intensificazione del ritmo però non era di certo il loro unico scopo e significato. Esistevano molti oggetti di per se muti ma in grado di far vibrare una sezione dell’aria circostante e perciò in grado di produrre suoni: un ramo cavo, una canna o un guscio vuoto fungevano da megafono se premuti sulle labbra, un osso d’adacqui uno stridulo fischietto, un sonaglio fatto di un’assicella piatta di legno che si rotea attorno al capo attaccata a uno spago produce il suono di un rombo. Quei suoni erano misteriosi, non umani, terrificanti e suscitavano le emozioni risvegliando l’immaginazione dell’uomo assai più di quanto potesse farlo il percuotere parti del corpo. Tali suoni divenivano nell’immaginazione la voce degli spiriti e dei demoni.
Gli strumenti sono come gli oggetti, forme, colori, suoni, le sostanze di cui sono fatti, tutto è dotato di significato.
Continua a leggere:
- Successivo: Yang e Yin
- Precedente: La magia
Dettagli appunto:
-
Autore:
Marianna Tesoriero
[Visita la sua tesi: "Mind Control: strategie di controllo mentale attraverso i media"]
- Università: Università degli Studi di Messina
- Facoltà: Scienze della Formazione
- Corso: Scienze della Comunicazione
- Esame: Etnomusicologia
- Docente: Prof. Geraci
- Titolo del libro: Le sorgenti della musica. Introduzione all'etnomusicologia
- Autore del libro: Curt Sachs
- Editore: Bollati Boringhieri
- Anno pubblicazione: 2007
Altri appunti correlati:
- Appunti di Etnomusicologia sulle sorgenti della musica
- Appunti di antropologia visuale
- Semiotica
- Strategie dell'occhio. Saggi di etnografia visiva
- Suono e sentimento
Per approfondire questo argomento, consulta le Tesi:
- Musica buona, musica cattiva. Ambivalenza dei suoni in una prospettiva transculturale
- Nelle campagne ungheresi: lo studio sulla musica popolare di Béla Bartók e Zoltan Kodály
- Il canto del cigno. I suoni della tradizione popolare spagnola
- L'improvvisazione nel Jazz e come categoria interpretativa di fenomeni non musicali
- La tradizione bandistica e la cultura musicale in una comunità del Canavese
Puoi scaricare gratuitamente questo appunto in versione integrale.