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Responsabilità delle parti per le spese e i danni processuali


C’è un capo dedicato alle "responsabilità delle parti per le spese e i danni processuali". Abbiamo già detto qualcosa agli inizi su quelle che sono le spese del processo. Cosa avevamo visto? Il criterio generale in materia di spese è che ciascuna parte deve anticipare le spese ma poi nel momento in cui arriviamo alla definizione del processo opera il c.d. principio della soccombenza. Quindi le spese vengono sopportate dalla parte soccombente, che quindi, deve sopportare non solo le proprie spese ma anche quelle della controparte vittoriosa. Quindi questo principio della soccombenza il nostro legislatore vuole che nel momento in cui io vinco il processo, quindi io ottengo quello a cui ho diritto, questo non venga scalfito da quelle che sono le spese che ho dovuto sostenere per il fatto di far valere il mio diritto davanti al processo. Quindi la controparte resistendo al processo, la controparte che mi ha comunque costretto ad utilizzare lo strumento processo, a questa parte devo essere addossate le spese che io sì ho anticipato ma che alla fine vengono attribuite al soccombente. Questo principio alla soccombenza lo troviamo all’art.91 cpc che ci dice che "il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell’altra parte e ne liquida l’ammontare insieme con gli onorari di difesa". Quindi queste spese che vengono attribuite dal giudice quando chiude il processo davanti lui sono costituite da, quale saranno le spese diverse dagli onorari di difesa?gli onorari di difesa cosa sono? Sono quelle dell’avvocato che però vedete che abbiamo anche altre spese, non solo gli onorari di difesa. Poniamo il caso che nel processo il giudice abbia dovuto far ricorso all’ausilio di un consulente tecnico, quelle spese relative al consulente tecnico saranno state anticipate e alla fine vengono attribuite alla parte soccombente. C’è una novità nel primo comma dell’art.91 cpc, cosa dice questa novità: che "se il giudice accoglie la domanda in misura non superiore all’eventuale proposta conciliativa, condanna la parte, che ha rifiutato senza giustificato motivo la proposta, al pagamento delle spese del processo maturate dopo la formulazione della proposta". Questa è una novità. Cosa ricaviamo? Regola generale è quella della soccombenza, quindi io ho chiesto la sua condanna a pagare 10.000 euro lei viene condannato a pagare 10.000 euro, verrà perciò non soltanto condannato a pagare 10.000 euro ma anche le spese e gli onorari di difesa che io ho dovuto sostenere per instaurare il processo nei suoi confronti. Cosa ci dice questa nuova seconda parte del comma uno dell’art.91 cpc che preoccupa molto gli avvocati? È una novità che è da inserire in questo favor che ha il legislatore verso la conciliazione, verso una chiusura della lite senza dover arrivare alla sentenza, alla decisone della causa da parte del giudice. Questo vuol dire che se c’è stata una proposta conciliativa, qui bisogna capire qual'è questa proposta conciliativa: l’idea è che è una proposta che deve essere fatta nel processo questo è quello che auspicano gli avvocati ma il legislatore è stato vago. Ritorniamo all’es. in cui chiedo al vostro compagno di pagarmi 10.000 euro, quale proposta conciliativa possiamo avere? Poniamo il caso che lei faccia la proposta di pagare 5.000 euro e che io non ottenga poi alla fine del processo i 10.000 euro che volevo ma magari ne ottengo solo 5.000. In questo caso io sono totalmente vittoriosa? No, qui in realtà noi ci troviamo di fronte ad una parziale soccombenza di entrambi le parti, perché se io volevo avere 10.000 euro e il mio convenuto ha chiesto il rigetto della domanda vuol dire che c’è una parziale soccombenza, perciò qui entrerebbe in gioco l’art.92 cpc perché abbiamo una parziale soccombenza. Perché l’art.92 cpp al secondo comma ci dice che "se vi È soccombenza reciproca il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti". Quindi in realtà qua può compensare le spese, però c’è la mia controparte che mi aveva offerto 5.000 euro, mi aveva fatto una proposta in tal senso, io l’ho rifiutata e quindi potrei, applicando questa nuova seconda parte del primo comma dell’art.91 cpc essere condannata, io, a pagare tutte le spese del mio avversario. Quindi adesso abbiamo questa novità costituita dal fatto che c’è sempre la regola della soccombenza, però con questa novità costituita dalla proposta. Se c’è una proposta conciliativa, quindi di chiusura della lite e questa viene respinta senza giustificato motivo, può portare alla conseguenza che io magari vinco la causa totalmente o parzialmente, però posso addirittura essere condannata al pagamento delle spese. Questa è una novità che viene sempre dal fatto che il legislatore vuole favorire la conciliazione delle liti e quindi scoraggiare il ricorso alla sentenza da parte del giudice. Un quesito che hanno posto gli avvocati: ma può essere questa proposta fatta fuori dal processo oppure deve essere ribadita nel processo? E poi come la documentiamo? Deve essere documenta nel processo? Queste sono cose però più sofisticate, l'importante è che conosciamo la regola della soccombenza che però può essere temperata qualora ci sia stata una proposta conciliativa e respinta dalla parte che poi magari ha anche vinto il processo. Vedete che comunque questa regola della soccombenza trova dei temperamenti, troviamo questi temperamenti all’art.92 cpc. Perché comunque "il giudice nel pronunciare la condanna al pagamento delle spese può escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice, se le ritiene eccessive o superflue; e può, indipendentemente dalla soccombenza, condannare una parte al rimborso delle spese, anche non ripetibili, che, per trasgressione al dovere di cui all'art. 88, essa ha causato all'altra parte"(sarebbe il primo comma dell’art.92 cpc). Di quale dovere si tratta? Dovere di lealtà e probità. Inoltre se c’è soccombenza reciproca il giudice può compensare le spese, il caso che vi ho fatto prima:ho chiesto la condanna per ottenere il pagamento di 10.000 euro e la sentenza di condanna è a pagare 5.000 euro. Oppure vedete questa norma, il secondo comma dell’art.92 cpc, che è già la terza volta che viene cambiato perché è un articolo sulla compensazione delle spese considerato molto delicato dagli avvocati. Perché prevedeva originariamente la possibilità di compensazione delle spese per "giusti motivi", senza un obbligo di motivare da parte del giudice. Poi il legislatore ha iniziato a prevedere la necessità di motivazione sempre però mantenendo i "giusti motivi". Adesso però vedete che il legislatore parla di "gravi ed eccezionali ragioni". Quindi vuol dire io ho ad es. ho vinto, sono totalmente vittorioso, il giudice però compensa lo stesso le spese. Quali potranno essere quelli che erano i "giusti motivi" che oggi sono addirittura diventati le "gravi ed eccezionali ragioni"? Il legislatore è intervenuto due volte, impone una motivazione espressa da parte del giudice perché i provvedimenti di compensazione delle spese sono diffusi e il giudice non le motivava oppure si limitava a dire per giusti motivi, ora chiede che siano espliciti queste ragioni. Quali potranno essere le ragioni che portano ad una compensazione delle spese di fronte ad una totale vittoria? Un tipico giusto motivo, sino ad oggi, era la disparità economica tra le parti. Quindi quale sarà una tipica materia in cui si è fatto largo uso della compensazione delle spese anche a fronte della totale vittoria della parte? Le cause di lavoro. Se n’è fatto molto uso della compensazione delle spese quando il lavoratore instaura un processo nei confronti del datore di lavoro che però poi è soccombente, la sua domanda è respinta. Altri casi sono ad es. un comitato di cittadini che agisce per vedere riconosciuto un loro diritto soggettivo verso la P.A. questo è un altro tipico esempio in cui anche se il comitato è soccombente viene condannato alle spese. Un altro ambito è quando ci troviamo di fronte ad un caso nuovo non ancora affrontato dalla giurisprudenza, in questo caso si potrebbe avere una compensazione delle spese.
Una norma che è anche importante è l’art.96 cpc, che ha anche un nuovo terzo comma che ha dato vita a numerose discussioni. È intitolato "Responsabilità aggravata", quindi io propongo la mia domanda al giudice, la mia domanda viene rigettata, sono soccombente, in base alla regola generale io vengo condannata alle spese che ha sostenuto la controparte. Ma se io ho agito in giudizio con mala fede o colpa grave, vedete al primo comma dell’art.96 cpc ci di che "il giudice, su istanza dell'altra parte, la condanna, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni". Se io ho agito con mala fede o colpa grave posso essere condannata, se appunto la mia domanda è respinta, non solo a pagare le spese della controparte ma a pagare anche una somma a titolo di risarcimento del danno che l’altra parte ha subito. Quando sarà secondo voi che io agisco con mala fede o colpa grave? Quando so di non avere ragione, quando so che la mia è un’azione totalmente infondata ma la propongo solo al fine di guadagnare tempo o di bloccare l’azione della controparte. Poniamo il caso in cui io so che devo dei soldi a un dato soggetto e però propongo magari un’azione di accertamento negativo (in cui chiedo al giudice di accertare che quella somma di denaro non mi è dovuta), in casi di questo genere io posso essere condannato anche a pagare una somma a titolo di risarcimento del danno. Questo articolo 96 cpc è stato applicato molto raramente, un caso in cui ha trovato applicazione e quello relativo all’abuso del regolamento di giurisdizione(veniva utilizzato in modo del tutto pretestuoso solo per ottenere la sospensione del processo, adesso questo non è più possibile, è cambiata la norma, c’è un filtro di giudizio da parte del giudice che sospende il processo)però appunto prima era uno dei rari casi in cui è stata utilizzata questa norma. Il secondo comma poi applica questi principi:se io chiedo, faccio una domanda, per ottenere un provvedimento cautelare e quindi sono ipotesi più particolari. Qui si parla di aver agito senza la normale prudenza. Adesso vedete che c’è un nuovo terzo comma che ci dice "in ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell’articolo 91, il giudice, anche d’ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata." Come lo interpretiamo questo terzo comma dell’art.96 cpc? Quindi "quando pronuncia sulle spese ai sensi dell’articolo 91": condanna la parte soccombente, "il giudice, anche d’ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata". Si discute sull’interpretazione di questo comma.Come lo leggereste? Quindi abbiamo un articolo 91 che prevede la condanna delle spese per la parte soccombete, questo art.96(noi ci limitiamo al primo comma che è quello che ci riguarda più da vicino)prevede che se la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio (quindi è convenuto) con mala fede o colpa grave c’è la possibilità di una condanna al risarcimento dei danni. Poi c’è quest’ultimo comma che prevede un’ulteriore condanna al pagamento di una somma di denaro equitativamente determinata. Al primo comma poi è necessaria l’istanza di parte, terzo comma invece ci dice "il giudice anche d’ufficio".
Non si parla di risarcimento dei danni ma di somma equitativamente determinata, quindi perché? Perché io possa ottenere un risarcimento dei danni cosa devo provare? Devo provare di aver subito un danno, devo provare che a causa del fatto che la mia controparte mi ha costretta ad affrontare un processo, io ho subito un danno. Devo comunque, per ottenere questo risarcimento, provare che ho subito un danno, ad es. questo mi ha impedito di attendere le mie normali attività lavorative, questo mi ha causato un particolare stress emotivo. etc. Invece sicuramente il pagamento di questa somma di denaro può essere imposta dal giudice d’ufficio quindi non c’è più la necessità di una richiesta di parte. Inoltre non si parla di risarcimento del danno, quindi è svincolato da questo requisito e perciò dall’onere della prova di aver subito un determinato danno. Poi c’è anche il fatto di questa espressione usata dal legislatore "in ogni caso", perché noi la possiamo intendere in un modo. Noi possiamo interpretare questo terzo comma in un modo più limitato, ovvero dire che laddove la parte abbia agito o resistito, con mala fede o colpa grave può comunque essere condannata d’ufficio a pagare una somma di danaro equitativamente determinata, quindi non vincolata da un lato alla dimostrazione che la controparte ha subito un danno e anche in modo equitativo ovvero senza necessità di provare le singoli voci di danno. Oppure può essere interpretato questo terzo comma, quegli "in ogni caso", come un provvedimento che può essere reso dal giudice sempre, quando c’è una soccombenza anche indipendentemente dal fatto che si ha agito con mala fede o colpa grave. In questo modo gli si dà un ambito di estensione molto più ampio, questo vuol dire che quindi se noi lo interpretiamo così, quando io giudice condanno una parte(perciò abbiamo una parte soccombente) questa può essere condannata a pagare una somma di denaro, poi non c’è un limite a favore della controparte, equitativamente determinato e quindi del tutto svincolato da un danno subito. E perciò potremmo avere quasi (bisogna vedere se questa interpretazione così ampia si affermerà) una sorta di introduzione di istituto che è fin’ora sconosciuto, una sorta di danno punitivo(proprio dell’ordinamento nord-americano che in materia di danni subiti può condannare l’autore del danno nn solo a risarcire la vittima dei danni che ha realmente subito ma somme che sono molto molto superiori i c.d. danni punitivi perché è una sorta di sanzione che viene imposta al soggetto che ha posto in essere nel caso singolo anche lievees. mc donald condannato a pagare una somma altissima ad una signora che si era bruciata bevendo il caffè contenuto nei bicchieri di carta;il danno nn era così ingente però mcdonals condannato a cifra molto alta) qui nn abbiamo nulla di simile perché comunque sarebbero come danni punitivi nn sostanziali ma processuali.prof crede che questa interpretazione nn si affermerà e crede che nonostante ci sia quel "in ogni caso" verrà interpretata riferito solo a quando si è agito in mala fede o colpa grave e poi dubita che i giudici italiani condannano a delle somme pur equitativamente determinate così alte).

Tratto da DIRITTO PROCESSUALE CIVILE di Luisa Agliassa
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