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I componenti di reddito derivanti da rapporti internazionali


I corrispettivi, i proventi, le spese e gli oneri in valuta estera sono convertiti secondo il cambio del giorno in cui sono stati conseguiti o sostenuti, o secondo il cambio del giorno antecedente più prossimo, o secondo il cambio del mese in cui sono stati conseguiti o sostenuti. Tuttavia, se componenti reddituali in questione sono stati incassati o pagati anteriormente alla data in cui si considerano conseguiti o sostenuti, sono convertiti secondo il cambio del giorno in cui si è verificato l’incasso o il pagamento.
Nell’arco di tempo racchiuso tra il primo e il secondo di questi momenti si può verificare un mutamento nel tasso di cambio della valuta, che conduce ad incassare e a pagare una somma diversa da quella contabilizzata con riferimento al momento del conseguimento o del sostenimento; peraltro se al termine dell’esercizio i componenti reddituali registrati con riferimento ad operazioni con l’estero non sono stati incassati o pagati, sorge il problema delle differenze di cambio già in sede di stesura del relativo bilancio, dovendo procedere alla valorizzazione dei crediti e debiti in valuta.
L’art 110 c. 3 esclude tuttavia dette differenze dalla partecipazione alla formazione del reddito d’impresa. È peraltro previsto che le imprese che intrattengono in modo sistematico rapporti in valuta estera possono registrare in contabilità i componenti reddituali che ne scaturiscono direttamente in valuta, procedendo alla conversione non dei singoli movimenti attivi e passivi ma dei saldi dei conti su cui sono stati annotati, utilizzando il cambio del giorno di chiusura dell’esercizio.

Nella disciplina dei rapporti internazionali una particolare attenzione è rivolta alle operazioni infragruppo: il corrispettivo può essere fissato, anziché in rapporto al valore del bene scambiato o del servizio reso, in funzione dei disegni di pianificazione fiscale del gruppo.
L’art 110 c. 7 prevede pertanto che i componenti reddituali derivanti da operazioni con società non residenti che, direttamente o indirettamente, controllano l’impresa residente, ne sono controllate, o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa residente, siano valutati in base al valore normale dei beni ceduti o acquistati, e dei servizi prestati o ricevuti.
Nella misurazione del reddito d’impresa non rileva dunque per queste vicende il corrispettivo effettivamente convenuto, ma quello che sarebbe stato fissato ove le imprese fossero state indipendenti l’una dall’altra.
Il profilo più delicato di questa disciplina è indubbiamente quello relativo all’individuazione del valore normale, definito 9 nove comma 3, come il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e servizi della stessa specie o similari, in condizione di concorrenza.
Tre sono i principali metodi di determinazione del valore normale indicati dall’Ocse:
1 - metodo del confronto del prezzo: implica il confronto del prezzo pattuito nell’operazione infragruppo considerata con il prezzo pattuito per i beni ceduti e i servizi prestati in un’operazione comparabile attuata in circostanze comparabili da imprese indipendenti oppure da una delle imprese coinvolte nell’operazione considerata e da un’impresa indipendente. È il metodo ritenuto più accurato.
2 - metodo del prezzo di rivendita: comporta l’individuazione del prezzo al quale l’impresa che acquista nell’operazione infragruppo considerata cede il bene acquistato ad un’impresa indipendente, e la sua riduzione di un appropriato margine lordo. Il residuo rappresenta il valore normale assegnabile al bene dell’operazione considerata.
3 - metodo del costo maggiorato: implica l’individuazione del costo sostenuto dall’impresa che ha ceduto il bene nelle operazioni infragruppo considerata per l’acquisto o la produzione del bene stesso, e la sua maggiorazione di un appropriato margine lordo. Il risultato rappresenta il valore normale assegnabile al bene nell’operazione considerata.
L’esigenza di non ostacolare gli scambi internazionali ha indotto il legislatore a configurare una procedura, il cosiddetto ruling internazionale, destinata alla formazione, previo contraddittorio, di un accordo, avente validità triennale, tra l’impresa richiedente e l’amministrazione finanziaria in merito ai metodi di calcolo del valore normale dei beni e servizi oggetto di operazioni alle quali si applica il predetto art 110 c. 7.

Tratto da MANUALE DI DIRITTO TRIBUTARIO di Andrea Balla
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