Lezione V: la storia come progresso
Civiltà medio-orientali, civiltà classiche: sono fondamentalmente astoriche cioè si preoccupano poco del futuro e del passato; le visioni poetiche di un futuro più luminoso assumono la forma di ritorno di una passata età dell'oro secondo una concezione ciclica che assimila il corso storico al corso della natura → la storia non ha una meta.
Ebrei, Cristiani: introducono un nuovo elemento, un fine verso cui si dirigerebbe l'intero processo storico. E'una concezione teleologica della storia che acquista un significato ma perde il suo carattere mondano.
Medioevo: la storiografia si trasforma in teodicea ed attingere il fine della storia significa automaticamente metterle un termine.
Rinascimento: restaura la concezione classica di un mondo antropocentrico e del primato della ragione in cui, però, la pessimistica concezione classica del futuro è sostituita da una visione ottimistica derivata dalla tradizione ebraico-cristiana.
Illuminismo: fondazione della storiografia moderna, conservazione della concezione teologica ebraico-cristiana ma trasformazione del fine da trascendente in mondano → la storia è un'evoluzione progressiva avente per fine la migliore condizione possibile dell'uomo sulla terra.
'800: momento di prosperità, potenza e fiducia in cui il culto del progresso tocca il culmine.
Oggi: decadenza dell'Occidente è un'espressione diffusa ma è realmente così? E cosa implica il concetto di progresso?
1) Confusione fra progresso ed evoluzione.
Illuminismo: i pensatori credono nel progresso ed assimilano le leggi della storia alle leggi naturali.
Hegel: separa nettamente storia (caratterizzata dal progresso) e natura (non caratterizzata dal progresso).
Rivoluzione darwiniana: assimila evoluzione e progresso → storia e natura sono progressive → l'eredità biologica / fonte dell'evoluzione viene confusa con le acquisizioni culturali / fonti del progresso storico. In realtà l'evoluzione dei caratteri ereditari va misurata in termini di millenni o milioni di anni, mentre il progresso legato alle acquisizioni culturali si può misurare in termini di generazioni → la storia è progresso in quanto le capacità acquisite da una generazione vengono trasmesse ad un'altra.
2) Il progresso non ha inizio e fine determinati → la civiltà non fu inventata nel 4000 a.C. nella valle del Nilo bensì fu un processo di sviluppo estremamente lento nel corso del quale si verificarono, di tanto in tanto, salti straordinari mentre il fine del progresso è ancora, per lo storico, qualcosa di estremamente remoto, i cui segnali appaiono soltanto via via che si procede.
3) Non esiste un tipo di progresso che avanzi in linea retta senza ritorni, deviazioni, soluzioni di continuità e periodi di regresso. Inoltre progresso non può significare progresso uguale e simultaneo per tutti: il gruppo con funzione di guida della civiltà in un periodo, difficilmente avrà una funzione analoga nel periodo successivo perché troppo imbevuto delle tradizioni, degli interessi e delle ideologie del periodo precedente per essere in grado di adattarsi alle necessità ed alle condizioni del periodo successivo.
4) Qual è il contenuto del progresso in termini di azione? E' lo storico che interpreta e bolla determinate azioni come progresso ma il concetto è questo: esso si basa sulla trasmissione di proprietà acquisite, ossia oggettiva capacità di dominare, trasformare ed utilizzare l'ambiente, accompagnata ad un accrescimento delle cognizioni e dell'esperienza tecnica e sociale.
Credere nel progresso non significa credere ad un processo automatico o inevitabile, bensì allo sviluppo progressivo delle potenzialità umane. Progresso è un termine astratto: i fini concreti perseguiti dall'umanità nascono a volta a volta nel corso della storia e non già da una fonte situata al di fuori di essa.
Obiettività storiografica: i fatti storici non possono essere meramente oggettivi poiché diventano tali soltanto grazie al significato che lo storico attribuisce loro; egli ha bisogno per la sua interpretazione di un criterio, di un canone di obiettività per valutare l'importanza dei singoli fatti rispetto al fine che si è proposto. Ma questo fine è in continua evoluzione perché l'interpretazione del passato è soggetta, col procedere della storia, a modifiche ed evoluzioni continue. Solo il futuro può fornire la chiave per l'interpretazione del passato e solo in questo senso possiamo parlare di obiettività storica. Uno storico è obiettivo quando si serve di un giusto criterio per valutare l'importanza dei fattori stessi, quando sa sollevarsi al di sopra della visione limitata propria della situazione storico-sociale e quando ha una visione a lungo termine cioè in grado di proiettare la sua visione nel futuro in modo da acquisire una comprensione del passato più profonda e durevole.
Problema del giudizio storico: la storia è il racconto di ciò che gli uomini hanno fatto, è un racconto di successi e lo storico, nel complesso, si occupa di coloro che, vittoriosi o sconfitti, hanno compiuto qualcosa, dunque il criterio del giudizio storico non è un principio astratto che aspira alla validità universale bensì l'efficacia. Pur accettando questo criterio, bisogna ricordarsi di fatti e valori: il sistema di valori dominante in un determinato periodo o paese è influenzato dai fatti circostanti ma anche l'immagine che ci facciamo dei fatti circostanti è plasmata dai nostri valori. Non esiste scissione fatti / valori e lo storico obiettivo è colui che riesce a cogliere più in profondità il mutuo processo di interdipendenza e di interazione fra i due. Non esiste un criterio di giudizio prestabilito ed immutabile, esistente qui ed ora, ma solo un criterio situato nel futuro e destinato ad evolversi parallelamente allo sviluppo storico.
La storia propriamente detta può essere scritta unicamente da coloro che rintracciano una direzione nel processo storico e l'accettano; credere che siamo venuti da qualche luogo, si lega strettamente al credere che andiamo verso qualche luogo. Una società che ha perduto ogni fiducia nelle proprie capacità di progredire verso il futuro, cessa entro poco tempo di preoccuparsi dei propri progressi passati.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Viola Donarini
[Visita la sua tesi: "Domitia Longina, imperatrice alla corte dei Flavi"]
- Università: Università degli Studi di Milano
- Facoltà: Lettere e Filosofia
- Corso: Storia
- Esame: Didattica della storia
- Docente: Silvia Maria Pizzetti
- Titolo del libro: Sei lezioni sulla storia
- Autore del libro: Edward H. Carr
- Editore: Einaudi
- Anno pubblicazione: 2000
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