CRITICHE ALLA TEORIA DELLA DIPENDENZA E SOCIOLOGIA STORICA
Alla fine degli anni 60', la teoria della modernizzazione è stata sottoposta a diverse critiche, perchè di essa esistono diversi approcci, non sempre coerenti tra loro:
1) concezione ottimistica dello sviluppo, come processo inevitabile e unilineare che tende a seguire gli stadi già percorsi dalle società occidentali, per poi giungere ad una convergenza istituzionale (inevitabilità dello sviluppo ed etnocentrismo) : l'ottimismo circa le possibilità di sviluppo dei paesi arretrati è largamente condiviso, e riflette il clima del primo decennio post-bellico, che sembra aprire grandi possibilità alla crescita economica. Le nuove concezioni economiche che danno maggior rilievo all'intervento dello stato e alla cooperazione internazionale, piuttosto che al ruolo del mercato, contribuiscono a rafforzare la visione ottimistica. In questo quadro i sociologi, gli psicologi sociali o gli storici economici (i protagonisti della teoria della modernizzazione) si preoccupano soprattutto di mettere a fuoco quelle variabili istituzionali che rischiavano di compromettere le potenzialità di uno sviluppo considerato come non problematico da un punto di vista strettamente economico. Ma questa strada venne perseguita più i termini teorici che di ricerca empirica.
2) concezione della società tradizionale e moderna, come modelli contrapposti l'uno all'altro (costituiti di elementi tra loro interdipendenti). Anche in questo caso lo scarso fondamento storico-empirico porta a sottovalutare la concreta diversità delle società tradizionali, la cui immagine finisce per essere ricostruita deduttivamente, per contrapposizione ai caratteri delle moderne società occidentali. Le critiche sono:
-è messo in evidenza come elementi culturali e strutturali (sia tradizionali che moderni) sono presenti in varia misura e in diverse combinazioni non solo nelle società dei paesi non industrializzati, ma anche in quelli dei paesi sviluppati: per es legami familiari o credenze religiose persistono nelle società moderne e d'altro canto valori orientati all'imprenditorialità possono essere riscontrati anche in società tradizionali.
-è messa in discussione l'idea della stretta interdipendenza degli elementi costitutivi dei 2 modelli: per cui il cambiamento verso la modernità di uno di essi comporterebbe necessariamente l'adeguamento degli altri, secondo la sequenza già verificata nelle società occidentali. Ci può essere insomma una modernità selettiva, che riguarda i mezzi di comunicazione, la domanda dei consumi o le strutture militari, ma non può non estendersi alla sfera produttiva o al funzionamento delle istituzioni politiche.
In questo quadro solo un intervento adeguato dello stato può favorire dall'alto il processo di industrializzazione, ridefinendo l'inserimento nella divisione internazionale del lavoro.
Ma tale prospettiva:
-trascura l'influenza esercitata dal contesto istituzionale interno dei paesi periferici;
-non si attrezza dal punto di vista analitico per valutare in che modo i fattori istituzionali interni offrano risorse per il processo di modernizzazione.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Antonio Amato
[Visita la sua tesi: "La condizionalità nelle organizzazioni internazionali economiche"]
- Università: Università degli studi di Napoli "Parthenope"
- Facoltà: Giurisprudenza
- Corso: Scienze dell'Amministrazione
- Titolo del libro: Sociologia Economica
- Autore del libro: Trigilia
- Editore: Il Mulino
- Anno pubblicazione: 1998
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