Capitolo VI: la conoscenza di Dio in eius nmine, quodest bonum
Se la contemplazione del primo nome di Dio – Esse – getta luce sulle perfezioni dell’essenza del Dio-uno, quella del suo secondo nome – Bonum – ci illumina sulla sovrabbondante capacità di donazione che è all’origine del Dio trino.
Poiché «si dice che il Bene ha la capacità di comunicarsi», allora Dio, Bene Sommo, può comunicarsi totalmente in se stesso nel rapporto tra Padre, Figlio e Spirito Santo, e fuori di se stesso nella creazione. Per Bonaventura, infatti, ogni persona divina, proprio perché si distingue nel modo di ricevere, di possedere e di trasmettere l’essenza comune, si distingue anche per il suo modo di rapportarsi alle creature. Pur operando ogni persona insieme con le altre grazie all’assoluta indivisibilità della sostanza, della potenza e dell’operare, resta vero che il Padre è il principio e che si pone, perciò, all’origine delle persone del Figlio e dello Spirito Santo e, mediante esse, dell’intera realtà: infatti, il Figlio è il Verbo, nel quale sono espresse tutte le cose e lo Spirito Santo è il Dono nel quale sono donati tutti gli altri doni. Mentre Figlio e Spirito testimoniano solo della loro relazione d’origine, Verbo e Dono hanno per noi il vantaggio di designare sia questo significato principale, sia la loro relazione con le creature.
Ma il dinamismo del Dio trino nei confronti della realtà creata, non si arresta alla sua produzione; esso trova compimento nell’incarnazione del Verbo, nella quale è divenuto visibile l’invisibile mistero trinitario, resosi totalmente presente all’uomo nell’uomo Gesù Cristo, in cui sono congiunti insieme il sommo e l’infimo, il creatore e la creatura. Ma il Verbo non è soltanto mediatore tra uomo e Dio o soltanto il centro della Trinità attraverso cui essa si è fatta conoscere all’uomo. Egli è anche colui che, incarnandosi, consente all’uomo di ritrovare se stesso. Nel Verbo incarnato, infatti, il viator può contemplare in pienezza ciò che egli autenticamente è e non ha mai cessato di essere nonostante il peccato (cioè imago Dei) e ciò che egli era in origine, prima che il peccato lo corrompesse, e che può ritornare ad essere con l’aiuto della grazia (cioè similitudo Dei). La sesta tappa dell’Itinerarium è, dunque, paragonabile al sesto giorno della creazione, quello della creazione dell’uomo a immagine e somiglianza di Dio.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Carmine Ferrara
[Visita la sua tesi: "Il problema del male e del nulla nel ''De casu diaboli'' di Anselmo d'Aosta"]
- Università: Università degli Studi di Salerno
- Facoltà: Lettere e Filosofia
- Corso: Filosofia
- Esame: Seminario Specialistico Storico-Filosofico
- Docente: Francesco Tomatis
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