Chiamata in causa su istanza di parte: artt. 167 e 269 c.p.c.
Riguardo alla chiamata in causa su istanza di parte gli artt. 167 e 269 c.p.c. prevedono che la chiamata in causa da parte del convenuto debba avvenire al momento della sua costituzione in giudizio; l’attore invece può chiedere nella prima udienza di essere autorizzato a chiamare in causa terzi, ma solo ove l’esigenza della chiamata sia sorta dalle difese del convenuto (di qui la necessità dell’autorizzazione del giudice).
L’art. 269 c.p.c. e l’art. 271 c.p.c. prevedono che il terzo chiamato deve costituirsi a norma dell’art. 166 c.p.c. e, se intende chiamare a sua volta un terzo, deve farne dichiarazione a pena di decadenza nella comparsa di risposta.
Nell’udienza di prosecuzione della prima udienza di trattazione, fissata per la comparizione del terzo chiamato, restano ferme per le parti originarie le preclusioni ricollegate alla prima udienza, ma le parti stesse potranno esercitare liberamente tutti i poteri processuali che siano conseguenza delle difese svolte dal terzo ed essere autorizzate altresì dal giudice a modificare le domande e le eccezioni originariamente proposte.
La chiamata su istanza di parte rende più complesso il processo e la sua fase preparatoria, ma non altera in modo alcuno il regime di preclusioni.
Le cose cambiano, e notevolmente, in ipotesi di chiamata in causa per ordine del giudice: questa chiamata in causa, infatti, può essere ordinata “in ogni momento dal giudice istruttore”, quindi anche dopo che si e chiusa la fase preparatoria e sono maturate per le parti originarie le preclusioni.
A differenza di quanto previsto riguardo all’intervento volontari, il terzo chiamato per ordine del giudice non vede limitati i suoi poteri dallo stato di avanzamento del processo: egli può, quindi, con la comparsa di risposta, proporre domande riconvenzionali ed eccezioni non rilevabili d’ufficio, può nel corso dell’udienza fissata per la sua comparizione modificare domande ed eccezioni già proposte e chiedere la fissazione dei termini di cui all’art. 184 c.p.c. per le deduzioni istruttorie; lo svolgimento di queste attività da parte del terzo costituisce causa oggettivamente non imputabile alle parti originarie e quindi consentirà ad esse di esercitare tutti quei poteri processuali che siano conseguenza delle attività svolte dal terzo.
Col che, a differenza di quanto accade in ipotesi di chiamata in causa su istanza di parte, la struttura del processo risulterà nella sostanza stavolta.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Stefano Civitelli
[Visita la sua tesi: "Danni da mobbing e tutela della persona"]
- Università: Università degli Studi di Firenze
- Facoltà: Giurisprudenza
- Esame: Diritto processuale civile, a.a.2007/2008
- Titolo del libro: Lezioni di diritto processuale civile
- Autore del libro: A. Proto Pisani
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