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Modelli per la rivoluzione socialista di Pol Pot


La rivoluzione socialista di Pol Pot si ispira a due modelli: il piano di Stalin e il grande balzo in avanti della Cina. Collettivismo, volontà rivoluzionaria, autarchia, potere ai poveri.
L’esperienza cambogiana mescola gli aspetti caratteristici delle due grandi febbri volontaristiche del totalitarismo comunista: collettivizzazione, deportazione-abbandono dei nemici obiettivi, segregazione e lavoro forzato della popolazione nelle comuni popolari, grandi opere idrauliche che necessitavano di tantissima manodopera, discorso messianico di mobilitazione sociale. Anche l’esperienza cambogiana sfociò nella carestia e nella caccia ai sabotatori o ai nemici nascosti quando il piano economico cominciò a rivelarsi impraticabile.
Le purghe di Pol Pot hanno un impatto demografico più devastante rispetto al prototipo sovietico per via dia alcune peculiarità. L’importanza del clientelismo regionale ha fatto sì che la liquidazione dei quadri abbia avuto enormi conseguenze sociali. Poiché,  differenza della Cina, in Cambogia il concetto di rieducazione non ha radici culturali, questo principio fondamentale del comunismo tende a essere interpretato come una semplice confessione che implica la morte immediata. Il partito comunista cambogiano ricorre in maniera così radicale al genocidio ancora più del modello staliniano e maoista perché le sue caratteristiche ne accentuano la specificità: è un partito particolarmente esiguo in termini numerici e debole sul piano teorico; partito-setta che si sentiva ultraminoritario in una società rurale tradizionale profondamente legata alla religione e alla monarchia ma ancor più in una società urbana sensibile all’influenza della modernità occidentale, esso era condannato a una continua fuga in avanti, a un volontarismo senza limiti, a un estremismo senza compromessi. In Cina, Vietnam e  anche nella Russia degli anni 20 i partiti più forti sul piano numerico avevano intrapreso un processo di rieducazione di una parte degli ex dirigenti per integrarli nella nuova ideologia. In Cambogia invece, la mancanza di quadri ma soprattutto di quadri competenti spinge il PCK a sterminare subito i dirigenti del vecchio regime per paura sia di soccombere di fronte alla loro superiorità numerica, sia che essi possano influenzare con le loro idee i pochi effettivi rivoluzionari. Anche una volta conquistato stabilmente il poere il gruppo rivoluzionario è indotto per via della sua debolezza a liquidare tutti coloro che avevano aderito al PCK dopo il 1970 e che gli avevano permesso di inquadrare l’esercito e amministrare le zone liberate: funzionari e ufficiali transfughi, professori liberali e progressisti, comunisti formati in Vietnam. Questo rapporto di forza sfavorevole fa sì che nessuno venga rieducato o debba fare autocritica: tutti sono uccisi subito. L’inesperienza  dei quadri e la loro scarsa preparazione teorica fecero sì che l’ignorantismo e l’antintellettualismo regnassero più che in qualsiasi altro regime comunista come testimonia il fatto che il potere fu delegato ai giovani e agli emarginati. Una seconda caratteristica del comunismo cambogiano riguarda il fatto che esso è sempre rimasto in una condizione di isolamento e segregazione che alimentò una mostruosa paranoia. Prima del 70 la visibilità dei khmer rossi è nulla. Dopo gli accordi di Parigi che mettono fine alla guerra del Vietnam nel 73 il vicino vietnamita è egemonico e sprezzante. Dal 75 il loro mentore cinese è lontano e lo è sempre più dopo la morte di Mao. Con il riflusso generale del terzomondismo, la rivoluzione della Kampuchea democratica sprofonda nella solitudine. Questo isolamento da una parte ha contribuito a trasformare la purezza in virtù politica assoluta; dall’altra l’inferiorizzazione ha indotto a superare le imprese rivoluzionarie precedenti, quelle dei grandi balzi dello stalinismo e del maoismo.
Il razzismo della Kampuchea democratica sarebbe la conseguenza di una visione del mondo fondata sull’affermazione della superiorità della razza khmer relativamente alla sua capacità di costruire più rapidamente dei sovietici, cinesi e vietnamiti un socialismo perfetto.
Un ultimo dato può chiarire la logica eliminazionista a effetto immediato del comunismo cambogiano: la paura di essere completamente eliminato per primo.

Tratto da IL SECOLO DEI GENOCIDI di Filippo Amelotti
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