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Il potere politico nell'antica Roma


1.7 Il re romano non è un sovrano assoluto: non esiste una dinastia perché non vi è diritto di successione; non può confondere il bene pubblico con i suoi beni privati (e non lo farà mai neanche nessun imperatore) e quindi lasciare territori dello Stato in eredità; la legge non è un ordine rivolto dal sovrano ai sudditi, ma una sorta di “patto” fra di essi.

1.10 La pluralità di stirpi che caratterizza Roma fa sì che essa stabilisca garanzie in netto anticipo sugli stati moderni: garanzia dei beni, tutela delle persone incapaci di difendere il proprio patrimonio, sicurezza dei rapporti privati, eliminazione della vendetta, interessi dovuti dai debitori ai creditori.

1.11 La legalità è, a Roma, un elemento fondamentale e concreto: lo si vede nelle limitazioni poste ai consoli, in carica un solo anno e poi costretti a riconsegnare il potere al popolo romano e a rendere conto del loro operato. Esiste un’immunità circoscritta: non possono essere processati mentre sono in carica, ma possono essere sottoposti a tribunale in seguito per crimini commessi durante il mandato.

1.12 I poteri politici si bilanciano e si limitano reciprocamente: consoli (elemento regio), senato (organismo dai molti compiti, capace di dare stabilità), tribuni (danno voce al popolo, creano un dualismo che porta vitalità e possibilità d’accordo col Senato nei momenti difficili). La salute dello Stato è sempre posta al di sopra degli interessi delle parti.

1.14 Fondamentale è la distinzione tra il momento politico e quello militare: il militare non prende mai il sopravvento sulla società civile (se non negli ultimi momenti di crisi dell’impero) e nessuno si impone mai, a livello politico, sfruttando la forza delle armi. Quando comincia ad accadere, ci si trova già in un periodo di grave crisi per l’ordinamento romano.

Tratto da LA SOCIETÀ APERTA E I SUOI AMICI di Luca Porcella
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