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La domanda giudiziale e le difese del convenuto


LA DOMANDA GIUDIZIALE
Gli artt. 2907 cc e 99 c.p.c. sono le due norme fondamentali in materia:
- art. 2907 cc: alla tutela giurisdizionale dei diritti provvede l’autorità giudiziaria su domanda di parte ( e quando la legge lo dispone anche su istanza del pubblico ministero o d’ufficio);
- art. 99 c.p.c.: chi vuol far valere un diritto in giudizio deve proporre domanda al giudice competente. La concessione della tutela giurisdizionale è subordinata alla domanda di parte. Così la domanda giudiziale è l’atto genetico del processo nel senso che, per far valere un proprio di diritto in giudizio, occorre farne domanda rispettando le forme prescritte dalla legge. La tutela giurisdizionale di un proprio diritto è concessa nei limiti rispetto all’oggetto contenuto nella domanda. Così, chi vuole ottenere la tutela giurisdizionale, mette in moto il processo sia dal punto di vista formale facendo la domanda, sia dal punto di vista sostanziale indicando nella stessa domanda anche l’oggetto ed il contenuto.
Quest’ultimo aspetto può essere ricavato dal Libro I, titolo V, art. 112 del cc.

CORRISPONDENZA TRA IL CHIESTO E IL PRONUNCIATO
La regola generale è che il giudice deve pronunciare su “tutta” la domanda e non deve limitarsi a pronunciare della domanda senza sorpassare i limiti.
La domanda giudiziale non solo introduce il processo ma obbliga il giudice a pronunciarsi integralmente su di essa. I vizi di tale sentenza potrebbero riguardare o la mancata omissione della pronuncia da parte del giudice o il superamento dei limiti di pronuncia (ultrapetita).
La pronuncia del giudice non comporta necessariamente l’accoglimento della domanda: la verifica della fondatezza della domanda avviene a fine processo. Quindi la pronuncia può dar vita o ad una sentenza di accoglimento od una sentenza di rigetto. Comunque in entrambi i casi si discorre di sentenza di merito ovvero una sentenza che incide sui rapporti sostanziali delle parti regolandoli. In definitiva, il processo serve a stabilire se effettivamente il diritto preteso esiste o meno e, la sentenza che decide sulla domanda è sempre “sentenza di merito”.
Per arrivare alla sentenza di accoglimento occorre:
- che esista la norma giuridica che concede il diritto preteso;
- che si provino i fatti;
- che il giudice si renda conto dell’esistenza della norma invocata e che effettivamente quella norma regoli quel caso.
In pratica il giudice deve individuare la norma da applicare, interpretarla ed applicarla al caso concreto. È regola generale che l’attore “porti” l’interpretazione di una norma a lui favorevole mentre il convenuto porti un’interpretazione opposta a quella dell’attore.
Il principio del contraddittorio impone che il processo coinvolga, sin dalla sua origine, anche il convenuto, per il semplice fatto che egli sia stato messo in condizione di esprimere tutte le sue contestazioni nell’ambito dello stesso processo. Di fronte a queste contestazioni, è normale che l’attore possa a sua volta replicare. Così, lo sviluppo normale del processo prevede che alla domanda dell’attore, vi sia una contestazione del convenuto e, a questa, vi sia una replica dell’attore.

LE DIFESE DEL CONVENUTO
Come si è visto, alla domanda dell’attore, il convenuto può opporsi in vari modi:
- che la pretesa non è fondata in diritto: l’infondatezza in diritto può riguardare l’inesistenza di una norma giuridica invocata o la sua inefficacia. Si possono opporre, inoltre, problemi inerenti l’interpretazione della legge e delle tecniche dell’interpretazione della legge;
- che la pretesa non è fondata sul fatto: viene contestata la correttezza dell’operazione fatta dall’attore di riconduzione del fatto alla norma giuridica (es: l’attore fa domanda per risoluzione per inadempimento – il convenuto afferma - che il contratto non era definitivo, ma preliminare per cui non era obbligato alla prestazione – la presenza di un contratto preliminare e non definitivo, obbliga il giudice a rigettare la domanda dell’attore);
- che il convenuto in giudizio non doveva essere lui ma un altro soggetto: il convenuto in giudizio può affermare che in realtà doveva essere un altro soggetto e, di conseguenza, non è assoggettabile al processo.
Abbiamo già visto che il convenuto ha la possibilità di contestare gli aspetti sostanziali della vicenda (esistenza del diritto preteso dall’attore ed i fatti alla base del diritto stesso), ma anche il potere degli organi giudicanti aditi dall’attore a trattare e decidere della controversia. Così il convenuto può chiedere che non sia “quel” giudice a decidere in quanto incompetente.

Tratto da PROCEDURA CIVILE di Alessandro Remigio
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